L’emancipazione femminile in Russia prima e dopo la rivoluzione
10 Agosto 2015Repressione poliziesca a Città del Messico – Feriti milianti della Tmi
28 Agosto 2015Il Primo Ministro greco Alexis Tsipras ha appena annunciato le proprie dimissioni. Ha perso la maggioranza in Parlamento e Syriza si è spaccata, col leader della sinistra di Syriza Lafazanis che ha lanciato un nuovo partito, Unità Popolare.
In un discorso televisivo la scorsa notte Tsipras ha dichiarato che il governo di Syriza avrebbe rassegnato le proprie dimissioni e convocato nuove elezioni. Ha dichiarato anche che altre battaglie attendono il popolo greco, ma che la Grecia ora si impegna ad “onorare” gli impegni presi con l’ultimo pacchetto del cosiddetto salvataggio. Cosa significa?
Tale pacchetto, parliamo di 86 miliardi di euro – 96,3 miliardi di dollari- impone condizioni durissime sottoforma di un nuovo insieme di “riforme” dettate dalla Troika. Dopo un tempestoso dibattito in Parlamento, il governo ha accettato un enorme aumento delle tasse, privatizzazioni massiccie e tagli brutali alla spesa pubblica. Questo significa il totale abbandono di tutto ciò che Tsipras aveva promesso al popolo greco quando era stato eletto il 25 gennaio. Tutti in Grecia sanno cosa vogliono dire queste politiche: ulteriori tagli, ulteriore abbassamento del tenore di vita, ulteriore disoccupazione, ulteriore disperazione. E per cosa? Dopo cinque anni di tagli selvaggi, il debito greco è cresciuto dal 125% al 185% del Pil e ormai sfiora il 200%: un successo davvero strabiliante! E di tutti i soldi destinati al salvataggio della Grecia solo il 10% è finito effettivamente in Grecia. Il resto è andato direttamente nei forzieri delle banche tedesche e delle altre banche europee.
È chiaro anche ad un cieco che la Grecia non potrà mai ripagare questo debito enorme. In privato (e persino in pubblico) gli economisti borghesi lo ammettono. Ciononostante continuano a spremere il popolo greco e spingerlo oltre qualsiasi limite di resistenza umana. Non possono essere imposti ancora sacrifici senza il rischio di provocare un’esplosione sociale.
La radicalizzazione delle masse si è mostrata chiaramente nel Referendum di luglio, quando il popolo greco ha votato in massa per respingere il nuovo pacchetto di salvataggio basato su ulteriori misure d’austerità. Ma pur avendo mobilitato le masse e ottenuto una larga vittoria, i dirigenti di Syriza hanno immediatamente alzato la bandiera bianca della resa e ceduto a tutte le richieste dei creditori europei.
Questa vergognosa capitolazione ha provocato un’ondata di delusione e di dimissioni dal partito nelle ultime settimane. Il sentimento iniziale di shock e disorientamento si è trasformato in rabbia non appena la dura realtà delle nuove politiche è diventata chiara agli occhi della gente. Questo è quello che c’è dietro la spaccatura di Syriza e la convocazione di nuove elezioni da parte di Tsipras.
La cecità dei riformisti
In gennaio i greci hanno eletto un governo di Syriza che prometteva la fine dell’austerità. Ma se accetti i confini del capitalismo devi accettare anche le leggi del capitalismo. Significa che devi gestire la crisi del capitalismo, e questo significa inevitabilmente imporre misure d’austerità alla classe lavoratrice mentre regali grandi quantità di denaro pubblico ai banchieri e ai capitalisti. Nella loro cecità riformista Tsipras e Varoufakis credevano di poter ottenere concessioni per la Grecia da parte della Merkel e del resto della borghesia europea attraverso i negoziati. Ma, come avevamo previsto, i negoziati non hanno portato da nessuna parte. La borghesia europea era determinata a schiacciare Syriza, e a lanciare un monito ai partiti anti-austerità degli altri Paesi, come Podemos in Spagna. Davanti all’implacabile opposizione dei leader dell’Eurozona, Tsipras ha convocato un referendum. Questo ha avuto l’effetto di mobilitare le masse a sostegno del governo. Il popolo greco era pronto a combattere contro l’austerità. Se Tsipras fosse stato un marxista avrebbe usato questa mobilitazione per cambiare la società. Avrebbe rivolto un appello ai lavoratori per occupare le banche e in seguito le avrebbe nazionalizzate.
