La lotta della Gkn contro la chiusura – Cooperativa, intervento statale o nazionalizzazione?
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25 Ottobre 2021La classe operaia turca sta cominciando a mobilitarsi con una serie di scioperi e proteste diffusi in tutto il paese. Operai metalmeccanici, tessili, edili, operatori sanitari, lavoratori delle poste e dei servizi, minatori, aeroportuali, giornalisti, lavoratori comunali e altri ancora hanno iniziato a lottare contro lo scioglimento dei sindacati, i contratti iniqui, i licenziamenti e i salari non pagati.
Il capitalismo turco è da anni ormai in crisi, che è stata aggravata e approfondita dalla crisi economica globale scatenata dalla pandemia Covid-19. Le condizioni in cui i lavoratori sono costretti a lavorare e gli attacchi al tenore di vita stanno spingendo i lavoratori verso i sindacati. La coscienza di milioni di lavoratori ha fatto un balzo in avanti. I lavoratori capiscono sempre più che non possono fidarsi dei padroni o del governo, e che è necessaria l’unità di classe contro i padroni. L’adesione ai sindacati, che era in calo dagli anni ’80, ha raggiunto un punto di inflessione ed è di nuovo in aumento. Questo è un presagio degli avvenimenti futuri.
La classe dominante non solo sta cercando di far pagare ai lavoratori la crisi attuale, ma sta disperatamente cercando di impedire alla classe operaia turca di organizzarsi in un forte movimento operaio. I lavoratori che tentano di sindacalizzare i loro colleghi vengono metodicamente individuati e licenziati tramite una serie di leggi e norme antisindacali.
Mentre gli scioperi e le proteste diventano sempre più frequenti e la crisi economica si aggrava, si sta preparando la strada per un’esplosione sociale in Turchia.
Nella regione di Trakya (Tracia orientale), che ha una delle più alte concentrazioni di fabbriche e lavoratori, la presenza dei sindacati è scarsa e i salari sono bassi. Ma un’ondata di lotte sindacali sta avendo luogo nella regione. Le fabbriche di produzione alimentare Belkarper e İndomie Adkotürk nella provincia di Tekirdağ, entrambe organizzate dal sindacato di categoria Tekgıda-İş, affliato alla Confederazione sindacale Türk-İş, legata allo stato, sono in sciopero contro la distruzione dei sindacati, i licenziamenti e il diritto ai contratti collettivi.
I padroni hanno ripetutamente cercato di interrompere entrambi gli scioperi con crumiri e intimidazioni. I lavoratori di entrambe le fabbriche sono una fonte di ispirazione per altri lavoratori e stanno traendo conclusioni di classe dalle loro lotte. Durante una recente intervista uno dei rappresentanti sindacali ha detto: “Quelli che governano il paese sono colpevoli quanto i padroni, si sono uniti ai padroni e non vogliono che i lavoratori siano organizzati e sindacalizzati”. Mentre un altro lavoratore ha aggiunto: “Non è solo il partito al governo, ma anche l’opposizione. Sono tutti dalla parte dei padroni, anche se possono sembrare dalla nostra parte”.
Mentre i lavoratori della Bel Karper continuano il loro sciopero che sta entrando nel suo quinto mese, lo sciopero alla İndomie Adkotürk sta crescendo ogni giorno di più da quando è iniziato il 23 agosto. Nuovi lavoratori continuano ad unirsi allo sciopero quasi quotidianamente. Uno di questi lavoratori ha parlato con il giornale Evrensel delle condizioni: “A causa dello sciopero, hanno reso obbligatori gli straordinari. Io uso la mia casa come un albergo. Ovunque ci sia carenza di lavoratori, ci mandano lì. […] Avevo paura di perdere lo stipendio. Ma ora sono con i miei amici”.
