Francia. I lavoratori riprendono la parola
5 Ottobre 2016
L’impeachment di Dilma e la lotta politica in Brasile
7 Ottobre 2016
Francia. I lavoratori riprendono la parola
5 Ottobre 2016
L’impeachment di Dilma e la lotta politica in Brasile
7 Ottobre 2016
Mostra tutto

Stalin e la rivoluzione cinese

di Lev Trotskij • È questa una specie di ricapitolazione, sulla base di documenti, delle posizioni assunte da Stalin e dalla direzione dell’Internazionale comunista durante la rivoluzione cinese e sino all’estate del 1930. Anche questo scritto – datato 26 agosto 1930 – è dell’epoca del soggiorno a Prinkipo.

di Lev Trotskij1

La rivoluzione cinese del 1925-27 resta il più grande avvenimento della storia moderna dopo la rivoluzione del 1917 in Russia. Sui problemi della rivoluzione cinese si sono scontrate le correnti fondamentali del comunismo. In occasione degli eventi cinesi, l’attuale leader ufficiale del Comintern, Stalin, ha dimostrato la sua vera statura. I documenti fondamentali che riguardano la rivoluzione cinese sono dispersi, disseminati, dimenticati. Alcuni sono accuratamente nascosti.
Nelle pagine che seguono vogliamo riprendere le fasi più importanti della rivoluzione cinese alla luce degli articoli e dei discorsi di Stalin e dei suoi collaboratori più prossimi, unitamente alle decisioni del Comintern imposte da Stalin. Allo scopo ci serviamo di testi autentici tratti dal nostro archivio. Presentiamo in particolare estratti di un discorso di un giovane staliniano, Chitarov2, al XV Congresso del Partito comunista dell’Unione Sovietica, discorso che Stalin ha tenuto nascosto al partito. I lettori si renderanno facilmente conto del grande significato della testimonianza di Chitarov, un giovane funzionario staliniano carrierista, che ha partecipato agli avvenimenti cinesi e che è attualmente uno dei dirigenti della Internazionale comunista giovanile.

Per rendere più comprensibili fatti e citazioni, riteniamo utile ricordare ai lettori la sequenza degli avvenimenti principali della rivoluzione cinese:

  • 20 marzo 1926.  Primo colpo di mano di Chiang Kai-shek a Canton.
  • Autunno 1926. VII Plenum del Comitato esecutivo dell’Internazio-nale comunista con la partecipazione di Chiang Kai-shek come delegato del Kuomintang.
  • 12 aprile 1927.  Colpo di Stato di Chiang Kai-shek a Shanghai.
  • Fine maggio 1927. Colpo di mano controrivoluzionario del Kuomin-tang di «sinistra» a Wuhan.
  • Fine maggio 1927. L’VIII Plenum del Comitato esecutivo dell’Internazionale comunista proclama dovere dei comunisti rimanere nel Kuomintang di «sinistra»
  • Agosto 1927. Il partito comunista cinese adotta una linea favorevole alla insurrezione.
  • Dicembre 1927.  Insurrezione di Canton.
  • Febbraio 1928. Il IX Plenum del Comitato esecutivo dell’Internazionale comunista stabilisce per la Cina una linea di insurrezione armata e di costruzione dei soviet.
  • Luglio 1928. Il VI congresso del Comintern rinuncia alla parola d’ordine dell’insurrezione armata come parola d’ordine pratica.

 

1.  Il blocco delle quattro classi

La politica di Stalin si è basata sul blocco delle quattro classi. Ecco come ha valutato questa politica l’organo berlinese dei menscevichi:
«Il 10 aprile sulla “Pravda”, Martynov, assai efficacemente… dimostrava in modo del tutto “menscevico” la giustezza della posizione ufficiale che insiste sulla necessità di mantenere i l blocco delle quattro classi, di non aver fretta di rovesciare i l governo di coalizione in cui gli operai siedono accanto alla grande borghesia, di non imporre prematuramente “compiti socialisti”» («Socialisticeskij Vestnik», n. 8, 23 aprile 1927, p.4).
Come si presentava la politica di coalizione con la borghesia? Citiamo un estratto di un organo ufficiale del Comitato esecutivo del Comintern:
«Il 5 gennaio 1927, il governo di Canton ha promulgato una nuova legge sugli scioperi secondo la quale agli operai è proibito portare armi durante le dimostrazioni, arrestare commercianti e industriali, confiscare i loro beni ed è stabilito l’arbitrato obbligatorio per una serie di conflitti. Questa legge contiene un certo numero di paragrafi a tutela degli interessi degli operai… Ma accanto a questi paragrafi ve ne sono altri che limitano la libertà di sciopero più di quanto non sia necessario nell’interesse della difesa durante una guerra rivoluzionaria» («Die Kommu-nistische Internationale», n. 9, 1° marzo 1927, p. 408).
Della corda che la borghesia ha gettato attorno agli operai sono individuati i fili (i «paragrafi») favorevoli agli operai stessi. Il guaio è che il nodo è più stretto di quanto non sia necessario «nell’interesse della difesa» (della borghesia cinese). Ciò è stato scritto sull’organo centrale del Koinintern. Chi è l’autore? Martynov? Quando scrive? Il 25 febbraio, sei settimane prima del bagno di sangue di Shanghai.

2 . Le prospettive  della rivoluzione secondo Stalin

Come ha valutato Stalin le prospettive della rivoluzione diretta dal suo alleato Chiang Kai-shek? Ecco le parti meno scandalose della dichiarazione di Stalin (le più scandalose non sono mai state rese pubbliche):
«Gli eserciti rivoluzionari [cioè gli eserciti di Chiang Kai-shek] sono in Cina il fattore più importante della lotta degli operai e dei contadini cinesi per la loro liberazione. Infatti l’avanzata dei cantonesi significa un colpo per l’imperialismo, un colpo per i suoi agenti in Cina, e libertà di riunione, libertà di stampa, libertà di organizzazione per tutti gli elementi rivoluzionari in generale e per gli operai più in particolare» (cfr. Prospettive della rivoluzione cinese, p. 46).
L’esercito di Chiang Kai-sheck è l’esercito degli operai e dei contadini. E’ apportatore di libertà per tutto il popolo e per «gli operai più in jparticolare».
Che cosa ci vuole per i l successo della rivoluzione? Molto poco: «La gioventù studentesca (la gioventù rivoluzionaria), la gioventù operaia, la gioventù contadina – ecco una forza che può far marciare la rivoluzione con gli stivali delle sette leghe, se si subordina all’influenza ideologica e politica del Kuomintang» (ibid, p. 55).
Così, il compito del Comintern consisteva non nel liberare gli operai e i contadini dall’influenza della borghesia, ma, al contrario, nel subordinarli alla influenza della borghesia stessa. Questo è stato scritto nei giorni in cui Chiang Kai-shek, armato da Stalin, marciava alla testa degli operai e dei contadini a lui subordinati, «con gli stivali delle sette leghe» verso… il  colpo di Stato di Shanghai.

3. Stalin e Chiang Kai-shek

Dopo il colpo di Stato di Shanghai, attuato da Chiang Kai-shek nel marzo 1926 , e che la nostra stampa ha passato sotto silenzio, nel momento in cui i comunisti erano ridotti alla miserabile funzione di appendici del Kuomintang e persino sottoscrivevano l’obbligo di non criticare il sunyatsenismo, Chiang Kai-shek – dettaglio degno di nota – cominciava a insistere per l’accettazIone del  Kuomintang nel Comintern: mentre si preparava alla parte di carnefice, voleva la copertura del comunismo mondiale – e la otteneva! Il Kuominntang diretto da Chiang Kai-shek e da Hu Han-min, veniva accettato nel Comintern (come organiz-zazione «simpatizzante»). Continuando la preparazione di una decisiva azione controrivoluzionaria per l’aprile 1927, Chiang Kai-shek si preoccupava contemporaneamente di scambiarsi ritratti con Stalin. Il rinsaldamento dei vincoli di amicizia era preparato da una visita a Chiang Kai-shek di Bubnov, membro del Comitato Centrale e uno degli agenti di Stalin. Altro «dettaglio»: la visita di Bubnov a Shanghai coincideva con i l colpo di Stato di marzo. Che dire di Bubnov?3 È riuscito a disciplinare e a tenere tranquilli i comunisti cinesi.
Dopo i l colpo di Stato di Shanghai, gli uffici del Comintern, su ordine di Stalin, hanno cercato di contestare che il carnefice Chiang Kai-shek fosse membro del Komintem. Avevano dimenticato il voto dell’Ufficio politico, quando all’unanimità meno uno (Trotskij) si era approvata l’accettazione nel Comintern con voto consultivo.4
Avevano dimenticato che al VIII Plenum del Comitato esecutivo dell’Internazionale comunista che aveva condannato l’Opposizione di sinistra, era presente il «compagno Shao Li-tzu»,5 delegato del Kuomintang.
Tra l’altro, costui aveva detto:
«Il compagno Chiang Kai-shek, nel suo discorso ai membri del Kuomintang, ha dichiarato che la rivoluzione cinese sarebbe inconcepibile senza una giusta soluzione della questione agraria, cioè della questione contadina. Obiettivo del Kuomintang non è di creare dopo la rivoluzione nazionalista in Cina una dominazione borghese, come accadde in Occidente e come vediamo in tutti i paesi, tranne l’Urss… Siamo convinti che sotto la direzione del Partito comunista e del Comintern, il Kuomintang assolverà il suo compito storico» (Resoconto dell’Esecutivo allargato della Internazionale comunista, 30 novembre 1926, pp. 403-4 dell’edizione tedesca).
Ecco come sono andate le cose al VII Plenum dell’autunno 1926. Dopo di che, il membro del Comintern «compagno Chiang Kai-shek», che aveva promesso di assolvere tutti i compiti sotto la direzione del Comintern, ne ha assolto solo uno: proprio quello di schiacciare nel sangue la rivoluzione. L’  VIII Plenum del maggio 1927 dichiarava a proposito della questione cinese:
«Il Comitato esecutivo dell’Internazionale comunista afferma che i fatti hanno completamente confermato il pronostico del VII Plenum».
Confermato davvero sino in fondo! Se questo è humour, non è certo arbitrario. Ma non dimentichiamo che è profondamente imbevuto del sangue di Shanghai.