Avrebbe lanciato un appello internazionalista ai lavoratori europei affinchè seguissero l’esempio della Grecia socialista. Avrebbe potuto essere l’inizio di un vero movimento di massa anti-austerità in tutta Europa- l’unico modo per costringere la Merkel e gli altri alla resa. Ma in quanto riformista, Tsipras non ha mai considerato questa possibilità. Pensava invece di poter fare leva sul risultato del referendum per ottenere un accordo migliore. Alla fine ha ottenuto un accordo ancora peggiore di quello che era stato così sonoramente respinto dal popolo greco a luglio.
lafazanis_kostantopolou.jpgOra il governo che era stato eletto per opporsi all’austerità si prepara a mettere in pratica tagli selvaggi. Questo ha scaraventato inevitabilmente sia la Grecia che Syriza in una crisi profonda. Tsipras, che era estremamente popolare fino a pochissimo tempo fa, è ora profondamente screditato agli occhi di un’ampia fascia della popolazione. Questo si è riflesso in una crisi della direzione di Syriza. In simili condizioni era impossibile per Syriza restare unita ancora a lungo. Anche prima della scissione ufficiale, Tsipras doveva già basarsi in parlamento sui partiti borghesi d’opposizione perchè aveva perso il controllo del proprio partito.
Cosa può risolvere un’elezione?
Il motivo per cui Tsipras ha convocato nuove elezioni così presto è che spera che non ci sia abbastanza tempo per il nuovo partito –lanciato dal leader della Piattaforma di Sinistra Panagiotis Lafazanis- per farsi conoscere. Non è chiaro quanti elettori Unità Popolare potrà strappare a Syriza. Ma è chiaro che Lafazanis guadagnerà sostegno tra molta gente che ce l’ha con Tsipras. Nonostante questo sembra probabile che Syriza rimarrà il partito che otterrà più voti, anche se perderà molto sostegno. Le alternative a destra, però, sono ancora più screditate. Dopo aver ottenuto il 27.8% nelle elezioni di gennaio, il partito di destra Nuova Democrazia si attesta ora al di sotto del 20% in tutti i sondaggi.
Se Tsipras otterrà abbastanza voti, probabilmente formerà una coalizione con il Pasok e To Potami. E comunque non è affatto sicuro che il Pasok otterrà qualche seggio nel nuovo Parlamento. E se Syriza dovesse scendere sotto il 20%, probabilmente Tsipras sarebbe costretto a formare un governo di unità nazionale con Nuova Democrazia. Questo sarebbe sicuramente il bacio della morte per Syriza. In ogni caso quello che verrà fuori sarà una coalizione debole e instabile e un governo di crisi che probabilmente non durerà a lungo.
Si prepara la scena per un’intensificazione della lotta di classe, caratterizzata da una crescente polarizzazione verso sinistra e verso destra. Il centro rappresentato ora da Tsipras non è in grado di risolvere nulla. Comincerà a disintegrarsi. Ci sarà una crescita del KKE e di Unità Popolare a sinistra e di Alba Dorata a destra.
La situazione attuale è carica di potenziale rivoluzionario. Quello che manca è una vera direzione rivoluzionaria in grado di offrire alle masse una via d’uscita dalla crisi.
Il Partito Comunista (KKE) nonostante le sue tattiche settarie ed estremiste- e in parte grazie a queste- guadagnerà sicuramente sostegno dopo la capitolazione di Tsipras. La Tendenza Comunista di Syriza, che si è opposta strenuamente alla capitolazione di Tsipras e ha proposto una politica socialista, sta guadagnando l’attenzione di quei lavoratori che sono in rottura con Syriza e anche dei membri del KKE. Al compagno Lafazanis va riconosciuto il fatto di essersi opposto alla capitolazione dei dirigenti di Syriza, ma le sue politiche non offrono una vera alternativa. Propone l’uscita dall’Euro, ma ad un certo punto è probabile che la Grecia venga sbattuta fuori dall’Euro in ogni caso. Comunque, su basi capitaliste, questo può condurre solo ad una crisi ancora più profonda, ad un crollo della moneta,all’ iperinflazione e ad un ulteriore crollo del tenore di vita. Dentro o fuori dall’Euro e dall’Unione Europea, non c’è soluzione per i problemi della Grecia all’interno del Capitalismo. Problemi seri richiedono soluzioni serie.
