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La giornata di oggi rappresenta un momento importante per tutti noi che sentiamo forte l’esigenza di rendere visibile e manifesta l’opposizione di classe a questo governo e a tutto il quadro politico che lo sostiene. Questa legislatura è stata davvero un quinquennio di infamie e non a caso termina con il Pd in forte crisi di strategia e di consenso.
Siamo tutti consapevoli degli ostacoli che oggi si frappongono allo sviluppo di un vasto movimento di opposizione al governo. Non è vero che le masse siano inerti, indolenti o peggio ancora pacificate. Esiste un enorme malcontento e una rabbia accumulata nelle classi popolari e fra i giovani in particolare. Un disprezzo diffuso colpisce i rappresentanti del potere e la classe dominante. Laddove se ne creano le condizioni si sviluppano conflitti radicali, come ci insegnano da ultimo gli operai dell’Ilva.
Tuttavia questo non si esprime oggi in un movimento di massa capace di mettere in crisi l’assetto politico dominante. Le responsabilità della sinistra politica e ancor di più dei gruppi dirigenti dei sindacati confederali sono enormi e non è necessario ricordarle oggi.
Questo quadro complesso ma tutt’altro che piatto crediamo imponga a tutti noi una riflessione sulla ormai imminente campagna elettorale.
Le prossime elezioni politiche possono caricarsi di una aspettativa di massa anche ben al di là di ciò che un’elezione realmente comporta in questo sistema. La voglia di farla pagare a Renzi e al Pd è forte, come conferma la batosta presa in Sicilia. Milioni di persone vedranno nel voto alle politiche una occasione come quella del referendum del 4 dicembre 2016 per colpire il governo e la sua maggioranza. Paradossalmente anche la difficoltà nell’esprimere un’opposizione di massa nelle piazze può convogliare ulteriori attese e speranze sul voto.
Noi crediamo che sia una responsabilità precisa della sinistra di classe fare uno sforzo coerente per rendere presente il proprio punto di vista anche su questo terreno. A sinistra in questi giorni sono in corso le usuali “grandi manovre” con appelli e contrappelli per costituire una lista unica che possa superare lo sbarramento e portare una rappresentanza in parlamento. È un meccanismo ben noto a tutti e che più che logoro andrebbe definito sputtanato se non fossimo in tempi di politically correct. Una lunga carovana di partiti, gruppi, correnti, generali più o meno senza esercito, uniti in una catena il cui primo anello è ancorato al Pd mentre l’ultimo è tra i manifestanti di questa piazza…
L’incoerenza di chi partecipa a quel percorso riguarda ovviamente chi vi partecipa, e le contraddizioni in particolare di Rifondazione comunista sono in mano in primo luogo ai suoi militanti. Il punto per noi è che questa catena deve essere spezzata, e per spezzarla bisogna che qualcuno se ne ponga il compito.
Non si tratta di un problema di “posizionamenti” o di marcare un territorio. È un problema politico di prima grandezza: tra poche settimane o mesi inizierà una campagna elettorale in cui milioni di proletari che vogliono colpire il Pd e i padroni si troveranno di fronte a queste opzioni: 1) Votare la destra cadendo nella trappola della guerra tra poveri e del razzismo. 2) Affidarsi al 5 stelle, ossia a un movimento che ha come suo tratto costitutivo precisamente la negazione non solo della lotta tra le classi, ma persino della loro esistenza. Il M5S è sempre più un partito virtuale (sono bastati 31mila voti online per eleggere Di Maio candidato premier), che sbanda a destra e a sinistra alla caccia del voto di protesta, disposto anche a inseguire la Lega e i fascisti sul terreno del razzismo, ma che non ha un programma capace di risolvere uno solo dei problemi che attanagliano la vita di milioni di persone. 3) Astenersi
Scegliendo Di Maio i 5 stelle hanno peraltro indicato il loro esponente più vicino alla borghesia e ai poteri forti, quello che per primo nel movimento si è mosso per incarnare la figura di un possibile uomo di Stato responsabile.
Il M5S può ancora prendere molti voti in queste elezioni, ma le speranze del 2013 del movimento che avrebbe dovuto “aprire come una scatoletta di tonno” le istituzioni putride di questo sistema sono ormai evaporate, come vediamo anche nell’esperienza di Roma o di Torino.
E infine si vedrà, a lato della scena, una sinistra riformista imbottita di personaggi ultrascreditati che tenteranno di ruggire come leoni mentre sono solo dei ronzini spompati.
Domandiamoci onestamente: da militanti di classe, impegnati su tanti terreni di lotta, dalle fabbriche alla scuola, dai movimenti in difesa del territorio alla lotta antirazzista: è accettabile per noi e per tutti coloro (e non sono pochi!) che capiscono questo stato di cose, non fare nulla? Non provare ad alzare una bandiera diversa?
Siamo consapevoli che non basta dire “tutti uniti, tutti insieme” per far nascere una lista. Non abbiamo mai creduto alle formule magiche che da sole possano risultare accattivanti e risolvere o eludere i nodi politici da sciogliere. Se vogliamo dire le cose come stanno, non solo la sinistra riformista ma anche quella antagonista in questi anni ha cercato più di una volta di sostituire a un programma e ai princìpi politici la “parola del momento”. Dire “difendiamo la Costituzione” può parere più facile che dire lottiamo contro questo Stato, ma è illusorio, fuorviante e alla fine anche improduttivo. Dire “riappropriamoci della sovranità monetaria” può essere apparentemente più semplice che spiegare la necessità di una lotta contro il capitalismo e le sue istituzioni nazionali e internazionali, ma non porta molto lontano.
Nessuno capirebbe una lista minestrone che tentasse di unire forze che parlano della “riforma dei trattati europei” con forze che in passato sognavano il “socialismo in un solo paese” e oggi mestamente abbracciano il cosiddetto “sovranismo di sinistra” (che non è né l’una né l’altra cosa).
Tuttavia crediamo che esista un terreno reale di convergenza e di azione in avanti. Una lista che assuma le parole d’ordine immediate di questa piazza (la lotta contro le “leggi infami” Fornero, Jobs act, buona scuola, ecc.), che lotti per la riduzione dell’orario di lavoro, il salario ai disoccupati, le nazionalizzazioni e la difesa del territorio, e che inquadri questo programma minimo nella prospettiva della lotta contro l’austerità, contro l’Unione europea del capitale, una lista con un chiaro profilo anticapitalista può far sentire la sua voce e costituire un punto di aggregazione di forze militanti importanti, capaci anche di parlare a settori più ampi.
Come movimento politico siamo impegnati, assieme al Pcl e a Sinistra anticapitalista, in questo tentativo. Facciamo appello a chi ne condivide la necessità a unire le forze, così come ci consideriamo impegnati a partecipare ad altri momenti di discussione che muovano dalla stessa esigenza.
10 novembre 2017