Due tendenze nel movimento socialista americano: perché possiamo fare a meno di Karl Kautsky
22 Aprile 2020Rivoluzione n°68
23 Aprile 2020L’editoriale del nuovo numero di Rivoluzione
Mentre il contagio è tutt’altro che sotto controllo, in particolare nelle regioni più colpite, Confindustria cerca di riprendere l’iniziativa.
L’elezione a larga maggioranza di Carlo Bonomi, leader di Assolombarda, segna infatti la vittoria della linea più oltranzista che chiede la riapertura immediata delle aziende. Quanto ai padroni interessi la salute dei propri dipendenti e della società in generale lo si è visto nelle settimane successive al decreto del 25 marzo, quello che disponeva la chiusura, seppure parziale, delle attività non essenziali.
Già allora il presidente di Confindustria veneta, Enrico Carraro, tuonava sostenendo che “con l’aiuto del governo il sindacato si è appropriato delle chiavi delle nostre fabbriche”. Conoscendo l’arrendevolezza dei dirigenti sindacali, verrebbe da sorridere: sappiamo bene che se mai le burocrazie sindacali trovassero, per così dire, le chiavi di un’azienda, correrebbero a restituirle al padrone.
Ma la preoccupazione degli industriali era ed è ben fondata, e viene dalla consapevolezza che quel decreto era nato per evitare che gli scioperi spontanei dilagassero in una esplosione generale.
Dopo il 25 marzo decine di migliaia di aziende hanno riaperto aggirando il blocco, sia cambiando codice ateco, sia autocertificandosi di fronte alle prefetture che più che compiacenti si sono dimostrare servili. Persino il presidente della Toscana si è sentito in dovere di denunciare questo stato di cose.
Ma ancora non basta: i padroni devono riaprire le grandi fabbriche ancora chiuse, a partire da Fca nella quale la partita si fa decisiva nei giorni in cui scriviamo.
I dirigenti di Cgil, Cisl e Uil si stanno dimostrando più che disposti a collaborare, ma il problema per i padroni è assai più profondo: in queste settimane, milioni di lavoratori e di cittadini in generale hanno preso consapevolezza del cinismo e della brutalità di una classe “dirigente” disposta a tutto pur di non smettere di macinare profitti. Se fanno un passo sbagliato, le fabbriche possono esplodere di nuovo e i dirigenti della Cgil non potrebbero impedirlo.
Inoltre è un processo internazionale, come confermano gli scioperi che in numerosi di paesi hanno visto la classe lavoratrice in campo. Erano decenni, generazioni, che il capitalismo e la borghesia non subivano un simile tracollo della loro credibilità. Il sistema è nudo, e i padroni lo sanno.
Lo dimostrano proprio le prime dichiarazioni del neoeletto presidente di Confindustria: “La politica ci ha esposto ad un pregiudizio fortemente anti-industriale che sta tornando in maniera importante in questo Paese”. E ancora “Non pensavo di sentire più l’ingiuria che le imprese sono indifferenti alla vita dei propri collaboratori. Sentire certe affermazioni da parte del sindacato mi ha colpito profondamente. Credo che dobbiamo rispondere con assoluta fermezza”. (Il Sole 24ore, 16 aprile).
La controffensiva dei padroni si articola su tre fronti: 1) Riaprire al più presto tutte le imprese, tutt’al più con accordi sindacali a fare da foglia di fico. 2) Esercitare una pressione estrema sul governo (“la politica”) affinché il costo della crisi passi dalle imprese e dalle banche allo Stato, e da questo ai lavoratori e ai contribuenti. A questo fine è indispensabile l’inserimento nei meccanismi di “salvataggio” dell’Unione europea, che garantisce la necessaria disciplina quando sarà il momento di passare ai tagli e alle nuove politiche di austerità. 3) Tutto questo si può raggiungere nel migliore dei modi sostituendo l’attuale governo con un governo Draghi.
Si prepara quindi uno scontro a tutto campo, e non sarà una “fase 2”: le stangate arriveranno quando con ogni probabilità saremo ancora immersi nella lotta al contagio e alle sue conseguenze.
Ma i padroni sono deboli. Il loro consenso è ai minimi termini, in queste settimane la coscienza di massa, e in particolare della classe lavoratrice, è stata profondamente sconvolta, e il processo è solo iniziato.
Per decenni ci hanno ripetuto fino alla nausea che la classe operaia non esisteva più, che la lotta di classe è cosa del passato, che il mercato era perfetto e comunque insostituibile. Lo hanno scritto sui loro giornali, detto nelle loro tv, insegnato nelle loro università. Eppure, nel giro di poche settimane, in tutto il mondo queste menzogne sono andate in frantumi.
La lotta di classe esiste, e se ne sta conducendo una all’ultimo sangue che mette di fronte il profitto da una parte e la vita e la salute dei lavoratori e delle loro famiglie dall’altra.
Il miracoloso “libero mercato” non è capace di fornire mascherine, posti letto, reparti di cura, di formare medici e personale a sufficienza per lottare contro la pandemia.
Ovunque si discute di cosa è “essenziale”, e milioni di persone capiscono, o perlomeno intuiscono, che i lavoratori sono essenziali e i padroni no.
Si discute di come lavorare, di controllo sulle condizioni di lavoro, sulla gestione del processo produttivo.
Negli anni ’70 l’idea di una società socialista veniva spesso sintetizzata nel concetto che devono essere i lavoratori a decidere “cosa, quanto e come produrre”. Oggi, sotto i colpi dell’emergenza sanitaria, questa idea che pensavano di avere estirpato una volta per sempre, torna prepotente in tutta la sua urgenza.
I padroni schiumano, sentono di avere perso una parte del loro potere, di essere delegittimati. Dice ancora Bonomi: “Dobbiamo metterci immediatamente in condizioni operative tali per affrontare con massima chiarezza ed energia la sfida tremenda che è davanti a noi: continuare a portare la posizione di Confindustria su tutti i tavoli necessari rispetto ad una classe politica che mi sembra molto smarrita in questo momento, che non ha idea della strada che deve percorrere il nostro Paese.”
Si sente tutta la frustrazione in queste parole, e bisogna capirne le radici perché la loro debolezza è la nostra forza, ed è una profonda debolezza pèolitica. Il partito che più vorrebbe farsi strumento di questa controffensiva padronale è Italia Viva, una forza che gode del 3% nei sondaggi ed è guidata dal politico più screditato e odiato in Italia, Matteo Renzi.
La Lega sarebbe ben contenta di mettersi al servizio, ma l’opportunismo del suo capo l’ha resa per il momento inservibile su scala nazionale, se non nelle regioni. Inoltre per il padronato italiano è più indispensabile che mai appoggiarsi all’Unione europea, in un momento di estrema debolezza, e a questo fine Salvini e Meloni non sono la scelta migliore. Intendiamoci, pur di tornare al governo, Salvini sarebbe disposto a cambiare parole d’ordine altre dieci volte in una settimana, ma al momento è prigioniero della maschera che si è costruito egli stesso.
Per questo motivo, avendo compromesso tutti i suoi possibili punti di appoggio politico, Confindustria torna in campo in modo diretto e con un volto aggressivo come non lo si vedeva dagli anni ’70.
Lo scontro di classe assume così un carattere sempre più nitido e definito, che si rende sempre più chiaro agli occhi dei lavoratori.
E con questa rinata consapevolezza le masse affronteranno la prossima fase, quella dello scontro a tutto campo per difendere a salute, il lavoro e tutti gli aspetti della propria condizione di vita che questo sistema marcio sta distruggendo a ritmo accelerato.
20 aprile 2020