La Rivolta della Ragione – Capitolo 13 La genesi della mente – Materia, vita e intelletto
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Il compagno Amin è arrivato a casa sua a Karachi la mattina presto del primo agosto, dopo 18 giorni di reclusione, dopo essere stato rapito il 14 luglio dai Ranger (un’organizzazione paramilitare in Pakistan). La sua liberazione è stata possibile solo grazie alla nostra campagna internazionale e alla solidarietà da parte di compagni e simpatizzanti della TMI in tutto il mondo. La famiglia di Amin e tutti i compagni in Pakistan sono estremamente grati a tutti i compagni e simpatizzanti che vi hanno partecipato.
Nei giorni di sequestro, Amin è stato recluso in luoghi diversi e brutalmente torturato dai suoi rapitori. Durante la tortura, i Ranger e altre agenzie di sicurezza del Pakistan lo hanno accusato di crimini atroci che non ha mai commesso, e hanno cercato di costringerlo a confessare. Ma nonostante l’estrema tortura e le minacce di morte, ha rifiutato di confessare quelle accuse e ha continuamente affermato di non aver mai commesso alcun crimine in vita sua. Egli ha detto:
“Sono un attivista politico legato alla TMI e non ho nulla a che fare con alcuna banda criminale o persone che svolgono attività criminali”.
Era del tutto possibile che le torture sarebbero continuate per molti altri mesi o addirittura anni; o che Amin potesse essere semplicemente ucciso e gettato in una strada di Karachi. Tuttavia, la campagna dei compagni della TMI in Pakistan e in tutto il mondo lo ha salvato. I suoi rapitori sono stati costretti a liberarlo e ora è tornato a casa.
Le torture usate durante il sequestro includevano il restare appeso a testa in giù per lunghe ore, accompagnato da gravi percosse con bastoni e altri attrezzi e scosse elettriche al suo corpo e ai genitali. È rimasto bendato durante tutto questo periodo e non gli è stato permesso di sedersi o sdraiarsi, ma è dovuto rimanere in piedi durante tutti questi giorni.
La strategia del Divide et impera e il MQM
Il compagno Amin appartiene a una famiglia mohajir della classe media a Karachi. I Mohajir sono rifugiati musulmani dall’India che sono arrivati in Pakistan dopo la partizione e hanno vissuto lì da allora. Amin è stato coinvolto nella politica sin dalla tenera età. Nella comunità di Karachi di lingua urdu o mohajir, le opzioni per le attività politiche sono molto limitate ed è stato costretto a unirsi a partiti reazionari di destra come il MQM e fare in quel partito le sue prime esperienze politiche.
Questo partito fu creato dallo stato pakistano durante la dittatura del generale Zia negli anni ’80 per dividere la classe lavoratrice di Karachi. Dopo il movimento rivoluzionario del 1968-69 e gli eventi successivi, la classe dominante del Pakistan decise di dividere la classe lavoratrice del Pakistan e in particolare a Karachi (la città più grande) su linee nazionali e linguistiche.
Il tradimento da parte della leadership del PPP ha indebolito il movimento operaio; e la classe dominante del Pakistan – seguendo le orme dell’imperialismo britannico e americano – ha portato avanti i suoi piani. Prima di tutto, hanno cercato di dividere la maggior parte della popolazione di Karachi, i Mohajir, dalle altre nazionalità. Furono orchestrati tumulti, omicidi e spargimenti di sangue per seminare i semi dell’odio tra la classe operaia su linee linguistiche e nazionali, dopo di che fu fondata un’organizzazione studentesca chiamata APMSO e successivamente la MQM. Il crollo dell’Unione Sovietica e la debolezza del movimento operaio in tutto il paese hanno dato al MQM una base sociale. La sua politica reazionaria di destra era maggioritaria fra i Mohajir di Karachi e successivamente dominava l’intera città.
