“I portuali non lavorano per la guerra” – L’incontro internazionale dei portuali a Genova indica la via

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“I portuali non lavorano per la guerra” – L’incontro internazionale dei portuali a Genova indica la via

Due i presidi dei portuali e 24 ore di sciopero sulle banchine genovesi. Uno a ponte Etiopia, entrata dei mezzi pesanti con ripercussioni al traffico e lÕaltro sotto la sede della Confindustria, contro la lettera dei terminasti genovesi che contestano lÕaccordo quadro sottoscritto a dicembre scorso dopo una lettera dei terminasti genovesi contro un accordo quadro siglato dalle organizzazioni sindacali e lÕAutoritaÕ portuale. Genova, 05 marzo 2021. ANSA/LUCA ZENNARO

di Francesco Salmeri

Il 26 e il 27 settembre, si sono riuniti a Genova i delegati di alcuni importanti sindacati dei lavoratori portuali d’Europa e del Mediterraneo per discutere un’azione congiunta per fermare il genocidio a Gaza. L’incontro si è svolto in un momento in cui, in tutta Europa, i lavoratori e i giovani sono in un clima di lotta aperta contro il barbaro massacro del popolo palestinese e accusano le proprie classi dominanti di essere complici nel genocidio.

In Italia, gli attacchi israeliani contro la Sumud Freedom Flotilla, in viaggio per consegnare aiuti umanitari a Gaza, hanno scatenato un enorme movimento di massa, che è culminato in due grandi giornate nazionali di sciopero, il 19 e il 22 settembre. Ma, dopo l’intercettazione della Flotilla in acque internazionali e l’arresto dei suoi membri da parte dello Stato sionista, la situazione è letteralmente esplosa, con uno sciopero generale di portata epocale, che ha visto in piazza più di due milioni di persone il 3 settembre e più di 1 milione di persone il giorno successivo, alla manifestazione nazionale a Roma.

Dato il contesto generale, questa conferenza rappresenta un importante passo avanti verso l’organizzazione di uno sciopero generale internazionale, a partire dai porti, contro il genocidio e per il rovesciamento dei governi imperialisti corrotti che lo rendono possibile.

Negli ultimi mesi, infatti, i lavoratori portuali sono stati in prima linea nella lotta contro l’invio di armi ad Israele, bloccando navi e merci nei principali porti europei. Un’azione coordinata da parte di questo settore coraggioso e combattivo della classe operaia europea potrebbe rappresentare un trampolino di lancio per organizzare ed estendere la lotta di classe a livello internazionale.

I portuali in prima linea

“I portuali non lavorano per la guerra” era lo slogan che ha aperto la conferenza internazionale dei portuali del 26 e del 27 settembre. L’incontro si è tenuto nel porto di Genova, teatro negli ultimi mesi di numerosi scioperi e manifestazioni guidate dai lavoratori – principalmente portuali – e dai giovani. A organizzarlo è stato il Collettivo Autonomo Portuali di Genova, che aderisce a USB, la piccola confederazione sindacale che ha convocato lo sciopero generale in difesa della Freedom Flotilla del 22 settembre.

Alla conferenza hanno partecipato delegati del sindacato ENEDEP del porto del Pireo ad Atene, che aderisce alla potente confederazione sindacale greca PAME, della CGT Ports and Docks, federazione dei lavoratori portuali del principale sindacato francese CGT, del sindacato basco LAB, che ha inviato delegati dai porti di Bilbao e San Sebastián, del sindacato PEO di Cipro e del sindacato SZPD del porto di Capodistria, in Slovenia. Era attesa anche la partecipazione dei delegati del sindacato dei portuali ODT di Tangeri e del sindacato dei portuali turchi Liman-İş, che non hanno però potuto essere presenti, non essendo riusciti ad ottenere il visto per entrare nel paese. Tuttavia, anch’essi hanno approvato e firmato la risoluzione finale della conferenza. Inoltre, sono stati invitati come osservatori anche delegati da altri paesi.

Nel complesso, i lavoratori lì riuniti costituivano una rappresentanza abbastanza significativa di alcuni dei sindacati più combattivi nei principali porti europei.

Questo incontro arriva in un momento di svolta nel movimento di solidarietà alla Palestina: finalmente stiamo vedendo la classe operaia emergere come motore della lotta contro il genocidio a Gaza e contro la guerra imperialista, e i portuali ne sono oggi l’avanguardia.

