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Al momento le restrizioni approvate non sono generalizzate: la certificazione verde Covid-19 è richiesta per partecipare alle feste per cerimonie civili e religiose, accedere a residenze sanitarie assistenziali o altre strutture, spostarsi in entrata e in uscita da territori classificati in “zona rossa” o “zona arancione”.
Tuttavia dal 6 agosto sarà richiesta per accedere a qualsiasi tipo di servizio di ristorazione al tavolo al chiuso, spettacoli, eventi e competizioni sportive, musei, istituti e luoghi di cultura, piscine, palestre, centri benessere, fiere, sagre, convegni e congressi, centri termali, parchi tematici e di divertimento, centri culturali e ricreativi, sale da gioco e casinò, concorsi pubblici.
Sull’obbligo per il personale scolastico la decisione pare rimandata dopo metà agosto.
Lo scontro si è nuovamente polarizzato nel parlamento, e ci sono state manifestazioni di piazza contrarie al Green pass.
Questa polarizzazione che tenta di dividere la popolazione, e in particolare i lavoratori, tra “responsabili che si fidano della scienza” e “No Vax che mettono a rischio per ignoranza ed egoismo la salute di tutti” è una falsa rappresentazione, che il governo, gran parte della stampa, Confindustria e compagnia bella conducono per motivi che non hanno nulla di sanitario. È solo l’ennesima cortina di fumo che tenta di trovare capri espiatori e di nascondere le vere responsabilità di questa situazione.
Diciamo subito che noi siamo favorevoli a una campagna vaccinale capillare, estesa, rapida e che invitiamo tutti quelli che possono farlo senza ragionevolmente correre rischi a vaccinarsi, per sé e per coloro che hanno attorno.
Chiarito questo, i provvedimenti del governo sono ipocriti, in larga misura inefficaci e soprattutto discriminatori.
Confindustria scatenata
Si potrebbe pensare che in fondo sono state colpite attività ricreative, ma non è così. Andare al ristorante al chiuso può non essere un diritto fondamentale, ma tanti lavoratori, dipendenti e autonomi, che non dispongono di una mensa sul luogo di lavoro mangiano in locali pubblici.
Andare a un concerto non è indispensabile, ma sulla base di questa normativa la prossima manifestazione degli operai della Gkn o della Whirlpool che lottano per impedire la chiusura delle proprie fabbriche andrebbe organizzata in spazi recintati, con il controllo degli accessi e obbligo del Green pass. Si potrebbe continuare a lungo.
Ipocriti perché se si andasse, come pare, verso restrizioni più estese (trasporto pubblico, ecc.) si starebbe imponendo di fatto un obbligo vaccinale, o quasi, senza però farsi carico in nessun modo delle conseguenze che questo comporta per le persone. Non è un caso se proprio Confindustria oggi capeggia l’ala più oltranzista e chiede che il Green Pass sia condizione obbligatoria per andare al lavoro, fino a rendere la mancata vaccinazione possibile causa di licenziamento.
La Sterilgarda di Mantova, azienda agroalimentare, ha già annunciato che da settembre i lavoratori non vaccinati saranno spostati ad altre mansioni e, ove non fosse possibile, lasciati a casa senza stipendio.
Quegli stessi industriali che un anno fa strillavano contro il lockdown, che hanno costretto milioni di lavoratori ad andare al lavoro in piena emergenza, proprio mentre l’Inail segnala la ripresa di infortuni e morti sul lavoro (1538 nel 2020, di cui circa un terzo a causa Covid), oggi si scoprono paladini del diritto alla salute.
Se si vuole capire quale scopo si propongono questi provvedimenti, è sufficiente guardare chi capeggia il fronte. Oggi come un anno fa, lo scopo dei padroni non è tutelare la salute, ma garantire ad ogni costo che la macina dei profitti non si fermi e i lavoratori stiano zitti e muti a lavorare senza protestare e senza ammalarsi (troppo). Non a caso il quotidiano della Fiat, La Stampa, il 28 luglio vaneggia di “un governo militare” se Draghi dovesse cadere vittima delle divisioni nella sua maggioranza!
Tuttavia la campagna del governo fa leva su un sentimento diffuso di stanchezza, sulla speranza di una uscita definitiva dall’emergenza e dalle restrizioni. Il vaccino viene presentato non per quello che è, ossia uno strumento di lotta contro la pandemia, ma come un totem che risolverà tutti i problemi.
