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28 Maggio 2021Quella che in un primo momento poteva apparire una semplice disgrazia, si è subito rivelata qualcosa di molto diverso: una strage la cui unica causa risiede nella ricerca del profitto da parte dell’imprenditore di turno. Si ripete così lo scenario del crollo del ponte Morandi. Imprenditori spregiudicati si accaparrano gli appalti del trasporto pubblico, generosamente finanziati con i soldi pubblici, e ne traggono profitti favolosi, risparmiando su sicurezza e manutenzione.
La manomissione deliberata dei freni della cabina e la mancata sostituzione dei cavi trainanti (in uso da 23 anni), che hanno portato alla morte del tutto evitabile di 14 persone sulla funivia Stresa-Mottarone, sono atti criminali che non basta spiegare con l’azione di alcune mele marce. Passare sopra alla sicurezza e alla salute dei lavoratori e dei consumatori è la prassi quotidiana all’interno del sistema capitalistico, dove il profitto vale più della vita delle persone, come ci ricorda la morte di Luana d’Orazio, uccisa in fabbrica dalla manomissione del meccanismo di sicurezza nell’orditoio cui lavorava.
La manomissione dell’impianto
Le lacrime di coccodrillo di Luigi Nerini, proprietario e amministratore unico della Ferrovie del Mottarone srl, l’azienda che aveva in appalto la funivia Stresa-Mottarone, non sono servite a coprire lo scandalo. Lo schianto della cabina con 15 persone al suo interno, di cui un solo sopravvissuto, è stata causata dalla manomissione dei freni di emergenza della cabina, che avrebbero dovuto bloccare il cavo trainante in caso di rottura della fune. La manomissione dell’impianto è stata il frutto di una “scelta deliberata e assolutamente consapevole”, come ha dichiarato esplicitamente la procuratrice di Verbania Olimpia Bossi.
Il meccanismo dei freni d’emergenza aveva dei malfunzionamenti che andavano avanti da aprile, costringendo a frequenti interruzioni nel servizio. Riparare il meccanismo avrebbe comportato un investimento ingente e un periodo di fermo dell’impianto, facendo così perdere a Luigi Nerini parte dell’agognato incasso della stagione turistica, in piena ripartenza dopo il lockdown. Per aggirare il problema, i freni sono stati bloccati con dei forcelloni, impedendone il funzionamento nel momento in cui il cavo trainante si è spezzato. La rottura del cavo è stata causata probabilmente dalla corrosione dovuta a fattori atmosferici. Tuttavia, nonostante le funi fossero in azione da 23 anni, esse non sono mai stata sostituite, anche approfittandosi delle proroghe concesse dallo Stato per la sostituzione dei cavi negli impianti funiviari.
Luigi Nerini e la Ferrovie del Mottarone srl
La persona di Luigi Nerini è, d’altra parte, quanto di più lontano dalla fantomatica figura dell’imprenditore strangolato dalla crisi e dal lockdown. In qualità di proprietario e amministratore unico della Ferrovie del Mottarone srl, egli incassa uno stipendio annuo di 96 mila euro e la sua azienda rende un fatturato di circa 1,8 milioni di euro all’anno, con un profitto netto di oltre il 20%. Come se non bastasse, l’azienda riceve 130 mila euro ogni anno dal Comune. Questi enormi profitti sono possibili grazie al contenimento dei costi, i cui risultati drammatici sono ora davanti agli occhi di tutti, allo sfruttamento dei propri dipendenti, assunti con un regime totalmente precario che segue il flusso dei turisti, e ai prezzi gonfiati delle corse sulla funivia, che costano 20 euro andata e ritorno. Inoltre, Nerini è proprietario di un’agenzia di viaggio a Verbania e controlla con la sua società le montagne russe di Alpyland, sulla vetta del Mottarone.
La Ferrovie Mottarone srl, azienda storica della famiglia dei Nerini, aveva già perso la gestione della funivia nel 1997, a causa dello stato di degrado nel quale versava l’impianto. Ma la società riuscì a riottenere la concessione nel 2001 e, dopo la chiusura del 2014 per una revisione generale, si reinserì nella gestione della funivia a seguito di un affare abbastanza opaco con la Leitner S.p.a., la multinazionale con sede a Vipiteno, incaricata della manutenzione e dell’ammodernamento della funivia nel 2015.
