Rivoluzione n.9
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21 Ottobre 2015Dopo la vertenza di quest’estate su un cambio di appalto del settore educativo in provincia di Parma (conclusasi, come scritto sul numero 6 di Rivoluzione, con un accordo sottoscritto da CGIL e CISL totalmente al ribasso per i lavoratori), altri protagonisti della cooperazione sociale, in perfetto accordo con la Giunta Comunale, tornano a colpire gli educatori e i disabili, stavolta nel capoluogo. E mentre nel caso precedente l’amministrazione incriminata era quella PD, oggi è la Giunta pentastellata a portar avanti il medesimo disegno politico, fatto di progressivo smantel-lamento del servizio di integrazione scolastica per i disabili, a riprova che chi si candida ad amministrare città e provincie senza mettere in discussione un sistema fatto di esternalizzazioni e privatizzazioni, non può che attuare politiche a danno dei lavoratori e delle fasce deboli della società.
La cronaca della vicenda pare quella di un qualunque cambio di appalto: il servizio di integrazione scolastica viene riappaltato dal Comune (“obtorto collo” dato che i grillini avrebbero preferito passare direttamente all’accreditamento, cioè a una gestione totalmente privata dei servizi), e tale appalto viene vinto da due cooperative bolognesi. Queste, a sorpresa, scalzano le cooperative sociali parmensi che lo gestivano precedentemente, stiamo parlando di veri e propri potentati locali, di colossi con migliaia di lavoratori e con ambizioni da multinazionale. La vittoria delle nuove avviene grazie ad una ribasso del 10% proposto da queste. Un ribasso talmente eccessivo che le cooperative scalzate decidono di intraprendere azione legale contro le nuove, tramite ricorso al Tar di Parma, per invalidare la gara di appalto.
Vista la confusione, grande è lo smarrimento che si crea tra gli educatori. Secondo la normativa nazionale le coop vincitrici di un appalto sono obbligate ad assumere tutti i lavoratori che stanno prestando servizio in quell’ambito. Ma questo cosa non rientra nei piani di chi ha vinto un appalto col ribasso del 10%: infatti le vincitrici pretendono di assumere con le condizioni che ritengono migliori per loro e in effetti la legge non dice nulla su questo punto e proprio per questo infatti si prevede nelle transizioni una trattativa sindacale in grado di definire chiaramente le forme di passaggio dei lavoratori da una coop all’altra.
Se la confusione è tanta, una cosa è chiara, nessuno si aspetta che i padroni concederanno alcunché senza una mobilitazione e una chiara dimostrazione di volersi opporre a queste dinamiche, gli educatori coinvolti ricorrono così al sindacato cercando uno strumento di aiuto nell’ottenere migliori condizioni.
Si apre quindi una vertenza fra le coop vincenti, quelle perdenti e i sindacati, concertata dalla Direzione Generale del Lavoro, in cui le organizzazioni sindacali dimostrano di avere a cuore, più che la sorte e le condizioni dei lavoratori, la difesa delle cooperative perdenti contro le subentranti.
Inizia così un periodo di incontri (coinvolte la CGIL e CISL), la vertenza si caratterizza per le sistematiche assemblee dei funzionari sindacali coi lavoratori, per i molti tavoli istituzionali con relativi resoconti, per il completo schiacciamento delle posizioni dei funzionari sindacali sulla battaglia legale intrapresa dalle vecchie cooperative contro le nuove. Mai emerge qualcosa che si avvicini ad un percorso di lotta, ad una mobilitazione in grado di mostrare che le conquiste non si ottengono grazie a gentili “concessioni” delle coop.
E difatti la vertenza si conclude con pochissime concessioni, compresa una proroga di 6 mesi nel versamento dei lavoratori della quota associativa alla nuova cooperativa. Nonostante proprio la rivendicazione inerente la cancellazione della quota associativa sia la più sentita dai lavoratori (vero e proprio obolo da pagare alla nuova cooperativa, un importo di oltre 1000 euro che ognuno dovrà versare), nient’altro viene ottenuto relativamente al suo pagamento, se non il posticipo del versamento di tale quota.
Piccole concessioni vengono fatte, come ad esempio un incremento dei rimborsi chilometrici (che tuttavia è previsto solo per alcuni tipi di spostamenti degli educatori), o una revisione delle ore per il calcolo del buono mensa, ma in sostanza la vertenza si avvia alla conclusione con un esito analogo a quello visto con l’altra vertenza provinciale nel mondo dell’educazione di quest’estate, nel passaggio da una coop all’altra viene garantito ciò che la legge prevede già: salario base, scatti di anzianità, eccetera; ma ben poco di significativo viene “concesso” dalle coop vincenti. Dall’altra parte spietate si rivelano le coop perdenti, a quei lavoratori (pardon, soci) che chiedono una ricollocazione nella propria cooperativa viene risposto: ”Andate nell’altra coop perché noi non abbiamo lavoro, grazie e ciao” .
In sostanza, nei diversi incontri con gli educatori, i sindacati hanno sistematicamente orientato il dibattito sul ricorso al Tar e su quello che è stato l’esito dei vari tavoli (il bello è che per un mese le posizioni delle cooperative non sono cambiate di un virgola), senza minimamente discutere su come usare i rapporti di forza per ottenere miglioramenti nell’accordo. Hanno trattato per conto degli educatori ma si son guardati bene dal proporre loro una seria mobilitazione, gli unici elementi di pressione sono stati i presidi a sostegno del sindacato nei colloqui in Direzione del Lavoro.