La campagna vaccinale e i suoi limiti
Purtroppo le cose non stanno così, e lo scrivevamo già mesi fa. “Dobbiamo poi ribadire che il vaccino di per sé non necessariamente sarà risolutivo. Per via delle varianti, il cui pericolo aumenta quanto più è lento il piano vaccinale; per il fatto che gli attuali vaccini non impediscono l’infezione, sia pure in forme quasi sempre lievi; per il fatto che in una pandemia planetaria, il fatto che la maggior parte dei paesi del mondo non vedrà il vaccino per ancora un paio d’anni implica necessariamente una circolazione del virus anche nei paesi “immunizzati”, che saranno quindi costretti a mantenere misure restrittive di varia natura.
La pretesa di Confindustria di vaccinare prioritariamente nelle aziende, pretesa alla quale la Regione Lombardia ha già dato disponibilità e potrebbe farlo anche il governo nazionale, da un lato dimostra come per i padroni la salute sia solo una funzione del profitto e della produttività, dall’altro non farà che indebolire ancora di più il piano vaccinale, già oggi minato dalla confusione, abusi, contraddizioni, oltre che dal numero insufficiente di dosi.
Ma se questo è un incubo per le popolazioni, non lo è per le case farmaceutiche, che vedono aprirsi la prospettiva di un mercato permanente e sicuro, coperto da denaro pubblico.
Il segreto che copre non solo i brevetti, ma anche buona parte dei dati sull’effettiva efficacia e sicurezza dei vaccini, è la dimostrazione più lampante del marciume e del parassitismo di questo sistema economico, che neppure di fronte a un pericolo globale come il Covid è disposto a rinunciare al profitto. E se qualcuno ancora non l’avesse capito, ci ha pensato il Wto a ribadirlo proprio in questi giorni: i brevetti sui vaccini non si toccano, e tanto peggio per quei paesi che non hanno le risorse per comprare ai prezzi stabiliti dalle aziende: si mettano in coda e facciano il favore di crepare in silenzio.
È un sistema marcio, con alla testa un governo altrettanto marcio. Tutti i sacri pilastri del capitalismo si dimostrano non solo fallimentari, ma letteralmente disumani, di fronte alla pandemia. I confini nazionali, che non hanno certo fermato il contagio, ma impediscono una pianificazione internazionale della risposta, della ricerca medica, dei piani vaccinali e sanitari. La proprietà privata, che difende il profitto delle case farmaceutiche a scapito della vita e della salute di miliardi di persone. Il libero mercato, che fa sì che la produzione del vaccino sia misurata non sul bisogno, ma sulla profittabilità degli impianti. Il predominio del privato, che ha minato i sistemi sanitari pubblici indebolendo strumenti fondamentali per trattare una pandemia quali la medicina di base e territoriale, la prevenzione e il tracciamento sistematico, lo studio di cure che non fossero la sola ospedalizzazione dei casi gravi (che spesso lo diventano proprio perché non trattati tempestivamente).” (Editoriale di Rivoluzione no. 76, marzo 2021).
Non c’è da cambiare una sola virgola in queste parole, che sono confermate da tutti i dati.
L’effetto delle varianti
Le varianti stanno colpendo duramente anche paesi che sono stati all’avanguardia nella campagna vaccinale come Israele, Regno Unito, Emirati Arabi Uniti, per citarne alcuni. I dati di Israele, mentre scriviamo, sono di oltre 1600 nuovi contagi al giorno e 159 ricoverati in condizioni serie, su una popolazione di 9 milioni.
Sul sito del quotidiano israeliano Haaretz è stata pubblicata il 26 luglio un’intervista al dott. Ran Balicer, capo di un equipe di consulenza del Ministero della salute, che aveva anche partecipato allo studio che valutava inizialmente al 92-94 per cento l’efficacia del vaccino Pfizer. Ecco alcuni stralci:
“Al momento c’è una crescita esponenziale del numero di contagi confermati, che si raddoppia ogni settimana o due. E nelle scorse due settimane lo vediamo anche tradursi in pazienti gravi. (…)
Tra i pazienti che si sono vaccinati e si sono ammalati sono pochi quelli le cui condizioni si deteriorano fino a diventare serie, e inoltre i vaccinati si infettano di meno. Ma questa differenza si riduce continuamente a causa del ritmo del contagio. (…)
C’è una questione strategica di dove va tutto questo. La mia opinione è che il virus, nel giro di mesi o di anni, finirà col raggiungerci. Il punto è se ci troverà vaccinati o meno.”
