L’autonomia differenziata – Un colpo di piccone ai servizi pubblici
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20 Marzo 2023Esattamente 12 mesi fa, i carri armati russi attraversavano il confine con l’Ucraina. L’anniversario di quell’evento non è passato inosservato. Ha infatti occupato molte ore in televisione e altrettante colonne sulle pagine della stampa.
Sia il Presidente della Federazione Russa che quello degli Stati Uniti d’America hanno pronunciato lunghi discorsi sullo stesso argomento, anche se, a giudicare dal contenuto, avrebbero potuto anche parlare di eventi ben diversi che si svolgevano su galassie lontane tra loro.
Nel suo discorso sullo stato dell’Unione, Putin ha affermato che la guerra in Ucraina è stata causata dall’azione deliberata dell’imperialismo statunitense. Questa affermazione è stata smentita con indignazione dai media occidentali, che hanno continuato a ripetere l’idea che si trattasse della “guerra di Putin” – una guerra causata dalle tendenze megalomani – o addirittura folli – dell’uomo al Cremlino.
In risposta al presidente russo, Joe Biden a Varsavia ha assicurato a una moltitudine di fan adoranti che la NATO non è l’aggressore, dato che si tratta di un gruppo composto da amanti della democrazia dal cuore nobile, un gruppo del tutto innocente, amante della pace e che non ha mai minacciato nessuno.
“Non abbiamo nulla contro il popolo russo”, ha rassicurato i polacchi. Non rappresentiamo per loro una minaccia maggiore di un gruppo di boy scout che vengono a bussare alla tua porta offrendoti di pulire le finestre. E così via in maniera simile.
Nella misura in cui questo adorabile assortimento di boy scout pacifisti è armato fino ai denti con ogni immaginabile arma di distruzione di massa conosciuta dall’umanità, ovvio che lo sia puramente a scopo di autodifesa. Perché il mondo, come sappiamo, è pieno di cattivi che minacciano sempre di rovesciare il nostro stile di vita democratico.
Un discorso davvero commovente che sarà servito a placare i nervi scossi degli amici polacchi di Biden. Ma prima di lasciarci cullare in un sonno profondo, sottoponiamo i fatti a un esame calmo e razionale.
La guerra dell’informazione
In ogni guerra, la classe dominante deve compiere tutti i passi necessari per mobilitare l’opinione pubblica a sostegno delle sue azioni. È quindi di estrema importanza inventare un’intera serie di argomenti che servano a unire le masse dietro al carrozzone della guerra, per convincerle, con ogni sorta di bugie e raggiri, che “noi siamo la parte lesa” e che “la verità e la giustizia sono dalla nostra parte” (così come Dio, che, miracolosamente, è sempre dalla parte di ogni esercito in guerra).
A tal fine, è sempre necessario dimostrare che la guerra è stata iniziata dall’altra parte. Questo non è così difficile da fare, perché se non si verifica alcun incidente che giustifichi una tale affermazione, può sempre essere fabbricato. E la classe dominante ha nelle sue mani una vasta e potente macchina di propaganda, che viene immediatamente mobilitata a tale scopo.
In realtà, la questione di chi ha sparato per primo, chi ha invaso chi e così via, è una domanda banale, che non ci dice assolutamente nulla sulle vere cause e sui contenuti del conflitto.
Tutti questi punti si applicano all’attuale guerra dell’informazione, che nel conflitto presente differisce dai suoi predecessori solo per la vastità della sua portata e la sfacciataggine delle sue menzogne. Inutile dire che le vere ragioni per cui viene intrapresa una guerra non vengono mai menzionate.
“La guerra di Putin”
Negli ultimi 12 mesi, con noiosa monotonia, giorno dopo giorno, la nostra “stampa libera” ha ripetuto sempre lo stesso messaggio. “Questa è la guerra di Putin”. L’uomo del Cremlino è ritratto o come un tiranno sanguinario con aspirazioni a governare il mondo o come un uomo dalla mente squilibrata, in preda a deliri megalomani con cui uno psichiatra potrebbe trascorrere una felice mezz’ora di profonda conversazione. Un “folle” squilibrato, per citare il linguaggio elegante del segretario alla Difesa britannico, Ben Wallace.
Ma nessuna di queste confortanti descrizioni fa al caso suo. Lo stesso uomo è stato precedentemente descritto come un astuto intrigante e machiavellico che, dal rango di un umile operatore del KGB, è riuscito in breve tempo a elevarsi alla testa di uno degli stati più potenti del mondo.
Si può davvero credere che un uomo del genere getti al vento ogni prudenza e come un giocatore disperato scommetta tutto su di un solo lancio di dadi? Non si adatta per nulla al personaggio. Né c’è la minima prova a sostegno dell’ipotesi che Vladimir Putin sia clinicamente pazzo. Quell’etichetta sarebbe molto più ragionevolmente applicata ad alcune delle signore e dei signori che ricoprono attualmente la più alta carica nelle terre del Regno Unito di Gran Bretagna, incluso il signor Ben Wallace. Ma parleremo di questo argomento un’altra volta.
Putin vuole ritornare all’Unione Sovietica?
Si suppone anche che Putin voglia restaurare l’Impero russo, o addirittura l’URSS. Possiamo immediatamente liquidare la seconda ipotesi in quanto priva di qualsiasi fondamento. L’Unione Sovietica era quello che chiameremmo uno stato operaio burocraticamente deformato.
Nonostante la degenerazione che subì sotto Stalin, mantenne ancora molte delle conquiste più importanti della Rivoluzione d’Ottobre, vale a dire un’economia pianificata nazionalizzata.
La caduta dell’Unione Sovietica, provocata da decenni di corruzione, truffa, la cattiva gestione e gli errori burocratici di una casta privilegiata di funzionari, portarono al completo smantellamento dell’economia pianificata e alla liquidazione di tutto ciò che restava dell’ex stato operaio.
Al suo posto, quello che abbiamo ora in Russia è uno stato capitalista in cui i mezzi di produzione sono posseduti e controllati da un’oligarchia che è cento volte più corrotta e marcia di quanto lo sia mai stata la burocrazia stalinista.
Ci sono sciocchi vecchi stalinisti che vivono nel mondo dei sogni e immaginano che Putin sia in qualche modo l’uomo che ripristinerà la gloria dell’Unione Sovietica. Questa è una totale assurdità. Vladimir Putin è il figlio del regime controrivoluzionario e capitalista nato dal naufragio dell’Unione Sovietica, e si batte per la difesa degli interessi di tale regime. In questo processo è diventato favolosamente ricco.
Putin è un bonapartista reazionario borghese, le cui politiche non possono svolgere un ruolo progressista, né in politica interna né in politica estera, né in pace né in guerra. Qualsiasi confusione su questa domanda porterà a risultati sbagliati.
