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Quale alternativa al governo Meloni?

di Franco Bavila

L’elemento principale nello scenario politico italiano è di gran lunga la sfiducia di massa nei confronti delle istituzioni esistenti. Lo dimostra chiaramente l’altissimo livello di astensionismo alle ultime elezioni europee. Per la prima volta nella storia della Repubblica italiana, ha votato meno della metà degli elettori (49,69%). Se si considerano anche gli elettori all’estero, l’affluenza è stata ancora più bassa (48,2%). Se guardiamo ai comuni in cui si votava solo per le europee (in cui cioè non si svolgevano contemporaneamente le regionali o le comunali), la partecipazione al voto è scesa addirittura al 42,2%. È dal 2004 che l’affluenza al voto alle europee è in calo costante e la credibilità dei principali leader e partiti non è mai stata così bassa.

Spostamento a destra?

In questo quadro di delegittimazione di tutto il sistema politico, chi parla di vittoria della Meloni o dello spostamento a destra della società è del tutto fuori strada. In termini di voti assoluti, Fratelli d’Italia prende 600.000 voti in meno rispetto alle elezioni politiche del 2022. Certo, alla Meloni è andata meglio che a Macron o a Scholz, entrambi reduci da vere e proprie batoste elettorali, ma ciò non toglie che i suoi consensi sono calati.

Chi ha provato a raccogliere il voto dell’estrema destra è stato Salvini, che ha candidato il generale Vannacci e ha condotto una campagna elettorale con posizioni ancora più reazionarie di quelle di FdI. Questa strategia è però semplicemente fallita. La Lega ha perso consensi, soprattutto al Nord, ed è finita sotto Forza Italia, sebbene questa sia orfana del suo leader storico: di fatto Salvini, che alle europee del 2019 era arrivato a raccogliere il 34%, oggi ha preso meno voti del fantasma di Berlusconi.

Un altro punto essenziale è che il programma della classe dominante non ha una base di consenso all’interno della società. Significativamente le forze del centro borghese, quelle più spudoratamente confindustriali e filo-NATO (Renzi, Bonino, Calenda…), non raggiungono nemmeno il quorum e rimangono fuori dal parlamento europeo.

La forza politica più penalizzata è stata senza dubbio il Movimento 5 Stelle, che rispetto alle ultime elezioni politiche ha perso più di 2 milioni di voti. Sembra passata un’eternità da quando il malcontento di massa si era espresso, in mancanza di alternative, attraverso la fraseologia ambigua, interclassista e piccolo-borghese del M5S (il “popolo contro la casta”). Quella fase è finita da un pezzo, ma nel 2022 Conte era riuscito a risollevare un po’ le sue fortune elettorali, facendo ricorso a un minimo di retorica di sinistra (sul reddito di cittadinanza, il salario minimo, ecc.), grazie alla quale aveva strappato voti a una delle versioni del PD più a destra di sempre, quella di Enrico Letta. La situazione oggi è radicalmente cambiata. In primo luogo il M5S nemmeno ci ha provato a mettere in campo una lotta seria per difendere il suo cavallo di battaglia, il reddito di cittadinanza, dagli attacchi del governo e questo ha lasciato un segno nel suo elettorato. In secondo luogo Conte si trova schiacciato in un’alleanza con Elly Schlein, che è certamente più attrezzata di lui – e dispone di un maggior radicamento del suo partito – per portare avanti una retorica socialdemocratica all’acqua di rose.

Il voto a sinistra

In realtà, alla faccia di tutti i discorsi sull’avanzata della destra, il rafforzamento del governo e la minaccia del fascismo, gli unici partiti che aumentano il loro numero di voti rispetto al 2022 sono quelli di centro-sinistra, che stanno all’opposizione: nonostante la bassa affluenza, il PD prende 250.000 voti in più e Alleanza Verdi e Sinistra cresce di mezzo milione di voti. Persino la lista di Santoro, l’ennesimo agglomerato informe a sinistra che puntualmente si presenta a ogni tornata elettorale, sempre diverso e sempre uguale, e altrettanto puntualmente non raggiunge il quorum, è riuscito a prendere 100.000 voti in più rispetto a quelli di Unione Popolare due anni fa.

Se questo è vero in generale, lo è ancora di più nella fascia più giovane della popolazione. Analizzando il voto dei giovani tra i 18 e i 29 anni, il primo partito è il PD (18%), seguito da M5S (17%) e AVS (16%), mentre FdI arriva solo quarto (14%).

Il buon risultato di AVS è stato trainato dalle candidature di Ilaria Salis (176mila preferenze) e Mimmo Lucano (188mila preferenze). Tutto un settore a sinistra ha visto nel voto a Salis e Lucano il modo più efficace e diretto per dare un colpo alla destra al governo, il che è comprensibile. Tuttavia bisogna chiedersi: in quale progetto politico sono state inserite queste candidature illustri? E qua cominciano i problemi, perché l’alfa e l’omega di tutta la linea politica di Fratoianni è il mantenimento a oltranza di un’alleanza incrollabile con il PD. E se AVS non è disposto in nessun caso a rompere con il PD, il partito della Schlein non è disposto in nessun caso a rompere con gli interessi fondamentali della classe dominante. Che si tratti degli “impegni internazionali” dell’Italia (invio di armi in Ucraina, la missione navale per proteggere i traffici commerciali nel Mar Rosso…), della politica economica (gli aiuti statali alle imprese private) o dell’amministrazione locale (Milano e Bologna, entrambe governate dal centro-sinistra, sono le città in cui la speculazione immobiliare e il caro-affitti sono ai massimi), su tutte le questioni fondamentali il PD risponde sempre “presente”.

Per questo motivo non si può demandare la lotta contro il governo alla Schlein e ai suoi satelliti di sinistra. Gli interessi dei lavoratori, dei giovani e degli immigrati non sono conciliabili con quelli della grande borghesia, dell’Unione Europea capitalista e del blocco imperialista della NATO. C’è bisogno di una politica indipendente della classe lavoratrice e di una battaglia coerente contro il programma del padronato, di cui la Meloni si fa garante. Proprio per rispondere a questa esigenza abbiamo lanciato una campagna per costruire il Partito Comunista Rivoluzionario, che culminerà con un’assemblea nazionale di fondazione a Roma il 23 novembre. Una campagna alla quale invitiamo tutti a partecipare attivamente.

Né Meloni, né Schlein! Per il Partito Comunista Rivoluzionario!

 

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