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di Ylva Vinberg, da Stoccolma
Lo scorso febbraio, Erik Helgeson, segretario e portavoce del Sindacato dei Lavoratori Portuali Svedesi, Svenska Hamnarbetarförbundet, è stato licenziato. Il motivo? Il suo sindacato ha votato per il blocco della movimentazione di materiale militare destinato ad Israele.
In risposta alla decisione dei lavoratori, la Gothenburg Roro Terminals (GRT), di proprietà del gigante danese del trasporto marittimo DFDS, si è scagliata con forza contro Helgeson, che è stato licenziato sulla base dell’accusa fasulla di essere una minaccia per la “sicurezza nazionale”.
Si tratta di un attacco senza precedenti contro il sindacato e contro Helgeson, che è un dirigente dei portuali fin dalla lotta per il contratto nazionale nel 2017.
Il sindacato è accusato (dall’azienda, non dallo Stato) di aver infranto la legge dopo aver compilato un dossier per il Tribunale del Lavoro Svedese “sugli scambi commerciali di materiale bellico con Israele”. Ma questo non è altro che un pretesto da quattro soldi, dal momento che il dossier si basa su informazioni di pubblico dominio.
Il sindacato ha portato la GRT in tribunale per il licenziamento illegittimo di Helgeson. Il problema è che questa multinazionale, che gestisce il porto, può facilmente assorbire il costo delle piccole multe che un qualsiasi tribunale le imponga di pagare. DFDS ha dichiarato un fatturato di più di un miliardo di euro solo nel primo trimestre del 2025.
Inoltre, ora il sindacato sta chiedendo un emendamento al contratto collettivo, grazie al quale chi subisse un licenziamento illegittimo sarebbe risarcito per il valore dell’1% del fatturato annuale dell’azienda. Sta anche chiedendo sanzioni più cospicue in caso di altri tentativi di ostacolare il lavoro dei rappresentati eletti dai lavoratori. Per di più, sta chiedendo di rendere più stringente l’obbligo per i padroni di scendere a trattative, un limite per l’utilizzo dei lavoratori a tempo determinato e un fondo più sostanzioso per aiutare i lavoratori in difficoltà, ecc.
Una minaccia per i profitti
I capitalisti usano il bellicismo e il nazionalismo per colpire i lavoratori. In questo caso, il vero scopo dietro qualsiasi discorso a proposito di “minacce straniere” e “sicurezza nazionale” è palese. Semplicemente, si vuole impedire un blocco da parte di un sindacato combattivo, che minaccia i profitti dei capitalisti. Data la storia delle lotte dei portuali, non è difficile comprendere il desiderio dei padroni di spezzarne lo spirito combattivo.
In un momento in cui la lotta tra le potenze imperialiste è in ascesa e i governi investono sempre più denaro per riarmare i propri eserciti, i capitalisti del settore bellico e di quello dei trasporti vedono un’occasione per fare tantissimo denaro con la guerra e i conflitti. Ma la guerra e la militarizzazione stanno provocando anche la radicalizzazione di milioni di persone, soprattutto tra i giovani, come abbiamo visto nel corso del movimento per la Palestina.
L’ultima cosa che i capitalisti vogliono è vedere una sezione della classe lavoratrice che si unisca a questa lotta e intraprenda azioni che, a differenza delle manifestazioni e delle proteste studentesche, prendono di mira direttamente i loro profitti. Questo è il motivo per cui i capitalisti e lo Stato stanno restringendo i diritti democratici, nel tentativo di impedire la lotta e l’organizzazione. Ma questo ha un prezzo, poiché provocherà una rabbia ancora più profonda nei confronti dei capitalisti, dei politici e dell’intero sistema capitalista.
