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17 Maggio 2016Spagna – L’accordo elettorale tra Podemos e IU scatena l’entusiasmo popolare e provoca il panico del regime
Il 9 maggio scorso è stato concluso l’accordo elettorale tra Podemos e Izquierda Unida (IU) per correre uniti alle elezioni del prossimo 26 giugno, insieme alle liste collegate (Confluencias) in Catalogna (En Comù Podem), Galizia (En Marea) e Comunità Valenciana, dove saranno alleate a Compromìs. Questa è notizia straordinaria, desiderata e attesa per mesi da milioni di lavoratori, giovani, attivisti e pensionati; ha suscitato un entusiasmo debordante, tanto che questa coalizione parte già non solo con la possibilità quasi certa di posizionarsi come seconda forza alle elezioni, ma sia anche in grado di minacciare seriamente la vittoria del Partito Popolare (PP).
Dall’altro lato, tra i partiti e i politici legati al regime, regnano panico e isteria, e i media vengono utilizzati per gridare tutti insieme contro la coazione Podemos-IU, con il medesimo appellativo di “vecchia sinistra comunista”. Un collaboratore del giornale reazionario ABC, Gabriel Albiac -un progressista diventato un sostenitore del regime- aveva definito, qualche giorno prima del possibile accordo Podemos-IU ormai concretizzato, come “la alleanza tra lo stalinismo rancido e la gioventù fascista”.
Come avevamo detto, tutti i sondaggi condotti prima che questo accordo divenisse realtà, erano già unanimi nel prevedere che il voto congiunto Podemos-IU avrebbe superato il Psoe, e presumibilmente ottenere un numero ancora maggiore di seggi in Parlamento. Inoltre a questo dobbiamo aggiungere l’effetto che darà il presentarsi uniti, che trasmetterà una sensazione di forza e fiducia, tanto che la coalizione Podemos-IU potrebbe essere in grado di competere direttamente col PP.
Nelle scorse elezioni del 20 dicembre, gran parte dell’ascesa di Podemos e delle sue liste in Catalogna, Galizia e Pais Valencia si sviluppò nei giorni precedenti la campagna elettorale, con discorsi molto combattivi e radicali, rafforzati dai dibattiti televisivi e dai comizi di massa di Podemos durante la campagna elettorale in tutta la Spagna. Tutto questo porta a pensare che comizi congiunti di Pablo Iglesias e Alberto Garzon avranno an carattere ancora più di massa, e creeranno un ambiente elettrizzante in tutto il paese.
Infatti, un’inchiesta del Centro Investigativo Sociale (CIS) fatta all’inizio di aprile ma pubblicata pochi giorni fa, mostrava che le intenzioni di voto per la lista Podomes-IU, unita, era superiore a quella per il PP. Nella stessa inchiesta si dimostra anche come l’intenzione di voto per Podemos-IU-Confluencias sarebbe espressa soprattutto dalla fascia d’età sotto i 55 anni. Il Psoe è prima forza nella fascia 55-64, mentre il PP emergerebbe vincitore solo tra chi ha dai 65 anni in su.
E se questo è ciò che si registrava un mese fa, quando tutti puntavano il dito contro Podemos, incolpandolo dell’inevitabilità di una nuova tornata elettorale, l’ambiente attuale e le aspettative generate da questo accordo non farà altro che far crescere questi sondaggi.
Ciò che preoccupa la borghesia spagnola
La borghesia spagnola ha molto di cui preoccuparsi. Non solo ha visto mobilitazioni di massa durante questi anni di crisi contro tagli, povertà e ingiustizia sociale; ma sta anche vedendo queste stesse masse intervenire attivamente sulla scena politica, con il voto, con la militanza organizzata, tramite alcune organizzazioni (Podemos, IU, movimenti sociali di ogni tipo) che sfuggono dal controllo diretto dei ricchi e dei potenti.