È vero che Putin una volta definì il crollo dell’Unione Sovietica: “la più grande catastrofe geopolitica del 20° secolo”. Ma disse anche: “Chi non si rammarica della [sua] distruzione non ha cuore, chiunque voglia vederla ritornare non ha cervello“.
Non direi che quelli che diffondono assiduamente la favola del piano segreto di Putin per restaurare l’Unione Sovietica non abbiano cervello. Certamente ne hanno abbastanza per mettere in circolazione una storia che è priva di fondamento, ma possono ancora fornire ottimi argomenti alla NATO. E, dopotutto, perché lasciare che i fatti rovinino una bella storia?
L’idea che Putin voglia restaurare il vecchio impero zarista reazionario è leggermente più credibile, ma si basa su presupposti anche più inconsistenti e stupidi. Un veloce riferimento che ha fatto a Pietro il Grande è citato come “prova” di questa teoria.
Questa stravagante teoria è stata usata per provocare un attacco di nervi, non solo negli stati baltici e in Polonia, ma anche in Finlandia e in Svezia. “L’Ucraina è stata solo un primo passo”, ha insinuato cupamente al Guardian un ex ministro svedese, “non sarei sorpreso se, tra qualche anno, l’Estonia e la Lettonia fossero le prossime della lista”.
I neutrali svedesi e finlandesi non hanno perso tempo a buttarsi tra le braccia della NATO. Non è stata davvero una sorpresa. Il cosiddetto pacifismo della borghesia nordica è sempre stato una facciata ipocrita, dietro la quale si nascondeva il più cinico interesse personale.
È vero che la Svezia è rimasta neutrale in entrambe le guerre mondiali. Ma è altrettanto vero che la Svezia ha ricavato enormi profitti dalla vendita di materiale bellico a entrambe le parti e si è ingrassata con i proventi di quel denaro insanguinato. Grattando appena sotto la superficie di un pacifista scandinavo si troverà un imperialista frustrato.
L’idea che le azioni di Vladimir Putin siano motivate da qualche grande disegno per restaurare l’impero zarista non corrisponde minimamente a tutto ciò che sappiamo dell’uomo. Si cerca di attribuirgli un livello di romanticismo storico maniacale che difficilmente si adatta a ciò che sappiamo del suo profilo psicologico.
Questo non è affatto quello di un sognatore con visioni romantiche del passato o del futuro, ma piuttosto la mentalità fredda, paziente e calcolatrice di un ambizioso burocrate professionista, un uomo che ha passato tutta la sua vita di adulto a salire pazientemente, gradino dopo gradino, la scala scivolosa che conduce verso il potere.
Il Guardian ha tratto la conclusione corretta da questa assurdità quando ha scritto:
“A prescindere dal fatto che l’esercito russo sia già in difficoltà anche solo per ottenere modesti successi in Ucraina, un attacco agli Stati baltici o alla Polonia li porterebbe in conflitto diretto con la NATO, che è l’ultima cosa che Mosca (o l’Occidente ) vuole.” (The Guardian, 22 agosto 2022)
Gli obiettivi dichiarati della Russia erano ancora piuttosto moderati: fondamentalmente impedire all’Ucraina di aderire alla NATO e neutralizzare il regime di Kiev. L’Occidente avrebbe potuto accettarlo? Certo, avrebbero potuto! Loro stessi avevano continuamente rinviato l’adesione dell’Ucraina, non solo alla NATO ma anche all’Unione europea.
Per molti anni avevano accettato un ruolo neutrale per la Finlandia. Perché l’Ucraina non potrebbe trovarsi in una posizione simile? Dal loro punto di vista, ci sarebbero molti vantaggi nel mantenere relazioni amichevoli sia con la Russia che con l’Occidente. Se non l’hanno accettato, ci devono essere state delle ragioni. E c’erano ragioni molto valide.
Un’alleanza imperialista aggressiva
La NATO non è un’organizzazione amante della pace il cui fine è unicamente la difesa dei valori democratici occidentali. È, infatti, un’alleanza imperialista aggressiva che esiste esclusivamente come copertura per le ambizioni e l’obiettivo di dominio completo del mondo del suo finanziatore, gli Stati Uniti.
Negli anni ’80, quando la crisi costrinse l’Unione Sovietica a cercare un accordo con l’imperialismo statunitense, l’allora leader sovietico Mikhail Gorbaciov accettò la riunificazione tedesca – per la quale l’Unione Sovietica aveva diritto legale di veto – solo perché ricevette assicurazioni che, dopo che avesse ritirato le sue forze, la NATO non si sarebbe espansa verso l’Europa orientale.
I leader di Stati Uniti, Gran Bretagna e Germania assicurarono risolutamente che su questo punto le legittime preoccupazioni di sicurezza della Russia sarebbero state rispettate. Il Segretario di stato di George Bush, James Baker, assicurò al suo omologo sovietico, Eduard Shevardnadze, che in un’Europa post guerra fredda, la NATO avrebbe smesso di essere aggressiva: “un’organizzazione meno militare, molto più politica, [non avrebbe quindi] bisogno di capacità indipendenti”. O così dicevano.
Baker aveva inoltre promesso a Shevardnadze “garanzie inoppugnabili che la giurisdizione o le forze della NATO non si sposterebbero verso est”. Lo stesso giorno a Mosca, come noto, disse al Segretario generale sovietico che l’alleanza non si sarebbe spostata “verso est neppure di un centimetro”.
Mentiva. Le promesse di non espandere la NATO sono durate solo fino al 1999, quando Polonia, Repubblica Ceca e Ungheria sono state invitate a entrare nell’alleanza. Da allora, sono diventati membri della NATO 13 stati dell’Europa orientale in totale.
E questo amante della pace, sostenitore della democrazia e dei diritti sovrani degli Stati nazionali, ha perseguito i suoi obiettivi aggressivi con il massimo vigore e brutalità. L’imperialismo statunitense possiede la macchina militare più potente al mondo. Ha usato questa forza per invadere e schiacciare tutti gli stati che non poteva controllare.
Dopo il crollo dell’URSS, gli americani hanno approfittato del caos degli anni di Eltsin per affermare il loro dominio su scala mondiale. Sono intervenuti in aree precedentemente dominate dalla Russia, cosa che non avrebbero mai osato fare in epoca sovietica.
In primo luogo, sono intervenuti nei Balcani, accelerando deliberatamente la disgregazione dell’ex Jugoslavia. Hanno bombardato la Serbia e interferito nei suoi affari interni per insediare un governo filo-occidentale. A questo, sono seguite le invasioni criminali dell’Iraq e dell’Afghanistan e un fallimentare intervento nella guerra civile siriana, che li ha portati in collisione con la Russia.
