No al decreto Lorenzin: fuori Big Pharma dalle nostre vite!
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1 Giugno 2017Il 17 aprile più di 1500 prigionieri palestinesi, nelle carceri israeliane, tra cui il membro del Comitato centrale di Al-fatah, Marwan Barghouti e Ahamd Saadat, il segretario del fronte popolare palestinese, hanno cominciato lo sciopero della fame per ottenere i loro minimi diritti umani: l’aumento delle visite familiari, l’installazione di telefoni pubblici nelle prigioni e la possibilità di poter accedere ad un maggior numero di canali televisivi in modo da tenersi informati su quanto accade fuori dai penitenziari. Questo sciopero è durato 40 giorni, è terminato il 27 maggio dopo 20 ore di trattative tra gli scioperanti, il governo israeliano e la Croce Rossa. La lotta era l’unica scelta per i prigionieri palestinesi per migliorare le loro condizioni di vita.
Israele ha dovuto cedere: i familiari ad esempio potranno vedere i detenuti due volte al mese (prima era solo una volta) mentre gli altri punti dell’accordo saranno resi noti a breve. Importante è stato l’appoggio delle masse palestinesi allo sciopero nelle carceri, a migliaia sono scesi in piazza e il 27 aprile uffici pubblici e negozi sono rimasti chiusi per sciopero in tutta la Cisgiordania.
La vittoria dello sciopero di fame potrebbe migliorare le condizioni dei prigionieri ma le autorità israeliane non fermeranno certo la repressione. Continueranno ad arrestare ed a maltrattare tutti i palestinesi che vivono in una vera e propria prigione aperta: limitazione di movimento, muro attorno alla Cisgiordania e innumerevoli checkpoints. Tali condizioni rendono la vita dei palestinesi difficile e insopportabile.
Per ottenere la liberazione del popolo Palestinese e mettere fine a questa occupazione bisogna che esista un partito che possa esprimere la rabbia di tutta questa gente che è scesa nelle piazze per sostenere i loro prigionieri, mentre l’autorità palestinese (Anp) ha impedito ogni manifestazione che potesse mettere in contatto i manifestanti con le forze di occupazione.
Il “coordinamento di sicurezza” fra Israele e Anp non finisce mai, entrambi non vogliono che finisca perché hanno interessi (tra cui ovviamente quelli economici) in comune. La rivolta nelle carceri può significare la fine di questa “luna di miele”. Le manifestazioni ci sono sempre però manca una organizzazione che le guidi, i partiti palestinesi tradizionali tra cui quelli di sinistra non sono capaci di farlo più ,la gente non fida più di loro. Al-Fatah, l’organizzazione a capo dell’Anp, rifiuta di convocare elezioni politiche dal 2006 temendo di perderle, in questo spalleggiato da Hamas a Gaza che ha instaurato un regime autoritario nella Striscia, per nulla giustificato dagli attacchi continui di Israele. Nelle elezioni amministrative del 13 maggio scorso l’affluenza è stata molto bassa, pari al 53%. La popolarità del governo di Abu Mazen è ai minimi storici.
Un partito di massa e il ritorno della lotta di classe possono mettere fine a questa occupazione e al capitalismo, sia in Israele che in Palestina, che ha solo ampliato le disuguaglianze fra le classi e reso impossibile la libertà e l’indipendenza effettiva del popolo palestinese.