4. La strategia  di Lenin  e la strategia  di Stalin

Quali erano Lenin i compiti del Comintern per i paesi arretrati? «È necessario condurre una lotta risoluta contro i tentativi di dare una tinta comunista alle tendenze democratiche borghesi di liberazione nei paesi arretrati».6
In contormità con questo, il Kuomintang, che aveva promesso di istaurare in Cina «un regime non borghese», è stato ammesso nel Comintern.
Lenin, va da sé, comprendeva la necessità di un’alleanza temporanea con il movimento democratico-borghese, ma con ciò non intendeva una alleanza con partiti borghesi che ingannano e tradiscono la democrazia piccolo-borghese (i contadini e la povera gente delle città), bensì un’alleanza con organizzazioni e raggruppamenti delle masse stesse, contro la borghesia nazionale. In quale forma concepiva, dunque, l’alleanza con la democrazia borghese dei paesi coloniali? Anche a questo interrogativo dà una risposta nelle sue tesi, scritte per il II Congresso:
«L’Internazionale comunista deve concludere delle alleanze temporanee con la democrazia borghese delle colonie e dei paesi arretrati, ma non deve fondersi con essa e deve assolutamente salvaguardare l’indipendenza del movimento proletario perfino nella sua forma più embrionale» (p. 636).
A quanto pare, in applicazione delle decisioni del II Congresso, il Partito comunista doveva entrare nel Kuomintang e il Kuomintang doveva essere accettato nel Comintern. Tutto questo è gabellato per leninismo!

5. Il governo di Chiang Kai-shek,  confutazione  vivente  dello  Stato

Come i dirigenti del Partito comunista dell’Unione Sovietica giudicassero il governo di Chiang Kai-shek un anno dopo il primo colpo di Stato di Canton (20 marzo 1926), lo si può vedere chiaramente da pubblici discorsi di membri dell’Ufficio politico.
Ecco quanto ha detto Kalinin7 nel marzo 1927 alla Goznak di Mosca: «Tutte le classi della Cina, cominciando dal proletariato e finendo con la borghesia, odiano i militaristi come fantocci del capitale straniero; tutte le classi della Cina considerano allo stesso modo il governo di Canton come il governo nazionale dell’intera Cina» («Izvestija», 6 marzo 1927).
Un altro membro dell’Ufficio politico, Rudzutak, parlava pochi giorni dopo a un’assemblea di lavoratori dei trasporti urbani. La «Pravda» riferisce quanto segue:
«Insistendo sulla situazione in Cina, il compagno Rudzutak, ha sottolineato che il governo rivoluzionario era sostenuto da tutte le classi della Cina» (9 marzo 1927).
Vorosilov8  ha parlato negli stessi termini più di una volta.
Vano è stato il tentativo di Lenin di purificare la teoria marxista dello Stato dal ciarpame piccolo-borghese. Gli epigoni sono riusciti in poco tempo a ricoprirla con una doppia qualità di rifiuti.
Non più tardi del 5 aprile Stalin parlava nella sala delle colonne per sostenere la tesi della permanenza dei comunisti nel partito di Chiang Kai-shek e, quel che è pèggio, ha negato il pericolo di un tradimento da parte di quest’alleato: «Borodin9 fa buona guardia!» Il colpo di Stato si verificava esattamente una settimana dopo.

6.  Come  si è svolto  il colpo di  Shanghai

A questo proposito abbiamo la testimonianza particolarmente preziosa di un partecipante, lo staliniano Chitarov, giunto dalla Cina alla vigilia del XV Congresso e comparso al congresso stesso con la sua informazione. I punti più importanti del suo resoconto sono stati tolti dai verbali su intervento di Stalin, con il consenso dello stesso Chitarov; la verità non può essere resa pubblica, se fornisce una conferma così schiacciante di tutte le accuse dell’opposizione contro Stalin. Diamo la parola a Chitarov  (XVI sessione del XV Congresso del PCUS,  11 dicembre 1927):

«La prima sanguinosa ferita è stata inflitta alla rivoluzione cinese a Shanghai con l’esecuzione degli operai di Shanghai l’11 e il 12 aprile. Vorrei parlare con maggiori particolari sul colpo d i Stato perché so che nel nostro partito ci sono in proposito poche informazioni. A  Shanghai è esistito per ventun giorni un governo definito popolare in cui i comunisti erano in maggioranza. Perciò possiamo dire che per ventun giorni Shanghai ha avuto un governo comunista. Questo governo comunista però si è dimostrato completamente passivo benché il colpo di Chiang Kai-shek fosse atteso da un giorno all’altro.
In primo luogo, il governo comunista ha tardato a iniziare il suo lavoro con il pretesto che, da una parte, il settore borghese del governo non voleva che si lavorasse, e faceva sabotaggio, dall’altro perché il governo di Wuhan non approvava la composizione del governo di Shanghai. Dell’attività di questo governo si conoscono tre decreti e uno dei tre parla, tra l’altro, della preparazione di una trionfale accoglienza a Chiang Kai-shek di cui si attendeva l’arrivo a Shanghai.
In quel momento, a Shanghai, i rapporti tra l’esercito e gli operai erano divenuti tesi. È noto, per esempio, che l’esercito [cioè Chiang Kai-shek. – L. T.] ha mandato deliberatamente gli operai al macello. Per vari giorni l’esercito si è fermato alle porte di Shanghai senza entrare in città perché si sapeva che gli operai stavano combattendo contro gli uomini dello Shantung e si voleva che si dissanguassero in questa lotta. Così hanno aspettato prima di entrare. Successivamente sono entrati. Ma tra le truppe c’era una divisione che simpatizzava con gli operai, la prima divisione dell’esercito di Canton. Il comandante, Say-O, era caduto in disgrazia presso Chiang Kai-shek, che sapeva delle sue simpatie per il movimento di massa; Say-O stesso proveniva dalla base. Era stato all’inizio comandante di compagnia e poi aveva comandato una divisione.
Say-O si recava dai compagni di Shanghai e li avvertiva che si stava preparando un colpo militare, che Chiang Kai-shek lo aveva convocato al quartier generale, lo aveva ricevuto con inconsueta freddezza e che, per parte sua, Say-O, non vi sarebbe andato più, perché aveva paura di una trappola. Chiang Kai-shek aveva proposto a Say-O di andarsene dalla città con la sua divisione e di recarsi al fronte; e, per parte sua, Say-O proponeva al Comitato Centrale del Partito comunista di consentire che non si sottomettesse all’ordine di Chiang Kai-shek. Era pronto a rimanere a Shanghai e a combattere con gli operai di Shanghai contro il colpo militare in preparazione. A tutto questo i dirigenti responsabili del Partito comunista cinese, compreso Ch’en Tu-hsiu, replicavano che erano al corrente del colpo che si stava preparando, ma che non volevano un conflitto prematuro con Chiang Kai-shek. La prima divisione veniva inviata fuori Shanghai, la città era occupata dalla seconda divisione di Bai Sung-geé e dieci giorni dopo gli operai di Shanghai erano massacrati».

Perché questo sconvolgente resoconto è stato tolto dai verbali (p. 32)? Perché non si trattava affatto del Partito comunista cinese, bensì dell’Ufficio politico dell’Unione Sovietica.
Il 24 maggio 1927 Stalin aveva detto al Plenum del Comitato esecutivo dell’Internazionale comunista:
«L’opposizione è malcontenta perché gli operai di Shanghai non hanno ingaggiato una battaglia contro gli imperialisti e i loro mirmidoni. Non capisce che la rivoluzione cinese non si può sviluppare con un ritmo rapido. Non capisce che non si può impegnare una battaglia decisiva in condizioni sfavorevoli. Non capisce che non evitare una battaglia decisiva in condizioni sfavorevoli (quando è possibile evitarla) significa facilitare il compito dei nemici della rivoluzione…».
Questa parte del discorso di Stalin è intitolata: Gli errori dell’opposizione. Nella tragedia di Shanghai Stalin ha colto gli errori… dell’opposizione. In realtà in quel momento l’opposizione non conosceva ancora gli elementi concreti della situazione a Shanghai, cioè non sapeva quanto la situazione rimanesse favorevole ai lavoratori in marzo e ai primi di aprile, nonostante tutti gli errori e i crimini della direzione del Comintern. Anche dal racconto, deliberatamente tenuto nascosto, di Chitarov, è chiaro che la situazione avrebbe potuto essere salvata anche in quel momento. Gli operai di Shanghai sono al potere. Sono parzialmente armati. Ci sono tutte le possibilità di armarli su più larga scala. L’esercito di Chiang Kai-shek non dà affidamento. Ci sono settori di esso in cui anche il comando è dalla parte degli operai. Ma tutto è paralizzato al vertice. Dobbiamo prepararci non per la lotta decisiva contro Chiang Kai-shek, ma per un’accoglienza trionfale. Perché Stalin ha inviato da Mosca istruzioni categoriche: non solo non resistere all’alleato Chiang Kai-shek, ma al contrario dargli prova di lealtà. Come? Gettatevi a terra supini e fate i morti.
Al Plenum di maggio del Comitato esecutivo dell’Internazionale comunista Stalin difendeva ancora, adducendo motivi di natura tecnica e tattica, la terribile resa a discrezione senza combattere che aveva portato allo schiacciamento del proletariato nella rivoluzione. Sei mesi più tardi, al XV Congresso del PCUS preferiva il silenzio. I delegati al congresso prolungavano il tempo a disposizione di Chitarov per dargli la possibilità di terminare il suo resoconto che aveva avvinto anche loro. Ma Stalin trovava una via d’uscita molto semplice: faceva cancellare il resoconto di Chitarov dai verbali. Pubblichiamo qui per la prima volta questo documento davvero storico.
Aggiungiamo un particolare interessante: pur cercando di imbrogliare il più possibile il corso degli eventi e di nascondere chi fosse il vero responsabile, Chitarov mette in risalto la responsabilità di Ch’en Tu-hsiu che sino allora gli staliniani avevano difeso in tutti i modi contro l’opposizione, perché non aveva fatto che applicare le loro istruzioni. Ma in quel momento era già abbastanza chiaro che il compagno Ch’en Tu-hsiu non avrebbe accettato in silenzio la parte del capro espiatorio e intendeva analizzare apertamente le ragioni della catastrofe. Le mute dei cani del Comintern saranno sguinzagliate contro di lui non per gli errori fatali alla rivoluzione, ma perché non accetterà di ingannare gli operai e di coprire Stalin.