Per la classe dominante spagnola, il crimine della gente comune è quello di aver preso seriamente in considerazione i rimproveri, ripetuti come una litania per anni, sulla “necessità della partecipazione dei cittadini in politica come elemento di vitalità democratica”. E così, questa stessa gente comune, i milioni di lavoratori, giovani, casalinghe e pensionati, hanno deciso di partecipare seriamente alla vita politica e finalmente prendere il destino nelle proprie mani. Le loro rivendicazioni sono tutto sommato modeste ma concrete: posti di lavoro e salari decenti, pensioni dignitose, una casa per tutti, poter studiare senza ostacoli economici, una sanità pubblica e di qualità, che i ricchi paghino le tasse, che la gente possa esprimersi e manifestare liberamente senza il rischio di essere sanzionata o arrestata, e che il popolo possa decidere il proprio destino senza dover aspettare l’approvazione dei gentiluomini di Bruxelles. Il capitalismo spagnolo non solo non può garantire nessuna di queste richieste, ma lavora attivamente contro tutto ciò. Questo è il punto.
Però la gente comune, mentre stringeva la cinghia, perdeva il lavoro, vedeva ridurre gli stipendi e i servizi, o anche interrompeva gli studi a causa delle alte tasse universitarie; ha visto come gli stessi banchieri e politici che difendevano e applicavano queste politiche, allo stesso tempo accumulavano sempre più ricchezza, depositandola esentasse in paradisi fiscali, ben lontani dal controllo pubblico.
I lavoratori non sono più disposti a tornare a casa a mani vuote. Questa è la paura più grande che fa sudare freddo i borghesi: che l’incapacità della classe dominante spagnola di soddisfare le necessità basilari delle famiglie di lavoratori possa spingere settori sempre più ampi verso idee anticapitaliste e socialiste, di esproprio dei grandi capitali e del controllo pubblico della ricchezza del paese per utilizzarla per le necessità concrete dell’immensa maggioranza. Non può più contare su un forte Psoe ne su dirigenti sindacali con l’autorità necessaria per frenare questo movimento di massa e di radicalizzazione politica, servendosi del metodo del tradimento unito alla frustrazione e quindi deviarlo su un terreno più sicuro per il regime. Da parte sua, la vecchia guardia conservatrice del Partito Comunista Spagnolo (Pce) e IU (personificata da figure del calibro di Llamazares e dal nucleo più stretto intorno a Cayo Lara), che in passato giocò un ruolo molto deplorevole, ha perso il controllo dell’organizzazione e ha dovuto fare un passo indietro, maledicendo la nuova direzione più a sinistra e combattiva rappresentata da Alberto Garzòn.
Conquistando una posizione dopo l’altra
Se guardiamo in retrospettiva, il movimento di opposizione politico a questo regime capitalista decrepito – indipendentemente dalla confusione e dalla mancanza di chiarezza negli obiettivi e nella direzione attuale – non ha fatto altro che avanzare, conquistando una posizione dopo l’altra senza una vera e propria battuta d’arresto.
È iniziato con l’irruzione sulla scena dell’8% di Podemos alle elezioni europee di due anni fa (e col 10% di IU), continuò un anno più tardi con il crollo del PP nelle grandi città e nella grande maggioranza delle comunità autonome che governava e con la conquista delle grandi città da parte dei “Comuni per il cambio” a Madrid, Barcellona, Valencia, Saragozza, Cadice, Santiago e La Coruna; proseguì con le elezioni del 20 dicembre, quando Podemos e le sue liste in Catalogna, Galizia e Pais Valencia hanno spazzato via il Psoe dalle principali zone industriali e operaie del paese in Catalogna, Paesi Baschi, Madrid, Galizia, Pais Valencia, Baleari, Canarie, e sono arrivate a un’incollatura in Aragona e nelle Asturie. Già allora, la somma dei voti di Podemos-Iu-Confluencias superava quella del Psoe di 600mila unità ed era già potenzialmente la seconda forza politica del paese, un dato storico. Oggi, la conferma di questo secondo posto nelle elezioni del 26 giugno è assodata e non solleva controversie, ma si prospetta anche la possibilità che si affermi come forza politica principale del paese.