Per tutto il tempo, hanno continuato ad espandere la loro stretta sull’Europa orientale, con la NATO che ha incluso ex satelliti sovietici come la Polonia e gli Stati baltici. Questo per quanto riguarda le promesse ripetutamente fatte dall’Occidente che la NATO non si sarebbe allargata “di un centimetro” verso est.
Ciò ha portato un’alleanza militare ostile alle frontiere stesse della Federazione Russa. L’imperialismo statunitense utilizza molti metodi diversi per perseguire il suo scopo di dominare il mondo.
L’argomento della sovranità nazionale, che oggi è così spesso utilizzato per bollare la Russia come aggressore nel caso dell’Ucraina, è stato opportunamente ignorato nei casi di Serbia, Afghanistan e Iraq.
Questi avrebbero dovuto essere stati sovrani indipendenti. Ma non ha fatto alcuna differenza per l’imperialismo statunitense, che ha violato spudoratamente la loro sovranità e li ha bombardati e schiacciati senza pietà.
Russia e Stati Uniti
La Russia è più di una semplice potenza imperialista regionale. Possiede enormi riserve di petrolio, gas e altre materie prime, ha una forte base industriale e un grande complesso militare-industriale, insieme a un potente esercito e all’arsenale nucleare. Tutto questo si combina per darle una portata globale che la mette in collisione con l’imperialismo statunitense.
Washington vede la Russia come una minaccia ai suoi interessi globali, specialmente in Europa. Il vecchio odio e il sospetto nei confronti dell’Unione Sovietica non sono scomparsi con il crollo dell’URSS. Joe Biden è un ottimo esempio della generazione di russofobi rimasta dagli anni della Guerra Fredda.
Washington ha una grande varietà di armi nel suo arsenale controrivoluzionario. Usa la sua enorme ricchezza per immischiarsi negli affari interni di altri paesi, finanziando e sostenendo palesemente i partiti di opposizione, truccando le elezioni e rovesciando qualsiasi governo che non sia di loro gradimento.
Le cosiddette “rivoluzioni colorate” dal 2003 in poi, hanno portato a ciò che è noto come cambio di regime negli stati dell’ex blocco sovietico, circondando così la Russia con un numero crescente di stati guidati da governi dominati da Washington e ostili alla Russia.
Ma nel tentativo di trascinare la Georgia nell’orbita della NATO, hanno superato una linea rossa. La Russia si è sentita umiliata e minacciata e ha usato la forza militare per rimettere in riga i georgiani. La sconfitta militare inflitta alla cricca reazionaria a Tbilisi aveva lo scopo di mostrare agli americani che la Russia stava mostrando i muscoli e respingendo l’imperialismo USA e la NATO.
Quello era un avvertimento per l’America. Ma gli Stati Uniti hanno continuato la politica aggressiva a prescindere. E le cose hanno raggiunto il punto critico quando hanno tentato di trascinare l’Ucraina nell’orbita occidentale.
“La più netta di tutte le linee rosse”
I politici occidentali respingono le obiezioni dei russi come paranoiche. Descrivono la NATO come un’alleanza puramente “difensiva”.
Sostengono che la decisione della Russia di entrare in guerra sia stata un atto di “aggressione non provocata”. Non è una cosa vera. Il posizionamento di un membro della NATO alle porte della Russia è stato un atto molto chiaro di aggressione non provocata e una provocazione del tipo più spudorato e sfacciato. Mosca non potrebbe mai accettarlo. Questo fatto era ben noto agli americani, che erano stati avvertiti con largo anticipo su come avrebbe reagito la Russia.
Quando al vertice NATO del 2008 fu sollevata la possibilità che l’Ucraina entrasse a far parte dell’alleanza come membro a titolo pieno, Bill Burns (ora capo della CIA, che allora era l’ambasciatore statunitense a Mosca) scrisse in un cablogramma segreto alla Casa Bianca: “L’ingresso dell’Ucraina nella NATO è la più netta di tutte le linee rosse per l’élite russa (non solo per Putin).”
E ha aggiunto: “Nei miei più di due anni e mezzo di conversazioni con i principali esponenti russi, dai tirapiedi negli oscuri recessi del Cremlino ai più acuti critici liberali di Putin, non ho ancora trovato nessuno che veda l’Ucraina nella NATO come qualcosa di diverso da una sfida diretta agli interessi della Russia… La Russia di oggi risponderà”.
Gli americani hanno messo Putin all’angolo e lo hanno costretto a reagire. Putin ha risposto. Nel 2014 ha annesso la Crimea. Ciò è avvenuto praticamente senza resistenza. Questo perché aveva il sostegno della stragrande maggioranza della popolazione della Crimea, che si identifica come russa. Questo fatto non è mai menzionato nella “stampa libera” occidentale.
Le feroci politiche anti-russe perseguite dalla cricca nazionalista reazionaria a Kiev hanno anche provocato una rivolta separatista nel Donbass. Successivamente, la Russia è intervenuta quando i ribelli hanno affrontato un feroce assalto da parte delle forze ucraine. In realtà è stato quello l’inizio di una guerra che, da allora è continuata con maggiore o minore intensità.
La farsa di Minsk
La guerra nel Donbass, iniziata nel 2014, è stata quasi completamente ignorata dai media occidentali. Ma da allora la popolazione di lingua russa di quella regione è stata sottoposta a uno spietato bombardamento da parte della divisione Azov, apertamente fascista.
Al 31 dicembre 2021, si stima che nel Donbass ci siano stati oltre 14.000 morti, compresi i militari morti non in combattimento. La maggior parte dei decessi è avvenuta nei primi due anni di guerra tra il 2014 e il 2015, quando si sono svolti importanti combattimenti prima degli accordi di Minsk. Tutto questo ha incontrato un muro del silenzio in occidente.
Gli accordi di Minsk avrebbero dovuto gestire la crisi ucraina ed evitare l’escalation del conflitto.. Ma quella era un’altra bugia. Come ha sottolineato il New York Post, Putin si è sentito tradito dall’Occidente e ha protestato: “Si è scoperto che nessuno avrebbe applicato gli accordi”. Ed è stato veramente così.
L’Occidente non aveva la minima intenzione di portare avanti le decisioni. L’ex cancelliere tedesco Angela Merkel ha ammesso che l’accordo di Minsk era solo un trucco cinico. “L’accordo di Minsk del 2014 è stato un tentativo per dare tempo all’Ucraina”, ha detto al settimanale Die Zeit. “Questo tempo l’ha usato per diventare più forte, come si può vedere oggi.”
Eppure, questi stessi gentiluomini accusano la Russia di essere il principale ostacolo alla pace e alla stabilità in Ucraina.