Un’altra ricerca segnalava che quasi il 60 per cento dei casi gravi in Israele erano vaccinati, e hanno anche fatto scalpore le dichiarazioni di Anthony Fauci, capo della strategia sanitaria Usa, secondo il quale la carica virale dei vaccinati che si ammalano è pari a quella dei non vaccinati.
Tutto questo non significa che il vaccino non serva, basta vedere le stragi che le varianti stanno compiendo in paesi come l’Indonesia o il Perù per capire la differenza.
Tuttavia è un quadro che smentisce l’idea che il vaccino possa differenziare in modo netto chi contagia e si ammala e chi no, idea sulla quale si fonda la strategia del Green pass.
Come tante delle misure prese fino ad oggi, questa è in minima parte una misura preventiva e in larga parte una misura di facciata che scarica poi sui singoli le sue conseguenze.
È chiaro infatti che se si passasse a restrizioni ulteriori, ad esempio sull’uso dei mezzi pubblici o di altri servizi essenziali, ci si avvicinerebbe a un obbligo di fatto, almeno per moltissime persone, con l’aggravante che la situazione non lascia ipotizzare una breve durata dei provvedimenti.
Chi non si vaccina
Le manifestazioni contro il Green pass sono state ridotte nei numeri e con una composizione variegata. Indubbiamente c’era una parte di persone che si oppongono a misure discriminatorie e che sono andate con le migliori intenzioni, tuttavia è chiaro che, anche per i numeri in genere ridotti, sono state le posizioni oscurantiste, che negano la serietà del pericolo o che si oppongono a prescindere ai vaccini a prendere il sopravvento, aprendo lo spazio all’intervento delle forze di destra e di estrema destra. Un facile bersaglio per il governo che non ha esitato ad additare queste piazze come responsabili delle future restrizioni (cosa che certo non ha fatto rispetto ad esempio agli assembramenti per gli Europei di calcio). Secondo diversi sondaggi, le persone che non voglio vaccinarsi a prescindere sono una piccola minoranza, inferiore al 5 per cento. Ma oltre a queste ce ne sono molte di più, che possono avere motivi validi per esitare o rifiutare il vaccino.
Ci sono milioni di persone che hanno condizioni che possono incrociare i fattori di rischio del vaccino: patologie pregresse, allergie, persone che hanno avuto una reazione alla prima dose e non sono disposte a fare il richiamo, ecc. Per non parlare di casi lampanti come le donne in gravidanza.
Benché poco numerose, le reazioni avverse esistono. Chi ha ne è stato colpito o ha visto persone vicine esserne colpite, ha tutto il diritto di appellarsi a un criterio di prudenza.
Tanto più che il vaccino viene somministrato dopo una anamnesi sommaria (il questionario che tutti compiliamo prima di ricevere la prima dose), fatta da un medico che non conosce il paziente e che ne vede passare centinaia ogni giorno.
Quindi non si tratta di contrapporre in astratto diritti individuali e diritti collettivi, ma del fatto che siamo di fronte a rischi diversi, che non sono uguali per tutti e che ciascuno ha diritto di valutare. Soprattutto che questa valutazione non può essere messa in mano a chi, padronato e governo, ha tutto in mente tranne che la difesa della nostra salute e dei nostri diritti.
Sia le case farmaceutiche che le autorità politiche hanno dimostrato grande spregiudicatezza nel dichiarare che tutto andava sempre per il meglio, anche quando smentivano le cose dette pochi giorni prima. Il vaccino X va bene per gli anziani, no meglio per i giovani, anzi meglio ancora se si mischiano due vaccini diversi, distanziamo le due dosi, no manteniamole ravvicinate…
È chiaro che gran parte di quanto dichiarato dalle fonti “ufficiali” era a dir poco condizionato da imperativi politici, nonché dalla concorrenza tra case farmaceutiche e anche tra diversi governi, e aveva (ed ha) ben poco di “scientifico”.
Dobbiamo respingere quindi con fermezza la corsa ad additare un nuovo capro espiatorio.
Non è un caso se uno dei settori oggi messo nel mirino è il personale scolastico che, è stato vaccinato tra i primi. Personale che spesso si è vaccinato in base a un forte spirito di servizio, soprattutto nelle scuole materne ed elementari, nella consapevolezza di quanto queste siano decisive per le famiglie, e che è stato in gran parte vaccinato con un siero (AstraZeneca) che poi il governo ha addirittura deciso di ritirare dal piano vaccinale.
Per cosa lottare?