Nonostante la rabbia manifestata dai lavoratori, i sindacati anziché essere uno strumento incendiario hanno svolto la funzione di strenuo difensore delle grandi cooperative locali e di pompiere nei confronti delle rivendicazioni avanzate dagli educatori, hanno puntato tutto sui tavoli istituzionali e sul Tar, alimentando aspettative su questi, facendo svolgere ai lavoratori un ruolo passivo e ottenendo briciole a fine vertenza. Al momento della firma del contratto, che vedeva ancora molte criticità, la presenza dei sindacalisti è non pervenuta.
Ma il ruolo dei funzionari sindacali non si è esaurito in un sostanziale nulla di fatto. E’ andato oltre, inizialmente disorientando quei lavoratori che chiedevano se firmare o meno il contratto individuale con le nuove coop, giungendo alla fine ad alimentare quel clima di terrore creato proprio dalle cooperative.
Fin dall’inizio della vertenza difatti le coop vincenti hanno messo in campo una strategia di terrorismo psicologico per far cedere uno ad uno gli educatori da assumere. Questi venivano contattati singolarmente con l’intento di fargli firmare pre-accordi o accordi individuali (cosa illegale dato che per legge prima va chiuso l’accordo collettivo e le trattative erano in corso di svolgimento), oppure venivano fatte circolare informazioni discordanti o convocate riunioni regolarmente disertate dalle cooperative stesse.
A queste intimidazioni, che non sono cessate fino a vertenza conclusa, il sindacato ha reagito in maniera eufemisticamente confusa. Mentre inizialmente, l’indicazione dei funzionari sindacali è stata quella di non firmare nessun contratto individuale, successivamente hanno manifestato tutta la loro sorpresa nello scoprire gli effettivi limiti di tempo concessi dalla normativa in merito, giungendo così a convocare un incontro coi lavoratori all’ultimo minuto in cui dalla bocca dei funzionari si sentiva dire: “c’è l’accordo, firmate tutti perché i tempi scadranno domani e se non lo fate rimarrete senza lavoro”. Un orientamento che ha spiazzato e confuso tutti i lavoratori, i quali si chiedevano: ”Ma perché abbiamo dovuto attendere oltre un mese se l’accordo è sostanzialmente quello del primo giorno ? ”.
Errare è certamente umano ma i funzionari e dirigenti sindacali hanno dimostrato di perseverare in un errore che già gli era stato criticato nelle vertenza provinciale e che diversi colleghi hanno messo in luce alle assemblee: “organizzateci; diamoci un piattaforma nostra invece che cercare di migliorare quella che ci propongono; creiamo disagio; pianifichiamo forme di mobilitazione e volantinaggi; diamoci tempi chiari; andiamo sotto al Comune”.
I sindacati hanno continuato nella loro linea di sempre: “se ti metti di traverso è peggio; una vertenza si costruisce nel tempo e dobbiamo fare una cosa per volta; abbiate fiducia nei tavoli; lasciate fare a noi”. Ora, per l’ennesima volta, i risultati sono evidenti a tutti. E la rabbia fra i lavoratori che si sono sentiti presi in giro è giustamente alta.
L’altra faccia della medaglia è costituita dai disservizi generati da questa situazione, attualmente senza nessuna prospettiva di miglioramento. Per i portatori di handicap la scuola è cominciata più tardi e i disservizi sono all’ordine del giorno: non è raro ad esempio trovare casi in cui un educatore segue due ragazzi contemporaneamente.
Un appalto vinto grazie ad un ribasso del 10% porta da un lato a un maggiore sfruttamento degli educatori, lavoratori sui quali, nella pratica, si scaricherà tale ribasso obbligando i neoassunti “soci lavoratori” a pagare la quota associativa alla cooperativa. Dall’altro si manifesterà sempre più una disorganizzazione del sevizio, operatori che cercheranno di garantire un servizio di qualità si dovranno scontrare con sempre maggiori inconvenienti e con condizioni oggettive di lavoro distanti anni luce da un quadro in grado di offrire particolare cura e attenzione alle persone assistite. Tutto questo mentre la Giunta pentastellata canta vittoria: può dirottare qualche migliaio di euro in più dai servizi educativi al pagamento del debito comunale.
Risulta così evidente che una linea sindacale fatta di concertazione e accordi di vertici non può più esistere: non porta risultati! Un’altra linea è stata sempre portata alle assemblee: quella che mette in primo piano il protagonismo dei lavoratori, unica linea in grado di elevar la vertenza al livello di mobilitazione generale, in cui i miglioramenti vengono ottenuti con i rapporti di forza, in cui si elabora una piattaforma basata sui nostri bisogni di lavoratori e non sulla semplice limatura delle esigenze delle cooperative.
Questa linea alternativa deve trovare una forma di organizzazione per poter essere efficace, i sindacati devono essere uno strumento a disposizione dei lavoratori, i quali devono emerge e imporsi come i protagonisti. Solo mostrando una classe lavoratrice compatta e determinata nel voler ottenere le proprie rivendicazioni e nell’affermare i propri diritti, si potranno creare le condizioni per un esito diverso delle vertenze che in futuro, inevitabilmente, torneranno ad aprirsi nel mondo dell’educazione.
Per info: 333 3826185