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Pubblichiamo un articolo dei nostri compagni di Lucha de Clases, la sezione spagnola della TMI, che analizza alcuni sviluppi della mobilitazione reazionaria della destra e di settori dell’apparato statale contro l’accordo tra il PSOE e Junts, gli indipendentisti catalani, per la formazione del governo.
di Lucha de Clases
Dopo due settimane di mobilitazione reazionaria nelle strade e negli uffici della magistratura, è apparso un appello aperto al colpo di stato. Un gruppo di cinquanta ufficiali in pensione, con precedenti per dichiarazioni simili, ha fatto circolare un manifesto in cui invitano le forze armate a “destituire il governo e convocare nuove elezioni”.
Questo appello, anche se non avrà conseguenze pratiche, è sufficientemente grave perché i sindacati di classe e la sinistra, parlamentare ed extraparlamentare, decidano subito di mobilitare la loro base sociale di fronte alla reazione, che al momento ha come unica forza quella concessa loro dai leader delle organizzazioni ufficiali della sinistra e del movimento operaio con la loro inazione.
Dall’agitazione nella magistratura all’appello golpista
Da quando si è saputo dell’accordo tra il PSOE (Partito Socialista Operaio Spagnolo) e Junts (l’ultima sigla dei nazionalisti borghesi in Catalogna) per l’investitura del governo Sanchez, e che questo includeva l’amnistia per gli imputati dal Procés (il tentativo di organizzare nell’ottobre del 2017 un referendum sull’indipendenza della Catalogna NdT), un vero anatema per la destra, le condanne della magistratura si sono succedute con un tono sempre più forte. Anche prima che il progetto di legge di amnistia fosse noto, tutte le associazioni di giudici, dalla reazionaria Asociación Profesional de la Magistratura (APM) alla “progressista” Giudici per la Democrazia, hanno attaccato l’amnistia e, in particolare, hanno protestato per l’inclusione nella legge della parola lawfare; cioè, la fabbricazione, senza prove serie, di processi giudiziari per attaccare, in questo caso, l’indipendenza catalana.
Risulta evidente a chiunque che il cosiddetto lawfare, cioè l’uso della giustizia per intervenire nell’arena politica, è effettivamente avvenuto, e non solo contro l’indipendenza catalana, ma contro Podemos ai suoi tempi e anche contro lavoratori e giovani come gli Otto di Altsasu (otto giovani arrestati con l’ accusa di terrorismo, per uno scontro, senza feriti, in un bar della località di Altsasu, con due membri della Guardia Civil, NdT). La versione finale del progetto di legge di amnistia ha lasciato fuori il lawfare, nel tentativo di contenere i giudici e di evitare un maggiore confronto con l’apparato statale. Ma, al di fuori di Giudici per la Democrazia, il resto delle associazioni giudiziarie ha continuato con l’agitazione contro l’amnistia, anche con presidi davanti alle sedi giudiziarie.
I militari in pensione prendono gran parte dei loro argomenti per il loro manifesto golpista dai manifesti dei giudici. Questo non è un dettaglio secondario. Più che di una cospirazione, dobbiamo parlare di una comunione di interessi e di un’origine di classe comune. Questi signori provengono dalla stessa classe, frequentano gli stessi ristoranti, club e luoghi di divertimento e, sopra ogni cosa, difendono ferocemente i propri interessi di casta.
Il manifesto golpista, che è stato reso pubblico il 17 novembre dal media digitale InfoLibre, è stato promosso dalla cosiddetta Asociación de Militares Españoles (AME), che riunisce ufficiali di estrema destra in pensione e che, già nel 2018, avevano pubblicato un manifesto in difesa della dittatura franchista. Di questa associazione fanno parte i famosi ufficiali della XIX promozione dell’Aeronautica, che è diventata famosa nel 2020 quando è trapelata una chat privata in cui avevano scritto, oltre a diverse spavalderie fasciste, che bisognava “fucilare 26 milioni di figli di puttana”. Tale caso non ha avuto conseguenze penali e neanche disciplinari, con la scusa che i loro autori erano ormai fuori dal servizio attivo.
Secondo El País, il manifesto golpista non è stato ben accolto dal corpo di ufficiali in servizio oggi. Ma questo non si spiega per il loro maggior attaccamento alla democrazia. Il giornalista Miguel González segnala temerariamente, il generale di divisione in pensione Rafael Dávila come esempio di opposizione alla rivolta proposta dall’AME. Ma uno sguardo superficiale al blog del generale Dávila ci offre un contenuto non meno inquietante di quello del manifesto golpista.
