Il Patto Molotov – Ribbentrop e i disastri della politica militare di Stalin
26 Agosto 2019I lavoratori non hanno governi amici, è ora di lottare!
28 Agosto 2019Il ciclo politico del macrismo al governo sembra essere concluso. Resta solo da sapere come finirà.
Il tratto che caratterizza la congiuntura è quello dell’incertezza per il regime politico del Paese. Incertezza data dal fatto (a parte nuovi sviluppi imprevedibili) che le elezioni di ottobre siano troppo lontane e che non vi siano segnali decisivi che dimostrino che Macri riuscirà a raggiungere il 10 dicembre ( la scadenza del suo mandato, ndt).
Lo tsunami politico prodotto dalla schiacciante sconfitta elettorale nelle elezioni primarie (PASO, Primarie simultanee obbligatorie: a queste consultazioni si devono presentare tutti i partiti che poi saranno presenti anche alle elezioni ufficiali, ndt) ha messo il governo alle corde. Ha perso legittimità e autorità quando rimangono ancora due mesi per le elezioni presidenziali e quattro mesi alla scadenza del mandato.
Le misure che il Macrismo ha promosso in questi giorni come modo per cercare di assorbire il colpo assomigliano a un pompiere che cerca di spegnere un incendio in una foresta con un secchio d’acqua.
C’è solo una ragione per cui Macri rimane al potere, e questa è il sostegno esplicito fornito dal Frente de todos (il partito della Kirchner) come garante della governabilità. La preoccupazione centrale dell’intero establishment è che venga mantenuta l’integrità delle istituzioni ufficiali. Se hanno imparato qualcosa dalle lezioni di Argentinazo nel dicembre 2001, è che una rottura istituzionale risultante dalla pressione di massa comporta un grande rischio. Una volta che le masse dimostrano la loro forza nel fuoco degli eventi e si organizzano per andare oltre le compatibilità del sistema, rappresentano un pericolo diretto per lo Stato. Quest’ultimo è oggetto di pressione tramite la forza dal basso e può fare concessioni al fine di ripristinare il controllo e l’ordine. Ma una volta che le masse si sono messe in moto, è molto difficile fermarle.
In questa crociata tutte le forze politiche si destreggiano in modo tale che non vi siano esplosioni della lotta di massa di fronte all’approfondirsi della fame, della miseria e dell’impoverimento, dirette conseguenze della recente svalutazione del 25% dei salari. Una misura approvata da Macri (che ha permesso al peso di crollare al cambio di 66 dollari come vendetta politica lunedì dopo le elezioni) e dal Frente de Todos (che era d’accordo su un cambio a 60 dollari).
La crisi argentina è parte della crisi capitalista globale che si dirige inesorabilmente verso una nuova recessione globale. Dati recenti dalla Germania indicano che la locomotiva del capitalismo europeo si sta arrestando, il che spinge verso il basso l’intera economia mondiale, già in una situazione critica. A ciò aggiungiamo che il Pil del Brasile è sceso dello 0,13% nel secondo trimestre, accumulando così due trimestri consecutivi negativi: le previsioni sono per un terzo trimestre uguale o peggiore, che porterebbe a una recessione tecnica.
L’economia argentina, nel frattempo, è una bomba a orologeria. I livelli del debito mostrano una crisi raramente vista. Al momento della stesura di questo articolo le obbligazioni del debito argentino sono scese al 9% e il rischio paese è salito alle stelle del 14%, raggiungendo i 1897 punti.
Lo scenario che abbiamo davanti a noi è chiaro. Le elezioni non hanno risolto nulla poiché la crisi è sistemica.
Il regime politico capisce tutto ciò e quindi rispolvera la vecchia idea di un “patto nazionale” o “grande accordo politico”. Parlano di “unità nazionale” e che è ora di stare “tutti uniti”. Ciò che cercano è di approfondire l’accordo che è già in corso per salvaguardare gli interessi generali del sistema.
Le opzioni politiche che si contendono la presidenza concordano sulla necessità di un piano di austerità. Ciò su cui divergono è la velocità e il modo di portarlo avanti.
È noto che quando ci viene detto che tutti dobbiamo stringere la cinghia, ciò che si vuole realmente dire è che la crisi sarà pagata da coloro che stanno in basso.
In caso di un governo del Frente de todos, sarà solo in grado di ritardare temporaneamente alcuni aspetti della crisi. Ma l’entità è tale che questo relativo miglioramento sarà rapidamente assorbito dall’instabilità economica e dalla necessità di procedere con i piani di austerità, un fatto che implicherà una rinegoziazione con il FMI. L’intero sistema politico è in crisi.
Il malcontento delle masse cresce di giorno in giorno. Questi fattori hanno scatenato durante tutti questi anni un conflitto a tutto campo contro l’austerità di Macri, dei governatori e del FMI. Questa volta hanno utilizzato le elezioni come mezzo per attaccare il governo, usando il Frente de Todos in maniera pragmatica per sbarrare la strada a un nuovo mandato per Cambiemos (il partito di Macri).