L’argomento della “difesa della democrazia”
Il presidente Biden ha affermato che la sua visita a Kiev “riaffermerà il nostro impegno incrollabile e instancabile per la democrazia, la sovranità e l’integrità territoriale dell’Ucraina”. Così abbiamo tre sfacciate bugie in una sola frase, il che non è un cattivo risultato, anche per gli impressionanti standard di un presidente americano.
L’argomento secondo cui l’Occidente stia “difendendo la democrazia” in Ucraina è altrettanto falso e ipocrita. L’Unione europea ha a lungo rifiutato l’ingresso dell’Ucraina sulla base del fatto che soffre di quello che chiamano un “deficit democratico”.
Il Guardian ha riportato che: “Le attrattive dell’Ucraina come modello sono limitate. È profondamente corrotta, lo stato di diritto è inesistente e i suoi oligarchi miliardari esercitano un potere sproporzionato”.
I partiti di opposizione vengono regolarmente messi al bando e perseguitati. La stampa è imbavagliata da una rigida censura. Organizzazioni di estrema destra e apertamente fasciste sono state incorporate nell’apparato statale e nelle forze armate.
Al Partito Comunista era già stato impedito di candidarsi alle elezioni e i simboli comunisti erano stati vietati dopo il colpo di stato di EuroMaidan del 2014. Nel frattempo, è stata resa illegale ogni critica alle organizzazioni nazionaliste ucraine che collaborarono con i nazisti durante la seconda guerra mondiale e realizzarono la pulizia etnica di ebrei e polacchi, in quanto considerate “combattenti per la libertà”.
Con l’inizio della guerra, un anno fa, sono stati resi illegali anche tutta una serie di altri partiti. I giornali e le televisioni sono stati chiusi. La censura e le misure antidemocratiche colpiscono non solo quelli che si oppongono al marchio ufficiale del nazionalismo reazionario ucraino, ma anche i nazionalisti borghesi oppositori di Zelenskij.
In realtà, questioni come la democrazia, i diritti umani e la sovranità nazionale non interessano minimamente agli imperialisti americani, se non come argomenti di propaganda a buon mercato. Sono sempre stati pronti a sostenere i regimi più sanguinari e repressivi, dalla micidiale dittatura di Pinochet in Cile al regime sanguinario dell’Arabia Saudita.
Il motivo per cui sono interessati a prolungare la guerra, indipendentemente da tutte le sofferenze umane, non ha nulla a che fare con la difesa della democrazia o di qualsiasi altra altisonante causa morale. Corrisponde all’obiettivo cinico di indebolire la Russia, e quindi serve ai loro interessi come potenza mondiale dominante.
“Politica con altri mezzi”
Clausewitz disse che la guerra è solo la continuazione della politica con altri mezzi. Per avere un’idea chiara delle questioni in gioco e di come potrebbe andare a finire, è necessario concentrare la nostra attenzione sui processi fondamentali, e non lasciarsi distrarre dalla rumorosa guerra dell’informazione o dalle inevitabili vicissitudini sul campo di battaglia.
Il punto fondamentale è che si tratta di una guerra per procura tra la Russia e l’imperialismo USA. La Russia non sta combattendo un esercito ucraino ma un esercito della NATO, vale a dire l’esercito di uno Stato che non è formalmente membro di tale alleanza, ma che è finanziato, armato, addestrato ed equipaggiato dalla NATO, che le fornisce anche supporto logistico e informazioni vitali.
La guerra attuale finirà solo quando i fini politici dei protagonisti principali saranno soddisfatti o quando una o entrambe le parti saranno esauste e perderanno la volontà di continuare a combattere. Quali sono questi obiettivi? Gli obiettivi di guerra di Zelenskij non sono un segreto. Si accontenterà, dice, nientemeno che della completa espulsione dell’esercito russo da tutte le terre ucraine, inclusa la Crimea.
Questo punto di vista è stato sostenuto con entusiasmo dai falchi della coalizione occidentale: i polacchi, gli svedesi e i leader degli Stati baltici – che hanno in testa i propri interessi – e, naturalmente, gli sciovinisti e i guerrafondai dalla testa di legno di Londra, che immaginano che la Gran Bretagna, pur nel suo attuale stato di bancarotta economica, politica e morale, sia ancora una grande potenza mondiale.
Questi gentiluomini hanno spinto gli ucraini a continuare a combattere fino alla “vittoria finale”. Il loro desiderio più ardente è vedere l’esercito ucraino scacciare i russi, non solo dal Donbass ma anche dalla Crimea, provocando (sperano) il rovesciamento di Putin e la totale sconfitta e il completo smembramento della Federazione Russa (anche se non ne parlano spesso in pubblico).
Fanno molto rumore, ma nessuna persona seria presta la minima attenzione alle buffonate dei politici di Londra, Varsavia e Vilnius. In quanto leader di stati di second’ordine che non hanno alcun peso reale sulla bilancia della politica internazionale, rimangono attori di secondo piano che non possono svolgere altro che un piccolo ruolo secondario in questo grande dramma.
Sono gli USA che pagano i conti e dettano tutto ciò che accade. E almeno gli strateghi più sobri dell’imperialismo statunitense sanno che tutto questo delirio è solo un mucchio di aria fritta. In determinate condizioni, gli stati imperialisti minori possono svolgere un certo ruolo nell’evoluzione degli eventi, ma in ultima analisi è Washington che decide. Tuttavia le sue politiche hanno incontrato seri problemi.
Le sanzioni hanno fallito
Una volta Mark Twain fece il noto commento: “I resoconti della mia morte sono molto esagerati”. Lo stesso vale per i numerosi rapporti della “stampa libera” occidentale sul presunto collasso dell’economia russa.
Le sanzioni imposte alla Russia dopo l’invasione dell’Ucraina sono state un fallimento impressionante. Infatti, il valore delle esportazioni russe è effettivamente cresciuto dall’inizio della guerra. Sebbene il volume delle sue importazioni sia crollato a causa delle sanzioni, un certo numero di paesi (Cina, India, Turchia, ma anche alcuni che fanno parte dell’Unione europea, come Belgio, Spagna e Paesi Bassi) hanno aumentato il loro commercio con la Russia.
Inoltre, gli alti prezzi del petrolio e del gas hanno compensato le mancate entrate che la Russia ha perso a causa delle sanzioni. India e Cina hanno acquistato molto più greggio, anche se a un prezzo scontato. Pertanto, il mancato guadagno derivante dalle sanzioni è stato compensato dall’aumento del prezzo del petrolio e del gas sui mercati mondiali.
Vladimir Putin continua a finanziare i suoi eserciti con i proventi da questi settori, mentre l’Occidente si trova di fronte alla prospettiva dell’instabilità energetica nei prossimi anni, con bollette in aumento e crescente rabbia fra l’opinione pubblica.