Anche il MQM iniziò ad avere conflitti con i suoi padroni e ci furono enormi operazioni militari a Karachi contro il MQM nel 1992 e nel 1995, ma queste ultime non poterono porre fine al sostegno al MQM tra i Mohajir. Piuttosto, il MQM ottenne più sostegno dagli elementi della classe media e si svilupparono tendenze fasciste al suo interno. Forte di questo appoggio crescente, il leader del partito ha cambiato il nome del MQM dal movimento Mohajir Qaumi (Movimento nazionale Mohajir) al movimento Muttahida Qaumi (Movimento nazionale unito). Successivamente, ottenne il sostegno dei Mohajir di Hyderabad e di altre città del Sindh e in seguito tentò di espandersi anche in altre parti del paese.
Durante la dittatura del generale Musharraf, che era lui stesso un Mohajir, questo partito ottenne un enorme sostegno dalle autorità statali e costituì una parte importante del governo a livello federale e provinciale. Ancor prima, era una parte importante di diversi governi, ma ora aveva molta più autorità negli affari di stato. Ciò ha dato un grande impulso alle attività illegali e criminali all’interno del partito, che era già coinvolto in estorsioni, accaparramento di terre, riciclaggio di denaro, rapimenti per ottenere un riscatto e molto altro sotto la direzione del suo leader Altaf Hussain, che è in esilio a Londra da quasi tre decenni ormai. Quanto più diventava potente, tanto più profondamente il partito diventava corrotto, convertendosi nell’emblema del terrore organizzato in città.
Dopo la fine del regime di Musharraf nel 2008, il MQM era ancora una grande forza, ma l’odio che aveva attirato su di sé a causa dei continui eccessi di criminalità e saccheggi aveva ormai allontanato larghi settori di Mohajir. In quei momenti critici, la direzione del PPP ha avuto la possibilità di conquistare questi settori, ma quella stessa leadership del partito era più degenerata che mai e lavorò in totale collaborazione con le autorità statali per schiacciare il movimento della classe operaia in tutto il paese, sfruttando la divisione tra sindi e mohajir altre tattiche reazionarie per perpetuare il suo dominio. In questa situazione, le autorità statali hanno appoggiato altre bande criminali e terroriste su linee nazionaliste e religiose per schiacciare ogni possibilità di vera unità della classe operaia.
Questa situazione, unita alla mancanza di alternative, ha ostacolato qualsiasi movimento contro il MQM da parte dei Mohajir, che erano stufi del ruolo criminale che questo partito ha giocato in tutti questi decenni. Inoltre, il partito non è stato in grado di risolvere un singolo problema della popolazione, tra cui la disoccupazione e la povertà, e le crisi sociali avevano raggiunto un livello senza precedenti sotto il suo dominio. Ciò alla fine portò al suo indebolimento e alla divisione in fazioni all’interno del MQM, che rifletteva da un lato la sua crisi terminale e, dall’altro, l’influenza delle fazioni all’interno dello stato, che sostenevano i vari leader del partito l’uno contro l’altro. Anche il PTI di Imran Khan ha avuto la possibilità di ottenere supporto a Karachi ma ha fallito miseramente, nonostante il sostegno dello stato in questo tentativo.
Tutto ciò ha lasciato un enorme vuoto nella città di Karachi e le autorità statali stanno freneticamente cercando di far prevalere una fazione del MQM al posto di un’altra e imporre di nuovo il suo controllo sulla città. Ma sul campo, la situazione si è completamente trasformata e nessuna opzione sostenuta dalle autorità sta ottenendo alcun sostegno tra le masse. Uno di questi è la PSP, guidata dall’ex sindaco di Karachi, Mustafa Kamal: un leader del MQM in passato, che ha miseramente fallito più volte negli ultimi cinque anni nonostante abbia ottenuto un’enorme copertura mediatica e il sostegno da parte delle autorità statali. Durante la sua prigionia, ad Amin è stato chiesto di lavorare per questo partito una volta rilasciato. Inoltre, varie fonti sconosciute hanno chiesto alla sua famiglia di avvicinarsi alla direzione di questo partito per assicurare il rilascio di Amin. Ma Amin e la sua famiglia si sono rifiutati di seguire questa linea o di unirsi a qualsiasi altra fazione di MQM. Durante la sua tortura, Amin ha detto che se avesse avuto la possibilità di continuare a vivere avrebbe militato solo per la TMI, poiché questa è l’unica organizzazione che ritiene stia lavorando su linee giuste.
