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3 Ottobre 2016È diffusissima la consapevolezza di milioni di lavoratori e giovani di vivere nel paese nel quale vige il peggior sistema previdenziale d’Europa.
La pensione dignitosa ormai già da tempo non è più un diritto, eppure non è questo il tema affrontato al tavolo col governo che dopo 4 mesi ha partorito un verbale di incontro. Dopo controriforme che hanno, una dietro l’altra, innalzato l’età pensionistica, si usa la disperazione di lavoratori sempre più anziani e sempre più stanchi per spingerli ad indebitarsi e poter lasciare il posto di lavoro. Quanti poi saranno i lavoratori che cederanno a questo imbroglio sarà tutto da vedere.
Nel verbale di intesa sottoscritto da Cgil Cisl Uil col governo sulle questioni previdenziali si concorda che la strada sia quella di consentire l’anticipazione dell’accesso alla pensione di 3 anni e 7 mesi mediante un mutuo ventennale con tassi di interesse che potrebbero arrivare a decurtare le pensioni anche del 20-25% nel trienno.
E siccome non è scontato che un pensionato riesca a vivere tanto a lungo per poter ripagare tutto il mutuo sarà necessario stipulare un’assicurazione contestuale. Un vero e proprio salasso per chi vorrà utilizzare questa possibilità e affari d’oro per il sistema creditizio nel suo complesso. Non è casuale che la signora Fornero abbia mostrato di apprezzare queste misure di Renzi, Poletti e compagnia. Confindustria, ovviamente, applaude.
Sulle presunte novità positive tanta propaganda e poco o nulla di reale e, soprattutto, di generalizzato. I lavoratori precoci potranno andare in pensione dopo 41 anni di lavoro anche senza aver compiuto 62 anni, però dovranno essere disoccupati e senza ammortizzatori sociali o avere gravi malattie o disabilità. Va ricordato che dal 1 gennaio del 2017 non sarà più possibile utilizzare la legge sulla mobilità, ammortizzatore che in questi anni aveva regolarmente accompagnato le ristrutturazioni e che spesso veniva utilizzata per accompagnare questo tipo di lavoratori alla pensione. Quindi si è trattato semplicemente di riarticolare in peggio quanto già prima c’era.
Sui lavori usuranti ovviamente ci si è dati un nuovo appuntamento per il futuro, ancora una volta non vengono definite le categorie. Neanche queste sono definite, rimaniamo nel campo delle ipotesi. Certo ci diranno che intanto il governo ha assunto l’impegno, ma sono decenni che si succedono governi che prendono impegni.
Davvero poco altro se non il possibile (ma è solo un “obiettivo di consentire la possibilità”) cumulo gratuito dei periodi contributivi e qualche spicciolo di “quattordicesima”, ben al di sotto di quanto preannunciato ad una fascia di pensionati che percepiscono pensioni al di sotto della soglia di povertà. È bene ricordare che in Italia ci sono più di 2 milioni di pensionati che percepiscono un assegno inferiore ai 500 euro mensili.
Le risorse previste sono pari a 6 miliardi per i prossimi 3 anni, ma per il 2017 sono solo 1,5 miliardi, esattamente quanto sempre dichiarato dal governo, non un centesimo in più. Un conto, infatti, sono gli impegni presi su un foglio di carta da usare a fini propagandistici alla vigilia del referendum costituzionale da parte del governo, per un futuro per il quale non si sa nemmeno se si resta in carica, altro sono le risorse da destinare subito sulla legge di bilancio per il 2017.
Leggendo il verbale non si può non notare cosa c’è scritto nella premessa del documento “Governo e sindacati concordano sull’obbiettivo di adottare ALCUNE delle misure elencate di seguito, già a partire dalla prossima legge di bilancio.” Dobbiamo indovinare quali saranno quelle che si rimanderanno agli anni successivi?
La cosa più grave di questo documento infine è che con la scusa di ridistribuire più soldi ai pensionati, anticipare la pensione per i più disagiati, si mettono le basi per una nuova accelerazione al processo di distruzione definitiva del sistema pensionistico pubblico e alla privatizzazione delle pensioni.
I padroni e i sindacati potranno gestire almeno in parte l’Ape con gli enti bilaterali per mandare a casa chi è vicino alla pensione. Per lo stesso motivo gli enti bilaterali dovranno quindi essere ampliati ed estesi.
Si prevedono nuove agevolazioni per la previdenza privata, nuovi sconti fiscali, trattenute ancora più basse che sul Tfr, per costringere i lavoratori a versarlo nei fondi e, infine,ciliegina sulla torta, una nuova opportunità pensionistica denominata RITA. Un meccanismo che permetterà a chi ha già un fondo pensione di attingere per pagarsi gli anni che mancano per andare in pensione. Ecco che dopo decenni di propaganda a spiegarci che l’Inps è al tracollo e quindi si doveva iniziare a pensare a una pensione integrativa, la pensione integrativa diventa nel 2017 il fondo da cui attingere per non affogare avendo il governo cancellato gli ammortizzatori sociali.
Una scelta assolutamente negativa quella di firmare questo documento. E senza che sia stato consultato il Direttivo Nazionale. La strategia della Camusso è sostanzialmente la solita: della minima resistenza, un riformismo senza alcuno spazio per vere riforme.
La Segretaria Generale, all’Assemblea Generale della Cgil del 7-8 Settembre, ha avuto modo di sottolineare che i lavoratori quando sentono parlare di prestiti e mutui per andare in pensione hanno reazioni violente.
A parole si dichiara la “la non piena condivisione da parte delle OO.SS. sul meccanismo dell’Ape” ma nel verbale si concorda. Più o meno la stessa ambiguità avuta ai tempi della Legge Fornero, che milioni di lavoratrici e lavoratori, e noi con loro, non perdonano al gruppo dirigente della Cgil, con la differenza che allora si convocò uno sciopero di 3 ore, oggi si firma un verbale in cui si concorda con le proposte.
La Cgil avrebbe il grande compito di organizzarla questa rabbia, di far saltare questi tavoli, altro che firmare accordi di questo tipo! Bisogna ritirare la firma, denunciare i veri obiettivi del governo che ormai sono evidenti a tutti, e lanciare una grande mobilitazione, vera, che fermi il paese, e che costringa chi governa e il padronato, non a fare qualche piccola concessione, ma a cancellare le controriforme degli ultimi anni, a partire dalla Fornero, e ridare il senso e la dignità alla pensione pubblica e alla vita delle persone.
Si convochi un Direttivo Nazionale urgente e si discuta in quella sede di quest’accordo. Se anche il Direttivo dovesse concordare con la firma di quest’accordo e col proseguimento degli incontri nella “fase 2” prevista dal verbale, si consultino le lavoratrici e i lavoratori attraverso un referendum certificato. La parola ai lavoratori.
Tutti in pensione dopo 35 anni di lavoro e 60 anni di età! Non regaliamo l’ultima parte della nostra vita al profitto!