È logico che ciò sia accaduto a causa dell’elevata polarizzazione che sviluppata e perché settori ancora importanti vedono una via d’uscita dalla crisi in Cristina Fernández de Kirchner (CFK) in assenza di una valida alternativa a sinistra. Ma questo massiccio voto non si traduce in una piena adesione. Mentre ci sono settori delle masse che sostengono fervidamente la figura di CFK, ce ne sono altri che hanno votato senza dare un assegno in bianco e sapendo che non ci sono alternative in questo dilemma polarizzato. Per ciascuno di questi settori, questo nuovo ciclo che si aprirà rappresenterà una scuola politica da cui trarre conclusioni.
È noto che non si possono servire due padroni. I grandi profitti dei capitalisti non possono essere tutelati, mentre allo stesso tempo si vuole soddisfare le richieste sociali nel quadro di un’economia sull’orlo del baratro. Prima o poi arriva il dunque: o la crisi viene pagata dai capitalisti, dai banchieri e dai latifondisti o dai lavoratori, dagli studenti, dai settori popolari.
Rimanere nei limiti del capitalismo implica, piaccia o no, trasferire la crisi sulle spalle dei lavoratori. E questo verrà appreso dall’esperienza stessa da ampi settori delle masse e da una parte della sua avanguardia che deve capire che non esiste un “paese possibile” senza una rottura con le organizzazioni del credito internazionale che alimentano le élite delle finanza, non esiste un “paese possibile” senza l’espropriazione delle ricchezze dei latifondisti che sono una piccola minoranza proprietaria della stragrande maggioranza della terra, non esiste alcun “paese possibile” senza il monopolio del commercio estero e la nazionalizzazione della banca per evitare la fuga di capitali che trasferisce all’estero gran parte della ricchezza prodotta dai lavoratori. Non c’è alcun “paese possibile” senza la nazionalizzazione sotto la gestione dei lavoratori delle società dei servizi pubblici privatizzate e l’intero complesso energetico per fornire tariffe basse e un servizio di qualità.
In altre parole, non esiste un “paese possibile” sotto il capitalismo.
Cosa fare ora?
Le contraddizioni che attraversano la situazione politica sono altamente esplosive e per questo dobbiamo prepararci.
Riteniamo che sia un compito fondamentale della sinistra rivedere la sua campagna elettorale e concentrarsi sull’organizzazione di coloro che vogliono lottare oggi, qui e ora, per fermare i tagli di Macri.
Prendendo l’esempio dei lavoratori e degli studenti di Chubut, durante il fine settimana sono state organizzate proteste in diverse città come Esquel, Trelew-Rawson, Sarmiento e Comodoro Rivadavia, contro i tagli del governatore Mariano Arcioni, del partito provinciale “Chubut Somos Todos”, alleato con il Frente de Todos.
Dobbiamo aiutare ad organizzare la rabbia, propagandando lo slogan: “Non è Macri, è il capitalismo!”
Spiegare pazientemente che sconfiggere il piano di austerità implica sconfiggere il capitalismo
Sebbene le principali organizzazioni delle masse legate al campo nazionale e popolare, sia sindacale che politico, chiedano di “aspettare ottobre e dicembre”, è anche vero che la base sta accumulando sempre più rabbia. Quindi, ciò che è necessario è un appello per costruire assemblee in quartieri, sindacati, fabbriche, università, ecc.
Riprendere le assemblee come nel 2001 sulla base della loro convocazione nei luoghi di lavoro ad opera del sindacalismo combattivo e con la prospettiva che il movimento sia amplificato, verso le assemblee popolari dove si utilizzi la democrazia diretta e, nell’ottica di un fronte unico, venga discusso un piano d’azione comune di fronte alla crisi.
Questo è il ruolo che devono svolgere tutti i gruppi. Il Fit-U (Frente de Izquierda y de los Trabajadores – Unidad, un fronte dei principali partiti di sinistra che ha ottenuto il 2,8% – 700mila voti – alle primarie, ndt) e l’intera sinistra devono trarre forza dal sindacalismo combattivo, dai movimenti sociali e dai collettivi universitari. Attraverso questo intervento si può sviluppare una formidabile leva per fare appello alle organizzazioni dei lavoratori e dei settori popolari volto alla discussione di un piano di lotta, con la prospettiva di convocare un congresso nazionale di assemblee popolari, comitati di fabbrica e di quartiere composti dai loro rappresentanti.
I parlamentari della sinistra devono dichiarare chiaramente la frode insita nella democrazia borghese e contribuire all’organizzazione della rabbia popolare favorendo il fronte unito. Questi sono i compiti urgenti per la direzione della sinistra, legati alla necessità di costruire un partito rivoluzionario in grado di disputare il potere e porre l’obiettivo di un governo operaio.
23 agosto 2019
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