La campagna di solidarietà della TMI è stata vittoriosa!
Amin ha abbandonato il MQM nel 2017 a causa della sua degenerazione e degli scontri di fazione. A quel tempo, la Progressive Youth Alliance era attiva in tutto il paese sui temi dell’educazione gratuita per tutti e per il ripristino dei sindacati studenteschi. Ci sono state assemblee pubbliche organizzate dal PYA in diverse città del paese e era in pieno svolgimento anche una campagna sui social media. Il PYA era anche attivo tra le masse pashtun e nel loro movimento di resistenza per il loro diritto fondamentale all’esistenza. Questo raggio di speranza raggiunse anche Amin e sua sorella, che decisero di unirsi alla TMI e alla PYA dopo lunghe discussioni politiche e teoriche. Entrambi hanno partecipato alle riunioni dell’organizzazione negli ultimi due anni.
Durante la sua reclusione, ad Amin è stato detto di confessare di lavorare ancora per MQM London, cosa che ha negato più volte, ribadendo di militare solo nella TMI. Quando i sequestratori hanno fallito in questo obiettivo, hanno provato a mettere in cattiva luce la TMI calunniandone la leadership e dicendo che quest’ultima lo avrebbe duramente criticato. Amin è stato anche minacciato di conseguenze terribili se avesse continuato a militare nella TMI. Sono stati lanciati chiari avvertimenti alle compagne dirigenti della TMI, così come la sorella di Amin, minacciate di ogni tipo di atto barbaro. Sono state anche fatte minacce di morte contro la direzione della TMI. I sequestratori hanno affermato di essere i padroni di questo paese e nessuno può muovere un dito contro di loro. Hanno anche detto di aver già ucciso molte persone dopo averle sequestrate e di aver gettato il loro corpo per le strade di Karachi molte volte.
Ma nonostante tutto questo, la meravigliosa campagna di solidarietà per la liberazione di Amin ha costretto i suoi rapitori a liberarlo. Questa non è solo una vittoria per la TMI, ma per tutti gli attivisti politici di sinistra di questo paese. Ringraziamo anche altre organizzazioni di sinistra del Pakistan che hanno partecipato con tutto il cuore a questa campagna e si sono uniti alle proteste e alle manifestazioni nonostante intimidazioni e minacce.
La determinazione del compagno Amin è ora più che mai rafforzata. È totalmente impegnato nella causa della rivoluzione socialista in Pakistan, ed è convinto che questa sia l’unica via da seguire per la popolazione oppressa di questo paese. I marxisti hanno ripetutamente affermato che è facile uccidere un uomo ma nessuno può uccidere un’idea la cui ora è giunta. Ciò vale anche in Pakistan, dove la crisi del capitalismo sta gettando milioni di persone ancor di più in povertà e miseria. Per loro, l’unica via d’uscita da questo abisso è un rovesciamento rivoluzionario di questo orribile sistema basato sullo sfruttamento e sulla brutale oppressione.
Mentre i ricchi continuano a vivere in un lusso sfrenato, i poveri sono costretti a tollerare condizioni brutali e ogni accenno di dissenso e resistenza incontra la tortura e l’oppressione. Ma, come si dice, il momento più buio della notte è poco prima dell’alba: la disperazione della classe dirigente pakistana e i suoi metodi brutali dicono che l’alba di un futuro socialista non è lontana.
I compagni della TMI, tra cui Amin e sua sorella, giurano ancora una volta di lottare per questa nobile causa e continueranno la loro lotta contro queste forze di reazione oscura al loro ultimo respiro. Questa è l’unica speranza per l’intera umanità e sacrificheremo ogni ultima goccia del nostro sangue per questa causa, che è l’unica per cui valga la pena vivere e morire.
Viva la TMI!
Viva la rivoluzione socialista!
Lavoratori di tutto il mondo, unitevi!