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Sono esseri umani. Iniziamo da questa affermazione!
La questione migratoria ha radici molto profonde, le persone migrano per ragioni precise. Alcuni di loro, milioni di profughi, scappano da guerre e miseria provocate dalle guerre imperialiste e dalla crisi del capitalismo. Ogni anno oltre centomila di loro attraversano il Mediterraneo verso le coste di Italia e Spagna in cerca di fortuna. La “Fortezza Europa” d’altro canto deve restare intatta. Invece, di costruire ponti per unire, i potenti pensano a costruire muri per separare. Per il muro che la Polonia (e la Lituania) vogliono costruire sul confine, la Commissione Ue ha semplicemente precisato che “non verranno usati fondi comunitari”, come se costruire muri ed espellere gli immigrati, piuttosto che accoglierli sembra qualcosa di normale e banale. La strage di migranti avvenuta al largo delle coste crotonesi del 25 febbraio scorso ne è un esempio, 59 corpi recuperati, tra cui 14 bambini. Questa strage purtroppo ci ricorda altre stragi nel mediterraneo, come quella che si ebbe sulla costa di Lampedusa dieci anni fa nel 2013, e quella del 15 di giugno nelle acque di Pylos in Grecia dove dei 600 migranti se ne sono salvati solo 104, con soli 74 corpi trovati annegati in mare.
Naturalmente alla base c’è anche un altro motivo che lega questi eventi tragici: dietro i fatti avvenuti fanno da leva le leggi anti-migratorie sancite dallo Stato italiano in comune accordo con l’Europa. Sappiamo bene che l’UE è una delle responsabili del dramma dei profughi, per gli accordi sul blocco dei flussi migratori con la Libia e con Erdogan. Si tende a parlare in termini di “tragedie” di fronte a simili eventi, ma si tratta di vere e proprie stragi. Come tali vanno considerate e raccontate. Sono il prodotto di catene di decisioni, chiamano in causa precise responsabilità, precise visioni di fenomeni migratori e specifiche politiche adottate per affrontarli.
Ad oggi, dei potenziali 600mila lavoratori stranieri non in regola, solo 207mila (principalmente in ambito domestico) hanno presentato domanda, proprio per la mancanza di incentivi, per il lungo iter burocratico e il timore di ritorsioni. Di queste domande, solo il 5% è stato preso in carico e, per andare ancor di più in profondità, solo il 0,71% delle pratiche è stato concluso. Un risultato a dir poco ridicolo che ha visto anche proteste in diverse città. La crisi pandemica, economica e sociale ha messo a nudo anche questo nodo debole dell’Italia, dell’Ue e del sistema capitalistico mondiale.
Le immagini girate in alcuni Centri di Permanenza per i Rimpatri (Cpr) sono allarmanti, arrivano dai cellulari di chi abita questi luoghi. Violenze fisiche e psicologiche, pillole calmanti che potrebbero essere psicofarmaci tre volte al giorno, spazi indegni, con bagni inesistenti, senza docce e servizi igienici. Secondo i dati del Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del Viminale, resi disponibili dal Garante nazionale, al 30 giugno scorso i reclusi nei dieci Cpr italiani erano 667 uomini e 5 donne. In tutto il 2021 sono stati 5.147. Di questi è stato espulso il 49%. Sconvolgenti sono le immagini girate all’interno del Cpr di Torino, che La7 ha trasmesso il 25 maggio sul programma «Piazzapulita». Luoghi praticamente inaccessibili, vere e proprie gabbie dove i migranti senza documenti vengono rinchiusi in attesa di essere rimpatriati.
La video-inchiesta segue di pochissime ore quanto emerso sempre al Cpr di Torino, dove cinque agenti e un medico sono stati accusati di sequestro di persona e omicidio colposo. Una vicenda che riguarda – nello specifico – la morte di un giovane di 23 anni che si è tolto la vita impiccandosi in una cella di isolamento, sita in luoghi che sono stati paragonati a «vecchie sezioni di uno zoo». Ma più in generale sono nel mirino le condizioni inumane nelle quali sono tenute le persone recluse nei nove Cpr in tutta Italia, che secondo il ministro Salvini dovrebbero moltiplicarsi per arrivare ad averne uno in ogni Regione.
I Cpr sono in mano ai privati, che sulla pelle e sulla vita di persone, esseri umani, cercano di fare profitti. Massimizzazione dei profitti privati e contenimento dei costi statali. È quanto avviene con la detenzione amministrativa dei migranti, un unicum nell’arcipelago delle forme di reclusione italiane. Perché le persone trattenute non hanno commesso reati e perché i centri di trattenimento sono appaltati ai privati. Nei Cpr vige un’extraterritorialità giuridica: per i detenuti non si applicano i principi costituzionali.
I privati, sul modello statunitense, nella gestione delle strutture perseguono i loro interessi economici. Sono stati infatti 56 i milioni di euro previsti complessivamente, nel periodo 2021-2023, dagli appalti per affidare la gestione dei Centri di Permanenza per il Rimpatrio (Cpr) ai soggetti privati. Costi da cui sono esclusi quelli relativi alla manutenzione delle strutture e del personale di polizia.
Insomma, i Cpr sono diventati un affare!! E questo affare ha attirato l’attenzione delle multinazionali come la francese Gepsa e la svizzera ORS, di società come Engel S.R.L. e di Cooperative Edeco-Ekene e Badia Grande che hanno contribuito, negli anni recenti, a fare la storia della detenzione amministrativa in Italia, aggiudicandosi gli appalti spesso e volentieri con gare al ribasso. Il tutto è evidenziato in un rapporto della “Coalizione Italiana Libertà e diritti civili” dal titolo “L’affare Cpr, il profitto sulla pelle delle persone migranti”, presentato alla Camera nel giugno scorso. Il dossier giunge a conclusioni come queste:
“L’affidamento ai privati comporta il rischio di ‘diluire’ le responsabilità delle autorità pubbliche consentendo ai privati di speculare sulla pelle delle persone detenute”.
Per azzerare l’immigrazione clandestina e tutto il marciume dei profitti illegali che vi ruotano attorno sarebbe utile aprire le frontiere, garantire i corridoi umanitari e i viaggi legali, dare la possibilità di visto e di ingresso regolare per tutte e tutti gli stranieri. Si eviterebbero tutte le stragi nel Mar Mediterraneo, con effetto immediato.
Finirebbe lo sfruttamento del migrante “irregolare”, sul quale si fondano interi settori dell’economia italiana, soprattutto in agricoltura, dove vengono ghettizzati con il “caporalato” in condizioni igieniche e sociali letteralmente bestiali. L’abolizione di tutte le leggi razziste sull’immigrazione, con la libertà di circolazione e il permesso di soggiorno a tutte e tutti al di là della propria origine o provenienza geografica, dovrebbero essere al centro delle battaglie dei giovani e del movimento operaio.