A partire dal 7 ottobre, l’Europa e il mondo interno sono stati travolti da mobilitazioni di massa contro la guerra di Israele a Gaza, che chiedevano la fine del genocidio. Abbiamo visto le strade delle capitali europee gremite di gente che protestava in solidarietà con il popolo palestinese. Abbiamo visto occupazioni e accampamenti nelle università e nelle scuole americane ed europee guidate dagli studenti. Abbiamo anche sentito le organizzazioni filo-palestinesi, il movimento BDS, chiedere ai singoli consumatori o ai governi di boicottare le merci israeliane.

Tuttavia, i governi si sono rifiutati di intraprendere qualsiasi azione concreta contro Israele. Dove possibile, hanno represso le proteste, manganellando e arrestando i manifestanti, tra cui anche giovani studenti. Dove la repressione si è rivelata inefficace, hanno fatto ricorso a gesti vuoti ed ipocriti per dare un contentino alle masse. Nel frattempo, il flusso di denaro, merci e armi in direzione di Israele continuava indisturbato, rendendo possibile il genocidio.

Questo scandalo indecoroso sta impartendo una lezione essenziale ai lavoratori di tutto il mondo. Tra i lavoratori, si afferma sempre di più l’idea che l’unica strada praticabile sia quella di colpire – e, in ultima istanza, di bloccare – quella stessa macchina che rende tutto questo possibile. E che lo si debba fare dall’interno.

Per quanto grandi e determinate, le manifestazioni contro la guerra di Israele erano prive finora del fattore più importante: il coinvolgimento diretto e l’azione diretta della classe operaia organizzata, l’unica classe capace di fermare e di paralizzare la macchina bellica dell’imperialismo. I portuali hanno avuto l’onore di essere i primi a muoversi in questa direzione.

I lavoratori dei porti giocano un ruolo fondamentale nella catena del commercio globale e, in particolare, nella logistica della guerra imperialistica. Il carburante, le armi, i rifornimenti, i pezzi di ricambio e le merci che rendono possibile la guerra di sterminio di Israele passano spesso dai porti europei e mediterranei. Questo è diventato ancora più vero da quando le rotte commerciali marittime sono state ridisegnate in seguito agli attacchi degli Houthi contro le navi israeliane nel Mar Rosso.

La necessità di un coordinamento internazionale

Il problema degli imperialisti è che hanno sempre bisogno della gentile concessione della classe operaia per far funzionare la propria macchina. Ma che ciò avvenga è tutt’altro che scontato. La risoluzione finale dei portuali a Genova lo spiega molto bene:

Non vogliamo che i porti, i nostri luoghi di lavoro, o noi stessi come lavoratori diventino un ingranaggio nella macchina della guerra. Non vogliamo caricare bombe o altro materiale bellico per massacrare le persone. Non vogliamo che i nostri governi e l’Unione Europea trasformi l’economia in una macchina bellica, mentre privatizzano i porti, riducono i salari e privano la gente dell’istruzione, della sanità, dei servizi sociali, del pane e di una vita degna, per stanziare 850 miliardi di euro per il riarmo e per le multinazionali degli armamenti. […] Con coraggio, determinazione e fiducia nella nostra causa, invitiamo i lavoratori a prendere la situazione nelle loro mani. Siamo tanti, siamo forti, possiamo farlo e possiamo vincere, per una Palestina libera, per la pace, contro la guerra imperialista e per la solidarietà dei lavoratori e dei portuali. I portuali hanno gli stessi nemici e un’unica lotta.”

Queste non sono chiacchiere. Infatti, negli ultimi mesi, abbiamo visto un’ondata di azioni nei principali porti europei, nel Pireo in Grecia, a Göteborg in Svezia, a Tangeri in Marocco, a Fos-sur-Mer in Francia, e a Genova in Italia, dove i portuali hanno bloccato i carichi e il trasporto di armi destinate ad Israele e ad altri Stati in guerra. A luglio, i lavoratori e i giovani dell’isola greca di Siros, un importante sito di cantieristica navale, hanno bloccato l’arrivo di una nave israeliana. Nelle ultime settimane, abbiamo visto ulteriori azioni per bloccare carichi verso Israele nei porti di Livorno, Taranto, Ravenna e Genova.