7. Gli organizzatori della «trasfusione di sangue operaio e contadino»

L’organo centrale del Comintern scriveva il 18 marzo 1927, circa tre settimane prima del colpo di Shanghai:
«La direzione del Kuomintang soffre attualmente della mancanza  di sangue operaio e contadino. Il Partito comunista cinese deve collaborare a questa trasfusione di sangue, e allora la situazione cambierà radicalmente». Che infausto gioco di parole! Il Kuomintang ha «bisogno di sangue operaio e contadino». La «collaborazione» è stata assicurata il più possibile: nell’aprile-maggio Chiang Kai-shek e Wang Ching-wei hanno beneficiato di una sufficiente «trasfusione» di sangue operaio e contadino.
A proposito del capitolo Chiang Kai-shek della politica di Stalin, l’VIII Plenum del Comitato esecutivo dell’Internazionale comunista (maggio 1927) dichiarava:
«Il Comitato esecutivo dell’Internazionale comunista ritiene che la tattica di blocco con la borghesia nazionale nella fase ormai declinante della rivoluzione era assolutamente giusta. Basta la spedizione al nord a giustificare storicamente questa tattica…»
E come la giustifica!
Qui c’è tutto Stalin. La spedizione al Nord, che, sia detto en passant, è apparsa come una spedizione contro il proletariato, serve da giustificazione alla sua amicizia con Chiang Kai-shek. Il Comitato esecutivo dell’Internazionale comunista ha fatto il possibile per impedire che si ricavasse la lezione dal bagno di sangue degli operai cinesi.

8. Stalin  ripete il suo esperimento  con il Kuomintang  «di sinistra»

Dal discorso di Chitarov è stato omesso anche il notevole passo che segue:

«Dopo il colpo di Shanghai è risultato chiaro a tutti che stava iniziando una nuova fase della rivoluzione cinese, che la borghesia si stava ritirando dalla rivoluzione. Ciò era accettato e immediatamente dichiarato. Ma a questo proposito si perdeva di vista una cosa, e cioè che, mentre la borghesia si stava ritirando dalla rivoluzione, al governo di Wuhan non passava nemmeno per la testa di abbandonare la borghesia. Purtroppo la maggioranza dei nostri compagni continuavano a illudersi sul governo di Wuhan. Consideravano il governo di Wùhan come un prototipo della dittatura democratica del proletariato e dei contadini» (questa omissione è a p. 33). «Dopo il colpo di Wuhan, è divenuto chiaro che la borghesia si sta ritirando…»

Ciò sarebbe ridicolo, se non fosse tragico. Dopo che Chiang Kai-shek aveva assassinato la rivoluzione al cospetto degli operai disarmati da Stalin, gli acuti strateghi comprendevano, alla fine, che la borghesia si stava «ritirando». Ma, dopo avere ammesso che il suo amico Chiang Kai-shek si stava ritirando, Stalin ordinava ai comunisti cinesi di sottomettersi a quel governo di Wuhan cui, secondo la relazione di Chitarov al XV Congresso, «non passava nemmeno per la testa di abbandonare la borghesia». Purtroppo «i nostri compagni non lo capivano». Quali compagni? Borodin, che dipendeva dai telegrammi di Stalin? Chitarov non fa nomi. La rivoluzione cinese gli è cara, ma la pelle gli è ancor più cara.
Comunque, sentiamo Stalin:
«Il colpo di Stato di Chiang Kai-shek significa che ci sono ora nel sud due campi, due governi, due eserciti, due centri: il centro rivoluzionario a Wuhan e il centro controrivoluzionario a Nankino».
Non è dunque chiaro dove si trova i l centro della rivoluzione? A Wuhan!
«Ciò significa che il Kuomintang rivoluzionario di Wuhan, che dirige una battaglia decisiva contro il militarismo e l’imperialismo, si trasformerà in un organo della dittatura democratico-rivoluzionaria del proletariato e dei contadini…»
Ora finalmente sappiamo come si presenti la dittatura democratica del proletariato e dei contadini!
«Ne consegue ancora – continua Stalin –  che la politica di stretta collaborazione tra gli elementi di sinistra e i comunisti all’interno del Kuomintang acquista una forza particolare e un particolare significato nell’attuale fase della lotta… che senza una simile collaborazione è impossibile la vittoria della rivoluzione» (Problemi della rivoluzione cinese, pp. 125 – 27).
Senza la collaborazione dei banditi controrivoluzionari del Kuomintang di «sinistra», «è impossibile la vittoria della rivoluzione»! Ecco come Stalin ha assicurato la vittoria della rivoluzione, un passo dopo l’altro, a Canton, a Shanghai, a Hankow.

9. Contro l’opposizione, per il Kuomintang!

Come veniva giudicato dal Comintern il Kuomintang di «sinistra»? L’VIII Plenum del Comitato esecutivo dell’Internazionale comunista dava una chiara risposta nella sua lotta contro l’opposizione:
«Il Comitato esecutivo dell’Internazionale comunista respinge nel modo più deciso la richiesta di abbandonare il Kuomintang… Il Kuomintang è in Cina la forma organizzativa specifica che permette al proletariato di collaborare direttamente con la piccola borghesia e con i contadini».
Cosi il Comitato esecutivo dell’Internazionale comunista, del tutto giustamente, vedeva nel Kuomintang la concretizzazione della concezione staliniana del «partito di due classi, operaio e contadino».
Il non ignoto Rafès,10 che è stato prima ministro sotto Petljura e successivamente ha applicato in Cina le istruzioni di Stalin, scriveva nel maggio 1927 nell’organo teorico del Comitato Centrale del PCUS:
«Come è noto, la nostra opposizione russa ritiene necessario che i comunisti escano dal Kuomintang. Una difesa coerente di questo punto di vista porterebbe i fautori della politica di uscita dal Kuomintang alla famosa formula avanzata dal compagno Trotskij nel 1917: “Abbasso lo zar, governo operaio!”, che per la Cina dovrebbe trasformarsi in : “Abbasso i militaristi, governo operaio!” Non c’è ragione di dar retta a simili fautori coerenti dell’uscita dal Kuomintang» («Proletarskaja Revoljucija», p. 54).
La parola d’ordine di Stalin-Rafes era: «Senza gli operai, con Chiang Kai-shek! Senza i contadini, con Wang Ching-wei! Contro l’opposizione, per il Kuomintang!»

10.  Stalin  disarma ancora una volta gli operai e i contadini  cinesi

Qual è stata la politica della direzione durante la fase di Wuhan della rivoluzione? Ascoltiamo in proposito lo staliniano Chitarov. Ecco quanto si legge nei verbali del XV Congresso:

«Qual era la politica del Comitato Centrale del Partito comunista in quel momento, durante tutto il periodo di Wuhan? La politica del Comitato Centrale del Partito comunista era condotta con la parola d’ordine della ritirata…  Con la parola d’ordine della ritirata – in una fase rivoluzionaria, nel momento della più alta tensione delle lotte rivoluzionarie – il Partito comunista svolge il suo lavoro e con questa parola d’ordine cede una posizione dopo l’altra senza combattere. Rientrano in questo atteggiamento capitolardo l’accordo di subordinare al Kuomintang tutti i sindacati, tutte le unioni contadine e tutte le altre organizzazioni rivoluzionarie; il rifiuto di un’azione indipendente senza il permesso del Comitato centrale del Kuomintang; la decisione di disarmare volontariamente i picchetti operai a Hankow; lo scioglimento delle organizzazioni dei pionieri a Wuhan; l’effettivo schiacciamento delle unioni contadine nel territorio del governo nazionale ecc.».

Qui è delineata con assoluta franchezza la politica del Partito comunista cinese, la cui direzione aiuta di fatto la borghesia «nazionale» a schiacciare l’insurrezione popolare e ad annientare i migliori combattenti del proletariato e dei contadini.
Ma qui la franchezza è traditrice: la citazione riportata viene nei verbali dopo un’omissione. Ecco che cosa diceva il passo tenuto nascosto da Stalin: «Contemporaneamente, alcuni compagni responsabili, cinesi e non cinesi, inventavano la cosiddetta teoria della ritirata. Essi dicevano: la reazione sta avanzando da tutte le parti. Per questo dobbiamo ritirarci immediatamente per preservare la possibilità di un lavoro legale, e se ci ritiriamo, preserveremo questa possibilità, mentre se ci difendiamo e cerchiamo di avanzare, perderemo tutto».
Proprio in quei giorni (fine maggio 1927), mentre il governo di Wuhan cominciava a schiacciare gli operai e i contadini, Stalin dichiarava a proposito del Kuomintang di sinistra al Plenum del Comitato esecutivo dell’Internazionale comunista ( 24 maggio 1927): «La rivoluzione agraria è la base e il contenuto della rivoluzione democratico-borghese in Cina. Il Kuomintang di Hankow e il governo di Hankow sono il centro del movimento rivoluzionario democratico borghese» (dall’edizione tedesca dei verbali, p. 71).
Alla domanda scritta di un operaio sulla ragione per cui non si costi-tiiiviino di-i soviet a Wiihan, Stalin rispondeva:
«È chiaro che chiunque chieda attualmente la immediata costituzione di soviet operai in questa regione [Wuhan], cerca di saltare [!] la fase del Kuomintang della rivoluzione  cinese e rischia di mettere la rivoluzione cinese nella posizione più difficile».
Appunto: nella posizione «più difficile»! Il 13 maggio 1927, in una conversazione con degli studenti, Stalin diceva:
«Si dovrebbero creare in Cina, in linea generale, soviet operai e contadi? Si, certamente. Si dovranno creare dopo il rafforzamento del governo rivoluzionario di Wuhan, dopo lo sviluppo della rivoluzione agraria, nel corso di trasformazione della rivoluzione agraria, della rivoluzione democratico-borghese  in rivoluzione del proletariato».
Cosi Stalin non riteneva lecito rafforzare la posizione degli operai e dei contadini per mezzo di soviet, sinché non si era rafforzata la posizione del governo di Wuhan, della borghesia controrivoluzionaria.
Riferendosi alle famose tesi di Stalin che giustificavano la politica di Wuhan, l’organo dei menscevichi russi scriveva allora:

«C’è assai poco da obiettare alla sostanza della linea che viene delineata [nelle tesi di Stalin]. Rimanere il più possibile nel Kuomintang e restare legati sino all’ultimo momento alla sua ala sinistra e al governo di Wuhan; “evitare una battaglia decisiva in condizioni sfavorevoli”; non lanciare la parola d’ordine ” tutto il potere ai soviet” per “non dare armi ai nemici del popolo cinese per la lotta contro la rivoluzione, per la diffusione di nuove leggende sul fatto che in Cina non si sta svolgendo una rivoluzione nazionale, ma un trapianto artificiale della sovietizzazione moscovita” – che cosa ci può essere di più saggio…?» («Sociali-sticeskij Vestnik», n. 9, p. I).

Per parte sua, l’VIII Plenum del Comitato esecutivo dell’Internazionale comunista, che era in sessione alla fine di maggio del 1927, cioè nel momento in cui lo schiacciamento delle organizzazioni operaie e contadine di Wuhan era già cominciato, approvava la seguente risoluzione:
«Il Comitato esecutivo dell’Internazionale comunista richiama con forza l’attenzione del Partito comunista cinese sulla necessità di prospettare tutte le misure possibili allo scopo di rafforzare e di sviluppare tutte le organizzazioni di massa degli operai e dei contadini… All’interno di queste organizzazioni è necessario condurre una agitazione per entrare nel Kuomintang, trasformandolo in una potente organizzazione di massa della democrazia rivoluzionaria piccolo-borghese e della classe operaia».
«Entrare nel Kuomintang» voleva dire presentare volontariamente la testa al carnefice. La sanguinosa lezione di Shanghai era passata senza lasciare traccia. Come in precedenza, i comunisti erano trasformati in bestiame da macello per il partito dei carnefici borghesi, in donatori di «sangue operaio e contadino» per Wang Ching-wei e soci.

11. L’esperienza ministeriale staliniana

Nonostante l’esperienza della kerenskiade russa e le proteste dell’opposizione di sinistra, Stalin completava la sua politica verso il Kuomintang con un’esperienza ministeriale: due comunisti entravano nel governo borghese come ministri del lavoro e delI’agricoltura – i posti classici degli ostaggi! – per istruzione diretta del Comintern, per paralizzare la lotta di classe al fine di mantenere il fronte unico. Direttive del genere venivano date di continuo da Mosca, per telegrafo, sino all’agosto 1927.
Sentiamo come descriveva Chitarov  il «ministerialismo» comunista tradotto in pratica, dinnanzi ai delegati del XV Congresso del PCUS:
«Sapete che nel governo c’erano due ministri comunisti», dice Chitarov. Il resto del passo è stato eliminato dai verbali:

«Successivamente, essi [i ministri comunisti] cessavano del tutto di recarsi ai ministeri, non si facevano neppure vedere e mettevano al loro posto centinaia di funzionari. Durante l’attività di questi ministri non era promulgata una sola legge che migliorasse le condizioni degli operai e dei contadini. Questa attività di per sé criticabile era conclusa in modo ancor più criticabile, in modo vergognoso. I due ministri dichiaravano che uno di essi era ammalato e che l’altro voleva andarsene all’estero ecc. e per questo chiedevano di essere esonerati. Non davano le dimissioni con una dichiarazione politica in cui avrebbero potuto dire: Siete dei controrivoluzionari, siete dei traditori – non marciamo più con voi. No. Dichiaravano che uno era malato. Inoltre, T’ang P’ing-shan scriveva di non poter far fronte alla grandiosità del movimento contadino e per questo chiedeva di essere esonerato. Si può forse immaginare una cosa più vergognosa? Un ministro comunista dichiara che non può far fronte al movimento contadino. E allora chi può farvi fronte? È chiaro, i militari e nessun altro. Era una aperta legalizzazione della dura repressione del movimento contadino intrapresa dal governo di Wuhan».

Ecco come si presentava la partecipazione dei comunisti alla «dittatura democratica» degli operai e dei contadini. Nel dicembre 1927, quando i discorsi e gli articoli di Stalin erano ancora ben presenti nella mente di tutti, il resoconto di Chitarov non poteva essere pubblicato, benché quest’ultimo – giovane, ma precoce! – badando alla propria tranquillità, non dicesse una parola sugli ispiratori moscoviti del ministerialismo cinese e persino si riferisse a Borodin come a un «compagno non cinese».
T’ang P’ing-shan si lagnava di non poter far fronte al movimento contadino – e Chitarov si indignava ipocritamente. Ma Chitarov non poteva non sapere che proprio questo era il compito che Stalin aveva affidato a T’ang P’ing-shan. T’ang P’ing-shan era venuto a Mosca per istruzioni alla fine del 1926 e aveva riferito al Plenum del Comitato esecutivo dell’Internazionale comunista come sapesse far fronte al «trotski-smo», cioè ai comunisti che volevano uscire dal Kuomintang per organizzare gli operai e i contadini. Stalin inviava a T’ang P’ing-shan istruzioni telegrafiche di frenare il movimento contadino per non irritare Chiang Kai-shek e lo stato maggiore militare della borghesia. Contemporaneamente Stalin accusava l’opposizione di… sottovalutare i contadini.
L’VIII Plenum giungeva persino a votare una «risoluzione sui discorsi dei compagni Trotskij e Vujovic11 alla sessione plenaria del Comitato esecutivo dell’Internazionale comunista» che diceva:
«Il compagno Trotskij… ha chiesto alla sessione plenaria l’istaurazione immediata di un dualismo di poteri sotto forma di soviet e l’adozione immediata di un corso mirante al rovesciamento del governo del Kuomintang di sinistra. Questa richiesta apparentemente estremistica, ma in realtà opportunistica [!!] non è che una replica della vecchia posizione trotskista di saltare la fase piccolo-borghese, contadina, della rivoluzione».
Cogliamo qui, nuda e cruda, la sostanza della lotta contro il trotskismo: la difesa della borghesia contro la rivoluzione degli operai e dei contadini.

12. Dirigenti  e masse

Tutte le organizzazioni della classe operaia sono servite ai «dirigenti» per limitare, frenare e paralizzare la lotta delle masse rivoluzionarie. Ecco quanto riferisce Chitarov:
«Il Congresso dei sindacati [di Wuhan] era rinviato da un giorno all’altro e quando alla fine aveva luogo, non si faceva nessun tentativo di servirsene per l’organizzazione della resistenza. Al contrario, all’ultimo giorno del congresso, si decideva di fare una manifestazione dinnanzi all’edificio del governo nazionale allo scopo di esprimere al governo stesso la propria lealtà, (LOZOVSKIJ: Con il mio discorso li ho spaventati)».
Lozovskij12 non aveva vergogna di farsi avanti in quel momento. Lozovskij, che «spaventava» con frasi audaci quegli stessi sindacalisti cinesi tra cui aveva seminato confusione, sul posto, in Cina, non riusciva a vedere niente, a capire niente, a prevedere niente. Ritornando dalla Cina, questo «dirigente» scriveva:
«Il proletariato è divenuto la forza dominante nella lotta per la emancipazione nazionale della Cina». (Cina operaia, p. 6).
Questo diceva a proposito di un proletariato, la cui testa era schiacciata dalla ferrea morsa di Chiang Kai-shek. Ecco come il segretario generale dell’Internazionale sindacale rossa ingannava gli operai di tutto il mondo. E dopo lo schiacciamento degli operai cinesi (con l’aiuto dei «segretari generali» di tutti i tipi), Lozovskij deride i sindacalisti cinesi. Questi vigliacchi, guardate un po’, sono stati terrorizzati dall’audace discorso del più audace Lozovskij. Questo piccolo episodio rivela l’arte degli attuali «dirigenti», tutto il loro modo di operare, tutta la loro morale!
La forza del movimento rivoluzionario delle masse era davvero incomparabile. Abbiamo visto che, nonostante tre anni di errori, la situazione avrebbe potuto ancora essere salvata a Shanghai, se Chiang Kai-shek fosse stato accolto non come liberatore, ma come nemico mortale. Per di più, anche dopo il colpo di Stato di Shanghai i comunisti si sarebbero potuti ancora rafforzare nelle province. Ma ricevevano l’ordine di sottomettersi al Kuomintang di sinistra. Chitarov ci fornisce una descrizione di uno degli episodi più illuminanti della seconda controrivoluzione condotta dal Kuomintang di sinistra:

«Il colpo di Wuhan aveva luogo il 21-22 maggio… Il colpo si svolgeva in circostanze semplicemente incredibili… A Changsa l’esercito consisteva di millesettecento soldati e i contadini rappresentavano una maggioranza dei distaccamenti armati schierati attorno a Changsa per un totale di ventimila uomini. Malgrado ciò, il comando militare riusciva a conquistare il potere, a fucilare tutti i contadini attivi, a disperdere tutte le organizzazioni rivoluzionarie e a stabilire la propria dittatura solo per colpa della politica vile, indecisa e conciliazionista dei dirigenti di Changsa e di Wuhan. Quando i contadini venivano a sapere del colpo a Changsa, cominciavano a prepararsi e a riunirsi attorno a Changsa per accingersi a marciare sulla città. Questa marcia era stabilita per il 21 maggio. I contadini cominciavano a spostare verso Changsa i loro distaccamenti in numero crescente. Era chiaro che avrebbero potuto impadronirsi della città senza grandi sforzi. Ma a questo punto arrivava una lettera del Comitato centrale del Partito comunista cinese, in cui Ch’en Tu-hsiu scriveva che avrebbero dovuto cercar di evitare un conflitto aperto e trasferire la questione a Wuhan. Sulla base di questa lettera, il comitato distrettuale inviava ai distaccamenti contadini l’ordine di ritirarsi, di non avanzare più; ma quest’ordine non raggiungeva in tempo due distaccamenti. Due distaccamenti contadini avanzavano verso Wuhan ed erano annientati dai soldati» (verbali, p. 34).