Appoggiare l’indebolimento
La domanda è: quale parte si stancherà per prima della guerra? È chiaro che il tempo non è dalla parte dell’Ucraina, né dal punto di vista militare né da quello politico. E in ultima analisi, quest’ultimo fattore peserà maggiormente sulla bilancia.
L’Europa è stata colpita da una grave carenza di gas ed elettricità, che sta indebolendo il sostegno pubblico alla guerra in Ucraina. Il clima più caldo del solito ha dato un po’ di respiro, seppur temporaneo e parziale, ma con il perdurare delle sanzioni, i problemi aumenteranno.
Anche il sostegno americano non può essere dato per scontato. In pubblico, la classe dominante americana sostiene l’idea del suo sostegno incrollabile all’Ucraina, ma in privato non è affatto convinta del risultato.
Nessuna delle due parti è in vena di negoziare qualcosa di significativo al momento. Ma questo cambierà. La demagogia di Zelenskij, che ripete costantemente che l’Ucraina non rinuncerà mai a un centimetro di territorio, è chiaramente progettata per fare pressione sulla NATO e sull’imperialismo USA, insistendo sul fatto che gli ucraini combatteranno fino alla fine, sempre a condizione che l’Occidente continui a inviare ingenti somme di denaro e armi.
Sì, Biden vorrebbe prolungare l’attuale conflitto per indebolire e minare la Russia. Ma non a qualsiasi prezzo, e certamente non se ciò comporta uno scontro militare diretto con la Russia. Nel frattempo, un sondaggio dopo l’altro mostra che il sostegno alla guerra in Ucraina da parte dell’opinione pubblica occidentale sta lentamente diminuendo.
Logoramento ucraino
Nel primo mese di guerra, gli ucraini erano disposti a negoziare con la Russia. Da allora, Zelenskij ha completamente rifiutato l’idea dei negoziati. Ha ripetutamente affermato che l’Ucraina è disposta ad avviare negoziati con la Russia solo se le sue truppe si ritirano da ogni zona dell’Ucraina, compresa la Crimea e le aree orientali del Donbass, de facto controllate dalla Russia dal 2014, e se verranno processati tutti quei russi che hanno commesso crimini in Ucraina.
Zelenskij ha anche chiarito che non terrà negoziati con l’attuale leadership russa. Ha persino firmato un decreto in cui si specifica che l’Ucraina negozierà solo con un presidente russo che succeda a Putin.
Queste dichiarazioni provocatorie hanno causato molta irritazione a Washington. Il Washington Post ha rivelato che funzionari statunitensi hanno avvertito in privato il governo ucraino che il “logoramento verso l’Ucraina” tra gli alleati potrebbe peggiorare se Kiev continua a non negoziare con Putin.
Questi funzionari hanno spiegato che la posizione dell’Ucraina sui negoziati si sta logorando tra le fila degli alleati che sono preoccupati per gli effetti economici di una guerra prolungata.
Nei suoi discorsi a Kiev e Varsavia, Biden ha ribadito il noto mantra secondo cui gli Stati Uniti sosterranno l’Ucraina “per tutto il tempo necessario”. Tuttavia, gli alleati in alcune parti d’Europa, per non parlare dell’Africa e dell’America Latina, sono sempre più allarmati dalla tensione che la guerra sta mettendo sui prezzi dell’energia e dei prodotti alimentari, nonché sulle catene di approvvigionamento. “il logoramento nei confronti dell’Ucraina è una cosa reale per alcuni dei nostri partner”, ha detto un funzionario statunitense.
Naturalmente, gli americani non possono ammettere pubblicamente di aver fatto pressioni su Zelenskij. Al contrario, mantengono un’apparenza di ferma solidarietà con Kiev. Ma in realtà sotto la superficie stanno comparendo gravi crepe.
Per la leadership ucraina, l’accettazione dei negoziati significherebbe un’umiliante ritirata dopo tanti mesi di retorica bellicosa sulla necessità di una vittoria militare decisiva sulla Russia per garantire la sicurezza dell’Ucraina a lungo termine.
Una serie di successi sul campo di battaglia nel 2022, prima nella regione nord-orientale di Kharkiv e poi con la presa di Kherson, ha incoraggiato Zelenskij a credere nella possibilità di una “vittoria finale”. Ma gli americani hanno una migliore comprensione della realtà e sanno molto bene che il tempo non è necessariamente dalla parte dell’Ucraina.
Putin rischia di venire rovesciato?
La macchina della propaganda occidentale ripete costantemente l’argomentazione secondo cui Putin sarà presto rovesciato dal popolo russo che è stanco della guerra. Ma questa è solo una pia illusione. Si basa su un malinteso fondamentale. Al momento, Putin ha ancora una base di appoggio piuttosto ampia. Non corre alcun pericolo immediato di venire rovesciato.
Al momento non esiste in Russia un movimento significativo contro la guerra e quello che c’è viene guidato e diretto dagli elementi borghesi-liberali. Questa è precisamente la sua principale debolezza. I lavoratori danno uno sguardo alle credenziali filo-occidentali di questi elementi e imprecando si girano dall’altra parte.
Nonostante non ci sia molto entusiasmo, la guerra ha l’appoggio generale della maggioranza dei russi, soprattutto dei lavoratori. L’imposizione di sanzioni e il flusso costante di propaganda anti-russa in Occidente, e il fatto che la NATO e gli americani forniscano armi moderne all’Ucraina, confermano il sospetto che la Russia sia assediata dai suoi nemici.
L’unica pressione su Putin viene, non da un qualche movimento pacifista, ma al contrario, dai nazionalisti russi e da altri che vogliono che la guerra sia condotta con maggiore forza e determinazione. Tuttavia, se la guerra si trascina per un certo periodo di tempo senza prove significative di un successo militare da parte russa, le cose possono cambiare.
Un sintomo significativo sono le proteste delle madri dei soldati uccisi in Ucraina. Queste proteste sono ancora di piccole dimensioni e concentrate principalmente nelle Repubbliche orientali come il Daghestan, dove gli alti livelli di disoccupazione hanno fatto sì che un gran numero di giovani si sia arruolato volontario nell’esercito. Se l’attuale conflitto si protrarrà, le proteste potrebbero moltiplicarsi su scala molto più grande, rappresentando una minaccia non solo per il proseguimento della guerra, ma anche per il regime stesso.
Se il numero dei morti aumenta, potremmo assistere alle proteste delle madri di Mosca e Pietroburgo, che Putin non potrebbe ignorare e reprimere. Ciò segnerebbe indubbiamente un cambiamento nell’intera situazione. Ma ciò non si è ancora concretizzato.
