La rivoluzione francese del Maggio 1968 – prima parte
5 Maggio 2017Milano, Stazione centrale: la maschera ipocrita del Partito democratico
6 Maggio 2017La crisi del governo Maduro, che ha avuto nel risultato elettorale del dicembre 2015 il suo punto più evidente, ha aperto in Venezuela lo spazio ad uno stato di agitazione nel quale la destra borghese si è inserita con il suo consolidato armamentario reazionario già visto nel tentato golpe del 2002 e negli scontri di piazza del 2014: cecchini sui tetti, omicidi politici, cavi d’acciaio tesi sulle strade per sgozzare i motociclisti. La distorsione mediatica relativa alle vittime di queste settimane è particolarmente pesante: le testate internazionali infatti tralasciano di raccontare che circa metà delle vittime sono militanti chavisti e delle forze di polizia. Quelle di Jaquelin Delgado o di Emir Ramirez, militanti sindacali rapiti ed uccisi da squadre incappucciate,sono storie che non sentiremo certo su Repubblica o sulla CNN. Quest’uso della violenza di piazza segue il tentativo “morbido” di destituire il governo con mezzi legali, seguendo l’esempio dell’impeachment a Dilma Roussef avvenuto in Brasile.
La borghesia non ha mai perdonato a Chavez e ai lavoratori organizzati attorno al PSUV di aver messo in discussione il proprio dominio economico. Il programma elettorale del MUD (Mesa de Unidad Democratica, la coalizione dei partiti borghesi) che prevede la privatizzazione di settori importanti dell’economia e della terra ha semplicemente trovato un nuovo modo per imporsi nell’agenda politica del paese.
La crisi politica di queste settimane affonda le sue radici nel rallentamento dell’economia venezuelana. Il mandato di Maduro, iniziato nel 2013 dopo la morte di Chavez, è coinciso con l’approfondirsi della crisi economica mondiale che sul Venezuela, paese legato soprattutto all’esportazione di petrolio, ha avuto un effetto particolarmente pesante.
Reazione e rivoluzione
Il cosiddetto boicottaggio economico messo in campo dalla borghesia, che con parole diverse da quelle dei “media” noi definiamo una criminale serrata padronale, ha indebolito ulteriormente il paese e la fiducia politica delle masse nei confronti della direzione bolivariana. La ridotta disponibilità di beni di prima necessità seguita al “boicottaggio” ha alimentato il fenomeno del mercato nero, causando un aumento dei prezzi senza che vi fosse un adeguamento dei salari. Mentre il popolo venezuelano stringeva la cinghia, l’opposizione borghese stringeva il cappio attorno al collo del governo che, in tutta risposta, ha elargito al padronato venezuelano tutta una serie di concessioni economiche (prestiti bancari e liberalizzazione dei tassi di cambio bolivar-dollaro) sperando di ammorbidirne la mano. Maduro e la burocrazia del partito hanno quindi creduto, per l’ennesima volta, che vi fosse la possibilità di riportare una parte della borghesia venezuelana a più miti consigli grazie a qualche regalia. 100 anni di colpi di stato sparsi per il sub-continente non sono forse sufficienti ad insegnare qualcosa sulla vera natura della borghesia latinoamericana?
La manifestazione in difesa del governo del 19 aprile e ancora di più l’enorme corteo dei lavoratori il Primo Maggio dimostrano che, in un processo di forte polarizzazione politica, i lavoratori sono ancora disposti a dare battaglia a difesa delle conquiste della Rivoluzione. Purtuttavia questa enorme forza delle masse, le stesse che 15 anni fa sventarono il colpo di Stato contro Chavez, rischia di affievolirsi in misura proporzionale all’incapacità del governo di togliere all’opposizione il principale strumento di ricatto nei confronti del popolo venezuelano: la proprietà privata dei mezzi di produzione ed il loro controllo.
I lavoratori e i giovani non possono mobilitarsi ininterrottamente senza che una prospettiva di lungo termine e conquiste parziali ne tengano alto il morale e la capacità (fisica, in un paese in cui i capitalisti stanno affamando settori importanti di popolazione) di resistere.
Colpo di Stato?
Uno dei pericoli immediati è che il primo bastione a cadere siano le forze armate che tradizionalmente sono sempre state dalla parte della Rivoluzione bolivariana. Pur provenendo dalle stesse forze armate Chavez ed i suoi dirigenti non hanno mai messo in discussione la natura profonda dell’esercito che lungi dall’essere una milizia operaia sottoposta al controllo dei lavoratori rimane un apparato coercitivo solo momentaneamente pacificato. Lo Stato borghese non è stato toccato nelle sua fondamenta. Stiamo parlando di alti funzionari con la camicia rossa, pronti a levarsela al momento opportuno.
Un discorso analogo vale per la burocrazia dello Stato ed indirettamente dello stesso Partito Socialista Unito.
La possibilità che un pezzo di forze armate (elementi politicamente arretrati al traino della casta degli ufficiali) e di apparato statale cresciuti nell’opportunismo e nel carrierismo cambino colore della camicia al suadente suono delle sirene nord-americane è forte e molto pericolosa.
Il pericolo di un golpe per “pacificare” il paese e farla finita col “caos”, è dietro l’angolo ed è la prospettiva attorno a cui la borghesia di tutto il subcontinente sta lavorando di concerto ai suoi padroni di Washington.
La decisione di uscire dall’Organizzazione degli Stati Americani per protestare contro l’ingerenza diplomatica di alcuni stati latinoamericani per quanto positiva è solo la foglia di fico di un governo che continua a nascondere a se stesso e alla sua base di essere davanti ad un bivio secco: portare fino in fondo la Rivoluzione nazionalizzando sotto controllo operaio le principali leve dell’economia oppure capitolare.
Anche la recente proposta formulata il Primo Maggio da Maduro di un’assemblea costituente sovrana dove la metà degli eletti sarebbe eletta dalle assemblee comunitarie appare calata dall’alto e senza un reale coinvolgimento attivo delle masse e una rottura col capitalismo potrebbe diventare un’arma a doppio taglio che porta acqua al mulino dell’opposizione.
La morte di Castro a Cuba e la destituzione di Roussef in Brasile hanno approfondito l’isolamento internazionale del paese in una fase in cui molte delle esperienze progressiste del continente si sono chiuse sotto il peso degli stessi errori e reticenze politiche dei loro dirigenti.
La rottura di quest’isolamento può quindi venire solo da un chiaro appello alla solidarietà internazionale verso le masse sfruttate del continente che nel Venezuela vedono ancora chiara la prospettiva di un rovesciamento del capitalismo. La salvaguardia della Rivoluzione bolivariana è legata a doppio filo alle sorti della rivoluzione in America Latina.
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