In questo modo le cose procedevano nel resto delle province. Sotto la guida di Borodin – «Borodin fa buona guardia!» – i comunisti cinesi applicavano molto accuratamente le istruzioni di Stalin: non rompere con il Kuomintang di sinistra, con i dirigenti designati della rivoluzione democratica. La capitolazione di Changsa avveniva il 31 maggio, cioè pochi giorni dopo le decisioni dell’VIII Plenum del Comitato esecutivo dell’Internazionale comunista e in piena conformità con queste decisioni.
I dirigenti hanno davvero fatto i l possibile per compromettere la causa delle masse!
Nello stesso discorso Chitarov dichiara: «Ritengo mio dovere dichiarare che, benché il Partito comunista abbia per un lungo periodo commesso inauditi errori opportunistici,… non dobbiamo, tuttavia, criticare per questo le masse del partito… Secondo il mio convincimento (ho conosciuto molte sezioni del Comintern) non c’è un’altra sezione altrettanto devota alla causa del comunismo, altrettanto coraggiosa nella lotta. Non ci sono comunisti più coraggiosi dei Compagni cinesi» (verbali, p. 36) .
Indubbiamente, gli operai e i contadini rivoluzionari cinesi hanno dato prova di un eccezionale spirito di sacrificio nella lotta. Sono stati schiacciati, unitamente alla rivoluzione, per colpa della direzione opportunistica: non quella di Canton, di Shanghai o di Wuhan, ma quella che comanda da Mosca. Questo sarà il verdetto della storia!

13. L’insurrezione di Canton

Il 7 agosto 1927 la conferenza straordinaria del Partito comunista cinese, sulla scorta delle istruzioni ricevute da Mosca, condannava la linea opportunistica della sua direzione, cioè tutto il suo passato, e decideva di prepararsi per un’insurrezione armata. Gli emissari particolari di Stalin avevano il compito di preparare un’insurrezione a Canton in concomitanza con il XV Congresso del Partito comunista dell’Unione Sovietica, per poter nascondere dietro la vittoria politica della tattica staliniana in Cina lo sterminio fisico dell’opposizione russa.
L’insurrezione del «soviet» di Canton, eroica per l’atteggiamento degli operai, criminale per l’avventurismo della direzione, era frettolosamente organizzata mentre l’ondata stava rifluendo e la depressione prevaleva ancora tra le masse cittadine. La notizia del nuovo schiacciamento del proletariato di Canton giungeva proprio al momento del XV Congresso. Cosi Stalin schiacciava i bolscevichi-leninisti proprio nel momento in cui il suo alleato di ieri, Chiang Kai-shek, stava schiacciando i comunisti cinesi.
Era necessario fare un nuovo bilancio, cioè far ricadere la responsabilità sugli esecutori. Il 7 febbraio 1928 la «Pravda» scriveva:
«Gli eserciti provinciali hanno combattuto senza divisioni contro la rossa Canton e questo si è rivelato il più antico e il più grave difetto del Partito comunista cinese, per l’appunto un insufficiente lavoro politico per disgregare gli eserciti reazionari».
«Il più antico difetto!» Ciò significa forse che era compito del Partito comunista cinese disgregare gli eserciti del Kuomintang? E da quando?
Il 24 febbraio 1927, un mese e mezzo prima del colpo di Shanghai, l’organo centrale del Comintern scriveva:
«Il Partito comunista cinese e gli operai cinesi coscienti non devono in nessun caso applicare una tattica suscettibile di disgregare gli eserciti rivoluzionari solo perché nel loro seno l’influenza borghese è, in una certa misura, forte…» («Die Kommunistische Internationale», 25 febbraio 1927, p. 19).
Ed ecco che cosa Stalin diceva al Plenum del Comitato esecutivo dell’Internazionale comunista del 24 maggio 1927 – e ripeteva a ogni occasione:
«Contro gli eserciti del vecchio regime della Cina non c’è un popolo disarmato, c’è un popolo armato sotto forma di esercito rivoluzionario. In Cina una rivoluzione armata sta combattendo contro una controrivoluzione armata».
Nell’estate e nell’autunno del 1927 gli eserciti del Kuomintang erano presentati come il popolo armato. Ma, quando questi eserciti schiacciavano l’insurrezione di Canton, la «Pravda» dichiarava che «il più antico [!] difetto» dei comunisti cinesi era la loro incapacità di disgregare gli «eserciti reazionari», gli stessi che erano stati definiti «popolo armato» solo alla vigilia di Canton.
Vergognosi ciarlatani! Si è mai visto una cosa simile tra veri rivoluzionari?

14. La fase del  putschismo

Il IX Plenum del Comitato esecutivo dell’Internazionale comunista si riuniva nel febbraio del 1928, meno di due mesi dopo l’insurrezione di Canton. Come valutava la situazione? Ecco le parole esatte della risoluzione:
«Il Comitato esecutivo dell’Internazionale comunista considera dovere di tutte le sue sezioni lottare contro le calunnie dei socialdemocratici e di Trotskij che affermano che la rivoluzione cinese è liquidata».
Quale sotterfugio al tempo stesso proditorio e miserabile! La socialdemocrazia ritiene in realtà che la vittoria di Chiang Kai-shek è la vittoria della rivoluzione nazionale (il confusionario Urbahns13 è finito sulle stesse posizioni). L’opposizione di sinistra ritiene che la vittoria di Chiang Kai-shek è la sconfitta della rivoluzione nazionale.
L’opposizione non ha mai detto né mai avrebbe potuto dire che la rivoluzione in generale è liquidata. Liquidata, deviata, ingannata e schiacciata era «solo» la seconda rivoluzione cinese (1925-27). E da parte dei signori della direzione è già un’impresa più che sufficiente!
A partire dall’autunno 1927, abbiamo sostenuto che in Cina si entrava in una fase di declino, di ritirata del proletariato, di vittoria della controrivoluzione. Qual era la posizione di Stalin?
Il 7 febbraio 1928 la «Pravda» scriveva:
«Il Partito comunista cinese si sta preparando a un’insurrezione armata. Tutta la situazione cinese sta a dimostrare che questa è la linea giusta… L’esperienza prova che il Partito comunista cinese deve concentrare tutti i suoi sforzi sul compito di una quotidiana, ampia e attenta preparazione dell’insurrezione armata».
Il IX Plenum del Comitato esecutivo dell’Internazionale comunista pur con ambigue riserve burocratiche sul putschismo, approvava la linea avventurista. Lo scopo di queste riserve è noto: preparare dei rifugi per i «dirigenti» in caso di una nuova ritirata.
La risoluzione criminalmente irresponsabile del IX Plenum significava per la Cina: nuove avventure, nuove scaramucce, rottura con le masse, perdita di posizioni, usura dei migliori elementi rivoluzionari al fuoco dell’avventurismo, demoralizzazione di quanto restava del partito. L’intero periodo tra la conferenza del partito cinese del 7 agosto 1927 e il VI Congresso del Comintern dell’8 luglio 1928 è completamente caratterizzato dalla teoria e dalla prassi del putschismo. Ecco come la direzione staliniana dava il colpo di grazia alla rivoluzione cinese e al Partito comunista.
Solo al VI Congresso la direzione del Comintern doveva riconoscere che: «l’insurrezione di Canton era già obiettivamente una “battaglia di retroguardia” di una rivoluzione in ripiegamento» («Pravda», 27 luglio 1928).
«Oggettivamente»! E soggettivamente, cioè nella coscienza dei suoi iniziatori e dei suoi dirigenti? Questo è il riconoscimento mascherato del carattere avventurista dell’insurrezione di Canton. Comunque sia, un anno dopo l’opposizione e, ciò che è più importante, dopo una serie di dure sconfitte, il Comintern riconosceva che la seconda rivoluzione cinese era finita con il periodo di Wuhan e non poteva essere richiamata in vita con l’avventurismo. Al VI Congresso, il delegato cinese Chan Fi-jmn diceva:
«La sconfitta dell’insurrezione di Canton ha inflitto un colpo ancor più duro al proletariato cinese. La prima fase della rivoluzione terminava così con una serie di sconfitte. Nei centri industriali si sta avvertendo una depressione nel movimento operaio» («Pravda», 17 luglio 1928).
I fatti sono testardi! Anche il VI Congresso ha dovuto riconoscerlo. La parola d’ordine dell’insurrezione armata era eliminata. La sola cosa che rimaneva, era la denominazione «seconda rivoluzione cinese» (1925-27), la cui «prima fase» sarebbe divisa dalla futura seconda fase da un periodo di tempo indefinito. Era un tentativo terminologico di salvare almeno una parte del prestigio.