A Konya, una provincia nella regione dell’Anatolia centrale, 140 lavoratori sono stati licenziati in blocco per furto secondo il “Codice-46” della legge sul lavoro nella fabbrica Kentpar, dopo essersi iscritti al sindacato Birleşik Metal-İş,sindacato affiliato della Confederazione dei sindacati rivoluzionari (DİSK). A Esenyurt, Istanbul, 65 lavoratori della fabbrica Dega Demir Galvaniz sono stati licenziati dopo essersi iscritti alla Türk Metal (TÜRK-İŞ). A Urfa, una delle più grandi città curde, tutti i 300 lavoratori della fabbrica Uğur Tekstil sono stati licenziati in base al “Codice 18” della legge sul lavoro, che comporta l’interruzione del rapporto di lavoro, dopo aver sindacalizzato con la DİSK. I padroni hanno chiuso la fabbrica per impedire la sindacalizzazione. Questi sono solo alcuni dei luoghi di lavoro che licenziano decine o centinaia di lavoratori per essersi iscritti al sindacato. I lavoratori delle tre fabbriche hanno risposto con manifestazioni e occupazioni delle aziende.
I lavoratori della Posta, Telegraf, Telefon (PTT) hanno organizzato manifestazioni nelle principali città durante tutta la durata della pandemia per protestare contro la repressione nei confronti dei sindacati. Per la prima volta da quando è stata privatizzata nel 1995, i lavoratori hanno formato un sindacato indipendente nel 2019, PTT-SEN. Solo 174 lavoratori della PTT sono lavoratori assunti dalla azienda a tempo indeterminato, mentre più di 17.000 sono lavoratori a contratto senza gli diritti e salari degli altri lavoratori.
Nel settore dei servizi, il più grande servizio di consegna di cibo in Turchia, Yemeksepeti, che impiega più di 8.000 lavoratori, ha licenziato i dipendenti per la loro appartenenza al Nakliyat-İş (DİSK). Se avrà successo, la spinta all’iscrizione ai sindacati segnerà un momento di svolta per i drivers in Turchia. Si tratta di un settore iper-sfruttato, in cui le condizioni di lavoro insicure hanno portato ad almeno 190 morti di drivers nel 2020 e almeno 12 nei primi 5 mesi del 2021. I lavoratori hanno iniziato una campagna di boicottaggio per protestare contro i licenziamenti e i tentativi di distruggere il sindacato.
Si sono proclamati nuovi scioperi e nuove proteste sono state scatenate in tutta la Turchia, poiché i datori di lavoro si rifiutano di negoziare contratti collettivi equi. I lavoratori dei trasporti della metropolitana di Smirne hanno deciso di scioperare il 22 ottobre dopo che non è stato possibile raggiungere un accordo sul contratto collettivo tra il sindacato Demiryol-İşş, che fa parte di Türk-iŞ e Izmir Metro A.Ş., una delle società della municipalità metropolitana di Izmir. Lo sciopero, che riguarda 627 lavoratori della metropolitana e dei tram, paralizzerebbe Smirne, la terza città più grande del paese.
Nella città industriale di Gebze, quasi 300 lavoratori della fabbrica Trelleborg, dove è presente il sindacato Petrol-İş (DİSK), hanno deciso di entrare in sciopero il 4 novembre se non si raggiungerà un accordo. Questo segnerebbe il terzo sciopero nella fabbrica in 2 anni. Il sindacato dei lavoratori dei servizi sanitari e sociali (SES), che rappresenta quasi 26.000 medici di famiglia in tutta la Turchia, ha indetto tre interruzioni del lavoro di un’intera giornata e ha marciato verso la capitale, Ankara, per protestare contro il nuovo contratto imposto loro dal Family Medicine Payment and Contract Regulation Board, entrato in vigore il 1° luglio 2021. Quasi 800 lavoratori dell’Università Tecnica di Istanbul (ITU), organizzati con Tez-Koop-İş (Türk-iŞ) hanno organizzato proteste continue da gennaio, e ora stanno discutendo azioni di sciopero, poiché l’università si rifiuta di negoziare un contratto collettivo equo.
Ci sono anche proteste continue per il pagamento dei salari non pagati in molti settori dell’economia. Circa 100 lavoratori, tra cui piloti, personale di cabina e personale tecnico della compagnia aerea turca Onur Air, stanno protestando per i salari non pagati da 20 mesi. Nel municipio di Buca a Smirne, 100 lavoratori a tempo indeterminato stanno protestando per i bonus salariali non pagati, mentre 1.300 lavoratori del comune ma in appalto stanno protestando per i salari non pagati che risalgono a gennaio.