Il solo modo in cui il popolo greco può riprendersi in mano il proprio futuro è porre fine alla dittatura dei banchieri e dei capitalisti, non solo di quelli di Berlino e di Bruxelles, ma anche di quelli di Atene. È necessario espropriare i banchieri, gli armatori e il resto dell’oligarchia parassitaria, coloro che davvero governano in Grecia. Solo così sarà possibile pianificare l’economia in modo razionale, eliminare la disoccupazione e la mancanza di case e creare le fondamenta per una società veramente giusta e democratica.
La crisi del capitalismo greco può andare avanti per anni con alti e bassi. Si succederanno coalizioni instabili, con violente oscillazioni verso sinistra e verso destra sul piano elettorale che dureranno finchè non verrà trovata una soluzione definitiva, in senso rivoluzionario o controrivoluzionario.
In ultima analisi quello che vogliono la borghesia greca ed europea è la fine di quello che vedono come il “caos”. Diranno: “Ci sono troppi scioperi, troppe manifestazioni e proteste per le strade. Vogliamo ordine!”. E se la Sinistra non sarà capace di offrire una soluzione, alla fine si preparerà la strada per un regime bonapartista in Grecia. Però anche un regime bonapartista reazionario sarebbe instabile: non risolverebbe niente e probabilmente non durerebbe a lungo. Preparerebbe solo la strada per un’ascesa rivoluzionaria ancora più forte, come abbiamo visto nel 1974. I lavoratori greci hanno tradizioni rivoluzionarie e buona memoria. Ricordiamoci che la Giunta dei colonnelli durata dal 1967 al 1974 è stata rovesciata da una rivoluzione.
La crisi dell’Europa
La crisi del capitalismo europeo si mostra più marcatamente nei Paesi capitalisti più deboli, come la Spagna, il Portogallo e la Grecia, dove il processo si è spinto più in là che da qualsiasi altra parte. Ma la Spagna è solo un passo indietro rispetto alla Grecia e l’Italia ad un passo dalla Spagna. Il sogno di un’Europa unita capitalista si è schiantato contro lo scoglio dell’austerità.
Più di vent’anni fa sottolineavamo come fosse impossibile unire economie che vanno in direzioni diverse. Durante il boom economico, per un po’ può essere mantenuto qualcosa di simile ad un’unità. Ma con la crisi economica sono tornati a galla tutti i vecchi antagonismi nazionali. Potenti forze economiche centrifughe stanno portando alla rottura e queste forze si stanno intensificando sempre di più.
L’impatto della crisi greca si farà sentire ben oltre i confini della Grecia. In tutta Europa cresce la paura che le politiche di austerità non siano solo un male necessario temporaneo ma un attacco costante e permanente al tenore di vita. In Paesi come la Grecia, il Portogallo e l’Irlanda queste politiche hanno già portato a drastici tagli ai salari e alle pensioni senza aver minimamente risolto il problema del deficit. Quindi tutte le sofferenze e le privazioni della gente sono state inutili. Dappertutto i poveri sono più poveri e i ricchi più ricchi.
L’idea di un’integrazione europea è stata fatta a pezzi. Nei negoziati con la Grecia la Germania si è comportata come un direttore d’orchestra, dettando ogni movimento. La borghesia francese, teoricamente il comandante in seconda dell’Europa, ha dovuto chinare docilmente la testa quando la Germania ha respinto con arroganza tutte le sue preoccupazioni ed obiezioni. In queste cose si vede cosa c’è realmente dietro la maschera sorridente della “solidarietà europea”. Verso la Grecia la borghesia tedesca si è comportata come il peggiore degli strozzini: “Non puoi pagare i tuoi debiti? Venditi i mobili! Hai già venduto i tuoi mobili? Bene, allora ti sbatto in mezzo a una strada!”.
La crisi del riformismo
Nel Secondo Dopoguerra i partiti Laburisti e Socialdemocratici hanno attuato varie riforme e godevano di un livello di sostegno tale da garantire loro una certa stabilità. Ma quel periodo è finito. La crisi del Capitalismo è talmente profonda che la borghesia non può permettere nemmeno il mantenimento delle conquiste passate, figuriamoci nuove riforme. La crisi del capitalismo è quindi inevitabilmente anche la crisi del riformismo. Il carattere fittizio della democrazia borghese è stato smascherato agli occhi di milioni di persone dai recenti avvenimenti. Che valore possono avere i referendum popolari e le elezioni se i poteri forti e le banche possono infischiarsene e avere l’ultima parola su tutto? La vacuità delle più care illusioni riformiste e socialdemocratiche si è palesata violentemente in tutto il continente. Le cose sono successe rapidamente e contemporaneamente in diversi Paesi, si tratta di un processo generalizzato.
