Perché siamo comunisti
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25 Settembre 2023Le condizioni di vita diventano ogni giorno più insostenibili per larghi settori della classe lavoratrice e intanto il governo Meloni prosegue dritto per la sua strada, fatta di politiche di aperta discriminazione di classe.
Un bollettino di guerra
L’inflazione è stabilmente sopra il 10% per i generi alimentari, la più alta da quarant’anni a questa parte. Secondo Coldiretti, sono calati i consumi di frutta e verdura (-8%), è aumentato il numero di chi fa la spesa al discount (+9%) e sono più di 3,1 milioni coloro che fanno ricorso alle mense per i poveri o ai pacchi alimentari. Di fronte a questo scenario da incubo, il ministro della “sovranità alimentare” Lollobrigida non ha trovato niente di meglio da dire che “spesso i poveri mangiano meglio dei ricchi”, una dichiarazione degna di Maria Antonietta.
Anche andare un paio di settimane in ferie dopo un anno di lavoro è diventato un lusso che in tanti non possono permettersi. E con l’inizio della scuola, in base ad una ricerca di Assoutenti, la spesa per i libri di testo e gli altri materiali scolastici aumenterà di circa il 10% rispetto all’anno scorso.
Meloni ha anche reintrodotto le accise statali sui carburanti e il prezzo della benzina ha avuto un’impennata, arrivando a 2,25 euro nei distributori in autostrada.
L’Istat dice che un italiano su quattro è a rischio povertà e in tutta risposta il governo cancella i sussidi per gli strati più poveri della società. Quasi 200.000 persone hanno già ricevuto un SMS che annunciava la fine dell’erogazione del reddito di cittadinanza e altri 40.000 “messaggini” arriveranno nelle prossime settimane. Non solo, ma la destra si oppone nettamente a qualsiasi ipotesi di salario minimo e ha aumentato le possibilità per i padroni di ricorrere alle forme peggiori di lavoro precario. Vogliono lasciare i lavoratori senza alcuna tutela, in modo da costringerli ad accettare lavori malpagati e condizioni di iper-sfruttamento.
Fumo negli occhi
Fratelli d’Italia e Lega hanno sbandierato il decreto che prevede la tassazione degli extraprofitti delle banche, ma è una tassa ridicola che non può superare lo 0,1% del totale dell’attivo di una banca. E poiché pare troppo anche questo, Forza Italia ha presentato una serie di emendamenti per mitigare ulteriormente la portata del provvedimento: alle banche verrebbe riconosciuto un credito d’imposta pari (o di poco inferiore) al prelievo, da spalmare nei prossimi anni. Come ha scritto Federico Fubini sul Corriere, si tratterebbe di una “tassa con l’elastico, che oggi si paga e domani si rimborsa con i crediti d’imposta”.
Le destra si fa vanto di aver ridotto il cosiddetto “cuneo fiscale”, ma questa riduzione minima delle tasse in busta paga viene ampiamente compensata con altri tagli delle spesa pubblica. Serve a poco avere qualche decina di euro in più in busta paga, se poi le accise sulla benzina vengono ripristinate e costa di più fare il pieno, o se la sanità pubblica cade a pezzi per mancanza di finanziamenti e si devono pagare le strutture private per farsi curare decentemente.
Che il governo agisca nell’interesse esclusivo dei grandi capitalisti, lo si capisce anche dal ritorno delle privatizzazioni. Ormai grossa parte del patrimonio pubblico è già stata svenduta dai precedenti governi, ma qualcosa si può ancora trovare. La compagnia aerea Ita (ex Alitalia) va alla Lufthansa; il ministro degli Esteri Tajani ha proposto di privatizzare i porti; il ministro dell’Economia Giorgetti sta valutando di cedere a privati le partecipazioni statali in una serie di compagnie strategiche (Eni, Enel, Poste, Leonardo…). Il governo si è vantato di essere entrato in TIM con una partecipazione pubblica per “difendere l’interesse nazionale”, ma la realtà è che sta spacchettando l’azienda e vendendo il suo pezzo più pregiato, la rete, al fondo americano KKR…
Le opposizioni e il salario minimo
Di fronte a tutto questo, PD, 5 Stelle e Sinistra Italiana non sono minimamente in grado di mettere in campo una risposta adeguata. Ora hanno messo al centro la questione di un salario minimo di 9 euro lordi all’ora. In questo caso il problema non è tanto la rivendicazione in sé, quanto il fatto che è completamente slegata da un percorso di mobilitazione concreto: se si spera di convincere la Meloni ad introdurre il salario minimo con le raccolte firme e i dibattiti in parlamento, stiamo freschi. Il M5S non è stato in grado di organizzare una protesta in piazza nemmeno per difendere il suo cavallo di battaglia, il reddito di cittadinanza.
In secondo luogo il salario minimo da solo non basta. Non c’è solo il problema dei salari minimi troppo bassi; in realtà tutti i salari, anche quelli medi, sono troppo bassi rispetto al caro vita; erano già troppo bassi prima dell’inflazione, figuriamoci adesso. Per questo è necessario rivendicare la scala mobile, per indicizzare tutti i salari al livello d’inflazione, e aumenti salariali di almeno il 15%, solo per recuperare il potere d’acquisto che i lavoratori hanno perso negli ultimi anni.
Su questo anche i sindacati hanno una responsabilità gravissima per la loro passività. Basti pensare che CGIL, CISL e UIL hanno sottoscritto più di venti contratti di categoria che prevedono salari minimi inferiori ai 9 euro lordi all’ora.
Da una parte l’arroganza del governo è senza limiti: per questa destra un disoccupato è un parassita, una ragazza stuprata se l’è cercata e cinque operai uccisi sul lavoro sono cose che capitano. Dall’altra tutta l’opposizione si riduce ai piagnistei di Landini, che come un disco rotto chiede che il governo “ascolti le parti sociali”, o ai teatrini parlamentari della Schlein. Dipendesse da loro, la destra governerebbe per altri vent’anni.
L’unica vera opposizione oggi può venire dal basso. Solo una vera e propria esplosione sociale, un movimento che parta dai luoghi di lavoro, con scioperi e manifestazioni e una insubordinazione generale può sbarrare la strada a questo governo e alle sue politiche anti-operaie e anti-sociali.
In questi mesi abbiamo visto le ondate di scioperi in USA, Gran Bretagna, Germania con forti rivendicazioni salariali contro l’inflazione, la rivolta dei lavoratori francesi in difesa delle pensioni, gli scioperi generali in Grecia dopo la strage ferroviaria di Patrasso… è questa la strada da seguire anche qui in Italia, se non vogliamo che governo e padronato ci facciano sprofondare ancor più nella miseria.
8 settembre 2023