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19 Luglio 2022Dal 22 giugno i lavoratori dello stabilimento della Mercedes Benz di Vitoria, in Spagna, sono in lotta contro flessibilità e precarietà. Pubblichiamo la traduzione di un volantino di Lucha de Clases (sezione spagnola della TMI) distribuito il 12 luglio scorso, all’assemblea dei lavoratori di Mercedes Benz.
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NOI LAVORATORI MOSTRIAMO LA NOSTRA FORZA E DIGNITÀ
“Non vogliamo vivere per lavorare”
Noi lavoratori della Mercedes Benz stiamo conducendo una lotta esemplare, che non si vedeva da anni, che viene percepita come un’enorme ispirazione e guida dall’intera classe operaia. Sta dimostrando ai padroni che abbiamo subito fin troppo, che la nostra dignità non è in vendita e che non tollereremo ulteriori peggioramenti nelle nostre condizioni lavorative e familiari.
Noi lavoratori della Mercedes, da quando lo stabilimento è stato ampliato più di vent’anni fa, contratto dopo contratto, abbiamo dato per buono il discorso della dirigenza, del governo basco e della maggioranza sindacale in fabbrica e cioè che, per garantire il futuro e che la Mercedes continuassi a scommettere su Vitoria, dovevamo essere ragionevoli e accettare una maggiore flessibilità nelle nostre condizioni di lavoro. Ci hanno detto che in questo modo, una volta raggiunti gli obiettivi aziendali, saremmo stati tutti meglio. Discorso che è stato venduto anche a tutti i lavoratori del settore automobilistico in tutto lo Stato spagnolo.
Così, sulla base dei nostri sforzi e professionalità, anche sacrificando la nostra vita familiare, venivano superati obiettivi produttivi sempre più ambiziosi e ogni anno l’azienda otteneva profitti da record. Ora, lungi dal riconoscere il nostro lavoro e migliorando le nostre condizioni, dopo 18 mesi di trattative, al personale è stato offerta ancora la stessa minestra. Dimostrando che la loro avidità non ha limiti, con un profitto annuo di oltre 54mila euro per lavoratore, distribuendo 264 milioni di euro tra i loro azionisti, hanno voluto ancora di più, imponendoci la sesta notte lavorativa e tagliando il potere d’acquisto dei nostri stipendi, con un aumento molto inferiore all’aumento dell’indice dei prezzi.
Ciò che tutti sentivamo, è stato espresso dal compagno che, nell’assemblea precedente al primo giorno di sciopero del 22 giugno ha affermato: “ci chiedono di vivere solo per lavorare”. Per la prima volta in molti anni, noi lavoratori abbiamo deciso di prendere in mano il nostro destino. Ignorando i canti delle sirene della maggioranza del comitato di fabbrica, del Consiglio provinciale e del Governo Basco, che usando come esca il rischio di perdere l’investimento di 1.200 milioni per l’ammodernamento dell’impianto, ci hanno chiesto di continuare a ingoiare ancora la stessa minestra e di accettare il ricatto aziendale. Li abbiamo accolti con un grido unanime di tutti quelli che fabbricano i furgoni, dicendo: Ora Basta!
Tutti insieme, nonostante il boicottaggio della maggioranza dei delegati del comitato di fabbrica, come lavoratori abbiamo dato prova della nostra forza e unità, fermando le linee di produzione e facendo capire che nessun furgone lascia lo stabilimento senza il nostro permesso. I titoli ricattatori apparsi sui grandi giornali e televisioni, del tipo “Mercedes mantiene l’economia basca col fiato sospeso”, indirettamente corroborano che siamo certamente noi salariati a creare la ricchezza con il nostro lavoro e che il futuro della società dipende solo da noi.
Sono tante le lezioni che si possono già trarre dai 6 giorni di sciopero che ci hanno visto protagonisti. La cosa più importante è che l’unica risposta efficace per far fronte all’intransigenza dei padroni è lo sciopero e la mobilitazione unitaria dei lavoratori. In 18 mesi di trattativa non hanno ceduto una virgola, solo ora che abbiamo dimostrato la nostra forza è quando cominciano ad ascoltarci.
Per arrivare qui, abbiamo dovuto cominciare a recuperare i metodi tradizionali della lotta operaia, come quelli dei nostri compagni negli scioperi del marzo 1976.
È finito quella che finora era la norma, un sindacalismo alla Juan Palomo, di “yo me lo guiso y yo me lo como” (frase fatta che vuol dire “io lo cucino e io me lo mangio”, cioè un sindacato dove i dirigenti decidevano per tutti), un sindacalismo che non dava ai lavoratori l’opportunità di discutere in assemblea le diverse proposte di piattaforma rivendicativa. Dopo interminabili trattative con l’azienda, la maggioranza del comitato ci chiamava a partecipare ad un referendum-trappola dove ci si chiedeva di appoggiare la proposta “meno inaccettabile”, e inoltre si permetteva di votare a gruppi di lavoratori (come gli impiegati) che non era interessati dalle misure regressive, come la flessibilità dell’orario nella catena di montaggio.
È l’Assemblea Generale della Fabbrica, nella quale dopo aver ascoltato le diverse proposte e pareri, tutti i lavoratori devono votare e decidere quale posizione adottare, garantendo l’unità di azione, attorno alla decisione decisa a maggioranza.
Noi lavoratori dobbiamo essere consapevoli che senza organizzazione siamo solo materia prima per lo sfruttamento del capitale e che quindi i sindacati sono uno strumento imprescindibile per difenderci collettivamente. Non si tratta di abbandonarli o di comportarsi passivamente; il compito è recuperarli, scegliendo tra di noi i più combattivi, sotto il controllo democratico delle basi e revocandoli se prendono le distanze o dimenticano gli interessi dei lavoratori.
Infine, vogliamo dire che la lotta dei lavoratori di Mercedes Benz non è sola. La classe operaia internazionale combatte ovunque la rapacità dei padroni. Alla fine, il grande capitale vuole che noi lavoratori paghiamo per la crisi del loro sistema, di cui non abbiamo alcuna responsabilità. Le lotte parziali come la nostra, per condizioni di lavoro e salari equi, sono fondamentali e necessarie; e dobbiamo vederlo come parte di una lotta più ampia contro lo sfruttamento capitalista e a favore di una società genuinamente umana e fraterna, una società socialista.
VIVA LA LOTTA DEI LAVORATORI MERCEDES BENZ!
VIVA LA LOTTA DELLA CLASSE LAVORATRICE!
Lucha de clases -Tendenza Marxista Internazionale (TMI)
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