Repressione motivata dalla paura
Il regime di Erdoğan è pienamente consapevole della potenziale minaccia che questi scioperi e proteste rappresentano per il suo regime se queste lotte si unificano, confluendo in un unico torrente. Temendo che ogni sciopero o protesta possa costituire un esempio e diventare un catalizzatore di ulteriori disordini sociali, l’AKP e la classe capitalista stanno cercando di reprimere e intimidire il movimento crescente dei lavoratori.
La repressione della polizia che abbiamo visto alla fabbrica Destek Otomotiv nella provincia di Bursa è un caso esemplare. La polizia ha attaccato gli operai di questa fabbrica che protestavano contro il licenziamento di 100 lavoratori per essersi iscritti al sindacato, causando il ricovero in ospedale di sette di loro. I lavoratori ricoverati hanno rilasciato interviste a vari media, descrivendo nel dettaglio come la polizia avesse preso d’assalto la fabbrica di notte e trascinato fuori i lavoratori maschi, picchiandoli e minacciando di fare lo stesso con le lavoratrici.
In un altro caso, i lavoratori di Belkarpar e İndomie Adkotürk hanno organizzato una protesta presso l’ufficio del governatore di Tekirdağ e sono stati violentemente repressi dalla polizia. Alcuni lavoratori hanno marciato verso l’ufficio con le loro famiglie e sono stati picchiati con i manganelli mentre i loro figli guardavano. Più di 100 lavoratori sono stati arrestati.
Nel caso più grave finora, sono stati sparati proiettili contro la tenda simbolo dello sciopero dei lavoratori di Belkarper per due notti di seguito. L’attacco armato ha avuto luogo a tarda notte in entrambi i casi. La prima notte i lavoratori hanno chiamato la polizia che nonha nemmeno risposto. La seconda notte i lavoratori hanno rincorso l’uomo armato e lo hanno catturato. Anche se non è stato ancora confermato, l’uomo armato era molto probabilmente un delinquente assoldato dai padroni.
Alla PTT, i rappresentanti sindacali che organizzano i lavoratori postali sono stati trasferiti con la forza in altre province dalla direzione. In una recente manifestazione a Istanbul, il presidente della PTT-Sen, Halit Büyük, è stato preso in custodia insieme ad altri otto lavoratori. Un dirigente d’azienda di un partner della PTT, la società Park Konak, Yavuz Çakır, ha convocato individualmente i lavoratori postali che si organizzano con la PTT-Sen, minacciandoli e intimidendoli. I lavoratori hanno condiviso le registrazioni delle minacce sui social media e hanno organizzato manifestazioni chiedendo al movimento operaio di sostenerli contro le minacce.
La classe dominante ha chiaramente paura del movimento e usa ogni mezzo per intimidirlo. Ma lungi dall’indebolire il movimento dei lavoratori, questi attacchi stanno ulteriormente aumentando la consapevolezza dei lavoratori e rafforzando la loro comprensione di chi sia il loro vero nemico di classe, della necessità dell’unità di classe, del ruolo dello stato, insieme a molte altre lezioni.
Le favole di Erdoğan e la realtà economica
Durante un discorso televisivo a giugno, Erdoğan ha tentato di dipingere l’attuale crisi economica come un attacco degli stessi individui che erano dietro il fallito tentativo di colpo di stato del luglio 2016 – che lui sostiene essere anche dietro la rivolta di Gezi del 2013 – una forza che lavora nell’ombra e che starebbe cercando di mettere “il nostro paese in ginocchio”. Dopo aver proclamato che il suo governo aveva sventato questo “attacco” riportando l’oro dall’estero e rafforzando le riserve auree, ha dichiarato di aver assicurato che ogni cittadino turco sarebbe stato tutelato. Ma la realtà della crisi economica è lontana dai disperati tentativi di Erdoğan di ingannare le masse con teorie del complotto e favole assurde.