Sciopero
I lavoratori non si sono limitati a portare la GRT a giudizio per il licenziamento illegittimo di Helgeson. Il 30 aprile, il contratto collettivo firmato dal sindacato con i padroni dei porti svedesi è scaduto senza che ci fosse un nuovo contratto a sostituirlo. Per costringere i padroni a sedersi al tavolo delle trattative, il sindacato è sceso in sciopero in tutti i porti del paese il 21 maggio, con il voto favorevole dell’89% degli iscritti.
I padroni si sono rifiutati di avviare una vera trattativa e hanno risposto con serrate e utilizzando i crumiri. Non hanno neanche presentato le proprie richieste. Al contrario, stanno facendo affidamento su un accordo con la federazione sindacale dei trasporti, che organizza i lavoratori del settore, e dicono che sarà applicato a tutti i lavoratori portuali. Inizialmente, è sembrato che questo si ritorcesse contro di loro, visto che anche il sindacato dei trasporti aveva convocato degli scioperi. Ma ora sono scesi a patti, lasciando il sindacato dei portuali a lottare da solo.
Non è una novità per il sindacato dei portuali. Esso non fa parte della principale confederazione sindacale, Landsorganisationen i Sverige (LO), il che gli permette di essere più combattivo. I portuali hanno inoltre mantenuto le antiche tradizioni democratiche, come quella per cui gli iscritti hanno il diritto di votare se scioperare e se il sindacato debba accettare l’offerta della controparte, a differenza del resto del movimento sindacale svedese, in cui la direzione decide tutto. Per questo motivo, gli altri sindacati, e in particolare i dirigenti della LO, si sono sempre rifiutati di appoggiare i portuali. Anche ora, che un diritto sindacale fondamentale è sotto attacco, sono rimasti in silenzio.
Ma i lavoratori portuali non sono soli. Essi godono dell’appoggio di tutti coloro che hanno protestato per il genocidio a Gaza. Hanno ricevuto molti messaggi di solidarietà dalle sezioni sindacali locali, un indice del reale appoggio alla loro lotta che esiste tra i lavoratori. Ma ciò che è più importante, l’International Dockworkers Council (IDC, il coordinamento internazionale dei sindacati portuali, ndt), ha promesso di aiutarli.
Lunedì 26 maggio, i portuali belgi si sono rifiutati di scaricare una nave che proveniva da Goteborg, perché era stata caricata dai crumiri. Questa è l’unica nave che i padroni sono riusciti a far salpare con l’aiuto dei crumiri. A quanto pare, gli impiegati e i capetti utilizzati come crumiri non sono efficienti come i veri lavoratori portuali.
Finora, lo sciopero dei portuali si è limitato a un’azione graduale di pochi giorni per costringere i padroni a fare un passo indietro. Tuttavia, dal momento che i padroni sembrano determinati, questo conflitto probabilmente si intensificherà, intaccando i profitti dei capitalisti svedesi. La stragrande maggioranza delle importazioni e delle esportazioni passa per i porti.
Ciò costituirebbe anche una fonte di ispirazione per gli altri lavoratori svedesi, che vogliono passare al contrattacco, nonostante i dirigenti sindacali le tentino tutte per fermarli.
La sezione svedese dell’Internazionale Comunista Rivoluzionaria appoggia pienamente lo sciopero dei portuali e i blocchi precedenti del materiale bellico israeliano. Il cinico tentativo dei padroni di sabotare un sindacato combattivo licenziando Helgeson e la solidarietà internazionale che lui e i portuali svedesi hanno ricevuto rivelano quale sia la vera linea di divisione nella società: non tra le nazioni, bensì tra le classi.
Questo attacco rivela la necessità di allargare la lotta per difendere anche il diritto della classe lavoratrice ad organizzarsi e a fruire dei diritti democratici. Un attacco ai portuali è un attacco a tutta la classe operaia.
Solidarietà a Erik Helgeson e al Sindacato dei Portuali!
Difendiamo i diritti sindacali!
Combattiamo il militarismo!
Fermiamo l’occupazione israeliana della Palestina!