L’ascesa e il crollo di partiti e leader è come un barometro che riflette i bruschi cambiamenti nella coscienza delle masse. A volte ci vogliono decenni perchè un partito perda la propria base di massa. Ma nelle condizioni attuali possono volerci pochi anni o addirittura mesi. Sulla base degli eventi Syriza, un partito relativamente di nuova formazione, ha scalzato rapidamente il Pasok. Ma di questi tempi nuove formazioni possono sorgere e tramontare molto rapidamente. Organizzazioni di massa esistenti da decenni, o persino da generazioni, entrano in crisi, si dividono e addirittura spariscono.
Fino a poco tempo fa il Pasok era il principale partito della classe operaia greca. Ormai è stato praticamente spazzato via a causa dei suoi tradimenti. È stato messo alla prova e non l’ha superata. Il risultato è stato il crollo del Pasok e l’ascesa di Syriza. Ma anche la stessa Syriza ben presto è entrata in crisi. Sono stati il declino e la degenerazione dei partiti socialisti e “comunisti” a permettere l’ascesa di Syriza e Podemos. Nella ricerca di una via d’uscita dalla crisi le masse mettono alla prova un partito dopo l’altro. I vecchi dirigenti e i vecchi programmi vengono abbandonati. Ma la Grecia ha dimostrato che qualsiasi nuova formazione, se non rompe con il capitalismo e non adotta chiare politiche socialiste, può sparire tanto velocemente quanto è emersa. È questa la natura del momento storico attuale.
In Spagna abbiamo l’ascesa di Podemos. In Gran Bretagna possiamo vedere in questo momento il fenomeno Corbyn. Tutto questo è frutto di un profondo malcontento nella società che sta cercando un’espressione politica. Vediamo fondamentalmente lo stesso processo anche in tutti gli altri Paesi. Le masse stanno cercando disperatamente una via d’uscita da questo incubo. Si affideranno ad un partito e ad un leader dopo l’altro, buttandoli uno dopo l’altro nel cestino della storia. C’è una rabbia crescente verso le élites politiche: verso i ricchi, i potenti, i privilegiati. Questa reazione contro lo status quo, che contiene i semi per uno sviluppo rivoluzionario, durerà anche ben oltre il momento in cui l’economia dovesse cominciare a dare segni di ripresa.
Un numero crescente di persone non crede più a quello che dicono e promettono i politici. C’è una profonda disillusione verso l’establishment e i partiti politici in generale. Quei partiti che sono stati eletti e hanno tradito le speranze della gente portando avanti tagli in violazione alle promesse elettorali si sono trovati molto rapidamente screditati. Leader politici che erano estremamente popolari perchè sembravano essere a favore del cambiamento, alla fine sono stati odiati quando hanno riproposto le stesse fallimentari politiche del passato. Quello che è successo a Tsipras ne è un esempio lampante.
Da un punto di vista oggettivo, tutto questo è estremamente favorevole ai marxisti. La situazione attuale offre grandi possibilità a chi è preparato a coglierle. E possibilità ancora maggiori si apriranno nel prossimo burrascoso periodo. Questa non è una crisi normale. Bruschi cambiamenti di coscienza sono impliciti nella situazione. In questo momento la routinarietà, quella pigrizia mentale che mantiene ancorati ostinatamente a formule del passato sebbene le condizioni siano completamente diverse, sarebbero fatali per una tendenza rivoluzionaria. Dobbiamo imparare ad aspettarci l’inaspettato.
Cambiamenti bruschi ed improvvisi nella situazione oggettiva necessitano di altrettanto rapide svolte tattiche. La Tendenza Comunista di Syriza ha annunciato la propria adesione ad Unità Popolare. Nella situazione attuale questa era l’unica scelta corretta da fare. Siamo fiduciosi nel fatto che la Tendenza Comunista continuerà a costruire le proprie forze, guadagnando e formando nuovi quadri che le permetteranno di crescere insieme alla rivoluzione greca che si sta sviluppando.
Londra, 21 agosto 2015