Vittoria delle banche, crescita del Front National. “Francia ribelle” si deve mobilitare per le legislative!
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11 Maggio 2017L’editoriale del nuovo numero di Rivoluzione
L’uomo della Provvidenza, il favorito dai Mercati, Emmanuel Macron, ha vinto le presidenziali francesi.
Un ottimismo primaverile contagia le classi dominanti di tutta Europa. Non solo si è affermato il liberale Macron ma Angela Merkel sembra in ripresa, in Olanda è stato sconfitto il “populismo” di estrema destra, Renzi si è ripreso il Pd in Italia; si rilevano infine segnali di una ripresa economica.
Questa “riscossa liberale” non porterà nulla di buono ai lavoratori del Vecchio continente. La borghesia, forte di questa rinnovata fiducia, non opererà alcun cambio di rotta nelle politiche portate avanti dal 2009 ad oggi. Utilizzerà questi successi per operare un nuovo e ancora più profondo attacco allo stato sociale e ai diritti della classe lavoratrice.
In primo luogo perché al di là dei proclami, la crisi è ben lungi dall’essere risolta. La crescita del Prodotto interno lordo della zona euro è stata dell’1,7% nel 2016 (lontana dalle performance pre-crisi), il debito pubblico di paesi fondamentali come Francia e Italia continua a crescere, così come la disoccupazione.
In prima linea nell’applicazione delle ricette della grande borghesia c’è proprio Macron. Il suo programma è un invito a nozze per lorsignori. Taglio dell’imposizione alle imprese dal 33,3 al 25% (dieci miliardi di euro subito), taglio di 60 miliardi di spesa pubblica entro il 2022, rispetto scrupoloso dei parametri di Maastricht. “Se le riforme saranno ostacolate dal parlamento, utilizzerò la decretazione d’urgenza” afferma l’ex banchiere, in totale disprezzo della democrazia parlamentare (The Guardian, 6 maggio). E ne avrà probabilmente bisogno visto che la maggioranza per il suo movimento En Marche nelle elezioni politiche del prossimo 11 giugno è tutta da conquistare.
La vittoria d’Oltralpe di Macron ha fatto da contraltare all’affermazione di Matteo Renzi alle primarie del Partito democratico. La vittoria dell’ex Primo ministro è stata netta e senza appello. Il Pd è il partito di Renzi, il risultato delle primarie è una condanna senz’appello per la sinistra del Pd (o ciò che ne rimane), che si illudeva di potersi riappropriare del partito dopo il referendum del 4 dicembre.
L’affluenza alle primarie, diminuita di oltre un milione di voti rispetto al 2013, dimostra che Renzi è il leader più amato fra elettori e iscritti democratici (in calo) ma mai così odiato dal resto della società. Il fatto che gli over 65 costituiscano oltre il 42% dei votanti ai gazebo rivela che i democratici sono guardati con estrema diffidenza dai settori più dinamici della società.
Il risultato delle primarie, infine, non stabilizza la situazione italiana ma la destabilizza: il governo Gentiloni sarà sottoposto a una pressione formidabile da parte di Renzi, che ne vorrà imporre le priorità.
Il nuovo quadro politico a livello europeo fa tramontare le illusioni della direzione della Cgil, che si era illusa di poter contare su un governo amico. L’ascia di guerra non è mai stata sotterrata dalla borghesia, anzi ora verrà brandita con nuovo vigore. L’arroganza con cui Gentilioni e Del Rio hanno affrontato la questione Alitalia, opponendosi a ogni ipotesi di nazionalizzazione, ne è un esempio.
Anche perché l’Italia diventa il nuovo osservato speciale della borghesia internazionale . “Il problema del “debito cattivo” dell’Italia si rifiuta di scomparire” titola il Financial Times (8 maggio 2017), spiegando come le banche italiane non si riesca a liberare dei prestiti in sofferenza. Secondo il Sole 24 ore sono 114 gli istituti di credito a rischio per le sofferenze, una su cinque (25 marzo 2017). Il Financial Times conclude che il sistema bancario italiano rimane una “bomba a orologeria”.
La classe dominante vuole disinnescare questa bomba a orologeria sulla pelle della classe lavoratrice. Crede di aver trovato gli strumenti per farlo attraverso questi nuovi e vecchi burattini che hanno sconfitto il “populismo” e il “pessimismo”. Il problema è che nonostante la propaganda e l’euforia dei massmedia, sono strumenti spuntati.
Per vincere le elezioni Macron ha dovuto distruggere i due partiti che alternavano al governo dalla Francia da 60 anni; quasi il 40% dei francesi non è andato a votare o ha votato scheda bianca o nulla. Macron dovrà affrontare una classe lavoratrice e un movimento giovanile per nulla domato, come dimostra il risultato di Melenchon.
In Italia la credibilità di governo e Partito democratico sono ai minimi storici. Esiste una rabbia che emerge in ogni momento in cui i lavoratori trovano un canale per esprimerla, come dimostra il No massiccio delle maestranze nel referendum per il piano di ristrutturazione per Alitalia.
I nuovi burattini dei padroni, dunque, sono fragili. Quello che manca, soprattutto in Italia è quell’utensile adatto a tagliare i fili attraverso i quali la borghesia detta le loro mosse.
Quest’utensile è un organizzazione, dotata di un programma rivoluzionario e di una teoria marxista, orientata al movimento operaio e che intervenga nelle lotte di oggi e in quelle che verranno. È quello che stiamo costruendo.