Per tutto questo, bisogna aspettarsi, nelle prossime settimane, l’aumento della campagna infame di bugie, calunnie e criminalizzazione , senza precedenti dai giorni della dittatura franchista, a cui stiamo già assistendo contro Podemos e IU. Tuttavia questo avrà anche l’effetto di polarizzare tutta la campagna elettorale intorno alla coalizione di sinistra, mentre le differenze tra il PP, Ciudadanos e il Psoe saranno sempre meno evidenti.
La necessità di un programma socialista
Elogiamo la maturità politica dei dirigenti di Podemos e Izquierda Unida di aver saputo elevarsi al di sopra degli interessi meschini di apparato e aver invece preso in considerazione gli interessi reali della classe lavoratrice e degli oppressi, scontrandosi anche con le resistenze interne dei settori più minoritari, immobili e conservatori. Ora è necessaria una campagna unitaria, entusiasta e di massa, con iniziative di massa ai quali vanno invitati i principali referenti della coalizione.
Perché, come ha detto anche Pablo Iglesias, si tratta di sbattere fuori dal palazzo del governo il PP e tutte le sue politiche: cancellare le riforme del lavoro di PP e Psoe, cancellare la Ley Mordaza che sta comportando mediamente almeno 30 multe al giorno verso gli attivisti che non avevano fatto altro che esercitare il sacrosanto diritto di espressione e manifestazione; cancellare la riforma dell’istruzione Lomce, proibire i licenziamenti, ridurre le tasse universitarie, aumentare il salario minimo e i salari in generale, riconoscere i diritti democratici-nazionali del popolo catalano, basco e galiziano con un referendum sull’autodeterminazione. Aspettando di conoscere quale sarà il programma elettorale che verrà presentato dalla coalizione, ci si aspetta anche che sia simile a quello già presentato in dicembre e che raccolga le richieste e le speranze delle famiglie operaie.
Senza dubbio, dobbiamo avvertire che un eventuale governo di sinistra si scontrerà fin da subito con le posizioni inconciliabili dell’oligarchia spagnola. A Bruxelles i lacché della Merkel esigono tagli allo stato sociale per 10milioni solo per il 2016, per raggiungere il tasso di deficit che loro vogliono imporre.
Per soddisfare le richieste sociali bisogna trovare il denaro necessario da qualche parte, non solo tassando i grandi patrimoni dei ricchi che nascondono le loro fortune agli occhi del popolo, ma anche recuperando tutto quel denaro pubblico che ogni anno si volatilizza con la scusa del pagamento del debito. Anche l’utilizzo queste risorse, nel contesto attuale di crisi economica globale, non sarà sufficiente.
L’esperienza del governo Tsipras in Grecia dimostra che a meno che un governo dei lavoratori e del popolo non strappi dalle mani dell’oligarchia le leve fondamentali dell’economia (le banche, le grandi imprese, i latifondi) sarà sempre sottomesso ad essa, che eserciterà una pressione tale da farlo tornare indietro rispetto alle promesse e inginocchiarsi davanti ad essa. Per questo, crediamo che sia necessario rompere con il capitalismo e adottare un programma veramente socialista.
Il nostro compito, come marxisti, è quello di accompagnare il movimento di massa dei lavoratori e dei giovani, e spiegare pazientemente queste idee, fidandoci del fatto che l’esperienza dimostrerà che è necessario vincolare la lotta per le riforme più immediate alla lotta per la trasformazione della società nel suo complesso, come unica via d’uscita dal caos e della barbarie capitalista, non solo in Spagna, ma in tutta Europa e in tutto il mondo.