Incrociando le braccia e occupando le banchine, i lavoratori hanno dato prova della propria forza e mostrato in maniera molto concreta come, per portare a termine i loro piani, i capitalisti debbano fare affidamento sugli stessi lavoratori che sfruttano e opprimono ogni giorno. Il successo di queste azioni intraprese dai portuali hanno galvanizzato un ampio settore di lavoratori e di giovani, non solo nei porti e nella logistica, ma in tutti i settori dell’economia.

Tuttavia, più le azioni nei porti si allargano, più si percepisce la necessità di una qualche forma di coordinazione. I lavoratori lo comprendono molto bene. A che serve bloccare il carico di una nave in Francia, quando l’azienda può semplicemente dirottarla verso un altro porto, per esempio, in Italia, e così via? Certamente, questo tipo di azioni infliggono un bel danno, imponendo ritardi e perdite economiche. Ma, nella maggior parte dei casi, l’azione avrà un’efficacia limitata.

Questo ha spinto i portuali a cominciare a costruire una rete internazionale. Hanno cominciato a condividere informazioni sulle navi e ad organizzare azioni congiunte per impedire il dirottamento delle navi verso altri porti. I portuali hanno imparato attraverso la propria esperienza che, essendo il capitalismo un sistema produttivo e commerciale internazionale, anche le azioni dei lavoratori devono essere necessariamente internazionali.

Il 28 febbraio, un primo incontro ad Atene ha posto le basi per le azioni coordinate che ne sono seguite. Grazie a questa rete, i portuali sono riusciti a bloccare tre carichi di armi verso Israele e il Medio Oriente nei porti francesi, italiani e greci. In particolare hanno bloccato una nave della compagnia israeliana Zim e le navi Cosco Pisces e Bahri Yanbu.

Sebbene il coordinamento abbia ancora un’ampiezza limitata, questa conquista straordinaria rappresenta uno splendido esempio di lotta di classe internazionale, che non può che essere una fonte di ispirazione per i lavoratori e i giovani in tutto il modo. Ma non possiamo accontentarci solo di questo.

Dai porti alle fabbriche e oltre

I lavoratori portuali occupano una posizione strategica nella produzione. Possono bloccare snodi cruciali nella rete logistica globale del capitalismo e dell’imperialismo. Tuttavia, rappresentano solo una piccola parte della gigantesca classe operaia dell’Europa. I portuali possono colpire con forza ma, alla fine, non possono che essere la punta di lancia di una mobilitazione più ampia, che deve coinvolgere la grande maggioranza della classe operaia in una lotta contro il genocidio e la guerra imperialista.

La conferenza dei portuali ha deciso di convocare una giornata congiunta di azione nelle prossime settimane. Bloccare contemporaneamente i porti di tutta Europa manderebbe un forte messaggio ai lavoratori di tutti i paesi e potrebbe essere una prova generale entusiasmante in vista di uno sciopero generale internazionale. La risoluzione finali approvata dalla conferenza di Genova dichiara:

Per mezzo di questa dichiarazione congiunta, facciamo appello a tutti i sindacati attivi nei porti e nelle infrastrutture essenziali ad organizzare qualsiasi tipo di protesta coordinata, come scioperi e mobilitazioni, in un giorno concordato per mandare il messaggio che noi, lavoratori dei porti e delle infrastrutture, non ci sottometteremo, non saremo schiavi dei profitti e non diventeremo complici della guerra. Chiediamo a tutti i sindacati dei lavoratori portuali di collaborare, per mezzo delle rispettive procedure di decisione collettiva, per garantire l’organizzazione e il successo di queste mobilitazioni.”

È molto importante che la risoluzione faccia appello agli altri sindacati dei portuali ad unirsi alla lotta. I sindacati che hanno deciso di mandare i propri delegati a Genova e che stanno cercando di coordinare i propri sforzi rappresentano solo una piccola frazione della forza lavoro totale nei porti dell’Europa e del Mare Mediterraneo, considerando sia i lavoratori sindacalizzati sia quelli che non aderiscono a nessun sindacato.

