20 anni dopo l’invasione dell’Iraq: l’eredità brutale dell’imperialismo
22 Marzo 2023Rivoluzione n° 96
23 Marzo 2023L’Editoriale del nuovo numero di Rivoluzione
Sono bastati pochi giorni perché la crisi della Silicon Valley Bank passasse dall’essere considerata un episodio circoscritto, riguardante una banca americana di media taglia, ad allarme rosso.
La testimonianza più evidente è la brusca inversione di marcia dell’amministrazione USA, che il venerdì aveva dichiarato che non avrebbe coperto le perdite, e la mattina del lunedì seguente, prima che aprissero i mercati, ha garantito la copertura integrale dei depositi presso SVB, compresi quelli superiori ai 250mila dollari che non sono coperti dal fondo federale (FDIC). Lo stesso giorno, 13 marzo, è andata in bancarotta una seconda banca, la Signature Bank di New York. Anche qui la Federal Reserve ha garantito la copertura integrale dei depositi e ha immediatamente creato un nuovo strumento di finanziamento delle banche.
Nel giro di una settimana le azioni delle banche quotate al Nasdaq hanno perso un quarto del loro valore, cancellando 25 anni di crescita. Nel complesso i valori azionari delle banche nella prima metà di marzo hanno perso 229 miliardi di dollari.
Meno di una settimana dopo SVB si è aperta una nuova voragine a Credit Suisse. Nelle cronache torna la memoria del crollo di Lehmann Brothers, che nel 2008 segnò il precipitare di una crisi mondiale.
Credit Suisse ha attivi per 538 miliardi di euro (fine 2022), ma a causa delle perdite oggi il suo valore in Borsa è di soli 7 miliardi di euro. Per evitare il tracollo è stata svenduta per 3 miliardi al colosso UBS, che ha prontamente cancellato 16 miliardi di obbligazioni, tutelando invece gli azionisti sauditi e qatarioti. La Banca centrale svizzera ha già garantito crediti fino a 150 miliardi “per rassicurare i mercati”.
Con questo siamo già a 350 miliardi di liquidità garantiti dalle banche centrali tra USA ed Europa: misura esatta del panico che pervade le autorità monetarie.
La causa principale di questi crolli è nell’aumento dei tassi, che da un anno circa la FED, la BCE e tutte le principali banche centrali (ad eccezione di quella cinese) hanno intrapreso. Il denaro facile, anzi il denaro gratuito, è finito. Le conseguenze sono molteplici, e tutte negative.
Tutti i titoli di Stato emessi a tassi bassi e spesso fissi nella fase precedente stanno rapidamente perdendo valore di mercato. La perdita potenziale nei bilanci delle banche che li detengono potrebbe ammontare a 620 miliardi. Se si allarga il calcolo al totale degli impieghi, la perdita potenziale è attorno a 2.000 miliardi. (Economist, 15 marzo).
L’aumento dei tassi ha poi altri effetti più diretti: mutui più cari, prestiti alle aziende più cari, debiti pubblici più pesanti… Numerosi paesi poveri, con debiti denominati in dollari, sono sull’orlo della bancarotta. Si guarda con timore a Ghana, Tunisia, Salvador, Pakistan, Ecuador, Nigeria, Kenia…
Su Repubblica del 1 marzo si sintetizzano le seguenti cifre: nel 2021 la spesa mondiale per interessi è stata di 10,4mila miliardi di dollari, nel 2022 di 13mila miliardi: rispettivamente il 12% e il 14,5% del PIL mondiale. A seconda delle stime, potrebbe arrivare al 17 o anche al 20% del PIL mondiale nel 2027. Un pozzo senza fondo che risucchia verso il capitale finanziario risorse inimmaginabili, a spese dei bilanci delle famiglie, dell’occupazione, della spesa sociale.
Del resto era precisamente questo che cercava la FED quando ha inaugurato la più ripida ascesa dei tassi (+4% in un anno) da decenni: una vera e propria doccia gelata che portasse a una brusca frenata dell’economia, con l’obiettivo di spegnere l’inflazione. Vogliono che il gelo di una recessione economica stronchi sul nascere ogni rivendicazione di aumento dei salari, che è la cosa che temono di più.
Ma l’inflazione, nonostante un relativo calo, è tutt’altro che sotto controllo. I prezzi, soprattutto quelli dei beni di largo consumo, continuano a correre divorando i bilanci delle famiglie operaie, dei pensionati, di tutti i salariati.
La classe dominante brancola nel buio. Hanno inondato il mondo di denaro facile (di capitale fittizio, per usare il concetto esatto del marxismo) e si sono ritrovati con un’esplosione di inflazione come non si vedeva dagli anni ‘70. Hanno tirato il freno a mano alzando i tassi e cercando di ridurre la liquidità, e stanno innescando una crisi che non potrà limitarsi solo al settore finanziario. Governi e Banche centrali sembrano un ubriaco che sbanda in un vicolo, urtando alternativamente il muro a destra, poi quello a sinistra.
Proprio mentre crollava Credite Suisse, la BCE ha alzato il tasso di sconto di un altro mezzo punto, continuando imperterrita nella stretta monetaria. La governatrice Lagarde, forse per rispondere ai dubbi in materia, ci ha tenuto a precisare che prima di fare altri cambiamenti “si dovranno vedere i dati”. I signori del mondo navigano alla cieca verso una tempesta perfetta.
Non sappiamo se da questi crolli si arriverà direttamente a una nuova crisi generale, o se siano solo degli scossoni premonitori. Una cosa però è certa: il sistema capitalista marcia a grandi passi verso una nuova deflagrazione. Non abbiamo dubbi su quale sarà la risposta che tenteranno di mettere in campo: una nuova gigantesca “socializzazione delle perdite”, dopo essere riusciti a fare profitti da capogiro anche in tempi di pandemia, di crisi e di guerra.
Il dominio di una ristrettissima minoranza di capitalisti si dimostra ogni giorno di più incompatibile con il futuro dell’umanità.
La rivolta dei lavoratori e dei giovani nelle strade di Parigi ci indica la strada da seguire, ma neppure la più radicale delle proteste è sufficiente. È necessario lavorare instancabilmente alla costruzione di un punto di riferimento politico, ossia alla organizzazione di tutti coloro che condividono questa prospettiva, affinché in ogni paese le lotte di resistenza (che sono inevitabili!) non vengano condotte nel pantano del riformismo o non si esauriscano per mancanza di sbocchi.
Un partito mondiale che lotti per una società socialista, libera dalla crisi, dalla miseria, dalla guerra e da ogni oppressione: questo è l’obbiettivo che vi invitiamo a perseguire insieme a noi.
20 marzo 2023