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24 Gennaio 2020Lunedì 27 gennaio 2020 a Pavia si terrà la prima udienza del processo contro 10 persone che il 18 aprile 2013 hanno partecipato a un’iniziativa di lotta e solidarietà: un picchetto al Crosione, in via Capri, per difendere una famiglia con bambini piccoli dalla minaccia di uno sfratto per morosità incolpevole. Tra gli imputati c’è anche il nostro compagno Mauro Vanetti.
In quell’occasione le forze dell’ordine, poste come sempre a difesa della proprietà privata contro gli interessi dei lavoratori e dei poveri, avevano impedito l’accesso al condominio agli attivisti della rete antisfratto e a chi era sceso in piazza in solidarietà. In questo modo si voleva proibire con la forza agli attivisti di raggiungere la famiglia sotto sfratto, che aveva chiesto aiuto e vicinanza perché preoccupata per il minaccioso accesso dell’ufficiale giudiziario. L’operazione delle forze dell’ordine era quindi volta a lasciare la famiglia isolata nella sua disperazione, coi bambini in lacrime che si sporgevano atterriti dalle finestre e dal balcone mentre il funzionario statale entrava nell’edificio per cacciarli di casa, accompagnato dall’avvocata del padrone di casa (il caso vuole che si trattasse di una nota avvocata di estrema destra, vicina a CasaPound).
Le forze dell’ordine si erano in quell’occasione comportate in modo molto violento. Si sono visti tentativi di strangolamento ai danni di una ragazza, trecce (dreadlock) strappate con la forza, botte a casaccio, vetri rotti, persone gettate per terra, genitali strizzati e altri episodi di questo tenore. Come spesso accade in queste circostanze, carabinieri e polizia hanno poi cercato di riraccontare la vicenda in modo molto fantasioso, cercando di passare per vittime, ma anche provando a mandare un avvertimento a tutto il movimento per il diritto alla casa e ai suoi sostenitori, che all’epoca erano piuttosto numerosi e appartenevano alle più svariate organizzazioni politiche della sinistra militante: «Non lottate uniti o verrete colpiti duramente».
Seguiremo questo processo che ancora una volta rappresenta un tentativo di risolvere per via repressiva (prima poliziesca, poi giudiziaria) le contraddizioni sociali e politiche nella città di Pavia. Invitiamo i nostri sostenitori e simpatizzanti a solidarizzare con gli imputati e con le famiglie sotto sfratto. La crisi abitativa non si risolve processando chi lotta bensì:
– Costruendo più case popolari e azzerando i vertici dei corrottissimi enti di gestione dell’edilizia pubblica, che vanno posti sotto un serio controllo dal basso da parte delle famiglie che ci abitano e da quelle in graduatoria.
– Sospendendo gli sfratti per morosità incolpevole.
– Espropriando le grandi proprietà immobiliari che speculano sugli affitti.
– Confiscando gli abusi edilizi e destinandoli, ove possibile, ad allargare l’offerta pubblica di abitazioni.
– Ripristinando l’equo canone.
– Difendendo ed estendendo l’offerta di posti letto in collegi pubblici EDiSU per gli universitari, che hanno un effetto calmierante sul mercato degli affitti.