Ma ci illuderemmo se pensassimo che basta semplicemente appellarci agli altri sindacati, affinché essi si uniscano a noi. Le potenti burocrazie arroccate ai vertici dei principali sindacati faranno tutto ciò che è in loro potere per impedire un simile sviluppo a livello nazionale e internazionale. Tuttavia, il loro potere finisce dove comincia il protagonismo e il coinvolgimento diretto dei lavoratori.

Per sconfiggere i burocrati, serve una campagna estesa, audace e paziente di agitazione tra i lavoratori in tutti i porti e in tutti i luoghi di lavoro. È ovvio che la lotta non può limitarsi solo ai portuali. Ogni lavoratore combattivo e con coscienza di classe – a partire dai porti, ma cercando di estendersi a tutti i settori – dovrebbe dedicarsi ad un’agitazione instancabile tra i colleghi, all’interno dei sindacati e nel movimento operaio nel suo complesso.

Questa campagna dovrebbe avere come obiettivo la creazione di comitati che coinvolgano tutti i lavoratori, per coordinare uno sciopero generale in tutti i paesi europei, paralizzando così l’intera macchina bellica dell’imperialismo. I sindacati dei portuali che hanno organizzato l’incontro a Genova, se parlano sul serio, dovrebbero essere in prima linea in questa campagna, usando tutte le proprie risorse a questo fine.

Lo sciopero deve essere preceduto, accompagnato e seguito dalla convocazione di assemblee operaie nei porti, negli hub logistici, nelle fabbriche di armi e in tutti i luoghi di lavoro, coinvolgendo il settore più ampio possibile della classe operaia dei paesi europei e oltre di essi. La discussione su come organizzare la lotta dovrebbe coinvolgere tutti i lavoratori, fondando comitati nelle aziende, coordinati democraticamente a livello nazionale e internazionale.

Costruiamo uno sciopero generale europeo per Gaza!

Come spiega correttamente la risoluzione, la lotta per la liberazione della Palestina e contro la guerra imperialista è strettamente legata alla lotta contro i padroni avidi e i politici borghesi corrotti. In altre parole, è strettamente legata alla lotta contro la classe capitalista e per una società socialista. “I portuali hanno gli stessi nemici ed un’unica lotta”. Lo stesso vale per tutti i lavoratori. Solo portando avanti un programma avanzato un programma avanzato di rivendicazioni in grado di rispondere alla necessità della classe operaia, possiamo trascinare nella lotta quei settori della classe operaia che ancora si tengono in disparte.

La corsa frenetica al riarmo da parte di tutti i governi europei ne sta smascherando il cinismo e l’ipocrisia. Per anni, hanno tagliato la spesa sociale, mentre riversavano miliardi di euro nelle tasche dei banchieri e dei padroni. Il loro appoggio criminale al regime di Netanyahu e alla guerra genocida sionista si sta trasformando nell’ultima goccia che fa traboccare il vaso.

I recenti eventi in Italia mostrano quanto la situazione sia esplosiva. Il 3 ottobre, in seguito al blocco della Flotilla da parte di Israele, la pressione dal basso ha costretto la CGIL a convocare uno sciopero generale immediato che ha paralizzato il paese. Si è trattato di uno sciopero politico internazionalista di massa senza precedenti, che si riverbererà in tutta Europa con effetti imprevedibili. In un simile contesto, uno sciopero generale europeo per Gaza e contro la guerra imperialista sarebbe tutt’altro che utopico.

Uno sciopero internazionale di questo tipo porrebbe inevitabilmente la questione del controllo dei lavoratori sulla produzione, sui trasporti e sulla società nel suo complesso. Chi decide cosa caricare o scaricare nei porti? Chi decide cosa e come produrre nelle fabbriche? Chi decide come spendere il denaro pubblico? Il rovesciamento di tutti gli odiati governi imperialisti di Europa e la presa del potere da parte dei lavoratori sarebbero il passo successivo.

  • Blocchiamo la macchina bellica dell’imperialismo!
  • Fermiamo il genocidio! Rovesciamo Netanyahu e lo Stato sionista!
  • Rovesciamo i governi imperialisti corrotti in tutta Europa!
  • Per uno sciopero generale europeo per Gaza!
  • Per un programma socialista contro la guerra e l’imperialismo!
  • Per il controllo operaio e il potere operaio!
  • Lavoratori di tutto il mondo, unitevi!

 

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