15. Dopo il VI Congresso

Il delegato del Partito comunista cinese, Siu, dichiarava al VI Congresso del PCUS:
«Solo i rinnegati trotskisti e fautori di Ch’en Tu-hsiu sostengono che la borghesia nazionale cinese ha una prospettiva di sviluppo [?] indipendente [?] e di stabilizzazione [?]».
Lasciamo da parte gli insulti: questi sventurati non sarebbero mai accolti all’albergo Lux, se non insultassero l’opposizione. È la loro sola risorsa. T’ang P’ing-shan tuonava esattamente allo stesso modo contro il «trotskismo» al VII Plenum del Comitato esecutivo dell’Internazionale comunista, prima di passare al nemico. Quello che è più curioso, per l’assoluta mancanza di pudore, è il tentativo di attribuire a noi, oppositori di sinistra, l’idealizzazione della «borghesia nazionale» cinese e del suo «sviluppo indipendente». Gli agenti di Stalin, al pari del loro leader, scagliano i loro fulmini perché il periodo seguito al VI Congresso ha rivelato ancora una volta la loro totale incapacità a comprendere il mutamento di situazione e la direzione dei futuri sviluppi.
Dopo la sconfìtta di Canton, quando, nel febbraio 1928, il Comitato esecutivo dell’Internazionale comunista delineava la linea dell’insurrezione armata, ci dichiaravamo contrari:

«La situazione cambierà ora esattamente in direzione opposta; le masse operaie temporaneamente si ritireranno dalla politica; il partito si indebolirà, senza che con ciò sia esclusa la continuazione di rivolte contadine. L’attenuarsi della guerra dei generali come l’indebolirsi degli scioperi e delle rivolte del proletariato determinerà nel frattempo una certa restaurazione dei processi elementari della vita economica del paese e di conseguenza una ripresa commerciale e industriale, anche se molto tenue. Questa ripresa riaccenderà i movimenti di sciopero degli operai e consentirà al Partito comunista, se avrà una tattica adeguata, di ristabilire ancora una volta i propri contatti e la propria influenza di modo che più avanti, e ormai a un livello superiore, l’insurrezione degli operai possa combinarsi alla guerra contadina».

Ecco in che cosa consisteva il cosiddetto  «liquidazionismo».
Ma, a parte gli insulti, che cosa ha detto Siu sulla Cina negli ultimi due anni? Anzitutto ha sottolineato un fatto:
«Nell’industria e nel commercio cinese si è notata nel 1928 una certa ripresa».
E più avanti: «Nel 1928, 400mila operai sono scesi in sciopero, nel 1929 il numero degli scioperanti ha già raggiunto i 750mila. Nella prima metà del 1930 il movimento operaio si è ulteriormente rafforzato come ritmo di sviluppo».
Va da sé che dobbiamo prendere con molta cautela le statistiche del Comintern, comprese quelle di Siu. Ma, indipendentemente dalle possibili esagerazioni statistiche, l’informazione di Siu conferma completamente il nostro pronostico della fine del 1927 e dell’inizio del 1928.
Disgraziatamente, la direzione del Comitato esecutivo dell’Internazionale comunista e il Partito comunista cinese sono partiti da un pronostico esattamente opposto. La parola d’ordine dell’insurrezione armata è stata ritirata solo al VI Congresso, cioè alla metà del 1928. Ma, a parte questa decisione puramente negativa, il partito non ha avuto nessun nuovo orientamento. La possibilità di una ripresa economica non è stata neppure presa in considerazione. Il movimento degli scioperi si è sviluppato in larga misura indipendentemente dal partito. Si può dubitare per un solo istante che, se la direzione del Comintern non si fosse preoccupata di accusare stupidamente di liquidazionismo l’opposizione e avesse capito la situazione tempestivamente, come l’abbiamo capita noi, il Partito comunista cinese sarebbe stato notevolmente più forte, anzitutto nel movimento sindacale? Ricordiamoci che nella fase più alta dell’ascesa della seconda rivoluzione, nella prima metà del 1927, c’erano nei sindacati 2.800.000 operai organizzati sotto l’influenza del Partito comunista. Attualmente, secondo Siu, ce ne sono 60mila. Questo in tutta la Cina!
E questi sventurati «dirigenti», che sono finiti irrimediabilmente in un vicolo chiuso, che hanno causato danni terribili, parlano di «rinnegati trotskisti » e pensano, con simili insulti, di poter trasformare il danno in vantaggio. Questa è la scuola di Stalin! questi sono i frutti!

16.  I soviet e la natura di classe della rivoluzione

Qual è, secondo Stalin, la funzione dei soviet nella rivoluzione cinese? Quale parte è stata loro assegnata nell’alternarsi delle varie fasi? Al dominio di quale classe sono legati?
Durante la spedizione del nord, come durante il periodo di Wuhan, Stalin ci ha detto che i soviet possono essere creati solo dopo il completamento della rivoluzione democratica borghese, solo alle soglie della rivoluzione proletaria. Appunto per questo l’Ufficio politico, allineandosi rigorosamente con Stalin, respingeva la parola d’ordine dei soviet proposta dall’opposizione:
«La parola d’ordine dei soviet non significa altro che un salto al di là della fase della rivoluzione democratica borghese e l’organizzazione del potere del proletariato» (dalla risposta scritta dell’Ufficio politico alle tesi dell’opposizione, aprile 1927).
Il 24 maggio, dopo il colpo di Stato di Shanghai e durante il colpo di Wuhan, Stalin dimostrava come segue l’incompatibilità dei soviet con una rivoluzione democratico-borghese:
«Ma gli operai non si fermeranno a questo punto, se avranno i loro soviet operai. Diranno ai comunisti – e avranno ragione: Se noi siamo i soviet e i soviet sono gli organi del potere, allora perché non possiamo spremere un po’ la borghesia, espropriarla “un poco”? I comunisti sarebbero vacui chiacchieroni se non imboccassero la strada dell’espropriazione della borghesia nel caso che esistessero soviet operai e contadini. È possibile imboccare questa via nella fase attuale della rivoluzione e dobbiamo forse imboccarla? No, non dobbiamo».
E che cosa accadrà del Kuomintang dopo il passaggio alla rivoluzione socialista? Stalin aveva previsto tutto. Nel suo discorso agli studenti del 13 maggio 1927, che abbiamo già citato, egli dava questa risposta:
«Penso che nel periodo della costituzione dei soviet operai e contadini e della preparazione dell’ottobre cinese, il Partito comunista cinese dovrà sostituire all’attuale blocco all’interno del Kuomintang un blocco fuori del Kuomintang».
I nostri grandi strateghi hanno previsto tutto – proprio tutto, tranne la lotta di classe. Anche per il passaggio alla rivoluzione proletaria Stalin si è premurato di assicurare al Partito comunista cinese un alleato, sempre lo stesso Kuomintang. Per poter sviluppare la rivoluzione socialista, ai comunisti si consentiva solo di uscire dalle file del Kuomintang, ma niente affatto di rompere con il Kuomintang stesso. Come è noto, l’alleanza con la borghesia è la condizione migliore per la preparazione dell’«ottobre cinese». E tutto questo lo gabellano per leninismo…
Comunque sia, nel 1925-27, Stalin poneva la questione dei soviet assai categoricamente legando la creazione di soviet all’espropriazione socialista immediata della borghesia. È vero che in quel momento aveva bisogno di un simile «radicalismo» non per difendere l’espropriazione della borghesia, ma, al contrario, per difendere la borghesia dall’espropriazione. Ma l’impostazione di principio della questione era in ogni modo chiara: i soviet possono essere soltanto ed esclusivamente organi della rivoluzione socialista. Questa era la posizione dell’Ufficio politico del PCUS, questa era la posizione del Comitato esecutivo dell’Internazionale comunista.
Alla fine del 1927 veniva organizzata a Canton un’insurrezione cui si attribuiva un carattere sovietico. I comunisti erano al potere. Decretavano misure di carattere genuinamente socialista (nazionalizzazione della terra, delle banche, delle abitazioni, delle aziende industriali, ecc.). Si direbbe che si tratti di una rivoluzione proletaria. Invece, no. Alla fine del febbraio 1928, il IX Plenum del Comitato esecutivo dell’Internazionale comunista faceva il bilancio dell’insurrezione di Canton. Con quale risultato?
«L’anno in corso della rivoluzione cinese è un periodo di rivoluzione democratica borghese, non ancora completata… La tendenza a saltare la fase democratico-borghese della rivoluzione con la contemporanea interpretazione della rivoluzione come una rivoluzione “permanente” è un errore analogo a quello compiuto da Trotskij nel 1905».
Ma dieci mesi prima (aprile 1927) l’Ufficio politico aveva dichiarato che la stessa parola d’ordine dei soviet (non il trotskismo, ma la parola d’ordine dei soviet) comportava un inammissibile salto al di là della fase democratico-borghese. E ora, dopo un completo esaurimento di tutte le varianti del Kuomintang, quando hanno bisogno di consacrare la parola d’ordine dei soviet, ci dicono che solo i trotskisti possono collegare questa parola d’ordine con la dittatura del proletariato. Ecco come viene rivelato che nel 1925-27 Stalin era un «trotskista», anche se in un altro senso.
È vero che anche il programma del Comintern ha fatto una svolta decisiva su questa questione. Tra i compiti più importanti per i paesi coloniali il programma menziona «l’instaurazione di una dittatura democratica del proletariato e dei contadini, basata sui soviet». Un vero e proprio miracolo! Quello che ieri era incompatibile con la rivoluzione democratica è oggi proclamato suo fondamento. Sarebbe vano cercare una qualsiasi spiegazione teorica di questo completo voltafaccia. Tutto è stato condotto nel modo più rigorosamente amministrativo.
In quale caso Stalin aveva torto? Quando sosteneva che i soviet erano incompatibili con la rivoluzione democratica o quando dichiarava che i soviet devono essere la base della rivoluzione democratica? Nell’uno e nell’altro. Perché Stalin non capisce il significato della dittatura democratica, il significato della dittatura proletaria, il loro reciproco rapporto, e la funzione dei soviet in relazione all’una e all’altra.
Ma egli doveva dare ancora una volta il meglio di sé, sia pure in poche parole, al XVI Congresso del PCUS.

