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NO alla corsa al riarmo!

di Claudio Bellotti

Nel 2023 la spesa militare mondiale ha raggiunto la cifra record di 2.443 miliardi di dollari, con un aumento del 6,8% rispetto all’anno precedente. Secondo l’organizzazione umanitaria Oxfam, ne basterebbe poco più di un centesimo, 31,7 miliardi, per salvare 281 milioni di persone che nel mondo soffrono la fame acuta. Queste cifre sarebbero sufficienti a condannare il capitalismo come un sistema che non ha alcun diritto di esistere. Ma le cose sono destinate a peggiorare.

I dati riguardano i primi 40 paesi nella classifica della spesa militare, guidati dagli Stati Uniti, che con 916 miliardi rappresentano da soli il 40,8% del totale. Al secondo posto la Cina, con 296 miliardi, al terzo la Russia con 109.

La guerra in Ucraina in questi due anni ha fatto esplodere la spesa di numerosi paesi. Il bilancio della difesa ucraino è stato di 64,8 miliardi (+51%), che sommati ad almeno altri 35 miliardi di aiuti militari ricevuti dall’estero portano la spesa militare totale di Kiev quasi al pareggio con quella russa (91%).

Esplosiva la crescita della spesa militare in Polonia (+75% in un anno), Finlandia (+53%), Danimarca (+39%), Turchia (+37%), Russia (+24%), ecc.

Ma questo è solo l’inizio. La guerra in Ucraina ha messo a nudo il fatto che in molti paesi, particolarmente in Europa ma anche negli USA, il potenziale produttivo dell’industria bellica è insufficiente per sostenere le ambizioni imperialiste delle diverse potenze. Cambia anche la natura dello scontro, non siamo più alle guerre “a distanza” condotte con molta tecnologia e relativamente pochi uomini sul campo. La guerra “leggera e tecnologica”, questa utopia del militarismo USA, si è infranta in Afghanistan e Iraq ed è definitivamente stata sepolta dal conflitto in Ucraina. La guerra oggi unisce alle tecnologie più avanzate scenari da prima guerra mondiale: trincee, campi minati, scontri di artiglieria, migliaia di droni a basso costo, battaglie metro per metro, in cui la quantità di uomini e materiali fanno la differenza.

Pressoché tutti i paesi quindi prevedono o hanno già avviato importanti aumenti della spesa militare. Poiché l’Italia è “indietro” rispetto all’obiettivo di spendere almeno il 2% del PIL, si deve puntare a portare la spesa dagli attuali 28,8 miliardi (12° paese al mondo) fino a circa 42 miliardi nei prossimi anni.

Sullo sfondo del riarmo convenzionale si delinea anche il rischio di una nuova corsa al riarmo nucleare, esplicitamente minacciata dagli USA in risposta alla “minaccia cinese”.

Torna la leva?

Il militarismo non è solo uno spreco osceno. Significa irreggimentare la società e in primo luogo i giovani, promuovere ossessivamente l’idea che il “nemico” (non importa se russo, cinese, arabo o anonimo “terrorista”) ci minaccia e che è indispensabile armarsi e prepararsi a combatterlo.

Se nei primi anni 2000 la tendenza era ad abolire la leva (in Italia nel 2005) per passare ad eserciti professionali più piccoli, oggi la direzione si è invertita e in diversi paesi, soprattutto europei, si discutono progetti per reintrodurre la leva, o per costituire una riserva che possa essere rapidamente mobilitata. La Svezia, dopo avere abolito la leva, l’ha già reintrodotta nel 2017, la Lettonia nel 2023, in Germania se ne discute, in Gran Bretagna il premier conservatore Sunak l’ha riproposta. In Italia Salvini ha fatto della reintroduzione della leva un suo cavallo di battaglia ed esiste già dal 2021 un più “serio” progetto di legge Ferrari per la costituzione di una riserva mobilitabile.

Su questo punto è necessario essere chiari: il passaggio all’esercito professionale corrispondeva alla necessità della borghesia di avere truppe più facilmente impiegabili all’estero, cosa che puntualmente è avvenuta con le missioni militari nei Balcani, in Afghanistan, Iraq, Libano e molte altre (nel 2024 sono in tutto 40). I soldati di leva erano infatti poco impiegabili in questo tipo di operazioni neocoloniali, per motivi tecnici ma soprattutto politici.

Fu quindi una scelta reazionaria fatta per fini reazionari, e se oggi si cambia direzione è solo perché per la borghesia sono cambiate le necessità. Così come ci opponemmo al militarismo dell’esercito professionale, ci opporremo a quello della leva obbligatoria se mai le fantasie di Salvini dovessero tramutarsi in realtà.

La “democrazia”, la “patria”, la “civiltà” che la classe dominante ci invita a difendere anche con le armi, non sono altro che belle parole per indicare i suoi affari, i suoi profitti e il suo potere. In queste non abbiamo niente da difendere, né all’estero, né in casa nostra.

– No al riarmo e alle spese militari!
– Chiudere le basi USA e NATO in Italia!
– Fuori l’Italia dalla NATO!

 

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