L’inflazione ufficiale è stata riportata al 19,5%, ma il tasso di inflazione reale si dice sia superiore al 30% e destinato a salire nei prossimi mesi. Solo da metà marzo, la lira turca si è svalutata del 17% rispetto al dollaro. Questo ha portato ad aumenti dei prezzi su tutta la linea. Un aumento del 15% dei prezzi dell’elettricità è stato attuato il 1° luglio, dopo un aumento del 6% a gennaio. Più di 3 milioni di famiglie in tutto il paese non hanno elettricità perché non possono pagare le bollette. Riflettendo i prezzi dell’energia, i costi di trasporto sono aumentati di più del 26% dallo scorso giugno. È stato annunciato un aumento del 25 per cento dei prezzi dei pedaggi su ponti e autostrade, rendendo inaccessibili le strade principali che i lavoratori usano quotidianamente. Anche i costi dei beni di consumo non alimentari sono aumentati del 26% nell’ultimo anno. I prezzi dei prodotti alimentari sono aumentati del 35,7 per cento dal luglio 2020. I prezzi di pane, farina e pasta sono aumentati del 24,8 per cento, del 17,8 per cento per carne e pesce, e del 35,1 per cento per latte, latticini e uova dallo scorso anno. Milioni di famiglie stanno già spendendo il 30 per cento del loro bilancio familiare per il cibo, ma i costi alimentari sono destinati a salire ulteriormente, dato che il paese è alle prese con la siccità che ha causato un calo dei raccolti chiave, oltre all’aumento dei costi e al deprezzamento della valuta.
La Banca centrale turca ha bruciato tutte le sue riserve nette per mantenere stabile la lira in mezzo alla crisi, il che ha ampliato ulteriormente il deficit di bilancio, contribuendo ad aumentare l’inflazione. Inoltre, la lira turca ha toccato un minimo storico e continua ad affondare dopo che la banca centrale ha tagliato i tassi di interesse di un intero punto percentuale al 18%, che ha anche aumentato l’inflazione al ritmo più veloce in due anni e mezzo.
Al fine di frenare i crescenti disordini sociali all’inizio della pandemia, il regime di Erdoğan aveva approvato una legge riguardo al Covid-19 che vieta i licenziamenti ma permette ai datori di lavoro di mandare i lavoratori in “congedo non retribuito” fino al luglio 2021. Insieme alla legge sul congedo non retribuito, i datori di lavoro hanno utilizzato una serie di leggi antisindacali contro i lavoratori. Ciò che rende i licenziamenti con queste leggi sul lavoro così brutali è che i lavoratori non acquistano i requisiti per il sussidio di disoccupazione o per qualsiasi altro tipo di compensazione e non possono cercare lavoro altrove.
Secondo un rapporto del dipartimento per la salute e la sicurezza sul lavoro (İSİG), dopo un anno dall’inizio della pandemia, i lavoratori licenziati in base al “Codice-29” (una legge morale) sono aumentati del 70%. DİSK riferisce che 3,7 milioni di lavoratori sono stati messi in congedo “a breve termine”, le cui ore sono state tagliate o sono stati messi in congedo temporaneo, e 2,5 milioni sono stati messi in congedo non pagato. Da quando il divieto di licenziamenti è terminato il 1° luglio, la disoccupazione è salita ancora di più. La DİSK riporta che la disoccupazione è al 27,2%, con più di 9,7 milioni di persone disoccupate. La fine dei programmi governativi di sostegno dei salari a luglio, sia il sostegno salariale per le ferie non pagate che il sostegno salariale per l’orario ridotto, ha lasciato milioni di lavoratori senza mezzi di sostentamento. Più del 55% della forza lavoro in Turchia riceve il salario minimo. Mentre il salario minimo è di 2.825 lire turche (LT), il limite del sostentamento vitale è di 3.049 LT e il limite della povertà è di 9.931 LT. Secondo la Banca Mondiale 1,6 milioni di turchi sono stati spinti nella povertà nel solo 2020.
Mentre i lavoratori vengono spinti nella povertà e portati sempre più vicino alla fame per sostenere il sistema, la classe dominate ha aumentato di miliardi di lire turche la propria ricchezza. Secondo il BIST, 157 aziende della Borsa di Istanbul hanno aumentato i loro profitti del 32% nel 2020.