17. La questione cinese al XVI Congresso del PCUS

Nella sua relazione di dieci ore Stalin, suo malgrado, non poteva ignorare il problema della rivoluzione cinese. Vi dedicava esattamente cinque frasi: e quali frasi! Davvero, come dicono i latini, multum in parvo! Volendo evitare tutti gli scogli insidiosi, astenersi dall’arrischiare generalizzazioni e, più ancora, pronostici concreti, Stalin riusciva in cinque frasi a commettere tutti gli errori che ancora gli restavano da commettere.
«Sarebbe ridicolo pensare – ha detto Stalin – che queste malefatte degli imperialisti rimarranno senza punizione. Gli operai e i contadini cinesi hanno già risposto con la costituzione di soviet e dell’esercito rosso. Si è detto che è già stato creato un governo sovietico. Se è vero ritengo che non ci sia nulla di sorprendente. Non c’è dubbio che solo i soviet possono salvare la Cina dalla completa disgregazione e dall’impoverimento» («Pravda», 29 giugno 1930).
«Sarebbe ridicolo pensare». Questa è la base di tutte le ulteriori considerazioni. Se le malefatte degli imperialisti dovessero inevitabilmente provocare una risposta sotto forma di soviet e di esercito rosso, come mai l’imperialismo continua a esistere nel mondo?
«Si è detto che è già stato creato un governo sovietico». Che cosa vuol dire: «si è detto»? Chi lo ha detto? e, ciò che è ancora più impor tante, che cosa dice a questo proposito il Partito comunista cinese? Fa parte del Comintern e il suo rappresentante ha parlato al congresso. Vuol dire forse che il «governo sovietico» è stato creato in Cina senza il Partito comunista e senza che quest’ultimo lo sapesse? Allora, chi è alla testa di questo governo? Chi sono i suoi membri? Quale partito è al potere? Stalin non solo evita di dare una risposta, ma neppure pone la domanda.
«Se è vero, ritengo che non ci sia nulla di sorprendente». Non c’è nulla di sorprendente nel fatto che sia stato costituito in Cina un governo sovietico di cui il Partito comunista cinese non sa nulla e sulla cui fisionomia politica il massimo dirigente della rivoluzione cinese non ci può dare nessuna informazione! E allora c’è ancora qualche cosa al mondo che possa essere sorprendente?
«Non c’è dubbio che solo i soviet possono salvare la Cina dalla disgregazione e dall’impoverimento». Quali soviet? Sin qui abbiamo visto soviet di tutti i tipi: i soviet di Cereteli, di Otto Bauer e di Scheidemann da una parte, i soviet bolscevichi dall’altra. I soviet di Cereteli non potevano salvare la Russia dalla disgregazione e dall’impoverimento. Al contrario, tutta la loro politica andava nella direzione della trasformazione della Russia in una colonia dell’Intesa. Solo i bolscevichi hanno trasformato i soviet in un’arma di liberazione delle masse lavoratrici. Di quale tipo sono i soviet cinesi? Se il Partito comunista cinese non può dir nulla a loro riguardo, ciò significa che non li dirige. E allora, chi li dirige? A parte i comunisti, solo elementi casuali, intermedi, tipo «terzo partito», in altre parole, frammenti del Kuomintang di seconda o terza qualità possono porsi alla testa dei soviet e costituire un governo sovietico.
Sino a ieri Stalin riteneva che «sarebbe ridicolo pensare» alla costituzione di soviet in Cina prima del completamento della rivoluzione democratica. Ora sembra ritenere – se le cinque frasi hanno un significato – che nella rivoluzione democratica i soviet possono salvare il paese anche senza la direzione dei comunisti.
Parlare di governo sovietico senza parlare di dittatura del proletariato significa ingannare gli operai e aiutare la borghesia a ingannare i contadini. Ma parlare di dittatura del proletariato senza parlare del ruolo dirigente del Partito comunista vuol dire ancora una volta trasformare la dittatura del proletariato in una trappola per il proletariato. Comunque sia, il Partito comunista è ora estremamente debole. Il numero degli iscritti operai non va oltre qualche migliaio. Ci sono circa cinquantamila operai nei sindacati rossi. In queste condizioni, parlare di dittatura del proletariato come compito immediato è ovviamente assurdo. D’a!tro lato, nella Cina meridionale si sviluppa un largo movimento contadino cui partecipano bande partigiane. L’influenza della rivoluzione di ottobre, nonostante gli anni di direzione degli epigoni, è ancora così grande in Cina che i contadini definiscono «soviet» il loro movimento ed «esercito rosso» le loro bande partigiane. Ciò dimostra una volta di più quanto fosse profondo il filisteismo di Stalin, quando, prendendo posizione contro i soviet, diceva che non dovevamo spaventare il popolo cinese con una «sovietizzazione artificiosa». Solo Chiang Kai-shek avrebbe potuto spaventarsi, ma non gli operai, non i contadini, per cui, dopo il 1917, i soviet sono divenuti simboli di emancipazione. I contadini cinesi, beninteso, concepiscono la parola d’ordine dei soviet con non poche illusioni. Si può capirlo. Ma si può forse ammetterlo in dirigenti codisti che si limitano a una generalizzazione vile e ambigua delle illusioni dei contadini cinesi senza chiarire al proletariato il vero significato degli avvenimenti?
«Non c’è nulla di sorprendente» dice Stalin, se i contadini cinesi, senza la partecipazione dei centri industriali e senza la direzione del Partito comunista, hanno costituito un governo sovietico. Noi diciamo, invece, che, in una situazione del genere, la comparsa di un governo sovietico è del tutto impossibile.14 Non solo i bolscevichi, ma anche il governo di Cereteli o un mezzo governo sovietico possono fare la loro comparsa solo sulla base delle città. Ritenere che i contadini siano capaci di costituire in modo indipendente un loro governo sovietico, significa credere ai miracoli. Sarebbe egualmente un miracolo la creazione di un esercito rosso contadino. I partigiani contadini hanno avuto una grande funzione nella rivoluzione russa, ma in una situazione in cui esistevano centri della dittatura proletaria e un esercito rosso proletario centralizzato. Con l’attuale debolezza del movimento operaio cinese e con l’ancor più grande debolezza del Partito comunista, è difficile parlare di una dittatura del proletariato come di un compito di oggi. Per questo Stalin, nuotando sull’onda dell’insurrezione contadina, nonostante le sue dichiarazioni precedenti, è costretto a legare i soviet contadini e l’esercito rosso contadino alla dittatura democratico-borghese. La direzione di questa dittatura, che è un compito troppo pesante per il Partito comunista, viene affidata a qualche altro partito politico, a una specie di incognita rivoluzionaria. Dato che Stalin ha impedito agli operai e ai contadini cinesi di condurre la loro lotta per la dittatura proletaria allora qualcuno deve ora aiutare Stalin prendendo in mano il governo sovietico come organo della dittatura democratico-borghese. Questa nuova prospettiva ci viene dimostrata con cinque argomenti in cinque frasi: Eccoli: 1) «sarebbe ridicolo pensare»; 2) «si è detto»; 3) «se è vero»; 4) «non c’è nulla di sorprendente»; 5) «non c’è dubbio». Ecco il modo di argomentare amministrativo in tutta la sua forza e in tutto il suo splendore!
Meniamo in guardia: il proletariato cinese dovrà pagare un’altra volta per questo intruglio vergognoso.

