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23 Luglio 2020BOLOGNA – Dopo 36 giorni di sciopero e 53 di presidio ai cancelli, nella notte di giovedì 16 luglio si è raggiunto l’accordo che mette un punto nella vertenza dei lavoratori FIAC contro il trasferimento delle attività da Pontecchio Marconi (Bologna) alla provincia di Torino.
Dopo 15 ore di trattativa nella sede della regione Emilia Romagna, si è arrivati alla sostanziale sospensione di quello che in pratica sarebbe stato il licenziamento collettivo di oltre 140 lavoratori tra dipendenti e somministrati. Come specifica il comunicato congiunto della Fiom e del Nidil dI Bologna – unici sindacati a rappresentare chi lavora in FIAC – fino al 30 giugno 2021 sarà garantita la stabilità dei rapporti di lavoro.
Altri mesi per cercare di impedire la chiusura della fabbrica dopo settimane in cui i tavoli tecnici che si erano costituiti per trovare condizioni finanziarie, occupazionali e produttive sostenibili erano stati sostanzialmente snobbati dalla direzione aziendale rendendo inutili tutte le proposte venute da sindacato, RSU e lavoratori mentre era ripresa parzialmente la produzione. Una vera e propria presa in giro che ha dimostrato come quelle lunghe discussioni siano state uno strumento con cui l’azienda ha voluto stancare i lavoratori facendone aumentare la sacrosanta rabbia.
Ora quei tavoli sono diventati un osservatorio che fino a dicembre 2020 esplorerà tutte le possibili soluzioni per evitare il trasferimento.
La mattina del 17 luglio l’accordo è stato presentato ai lavoratori in assemblea ai cancelli della fabbrica ed è stato approvato con 138 sì, un no e due astensioni. La sera stessa i protagonisti della lotta hanno festeggiato al presidio. Perchè se oggi il trasferimento è stato congelato lo si deve alla mobilitazione dei lavoratori.
I principali contenuti dell’accordo
Mentre scriviamo non abbiamo il testo dell’accordo ma ci basiamo sui comunicati di Fiom e Nidil di Bologna, così come dell’assessore regionale allo sviluppo e attività produttive Vincenzo Colla, principali attori della trattativa insieme alle RSU dei lavoratori FIAC.
Come già citato, fino al 30 giugno 2021 sarà garantita la stabilità lavorativa del rapporto di lavoro per i dipendenti diretti di FIAC e FIAC Professional Air Compressors, i lavoratori somministrati in staff leasing e quelli della logistica in appalto. In pratica tutti coloro che lavorano nello stabilimento di Pontecchio Marconi.
Viene attivata una staffetta generazionale che permetterà a tutti i lavoratori che raggiungeranno i requisiti per andare in pensione nei prossimi 2 aani di uscire da subito da FIAC senza penalizzazioni sulla retribuzione, e verranno sostituiti assumendo lavoratori oggi in azienda con contratto di staff leasing. Un turn over interno che porterà una prima riduzione del personale evitando licenziamenti.
Nel caso in cui ATLAS COPCO, la multinazionale proprietaria di FIAC, non dovesse recedere dal trasferimento della produzione, la stessa si impegna a sottoscrivere entro marzo 2021 un accordo su un “piano sociale” che tuteli l’occupazione del sito di Pontecchio. A questo scopo verranno utilizzati tutti gli strumenti a disposizione: reindustrializzazione del sito, accompagnamento dei lavoratori, outplacement, formazione e riqualificazione e ricorso agli ammortizzatori sociali.
In sostanza nella ipotesi che l’azienda rimanga dell’idea di procedere con il trasferimento, si metteranno in campo tutte quelle misure che nelle passate ristrutturazioni delle fabbriche bolognesi – ricordiamo a solo titolo di esempio SAECO e Motori Minarelli – hanno evitato i licenziamenti coatti verso forme di buone uscita sostenute dalla regione attraverso appunto successivi corsi di formazione e riqualificazione e l’aiuto nella ricerca di un nuovo posto di lavoro per chi esce dalla fabbrica. Ma oggi quelle possibilità di ricollocamento, già esigue pochi anni fa, non esistono più a causa della crisi economica accelerata dall’emergenza sanitaria. Di certo è che FIAC esiste, e non c’è bisogno di nessuna reindustrializzazione dopo anni in cui sono cresciuti fatturato e profitti. FIAC può continuare a vivere solo a condizione di rompere ogni compatibilità con gli interessi di ATLAS COPCO. La multinazionale svedese ha intenzione di chiudere comunque a Pontecchio Marconi, e firmando l’accordo sta cercando di evitare o almeno rimandare lo scontro di un anno.