Gli obiettivi di guerra della Russia
L’obiettivo dichiarato della Russia era quello di impedire all’Ucraina di aderire alla NATO e di “smilitarizzare e denazificare” il paese. Inoltre, all’inizio Putin voleva un governo neutrale o filo-russo a Kiev.
Putin ha chiaramente sbagliato i calcoli iniziali e i russi non avevano forze sufficienti per raggiungere questi obiettivi. Anche il compito di mantenere le conquiste nel Donbass si è rivelato difficile, un fatto chiaramente dimostrato dall’offensiva ucraina all’inizio del settembre dello scorso anno.
Ma i fallimenti al fronte hanno agito da stimolo necessario a un riassestamento. I russi hanno preso provvedimenti per mobilitare le forze per fare ciò che serve. La Russia sta conducendo una mobilitazione di massa. L’invio al fronte di circa 300.000 nuovi soldati russi cambierà radicalmente l’equilibrio delle forze.
L’argomentazione spesso ripetuta secondo cui i russi sono a corto di munizioni è completamente falsa. La Russia ha una grande e potente industria bellica. Dispongono di scorte considerevoli di armi e munizioni.
Non è la Russia, ma sono gli ucraini e i loro sostenitori imperialisti che stanno finendo le munizioni. Solo nell’ultimo anno gli Stati Uniti e i loro alleati hanno inviato alle forze armate ucraine quasi 50 miliardi di dollari in aiuti e attrezzature. Ma gli ucraini stanno consumando le loro scorte molto più velocemente di quanto possano essere sostituite.
Il segretario della NATO, Jens Stoltenberg ha dovuto ammettere nell’ultimo incontro dell’organizzazione che sia l’Ucraina che la NATO rischiano di rimanere senza munizioni e pezzi di ricambio per armi pesanti. Ha detto che gli alleati occidentali dovevano rifornire i propri arsenali assicurandosi che Kiev ricevesse le armi di cui aveva bisogno “per vincere questa guerra”:
“Non vediamo alcun segno che il presidente Putin si stia preparando per la pace” ha detto Stoltenberg. “Quello che vediamo è il contrario, si sta preparando per ancora più guerra, per nuove offensive e nuovi attacchi.
“Questa è diventata una dura guerra di logoramento e quindi è anche una battaglia logistica.
“C’è un impegno enorme da parte degli alleati per essere effettivamente in grado di ottenere le munizioni, il carburante, i pezzi di ricambio, che sono necessari”.
Queste ammissioni capovolgono tutta la stupida propaganda che si è ripetuta per molti mesi.
Intanto i russi continuano a polverizzare obiettivi in tutta l’Ucraina con artiglieria, razzi, droni e missili, a distruggere i centri di comando militari, gli snodi di trasporto e le infrastrutture, il che ostacolerà seriamente il movimento di truppe e armi verso il fronte.
Relazioni mondiali
La guerra in Ucraina non può essere vista come un fatto isolato. L’ordine mondiale (o più precisamente, il disordine mondiale) che è esistito negli ultimi 30 anni dopo il crollo dell’URSS, sta volgendo al termine.
L’imperialismo statunitense sta tentando di affermare il suo ruolo di potenza mondiale dominante. Ma sta incontrando delle resistenze. La Russia sta mettendo in discussione la strategia di sicurezza che gli Stati Uniti conducono in Europa, mentre la Cina sta facendo lo stesso in Asia.
La Cina, inoltre, si è molto avvicinata alla Russia, poiché entrambe sono in competizione con l’imperialismo statunitense. La Cina ha recentemente messo in guardia i paesi occidentali dal “gettare benzina sul fuoco” in Ucraina e ha ribadito la richiesta di colloqui di pace in vista di una visita prevista a Mosca del più alto diplomatico di Pechino, Wang Yi.
Queste osservazioni sono state interpretate a Washington come la minaccia che la Cina potesse fornire armi alla Russia. Gli Stati Uniti hanno lanciato un avvertimento rabbioso a Pechino che ciò avrebbe avuto gravi conseguenze. Ciò a sua volta ha incontrato una risposta ancora più rabbiosa da parte di Pechino. Perché l’America e i suoi alleati dovrebbero avere mano libera nell’inviare massicci rifornimenti di armi all’Ucraina e allo stesso tempo proibire alla Cina di inviare armi alla Russia?
Un’ottima domanda, alla quale stiamo ancora aspettando un’ottima risposta.
È iniziata una transizione geopolitica, simile agli spostamenti delle placche tettoniche sulla superficie terrestre. E come questi, produrrà terremoti.
Dalle ceneri del vecchio ordine, alla fine emergerà un nuovo equilibrio di potere. Ma questo richiederà tempo per definirsi e non sarà realizzato facilmente o pacificamente. È iniziato un nuovo periodo di turbolenze e sconvolgimenti.
Sebbene una guerra mondiale sia da escludersi nelle condizioni attuali, ci saranno molte “piccole” guerre e guerre per procura come quella in Ucraina. Ciò si aggiungerà alla volatilità generale e getterà benzina sul fuoco del disordine mondiale.
Stati Uniti ed Europa
In Europa, gli Stati Uniti stanno usando il conflitto in Ucraina per perseguire il loro obiettivo di costringere gli europei a tagliare i loro legami con la Russia, e rafforzare così la morsa dell’imperialismo statunitense sull’intero continente.
Prima di questo, la classe dominante tedesca stava, in effetti, usando i suoi legami con la Russia come leva per assicurarsi almeno una parziale indipendenza nei confronti degli Stati Uniti.
L’altra leva principale era il suo dominio de facto sull’Unione Europea, che sperava di costruire come un blocco di potere alternativo, capace di perseguire i propri scopi e e propri interessi sulla scena globale.
Sotto l’apparenza di “unità occidentale”, ci sono crescenti tensioni tra Stati Uniti ed Europa, che in realtà sono state esacerbate da questa guerra. Queste tensioni sono riemerse nel recente disegno di legge protezionista statunitense sulle infrastrutture, che esercita un’ulteriore pressione sulla produzione industriale nell’Unione europea.
Le tensioni degli Stati Uniti con l’Europa non sono nuove. Sono emerse durante la guerra in Iraq e, più recentemente, nei rapporti con l’Iran. I leader di Francia e Germania sono sempre stati sospettosi delle strette relazioni dell’America con la Gran Bretagna, che giustamente consideravano un cavallo di Troia americano all’interno del campo europeo.
I francesi, che non hanno mai nascosto le proprie ambizioni di dominare l’Europa, erano tradizionalmente più espliciti nella loro retorica antiamericana. I tedeschi, che sono i veri padroni dell’Europa, sono stati più cauti, preferendo la realtà del potere alle vuote sbruffonerie.