18. La natura degli «errori»  di Stalin

Ci sono errori ed errori. Nelle varie sfere del pensiero umano, ci possono essere errori considerevoli derivanti da un esame insufficiente della materia, dall’insufficienza degli elementi di fatto, da una eccessiva complessità dei fattori da prendere in considerazione, ecc. Tra questi, possiamo includere, per esempio, gli errori dei meteorologi nelle previsioni del tempo, che sono analoghi a tutta una serie di errori che si commettono sul terreno politico. Tuttavia, gli errori di un meteorologo preparato e dotato di agilità mentale sono spesso più utili alla scienza dell’ipotesi di un empirico, sia pure accidentalmente confermata dai fatti. Ma che cosa diremmo di un geografo colto, del capo di una spedizione polare che assumesse come ipotesi di partenza che la terra si regge su tre balene? Eppure gli errori di Stalin sono quasi tutti di questo tipo. Incapace di elevarsi al marxismo come metodo, e usando questa o quella formula di «stile marxista» in modo rituale, Stalin assume come punto di partenza nelle sue azioni pratiche i più crassi pregiudizi empirici. Ma per la dialettica del processo questi pregiudizi sono divenuti la forza essenziale di Stalin in un periodo di declino rivoluzionario.
Sono questi pregiudizi che gli hanno consentito di sostenere un ruolo che soggettivamente non desiderava. La burocrazia grossolana, che si veniva distinguendo dalla classe rivoluzionaria che aveva conquistato il potere, si è impadronita dell’empirismo di Stalin per il suo spirito mercenario, per il suo assoluto cinismo, in materia di principi, facendo di Stalin il proprio leader e creando la leggenda di Stalin che è la leggenda sacra della burocrazia stessa. Questo spiega come e perché una personalità forte ma mediocre, che negli anni dell’ascesa della rivoluzione aveva avuto funzioni di terzo o di quart’ordine, si è trovata ad avere una funzione dirigente negli anni del declino, negli anni della ristabilizzazione del mondo borghese, di ripresa della socialdemocrazia, di indebolimento del Comintern e di degenerazione conservatrice dei più ampi settori della burocrazia sovietica.
I francesi dicono di un uomo: i suoi difetti sono le sue virtù. Di Stalin si può dire: i suoi difetti hanno costituito il suo vantaggio. L’ingranaggio della lotta di classe si è servito della sua limitatezza teorica, della sua adattabilità politica, della sua insensibilità morale, in una parola dei suoi difetti come rivoluzionario proletario, per fare di lui un uomo di Stato della fase dell’emancipazione piccolo-borghese dall’Ottobre, dal marxismo, dal bolscevismo.
La rivoluzione  cinese è stata una verifica del nuovo ruolo di Stalin – con metodo capovolto. Conquistato il potere nell’Urss grazie all’aiuto di strati che avevano rotto con la rivoluzione internazionale e all’aiuto indiretto, ma effettivo, di classi avverse, Stalin diveniva automaticamente leader del Comintern e perciò stesso leader della rivoluzione cinese. L’eroe passivo del meccanismo dell’apparato operante dietro le quinte doveva dar prova del suo metodo e delle sue capacità negli eventi di una grande ascesa rivoluzionaria.
Qui risiede il tragico paradosso del ruolo di Stalin in Cina. Avendo subordinato gli operai cinesi alla borghesia, frenato il movimento agrario, sostenuto i generali reazionari, disarmato gli operai, impedito la creazione di soviet e liquidato quelli che erano comparsi, Stalin svolgeva sino alla fine il ruolo storico che Cereteli aveva solo tentato di svolgere in Russia.
La differenza è che Cereteli agiva allo scoperto suscitando contro di sé i bolscevichi; e doveva quindi addossarsi immediatamente e sul posto la responsabilità del suo tentativo di consegnare alla borghesia una classe operaia incatenata e ingannata. In Cina Stalin agiva, invece, soprattutto dietro le quinte, difeso da un apparato poderoso e ammantato della bandiera del bolscevismo. Cereteli sì reggeva anche in virtù delle repressioni contro i bolscevichi da parte della borghesia. Stalin applicava egli stesso queste repressioni contro i bolscevico-leninisti (l’opposizione di sinistra). Le repressioni della borghesia erano spazzate via dall’ondata ascendente. Le repressioni di Stalin erano rafforzate dall’ondata di riflusso. Per questo egli ha potuto condurre sino in fondo, cioè sino alla più tragica catastrofe, l’esperimento di una politica genuinamente menscevica nella rivoluzione cinese.
Ma che dire dell’attuale parossismo di sinistra della politica di Stalin? Solo gente miope, incapace di comprendere la dialettica della coscienza umana in connessione alla dialettica del processo storico, può considerare questo episodio – lo zig zag a sinistra, con tutto il suo significato, non rimarrà nella storia più che un episodio – in contraddizione con quanto abbiamo detto. Il declino della rivoluzione – come la sua ascesa – non procede in linea retta. Il leader empirico della fase discendente della rivoluzione — «ritenete di essere voi a muovere e invece siete mossi» (Goethe) – non poteva a un certo momento non spaventarsi di fronte all’abisso di tradimento di classe sull’orlo del quale era stato spinto nel 1925-27 dalle sue stesse caratteristiche, sfruttate da forze semiostili od ostili al proletariato.
Poiché la degenerazione dell’apparato è un processo diseguale, poiché le tendenze rivoluzionarie sono forti tra le masse, c’erano punti di appoggio sufficienti e forze di riserva disponibili per una svolta a sinistra dall’orlo dell’abisso termidoriano. La svolta assumeva il carattere di un balzo compiuto nel panico perché l’empirico non aveva previsto nulla prima di trovarsi proprio sull’orlo del precipizio. L’ideologia del balzo a sinistra era stata preparata dall’opposizione: bastava solo sfruttare il suo lavoro, a bocconi e a frammenti, come si addice a un empirico. Ma l’acuto parossismo del sinistrismo non muta il processo di fondo dell’evoluzione della burocrazia né la natura dello stesso Stalin.
L’assenza in Stalin di ogni preparazione teorica, di una visione ampia e di una immaginazione creativa – senza queste doti non vi può essere un’azione indipendente su vasta scala – spiega assai bene perché Lenin, che aveva apprezzato Stalin come collaboratore pratico, raccomandasse tuttavia al partito di rimuoverlo dal suo incarico di segretario generale quando apparve chiaro che questo incarico avrebbe potuto assumere una funzione indipendente. Lenin non aveva mai considerato Stalin come dirigente politico.
Abbandonato a se stesso, Stalin ha sempre assunto, invariabilmente, posizioni opportunistiche su tutti i grandi problemi. Se Stalin non ha avuto con Lenin nessuno scontro teorico o politico di rilievo, a differenza di Bucharin, Kamenev, Zinov’ev e persino di Rykov, è perché Stalin non insisteva mai sulle sue posizioni di principio e in tutti i casi di serio disaccordo si limitava a starsene zitto, si ritirava in disparte e aspettava. Ma proprio per questo Lenin ha avuto molto spesso con Stalin conflitti pratici, di natura organizzativa e morale, spesso assai aspri, e precisamente per quei difetti di Stalin che Lenin doveva individuare nel suo «testamento» formalmente con cautela, ma spietatamente nella sostanza.
A tutto quello che si è detto dobbiamo aggiungere che Lenin lavorava a stretto contatto con un gruppo di collaboratori, ciascuno dei quali apportava nel lavoro conoscenze, iniziative, qualità ben precise. Stalin, soprattutto dopo la liquidazione della tendenza di destra, si è circondato di assolute mediocrità, prive di qualsiasi visione internazionale e incapaci di esprimere un’opinione indipendente su una sola questione del movimento operaio internazionale.
La portata dell’apparato si è enormemente accresciuta rispetto ai tempi di Lenin. La direzione di Stalin della rivoluzione cinese è appunto il frutto della combinazione della limitatezza teorica, politica e nazionale con un gigantesco apparato di potere. Stalin si è dimostrato incapace di imparare. Le sue cinque frasi sulla Cina al XVI Congresso sono imbevute profondamente dello stesso organico opportunismo che ha ispirato la politica di Stalin in tutte le fasi precedenti della lotta del popolo cinese. Il becchino della seconda rivoluzione cinese si sta preparando dinnanzi ai nostri occhi a strangolare la terza rivoluzione cinese sin dall’inizio.

Prinkipo, 26 agosto  1930.

Note

1. È questa una specie di ricapitolazione, sulla base di documenti, delle posizioni assunte da Stalin e dalla direzione dell’Intemazionale comunista durante la rivoluzione cinese e sino all’estate del 1930. Anche questo scritto – datato 26 agosto 1930 – è dell’epoca del soggiorno a Prinkipo.
2. Chitarov è stato segretario dell’organizzazione giovanile dell’Internazionale comunista. Dopo il VI Congresso (1928) è stato designato come candidato alla segreteria politica dell’Internazionale.
3. Andrej Bubnov ha militato nel Partito bolscevico sin dal 1913 ed è stato eletto membro del Comitato Centrale al VI Congresso (1917). Ha svolto un lavoro politico nell’esercito rosso durante la guerra civile in Ucraina. È stato a partire dal 1929 commissario del popolo all’educazione. Epurato nel 1937, è stato successivamente riabilitato.
4. L’accettazione del Kuomintang nell’Internazionale comunista come organizzazione simpatizzante e l’inclusione di Chiang Kai-shek nella presidenza a titolo onorario vennero decise dal VI Plenum del Comitato esecutivo  dell’Internazionale (marzo I926).
5. Shao Li-tzu, secondo alcune fonti, sarebbe stato tra i fondatori del Partito comunista cinese, in realtà era un nazionalista di sinistra. Militò nel Kuomintang sino alla sua caduta, svolgendo tra l’altro per un certo periodo le mansioni di ambasciatore a Mosca. Dopo il 1949 aderiva al nuovo regime come rappresentante del Kuomintang rivoluzionario.
6. LENIN, Opere scelte,  Moskva  1948, vol. II, p. 635.
7. Si tratta di Michail Kalinin, il noto militante e dirigente del Partito bolscevico, a lungo membro dell Ufficio politico e presidente del Soviet supremo.
8. Kliment Vorosilov ha avuto, come è noto, una parte di rilievo come dirigente politico e militare ed è stato accantonato nell’epoca chruscèviana dopo i l conflitto tra Chruscev e il cosiddetto gruppo antipartito.
9. Michail Grusenberg, detto Borodin, operaio militante della socialdemocrazia russa, era emigrato negli Stati Uniti nel 1908. Rientrato in Russia dopo la rivoluzione, aveva aderito al Partito bolscevico. Ha svolto soprattutto missioni all’estero, tra cui la più importante è stata quella svolta in Cina come consigliere politico del Kuomintang.
10. M . G . Rafes aveva militato nel Bund e aveva partecipato in Ucraina al governo Petliura, aderendo al Partito bolscevico solo più tardi. Per le sue critiche a Trotskij cfr. La rivoluzione permanente cit., pp. 82-83.
11. Vujo Vujovic aveva appartenuto alla tendenza zinovievista e aveva preso parte al blocco delle opposizioni. Per questo era stato rimosso dalla segreteria dell’organizzazione giovanile dell’Internazionale comunista. Nel settembre 1927 era accomunato a Trotskij nella misura di espulsione dal Comitato esecutivo dell’Internazionale comunista.
12. Arnold Lozovskij aveva militato nelle file mensceviche prima di aderire al Partito bolscevico; Ha diretto per molti anni l’Internazionale sindacale rossa. Durante le discussioni sindacali nei primi anni dopo la rivoluzione era uscito per qualche tempo dal partito.
13. Hugo Urbahns era stato dirigente del Partito comunista tedesco e aveva partecipato all’insurrezione di Amburgo nel 1923. Espulso nel 1928, aveva fondato il Leninbund . È morto nell’emigrazione in Isvezia durante la seconda guerra mondiale. Il suo nome ricorre più volte nelle polemiche di Trotskij e dell’opposizione di  sinistra (cfr., per esempio, Scritti 1929-1936, Einaudi , Torino 1962, passim).
14. Nei primi mesi del 1930 si registrava un’ascesa del movimento contadino nella Cina meridionale con la formazione di soviet nelle campagne. La Repubblica Sovietica cinese veniva proclamata a Juichin il 7 novembre 1931. Questa base rivoluzionaria si manteneva sino all’ottobre del 1934, quando aveva luogo la Lunga Marcia.

Condividi sui social