L’affare milionario della manutenzione
I rapporti tra la Leitner e la Ferrovie del Mottarone aggiungono allo scandalo ulteriori particolari sulla gestione cinica e speculativa dell’impianto. Nel 2015 le due società fondano la Funivie del Mottarone, controllata per l’80% dalla Leitner e per il 20% da Nerini, aggiudicandosi l’appalto per il rifacimento e la gestione della funivia, finanziato dal Comune di Stresa con un fondo di circa 3 milioni di euro a rate di 130 mila euro annui. Dal piano dei lavori viene esclusa la sostituzione dei cavi, poiché la scadenza ventennale della loro “vita tecnica” sarebbe giunta solo due anni dopo. Sostituzione comunque evasa grazie alle proroghe.
Nel 2016, la Funivie del Mottarone firma con la Leitner, che controllava ancora l’80% della società appaltatrice, un contratto decennale di 2 milioni di euro per la manutenzione dell’impianto. La Leitner si sarà dovuta ritenere soddisfatta dell’affare, dal momento che l’anno seguente cede la sua parte (80%) per la modica cifra di 8 mila euro a Nerini, che fonde la Funivie del Mottarone, di cui è ormai unico proprietario, con l’azienda di famiglia Ferrovie del Mottarone srl. Il direttore di esercizio della funivia Stresa-Mottarone, Enrico Perrocchio, che dopo aver ammesso la manomissione dell’impianto è in arresto insieme con Luigi Nerini e il capo servizio Gabriele Tadini con l’accusa di pluriomicidio colposo aggravato, è direttore di esercizio anche della funivia del santuario Nostra Signora di Montallegro a Rapallo, ed è al contempo un dipendente proprio della Leitner.
La Leitner S.p.a. ha, inoltre, realizzato il Minimetrò di Perugia, un sistema di trasporto su rotaie automatizzato che attraversa il capoluogo umbro, e possiede azioni della azienda a partecipazione pubblico-privata Minimetrò S.p.a. incaricata della sua gestione. La realizzazione del Minimetrò, opera sottoutilizzata e avversata dalla cittadinanza a causa del consistente inquinamento acustico che produce, è costata 98 milioni di euro di soldi pubblici ed è il classico esempio di partecipazione pubblico-privata: i soldi che servono li mette il pubblico, i profitti che arrivano li intascano i privati. Oltre alla funivia Stresa-Mottarone, al Minimetrò e alla funivia in corso di realizzazione a Cortina, che collegherà Tofana e Cinque Torri, la Leitner realizza e gestisce impianti a fune in tutto il mondo. Chi garantisce che queste opere non siano gestite con la stessa spregiudicatezza che è costata la vita a 14 persone e non possano fare una strage da un momento all’altro?
Fuori i privati dal trasporto pubblico
La strage della funivia Stresa-Mottarone ha fatto emergere in maniera drammatica la realtà della gestione del trasporto pubblico, e in generale dei servizi, in mano ai privati. Valanghe di soldi pubblici vengono riversati nelle aziende private, che traggono profitti vergognosi e, approfittandosi della gestione monopolistica dei servizi, impongono prezzi truffaldini e una qualità del servizio sempre al ribasso. Episodi come quello di Stresa o del ponte Morandi ci mostrano fino a che punto i capitalisti sono disposti a spingersi pur di ritagliarsi qualche profitto in più. Per questo, non è accettabile che i trasporti pubblici e i servizi di pubblica utilità siano in gestione o persino di proprietà dei privati. Per il benessere, la salute e la sicurezza di tutti, tali servizi devono essere totalmente pubblici e controllati democraticamente dai lavoratori, ai quali non verrebbe mai in mente di manomettere un impianto di sicurezza e di mettere in pericolo le vite propria e degli altri. Invece, finché vivremo all’interno del sistema capitalistico, la nostra salute e la nostra sicurezza saranno sempre ostaggio del calcolo del profitto di qualche imprenditore o azionista, e saremo a rischio quando lavoriamo, quando ci spostiamo, e persino quando andiamo in vacanza.