Quale prospettiva?
La nazionalizzazione della fabbrica senza indennizzo per chi rimane intenzionato a portare avanti in un modo o nell’altro il trasferimento di tutta la produzione si presenta come l’unica strada per non perdere decine di posti di lavoro soprattutto in questo periodo di crisi economica accelerata dall’emergenza sanitaria del coronavirus. L’occupazione si potrà difendere solo se si tutela la continuità del sito produttivo.
Ci chiediamo se i tavoli tecnici, nati per convincere ATLAS COPCO e finiti con un sostanziale nulla di fatto, impegnando i lavoratori FIAC ha ragionare sull’organizzazione del lavoro, non abbiano aperto una riflessione sul fatto che la gestione e il controllo della produzione da parte di operai e impiegati è possibile e può tranquillamente fare a meno del padrone e del suo apparato di capi e capetti.
I prossimi mesi di relativa calma, che comunque i lavoratori hanno strappato solo grazie alla loro lotta esemplare serviranno a recuperare le forze e per prepararsi alla prossima fase.
Lo stesso deve fare la Fiom e tutta la Cgil.
Prendiamo a prestito l’ultimo capoverso del comunicato Fiom e Nidil:
“Questi cinquanta giorni di presidio, giorno e notte, trentasei giorni di sciopero ci hanno anche mostrato il protagonismo delle lavoratrici e dei lavoratori e anche una grande disponibilità al conflitto da parte dei giovani e dei precari. Una lotta esemplare per tutto il territorio, anche in vista di un autunno che si annuncia molto preoccupante. Ma verso questo autunno andiamo con la consapevolezza che tra i lavoratori c’è quella dignità, quel coraggio e quella serietà di cui tutto il Paese ha estremamente bisogno in un momento difficile come quello che stiamo vivendo”.
Condividiamo a pieno il giudizio su quanto fatto dalle lavoratrici e dai lavoratori della FIAC. Così come siamo certi che dobbiamo prepararci per un autunno caratterizzato dalla crescente offensiva del padronato. Dalle fabbriche abbiamo già visto che è possibile rispondere con gli scioperi come è stato nelle giornate di marzo in difesa del diritto alla salute contro la sete di profitto. Non esiste un Paese idealizzato, una barca su cui padroni e lavoratori navigano fianco a fianco verso un traguardo comune. Sarà dura lotta di classe che già i padroni portano avanti. Per questo abbiamo bisogno di una FIOM e di una CGIL che cambino passo anche rispetto a quello che abbiamo visto nella vertenza FIAC. Per quanto sia stato e sarà importante il supporto logistico alle lotte, così come l’appello a delegati e lavoratori ad essere presenti e sostenere un presidio o un picchetto, fondamentale rimane il ruolo di direzione e riferimento generale per estendere ed unire le lotte, imprescindibile se si vuole salvare l’occupazione nel prossimo autunno dove le fabbriche che chiuderanno saranno decine. Lotte come abbiamo visto da parte dei lavoratori della FIAC si moltiplicheranno e non possono rimanere questioni limitate a una singola fabbrica e al suo territorio. Così sarà più facile per i lavoratori “resistere un minuto di più del padrone” come hanno più volte gridato con forza le lavoratrici e i lavoratori FIAC.
Solo basandosi sulla forza della classe lavoratrice unita a sostegno di parole d’ordine all’altezza dello scontro possiamo liberarci da ogni sfruttamento. Per dare un futuro alle fabbriche che, come FIAC, chiudono o licenziano bisogna nazionalizzarle senza indennizzo e porle sotto la gestione e il controllo dei lavoratori.