Nel profondo della casta militare spagnola nidifica lo stesso spirito vendicativo e lo stesso odio per il popolo che la spinse alla rivolta del 1936. Se, in questo momento, non sono disposti a fare quel passo non è per convinzione democratica, ma per la forza incomparabilmente maggiore della classe operaia e per la evidente debolezza della base sociale della reazione, oggi.
Ci saranno quelli che vorranno vedere nel cipiglio del re durante il giuramento di Sánchez un’indicazione della rottura istituzionale. È chiaro che Felipe VI aveva bisogno di mostrare un chiaro gesto di complicità con la reazione, che è l’unico settore della società dove il sostegno alla Corona è totale. Ma è anche vero che tutte le teste pensanti della borghesia e dell’apparato statale stanno cercando di ricomporre la situazione. Nel suo editoriale del 17 novembre, El País raccomanda al governo di cercare una “migliore interlocuzione con l’universo, tradizionalmente conservatore, degli alti funzionari dello Stato, chiamati ad applicare nell’amministrazione le politiche pubbliche promosse dai poteri legislativo ed esecutivo”. Tutti hanno paura che qualsiasi passo falso scateni un’esplosione.
Bisogna rispondere alla reazione nelle piazze
La classe operaia sta vedendo sbigottita come, giorno dopo giorno, la piccola borghesia reazionaria e le bande apertamente fasciste e naziste siano autorizzate a prendere possesso delle strade e ad attaccare le sedi del principale partito di governo e asse portante del regime del ’78. Vede anche come dalla tribuna del Congresso l’estrema destra faccia appelli appena velati al colpo di stato. Ma la cosa più importante è che la classe operaia si sta già stancando di essere uno spettatore passivo.
Non possiamo esagerare il ruolo delle squadre fasciste o la loro vera dimensione. Storicamente, il ruolo dell’agitazione fascista in Spagna è sempre stato quello di preparare il terreno per il colpo di stato militare. Al fascismo spagnolo sono mancate sempre la forza e la base sociale necessarie per imporsi, essendo ridotto fin dall’inizio a una mera forza ausiliaria del bonapartismo militare.
Quella che fu una tragedia nel 1936 e un dramma nel 1981, è oggi semplicemente una farsa, con le squadre fasciste ridotte a semplici gruppi di agitazione di strada, spesso in contrasto tra loro e incapaci di imporsi fisicamente neanche alle organizzazioni della sinistra extraparlamentare. Al di là del fatto che non può fare un passo serio senza il gentile permesso della polizia, che li ha infiltrati fino al midollo, alcuni per vera devozione. E, cosa più importante, né la Corona né il Consiglio dei capi di Stato Maggiore vogliono nemmeno sentire parlare, in queste condizioni, di un’avventura golpista il cui risultato più prevedibile sarebbe quello di una risposta decisa della classe operaia che finirebbe per rovinare il regime del ’78 nel suo complesso, abbattendo la monarchia in primo luogo.
Tuttavia, per quanto deboli e isolati siano i golpisti, faremmo male ad accontentarci di questo e a fidarci della capacità dell’apparato statale di autoregolarsi e isolare i suoi elementi più estremi. Ogni palmo di terreno che regaliamo ai reazionari indebolisce la posizione della classe operaia e avvicina la destra al suo obiettivo di aumentare la sua campagna destabilizzante per impadronirsi del governo.
Ecco perché il movimento operaio deve già mettersi in moto per espellere dalle strade le squadre fasciste e la ciurma reazionaria di tutti i tipi e dimostrare la sua forza superiore con una grande mobilitazione a Madrid, e in altre città importanti, il più presto possibile. Il movimento deve anche assicurare la difesa delle sedi delle organizzazioni di sinistra in tutti i comuni, prestando più attenzione a coloro che, di sicuro, non avranno la stessa protezione che ha avuto la sede centrale del PSOE da parte della polizia. Al di sopra di tutte le differenze che separano noi comunisti dalla socialdemocrazia o da qualsiasi altra tendenza della sinistra, si impone la massima unità nell’azione per sconfiggere la reazione. Una volta che la classe operaia si mette in moto, se è unita e mobilitata, non c’è forza che possa fermarla.