Rivoluzione n°49
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15 Ottobre 2018L’editoriale del nuovo numero di Rivoluzione
Chiariamo subito un punto. L’opposizione espressa dal Pd, da giornali come Repubblica e compagnia cantante assomiglia ogni giorni di più a una setta di fanatici religiosi. Si atteggiano a laici e razionali seguaci del pensiero scientifico mentre in realtà si prostrano nella polvere di fronte agli idoli del Capitale. Il loro Olimpo si chiama “mercato” ed è abitato da divinità minacciose chiamate Spread, Agenzie di Rating, Borsa, Commissione Europea, ecc. Come gli dèi della mitologia greca anche questi, oltre a litigare tra loro e ad accoppiarsi nei modi più svariati, amano spesso e volentieri scendere tra i comuni mortali a procurare guai di tutti i tipi.
Ed ecco allora i capi del Pd che invocano la punizione divina per il peccato di aumento del deficit pubblico: lo spread vi colpirà, i mercati vi puniranno, il rating crollerà e il debito ricadrà sui figli dei vostri figli fino alla settima generazione.
Ci sarebbe davvero da ridere se non fosse un pensiero miserabile che dice che chi è povero, disoccupato, oppresso, senza futuro, in fin dei conti deve rassegnarsi al suo destino.
Ma no! non sono idoli o déi. È il potere di una ristrettissima minoranza di capitalisti che tiene in mano le sorti dell’umanità. La sua volontà non è divina, non è ineluttabile: può essere piegata, ma solo alla condizione di essere disposti a una lotta senza quartiere.
È qui che nasce la nostra critica frontale al Movimento 5 Stelle e al suo capo Luigi Di Maio, che dopo avere vinto le elezioni cavalcando una diffusa speranza di riscatto sociale pensano (o vogliono far credere) di poter condurre e vincere questo scontro semplicemente sparando raffiche di parole e frasi altisonanti. “Aboliremo la povertà”, la “manovra del popolo”, “non arretriamo”, sono solo frasi ad effetto. Guardiamo alla realtà. La tanto annunciata sfida all’austerità e all’Ue si traduce in uno 0,8 per cento di deficit in più per l’anno prossimo. In cifre circa 13,7 miliardi di euro in più da spendere.
Per avere le misure ricordiamo che la quota dei salari sul reddito nazionale è in calo da circa 40 anni e che rispetto ai massimi di fine anni ’70, quando ai salari andava oltre la metà del reddito nazionale, il calo è stato di circa 12-15 punti percentuali. A questa tendenza di lungo periodo, comune a tutti i paesi a capitalismo avanzato, si sono sommati gli effetti della crisi iniziata nel 2008.
Cosa contiene realmente la manovra?
1) Il condono fiscale costituisce un cospicuo regalo alle aziende e ai ricchi (mezzo milione di euro di evasione o imposte non pagate non li fanno i metalmeccanici o le maestre). Salvini ha chiarito che si saneranno non solo more e interessi, ma anche il capitale. Più che di “pace fiscale” si deve parlare di colpo di spugna a spese di chi le tasse le paga tutte, i ossia lavoratori dipendenti.
2) Quota 100 è cosa ben diversa dalla promessa “abolizione della legge Fornero”. In mancanza di ulteriori criteri va a penalizzare i cosiddetti lavoratori “precoci”, che rischiano di dover lavorare oltre i 42 anni e 8 mesi attualmente previsti. Il limite di due anni di contribuzione figurativa invece colpisce i tantissimi che hanno avuto percorsi contributivi intermittenti a causa di cassa integrazione, mobilità, maternità, uso legge 104, ecc.
3) Sul reddito di cittadinanza i conti non tornano. La cifra sarà sensibilmente inferoriore ai 780 euro previsti, oppure la platea dei beneficiari sarà ristretta di molto. Non si eroga reddito bensì si riesuma la famigerata social card già sperimentata da Tremonti; chi ne farà richiesta entrerà in un labirinto burocratico-autoritario con tanto di verifica della “moralità” delle spese! Si parla addirittura di trasformarlo in un incentivo all’impresa che assume il disoccupato: una copia esatta del Jobs act di Renzi!
4) Una parte di queste misure verrà finanziata con partite di giro, ossia togliendo fondi da altre voci di spesa già presenti (gli 80 euro, i fondi europei), o peggio ancora con nuovi tagli (sanità?) nonché con ulteriori privatizzazioni di patrimonio pubblico.
5) Le previsioni di crescita sono di pura fantasia, ma la maggiore spesa per interessi è una certezza.
L’utopismo non è dire che si vuole cancellare la povertà, l’utopismo è pensare di farlo con gli “zero virgola”, per giunta elargiti a debito, senza toccare gli interessi della classe dominante. Di difendere i poveri senza attaccare i ricchi. Di difendere i lavoratori senza scontrarsi con i padroni. Di portare il “cambiamento” senza lotta di classe.
L’interclassismo, il tentativo di tenere assieme gli interessi del capitale e del lavoro, è la peggiore delle menzogne e lo è mille volte di più in questa epoca di crisi del capitalismo.
Se non si attaccano i profitti, le rendite, i grandi patrimoni, se non si è disposti a lottare contro il dominio del capitale, a mettere in campo un programma di nazionalizzazioni, di espropri, di un vero e proprio contropotere, allora gli “idoli” di cui parlavamo in apertura diventano invincibili. Si viene stritolati dai meccanismi del capitalismo e lo sbocco reazionario diventa un pericolo reale.
L’unico antidoto a questo rischio è che quei milioni di lavoratori e giovani che hanno votato questi partiti nella speranza di un riscatto sociale, posti di fronte ai fatti si liberino di questa illusione e decidano di scendere in campo in prima persona.
Per questo l’opposizione necessaria non è e non sarà mai quella borghese e liberale incarnata dal Pd e dalle istituzioni nazionali e internazionali del capitale che in queste ore si affannano a bocciare la politica del governo. L’opposizione che serve è, all’opposto, un’opposizione di classe, che basi il proprio programma esclusivamente sugli interessi degli sfruttati. È il partito di classe che manca ormai da anni nel nostro paese e di cui bisogna gettare le basi nel mezzo di questo scontro.
10 ottobre 2018