La Cgil si è dichiarata contraria alla pretesa di Confindustria di discriminare i lavoratori non vaccinati, ma su tutto il resto mantiene un sostanziale silenzio.
È invece indispensabile che la principale organizzazione dei lavoratori scenda in campo con una propria posizione di difesa complessiva della salute e della sicurezza.
Proprio in queste ore è stato pubblicato un dossier da 70 organizzazioni della People’s Vaccine Alliance su quanto ci costano i brevetti sui vaccini: “solo Pfizer/BioNTech e Moderna nel 2021 potrebbero far pagare agli Stati 41 miliardi di dollari in più, rispetto al costo di produzione stimato dei vaccini a tecnologia mRNA. Nonostante per il loro sviluppo le stesse aziende abbiano ricevuto oltre 8,25 miliardi di finanziamenti pubblici. Nuove analisi delle tecniche di produzione dei vaccini di tipo mRNA, messi in commercio da Pfizer/BioNTech e Moderna – realizzate da Public Citizen con ingegneri dell’Imperial College e pubblicate nel rapporto – rivelano infatti che questi vaccini potrebbero essere realizzati in media con un costo che varia da appena 1,18 a 2,85 dollari a dose.
Solo l’Italia fino ad oggi per questi due vaccini avrebbe speso 4,1 miliardi di euro in più di denaro dei contribuenti. Risorse che potrebbero essere investite per rafforzare il Sistema sanitario nazionale, consentendo, ad esempio, di allestire oltre 40 mila nuovi posti di terapia intensiva (ad oggi sono poco più di 8.500), oppure di assumere oltre 49 mila nuovi medici (ad oggi sono poco più di 100 mila quelli dipendenti del Sistema sanitario nazionale).” (Huffington Post, 29 luglio).
Pertanto:
1) Va rilanciata la lotta per vaccini pubblici, per l’abolizione dei brevetti e perché tutta la ricerca sia in mano pubblica e sotto il controllo dei lavoratori e dei cittadini. Questo sia perché è uno scandalo che queste imprese lucrino sulla pandemia, sia per garantire che tutti i dati e la ricerca siano pienamente trasparenti e, non ultimo, perché è l’unico modo per garantire un vero piano internazionale di vaccinazione.
2) La situazione dei tamponi è un altro scandalo. Oggi il test è diventato una semplice tassa, i test gratuiti di fatto non esistono più. Ogni cittadino deve avere accesso a tutti i tamponi di cui necessita, gratuitamente. Questo è indispensabile in particolare per la riapertura delle scuole e università, ma anche per tutti coloro che non possono o non vogliono vaccinarsi. È anche indispensabile per contenere le nuove ondate di contagio.
3) Un sottoprodotto della campagna vaccinale per come è stata impostata è di avere ulteriormente marginalizzato il sistema della sanità territoriale, i medici di base, la prevenzione. Il protocollo di cura rimane alla “vigile attesa” (ossia non fare niente) e sulle cure si è concentrato uno sforzo infinitesimale rispetto a quello fatto per i vaccini. Se, come è putroppo probabile, avremo a che fare per anni con questa infezione, la soluzione deve includere uno sforzo serio per curare chi si ammala, e non basarsi solo sull’idea che delle restrizioni ferree e un nuovo vaccino risolvano la situazione tutta d’un colpo.
4) No a discriminazioni e rappresaglie nei luoghi di lavoro. Devono essere i lavoratori stessi e le loro rappresentanze (Rsu e Rls) a discutere come gestire la sicurezza sanitaria nelle aziende e quali misure adottare per tutelare tutti.
5) No a discriminazioni e rappresaglie verso chi non è vaccinato. No a restrizioni selettive rispetto ai trasporti, accesso a luoghi e servizi pubblici, ecc. Se si dovessero rendere necessarie limitazioni (capienza di locali, uso di spazi pubblici, ecc.) queste non possono discriminare tra vaccinati e non.
6) Un piano d’investimenti massicci per la scuola (più aule, classi con meno alunni, assunzione di personale), per il potenziamento dei trasporti pubblici, della medicina territoriale, dei reparti covid e in generale del sistema sanitario nazionale.
Solo su questa strada è possibile unire la classe lavoratrice, impedire una divisione velenosa tra le masse e fare un passo avanti non solo nella difesa della salute, ma anche nella lotta contro una classe dominante che anche nella pandemia ha trovato occasione per fare profitti e attaccare le condizioni e diritti dei lavoratori in tutto il mondo.
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