Gli americani non si sono fatti ingannare. Hanno visto la Germania, non la Francia, come il loro principale rivale, e Trump in particolare non ha nascosto la sua estrema sfiducia e antipatia per Berlino.
Per garantire la loro indipendenza da Washington, i capitalisti tedeschi sono entrati in stretti rapporti con Mosca. Ciò ha fatto infuriare i loro “alleati” dall’altra parte dell’Atlantico, ma ha dato loro notevoli vantaggi sotto forma di forniture economiche e abbondanti di petrolio e gas.
Essere privati di queste forniture è un prezzo molto alto da pagare per far felici gli americani. Durante i governi di Angela Merkel, la Germania ha conservato gelosamente il suo ruolo indipendente. Ci voleva una guerra in Ucraina per mettere in riga la Germania, almeno momentaneamente.
Per ora, gli Stati Uniti sono riusciti a sfruttare la guerra per stringere la presa sull’Europa. Ma non è affatto chiaro quanto durerà la pazienza dei tedeschi e degli altri europei. Le contraddizioni generate da questa situazione diventeranno chiare solo quando l’affare Ucraina sarà sistemato.
Quale vittoria?
Soprattutto nella guerra attuale è un errore parlare di vittoria russa o ucraina. È necessario innanzitutto definire cosa significa vittoria.
Da parte ucraina, la risposta è semplice: provocare la sconfitta militare della Russia e imporre il ritiro delle forze russe da tutti i territori occupati, inclusa la Crimea. Ma sebbene possa sembrare semplice, la maggior parte degli esperti militari concorda sul fatto che si tratta di un obiettivo altamente improbabile.
Per la Russia le cose sono ancora più semplici. In teoria, Putin potrebbe rivendicare la vittoria se la Russia riuscisse a prendere il controllo di tutto il Donbass e del collegamento via terra alla Crimea. Ma sicuramente vorrebbe di più, ad esempio, prendere Odessa e la costa del Mar Nero.
Ciò strangolerebbe economicamente l’Ucraina e la ridurrebbe in uno stato di vassallaggio. Sarebbe un duro colpo per la NATO e metterebbe alla luce i limiti del potere statunitense. Naturalmente, gli americani faranno tutto ciò che è in loro potere per impedirlo. Ma è tutt’altro che certo che possano avere successo.
Biden ha appena annunciato più aiuti per l’Ucraina. Ma non basterà a ribaltare le sorti della guerra, che ora sono girate in direzione russa. Ciò che Washington vuole è continuare a fornire armi sufficienti per far continuare il conflitto in Ucraina, e quindi indebolire la Russia.
Tuttavia, nonostante la spavalderia pubblica, gli strateghi militari seri hanno capito che è impossibile per l’Ucraina sconfiggere la Russia. Il generale è il capo di Stato maggiore congiunto, il più alto ufficiale militare in grado degli Stati Uniti. Le sue opinioni devono quindi essere prese molto sul serio quando dice:
“Quindi, in termini di probabilità, la vittoria militare ucraina intesa come la cacciata dei russi fuori da tutta l’Ucraina, per includere ciò che definiscono o ciò che affermano essere la Crimea, è da un punto di vista militare, bassa”.
Gli imperialisti continuano con il loro macabro gioco. Stanno alimentando i fuochi della guerra, quanto basta per mantenerli accesi, ma senza fornire agli ucraini i mezzi necessari per vincere.
Il fatto che questo scenario significhi inevitabilmente la distruzione, la miseria, la morte e la sofferenza più spaventose per un numero innumerevole di persone è per loro completamente indifferente. Ma ci sono limiti a tutto.
A differenza degli ipocriti imperialisti, la classe operaia occidentale prova sincera simpatia per le terribili sofferenze di milioni di poveri in Ucraina. Donano denaro, vestiti e cibo, che non possono permettersi, per aiutare le vittime della guerra. Aprono senza problemi le loro case e condividono tutto ciò che hanno con i rifugiati senzatetto. E questo va a loro merito.
Ma una cosa è esprimere solidarietà alle vittime della guerra. Mentre è tutt’altra cosa sostenere, direttamente o indirettamente, la politica cinica dell’imperialismo, che sta sfruttando la miseria di milioni di uomini, donne e bambini per prolungare deliberatamente il conflitto per i propri interessi egoistici.
Guerra nucleare?
L’unico elemento veramente nuovo nel recente discorso di Putin è stato il suo annuncio della sospensione della partecipazione della Russia ai colloqui sul trattato per il controllo degli armamenti nucleari. Ha inoltre annunciato che erano stati resi operativi nuovi sistemi strategici e ha minacciato di riprendere i test nucleari se gli Stati Uniti avessero iniziato per primi.
L’insinuazione di Putin che avrebbe potuto prendere in considerazione l’uso di armi nucleari era quasi certamente un bluff, ma le sue parole hanno immediatamente fatto suonare campanelli d’allarme a Washington e Bruxelles. Il volto di Stoltenberg, il norvegese dalla faccia dura che ama definirsi segretario generale della Nato, per una volta ha tradito qualche vago segno di emozione per le dichiarazioni di Putin.
Qualunque siano le intenzioni degli americani, una vera guerra con la Russia non figura tra queste. Uno scontro diretto tra NATO e Russia, con tutte le sue implicazioni nucleari, sarà evitato da entrambe le parti a tutti i costi.
Gli americani non hanno intenzione di lasciare che le cose vadano così oltre. Proprio per questo gli americani hanno diversi canali aperti con la Russia, per scongiurare ogni possibilità di eventi incontrollati che possano portare a sviluppi indesiderati.
Tutto ciò darà ulteriore peso agli sforzi di uomini come Mark Milley, il capo dello Stato maggiore congiunto, per fare pressione su Zelenskij affinché inizi i colloqui con la Russia. Ma questo è il bacio della morte dal punto di vista ucraino.
“Quando c’è un’opportunità di negoziare, quando la pace può essere raggiunta, va colta”, ha detto Milley. “Cogli l’attimo.”
Ma se i negoziati non dovessero mai concretizzarsi o fallire, Milley afferma che gli Stati Uniti continuerebbero ad armare l’Ucraina, anche se una vittoria militare definitiva da entrambe le parti sembra sempre più improbabile.
“Deve esserci un riconoscimento reciproco sul fatto che la vittoria militare è, in senso letterale, probabilmente non ottenibile con mezzi militari e quindi è necessario cercare altri mezzi” ha detto. Questo è un chiaro avvertimento a Zelenskij che il continuo sostegno dell’imperialismo statunitense non può essere dato per scontato. Questo, non le dichiarazioni retoriche di Joe Biden a Kiev e Varsavia, è ciò che alla fine determinerà il destino dell’Ucraina.