Il regime dell’AKP cerca di atomizzare i lavoratori
Il Global Rights Index 2021 della Confederazione Internazionale dei Sindacati elenca la Turchia tra i 10 peggiori paesi per i lavoratori. Le protezioni per i lavoratori sono quasi inesistenti in Turchia. Per poter iniziare la contrattazione con i datori di lavoro, i sindacati devono rappresentare l’1% dei lavoratori del settore economico in questione, nonché la maggioranza dei dipendenti sul posto di lavoro. Gli scioperi sono consentiti solo in caso di stallo nella contrattazione.
Le attuali leggi sul lavoro hanno la loro base nel colpo di stato militare del 1980 che ha messo fine al più grande movimento rivoluzionario della Turchia. Lo sviluppo del capitalismo nel dopoguerra ha portato con sé lo sviluppo della classe operaia e la lotta di classe. L L’emergere del movimento sindacale e lo sviluppo di organizzazioni operaie indipendenti era un riflesso del fatto che la classe operaia stava cercando una via d’uscita dalla sua miseria. La classe operaia era pronta a prendere il potere in Turchia, ma gli errori della direzione del movimento portarono il movimento alla sconfitta. Il movimento operaio fu schiacciato e la rivoluzione subì una battuta d’arresto. I sindacati furono messi al bando, migliaia di organizzazioni dei lavoratori furono distrutte, gli scioperi furono vietati, il diritto alla contrattazione collettiva fu sospeso, centinaia di migliaia di persone furono imprigionate e migliaia furono uccise. I leader della DİSK furono processati e rischiarono la pena capitale, mentre il sindacato stesso fu impegnato in una battaglia di 11 anni contro l’illegalizzazione totale. Il forte e ben organizzato movimento operaio – in cui più del 40% dei lavoratori erano sindacalizzati – fu in gran parte distrutto.
Secondo il DİSK, il tasso di sindacalizzazione era del 12% nel 2002, ed è sceso al 6% sotto il governo dell’AKP. Secondo i numeri ufficiali del Ministero del Lavoro e della Sicurezza Sociale, il tasso di sindacalizzazione è attualmente del 14,78%, ma i contratti collettivi di lavoro coprono solo il 7% dei lavoratori sindacalizzati.
Tra i paesi membri dell’OCSE, la Turchia è uno dei paesi con la più bassa sindacalizzazione e copertura della contrattazione collettiva.
Sulla scia del boom economico mondiale precedente al 2008, l’economia turca è cresciuta rapidamente e con essa la classe lavoratrice. Mentre l’AKP è stata al governo durante questo boom e l’industrializzazione, e ha permesso alcune concessioni, ha lavorato attivamente per disarmare la classe operaia e indebolire il movimento operaio in Turchia, che è una fonte di lavoro a basso costo per il capitale nazionale ed estero. Attraverso arresti, tattiche di intimidazione e altre manovre, il regime dell’AKP ha impedito lo sviluppo delle organizzazioni indipendenti dei lavoratori.
I sindacati indipendenti, e i due più a sinistra, DİSK e la Confederazione dei sindacati dei lavoratori pubblici (KESK), sono stati costantemente presi di mira. I dirigenti e gli iscritti del DİSK vengono continuamente arrestati e i loro uffici vengono razziati. Anche il KESK, che organizza i lavoratori del settore pubblico, è stato oggetto di arresti e indagini. Migliaia di membri del KESK sono stati licenziati negli ultimi anni senza alcuna possibilità di ricorso.
Mentre i sindacati indipendenti sono presi di mira dallo stato, i sindacati guidati dal regime vengono sostenuti. La confederazione sindacale Hak-İş, che è un sindacato di regime e che organizza i lavoratori del settore pubblico, è stata sostenuta: degli 857.000 lavoratori che sono stati sindacalizzati tra il 2013 e il 2019, 517.000 si sono uniti a Hak-İş, con 266.000 che si sono uniti a Türk-İş che è un sindacato semi-statale, e solo 71.000 che si sono uniti al DİSK di sinistra.
