Brigantaggio e lotta di classe nel Risorgimento italiano
7 Settembre 2017Lenin, Trotskij e i bolscevichi nel 1917
8 Settembre 2017
I parlamentari di Mdp che insieme a Pisapia ambiscono a guidare la sinistra nel nostro paese, nei pochi mesi dalla nascita del loro movimento sono riusciti a votare insieme al Pd provvedimenti come:
– il decreto Minniti, che abolisce due gradi di giudizio per una categoria di donne e di uomini evidentemente considerata inferiore come i migranti.
– la reintroduzione dei voucher, uscendo dall’aula del Senato e favorendone l’approvazione.
– 17 miliardi di euro regalati alle banche venete.
Tuttavia secondo il Manifesto l’unità a sinistra è un bene prezioso da tutelare. E noi che pensavamo che il bene da tutelare fossero le condizioni di vita e i diritti delle classi subalterne, demoliti da decenni di politiche di austerità, con la partecipazione attiva dell’intero campo della sinistra riformista (Rifondazione Comunista in primis).
Certo, rispetto all’epoca del governo Prodi il Prc è sostanzialmente uscito dal quadro istituzionale ed è per questo che può permettersi di fare qualche “sparata” a sinistra, sulla presunta indisponibilità a fare accordi con il Pd.
A chi si domanda se si tratta di un ravvedimento sincero rispondiamo che il solo fatto che Paolo Ferrero e Maurizio Acerbo si siano schierati apertamente con il voltafaccia di Tsipras del 2015 dimostra come il riformismo sia sostanzialmente incapace di porsi oltre i limiti della società di mercato ed è pertanto condannato a tradire le aspirazioni di massa ogni qual volta si trova di fronte a delle prove decisive.
D’altra parte anche oggi Rifondazione ogni qual volta se ne presenta l’opportunità si rende disponibile a governare non solo con il Pd, ma anche con le forze del centro democristiano come a Palermo dove il Prc è parte integrante della maggioranza di Orlando.
La verità è che l’unica preoccupazione che attanaglia le menti dei dirigenti di Rifondazione è superare lo sbarramento e tornare in Parlamento. La via per raggiungere l’obiettivo è quella di allearsi con le forze del campo riformista che stanno alla sua destra. Il Prc si aggrappa a Sinistra Italiana, che a sua volta si aggrappa a Mdp e Pisapia, che a loro volta si aggrappano alle vesti del Pd.
Rifondazione può anche gridare scandalizzata, contro il nuovo centrosinistra proposto da Pisapia, ma se non è disposta a rompere con Sinistra Italiana e Possibile, volente o nolente si troverà inevitabilmente in quel campo.
Per tutte queste ragioni siamo tra coloro che pensano che l’assemblea del Brancaccio del 18 giugno sia stata letteralmente una mascherata, in cui la facciata del “civismo” e i vaghi appelli all’uguaglianza e alla solidarietà sono serviti solo a dare una copertura al solito agglomerato di forze politiche che ci hanno condotto a una sconfitta dietro l’altra. L’improvvisa mobilitazione di comitati, le “assemblee partecipate”, il sommovimento della “società civile” che guarda caso si innesca solo a ridosso delle scadenze elettorali… tutto questo è un deja vu che al Brancaccio ha avuto un ulteriore salto di qualità con la presenza di D’Alema in prima fila, una presenza simbolica che conta e pesa più di mille belle parole sulla “radicalità e la partecipazione dal basso”.
Non a caso persino alcuni esponenti del Prc (Forenza e altri) hanno espresso il loro malessere: “…E Rifondazione comunista per quanto tempo dovrà rimanere in subalterna attesa delle altrui scelte, rischiando di poter dare vita a soluzioni di risulta qualora la soluzione degli altri dilemmi non sia quella sperata? Con quale credibilità avanzerà la proposta di una lista alternativa e che tempi avrà per costruirla (cioè per praticare la radicalità enunciata)? (…) Ed è anche per questa ragione che non possiamo più aspettare chi sta aspettando Gotor, e magari decidere all’ultimo momento da che parte stare sulla base della legge elettorale.”
Naturalmente la compagna Forenza predica bene ma ad oggi non ha mostrato alcuna volontà di praticare una rottura, alcun atto concreto che vada al di là delle dichiarazioni.
La cosa non è di poco conto perché non sfugge a nessuno, e certamente non sfugge a noi, che una presa di posizione chiara e conseguente da parte di un’eurodeputata potrebbe giovare non poco alla formazione di un percorso politico e sociale che confligga apertamente con l’Unione europea capitalista e le sue politiche.
Ma per farlo l’eurodeputata del Prc, dovrebbe in primo luogo prendere le distanze dal nome della lista che l’ha eletta, cosa che non ha mai fatto con chiarezza, e assumersi la responsabilità di aprire una battaglia a morte con il gruppo dirigente del suo partito, non limitandosi a qualche scaramuccia.
Per quanto ci riguarda, proprio perché non siamo disposti ad aspettare Gotor ma neanche Forenza, come Sinistra Classe Rivoluzione abbiamo rivolto un appello ad una pluralità di soggetti della sinistra anticapitalista per la costruzione di un percorso unitario in vista delle prossime elezioni.
Sebbene alcuni abbiano declinato l’invito, con altri soggetti come Sinistra anticapitalista e il Partito comunista dei lavoratori si è aperta una positiva interlocuzione politica, che auspichiamo possa consolidarsi ed estendersi a chi condivide alcune valutazioni basilari come quelle sopra esposte, alle quali si aggiungono: una critica radicale per la completa assenza dei sindacati confederali e in particolare del gruppo dirigente della Cgil nel promuovere nei luoghi di lavoro la necessaria mobilitazione e una lotta che punti a recuperare i pesanti arretramenti subìti in questi anni; una critica dei ripiegamenti nazionalisti che investono alcuni settori della sinistra antagonista sia politica che sociale e sindacale; la consapevolezza, infine, che in nessun modo il Movimento 5 stelle costituisce una alternativa capace di rispondere alle esigenze dei lavoratori e di tutti gli strati popolari.
Con queste ed altre forze vorremmo costruire una lista alle prossime elezioni, basata su alcune grandi discriminanti: No a ogni forma di alleanza, diretta o indiretta, con il Partito democratico; No alle politiche di austerità, contro l’Unione europea capitalista; Sì a una prospettiva anticapitalista sul piano nazionale ed internazionale.
La catena che da D’Alema ad Acerbo, anello dopo anello, tiene assieme tutta la sinistra, si spezza con noi. Lo diciamo con estrema umiltà, consapevoli delle forze ancora limitate di cui disponiamo, ma con la necessaria determinazione nel condurre una battaglia che riteniamo decisiva per il rilancio della sinistra di classe nel nostro paese.