Ci sono, infatti, limiti definiti alla volontà degli Stati Uniti di continuare a pagare il conto di una guerra costosa senza un termine chiaro in vista. Washington è sempre stata riluttante a fornire a Kiev il tipo di armi avanzate che questa richiedeva.
Lo scopo è di inviare un segnale a Mosca riguardo al fatto che gli Stati Uniti non sono disposti a fornire armi che potrebbero intensificare il conflitto, creando il potenziale per uno scontro militare diretto tra Russia e NATO.
Ciò sottolinea i pericoli impliciti se si lascia che la guerra continui. Ci sono troppi elementi incontrollabili in gioco, che potrebbero dar vita a una sorta di spirale discendente che potrebbe portare a una vera e propria guerra tra NATO e Russia.
Il pericolo di tali sviluppi è stato sottolineato nel novembre scorso, quando il mondo è rimasto scioccato nell’udire la dichiarazione del presidente polacco secondo cui il suo paese era stato colpito da missili di fabbricazione russa, con i media occidentali che affermavano che dietro c’era la Russia.
Quella falsità è stata presto smascherata quando lo stesso Pentagono ha rivelato che il missile che ha colpito un deposito di grano in una fattoria polacca nel villaggio di Przewodow, vicino al confine con l’Ucraina, era stato sparato dall’esercito ucraino.
La NATO e i polacchi si sono affrettati a spiegare che è stato tutto “un deplorevole incidente”. Ma nonostante il missile fosse un missile antiaereo S-300 con una portata molto limitata, che difficilmente avrebbe potuto essere lanciato dalla Russia, Zelenskij mentì palesemente e insistette che si trattava di un attacco deliberato dalla Russia.
Sperava che gli avrebbe dato una potente leva per chiedere più armi e denaro. E nella migliore delle ipotesi (dal suo punto di vista) avrebbe spinto la NATO a portare avanti ritorsioni contro la Russia, con conseguenze importanti.
Se quell’incidente fosse servito a spingere la NATO all’azione contro la Russia, avrebbe potuto innescare una catena inarrestabile di eventi che potevano portare a una guerra totale. Non c’è alcun dubbio che a Zelenskij andrebbe molto bene vedere la NATO entrare in guerra e togliergli così le castagne dal fuoco.
Una conflagrazione generale a livello europeo sarebbe stata un incubo per milioni di persone. Ma per Zelenskij e la sua cricca sarebbe stata la risposta a tutte le loro preghiere. Sarebbe naturalmente impossibile per gli americani stare placidamente in disparte.
Gli americani dovrebbero mandare truppe sul campo. Ottime notizie dal punto di vista del regime di Kiev, ma niente affatto per la Casa Bianca e il Pentagono. Ma non dovrebbe essere quello il copione!
La prospettiva di una nuova offensiva russa riempie di allarme gli uomini a Kiev. Questo spiega la recente intensificazione dell’azione diplomatica di Zelenskij: i viaggi improvvisi a Londra e Washington e le apparizioni melodrammatiche di Biden a Kiev e Varsavia.
Zelenskij è un uomo disperato. E gli uomini disperati fanno cose disperate. Ci sono chiaramente elementi nell’esercito e nei servizi segreti ucraini che stanno cercando qualsiasi scusa per inscenare una provocazione che sperano trascinerebbe infine la NATO a partecipare direttamente alla guerra.
L’incidente del missile lanciato contro il territorio polacco da un’unità dell’esercito ucraino è stato un esempio calzante. Ci sono tutte le ragioni per credere che già ora a Kiev stiano covando nuove e ancor più gravi provocazioni.
Ieri, la Russia ha affermato che l’Ucraina stava intensificando gli sforzi per invadere la Transnistria, la regione separatista della Moldavia sostenuta da Mosca, e ha promesso una “risposta”. Questo è del tutto possibile. Che si materializzi o no, qualche nuova provocazione è del tutto prevedibile.
E ora?
L’affermazione di Napoleone che la guerra è la più complessa di tutte le equazioni conserva tutta la sua forza. La guerra è un’immagine in movimento con molte varianti imprevedibili e possibili scenari.
La variante che è stata avanzata con sicurezza dalla macchina della propaganda occidentale fin dall’inizio delle ostilità sembrava essere convalidata dal successo dell’offensiva ucraina nel settembre 2022, e successivamente dal ritiro russo dalla parte occidentale di Kherson.
Tuttavia, dobbiamo guardarci da conclusioni impressionistiche tratte da un numero limitato di eventi. L’esito delle guerre è raramente deciso da una singola battaglia, o anche da più battaglie.
La domanda è: una particolare vittoria, o una determinata avanzata, ha materialmente alterato il sottostante equilibrio di forze, il solo che possa determinare il risultato finale? Queste domande fondamentali devono ancora essere determinate. Sono possibili esiti diversi, a seconda di come si sviluppano le condizioni sia in Russia da una parte, che in Ucraina e tra i suoi padroni occidentali dall’altro.
La Russia ha consolidato le sue forze a est, rafforzando la sua presenza militare in Bielorussia e intensificando i bombardamenti aerei sia sugli obiettivi militari che sulle già indebolite infrastrutture ucraine.
Finora, gli ucraini hanno mostrato un notevole livello di resilienza. Ma non è chiaro quanto a lungo si possa mantenere il morale sia della popolazione civile che dei soldati al fronte.
Una cosa però è chiara. La prossima offensiva russa non sarà come la precedente che è fallita in modo così ignominioso. I russi attaccheranno con tutta la forza e la potenza di fuoco a loro disposizione. E sembra molto improbabile che gli ucraini, già gravemente indeboliti dalle pesanti perdite e dalla distruzione delle loro infrastrutture, possano resistere.
Tuttavia, ciò non significa la fine delle ostilità. Per assicurarsi una vittoria totale, i russi dovranno andare molto oltre, fino a quando non avranno completamente minato la capacità di combattimento dell’esercito ucraino. È possibile? Sì, è possibile. La Russia dispone di notevoli riserve che non sono ancora state messe in campo e di cui l’Ucraina è priva. Ma non sarà né facile né veloce.
Le notizie di gravi battute d’arresto al fronte avranno un effetto sul morale.. Alla fine, scoppieranno divisioni nello strato dirigente di Kiev tra i nazionalisti di destra, che desiderano combattere fino alla fine, e gli elementi più pragmatici, che vedono che un’ulteriore resistenza porterà solo alla totale distruzione dell’Ucraina e che una sorta di accordo negoziato è l’unica via d’uscita.
Qualunque sia il risultato, non si può parlare di un ritorno allo status quo in Europa. È nato un nuovo periodo di estrema instabilità, guerre, guerre civili, rivoluzioni e controrivoluzioni.
Londra, 24 febbraio 2023