Anche se il movimento rivoluzionario degli anni ’60 e ’70 è stato sconfitto, il potere della classe operaia organizzata continua a far paura alla classe dominante. La classe capitalista ha usato ogni arma del suo arsenale contro il lavoro organizzato per impedire lo sviluppo di un altro movimento di quella portata. Ma la classe operaia turca si sta risvegliando ed è cresciuta significativamente negli ultimi decenni. Nonostante le barriere e la repressione con cui i lavoratori devono confrontarsi, il tasso di sindacalizzazione ha iniziato a salire – anche se gradualmente per ora – dal 13,66% del luglio 2020 al 14,78% del luglio 2021.
Nonostante il fatto che la maggior parte dei lavoratori sindacalizzati appartenga attualmente a sindacati sotto l’influenza dell’élite al potere, in molti casi i leader vengono spinti a sostenere le lotte dei lavoratori. Promuovendo i sindacati legati al regime, l’élite al potere sta cercando di deviare la crescente coscienza di classe su un terreno che non minaccia i suoi interessi. Tuttavia, come possiamo vedere con molti scioperi radicali organizzati dai sindacati affiliati al Türk-İş, trucchi e deviazioni possono essere in grado di deviare temporaneamente la lotta di classe, ma non possono impedirle di trovare un’espressione. Un’immensa quantità di pressione si sta accumulando sotto la superficie della società e prima o poi si esprimerà in modo esplosivo.
Mentre la crisi economica si approfondisce, la base di consenso a Erdoğan continua ad erodersi. Egli ricorre a misure sempre più disperate e improvvisate. La sua popolarità tra ampi strati della popolazione, di cui una volta godeva del sostegno, sta crollando. C’è una rabbia diffusa tra ampi strati, mentre la profondità della crisi ha lacerato le illusioni che la base tradizionale di Erdoğan aveva in un regime che un tempo associava all’aumento del tenore di vita. Nel tentativo di fermare la rabbia delle masse, Erdoğan ha ordinato alle cooperative agricole di aprire 1.000 cooperative alimentari per offrire “prezzi adeguati”.
Questo è solo un piccolo cerotto su una ferita aperta, ma indica quanto sia acuta la crisi. Nel prossimo periodo, tutti i fattori che hanno portato a questa crisi non faranno che intensificarsi e i lavoratori, i giovani e i poveri saranno chiamati a pagare.
I tentativi della classe dominante di far pagare la crisi ai lavoratori sta già provocando una reazione. La pressione della base sta spingendo i vertici alla mobilitazione in molti casi, e le vittorie parziali degli scioperi e delle proteste servono come incoraggiamento per altri settori della classe operaia. La rinnovata combattività della classe operaia sta producendo una nuova generazione di militanti. I militanti di base devono organizzarsi dal basso e chiedere ai sindacati di porsi in prima linea per difendere i loro diritti.
I padroni e i loro rappresentanti al governo continueranno a tentare di intimidire e sopprimere il movimento, ma questo non fa che svelare la vera natura del regime a più strati dei lavoratori, spingendoli all’opposizione. La classe operaia può contare solo sulle proprie forze. Ciò che è necessario è portare tutte le lotte che si stanno sviluppando sotto la bandiera dell’unità nella lotta contro il regime stesso.
I lavoratori capiscono già la necessità di unire le loro lotte. Ciò che è necessario è una campagna cosciente per collegare le diverse lotte su base locale e nazionale, così come lo sviluppo di un programma comune di richieste, che includa, tra le altre cose: il diritto alla rappresentanza sindacale democratica; il diritto alla contrattazione collettiva; il diritto di sciopero e di protesta; salari reali in linea con l’inflazione; tutti i lavoratori licenziati devono essere reintegrati; la rimozione di tutte le leggi ingiuste; migliori condizioni di lavoro, diritti, bonus salariali, il pagamento di tutti i salari arretrati e dei sussidi, e garantire che i lavoratori non soffrano o paghino per questa crisi capitalista. Inoltre, questo movimento deve mettersi alla testa della lotta per i diritti democratici, che sono stati attaccati in tutto il paese.
Un programma di questa portata, che colleghi tutte le lotte isolate in un movimento nazionale, non solo metterebbe in ginocchio Erdoğan e il suo AKP al potere, ma sarebbe in grado di mettere in ginocchio l’intero sistema capitalista.