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La corsa ai Data center, uno sviluppo irrazionale

di Enrico Duranti

Il governo Meloni, tramite il ministero delle Imprese e del Made in Italy, ha lanciato a luglio la “Strategia per l’attrazione in Italia degli investimenti industriali esteri in Data Center DC”.

Il governo si pone l’obbiettivo, tramite una concertazione di investitori istituzionali e privati, di impostare una “cornice di riferimento” che faciliti la realizzazione di queste infrastrutture considerate importanti e fondamentali.

In parole povere, la Meloni vuole spianare la strada ai capitali finanziari delle Big tech nell’investimento dei DC, tagliando ulteriormente la disciplina ambientale con le sue leggi considerate troppo stringenti e favorendo queste infrastrutture con un’ulteriore svendita di territori ai danni dei cittadini.

Non è un caso, che buona parte della strategia si riferisca proprio alla questione degli impatti ambientali ed energivori, grande tallone d’Achille di queste opere.

I data center sono grandissimi impianti di server per immagazzinare i data per svariati motivi.

I principali scopi per cui è partita la rincorsa mondiale alla costruzione di questi impianti, sono l’e-commerce, l’intelligenza artificiale, la cyber sicurezza e la questione militare.

Immagazzinare tutti questi dati ha un costo ambientale ed energetico, perché sono impianti ad alto consumo energetico e hanno bisogno di una enorme quantità di acqua per il raffreddamento dei server stessi, oltre ad altre questioni ambientali “secondarie” come il forte consumo di suolo, le emissioni nocive dai generatori di emergenza, la creazione di Isole di calore per le altissime temperature sprigionate, oltre a veri e propri rischi batteriologici come il rischio Legionella, dovuto ai sistemi di raffreddamento ad acqua.

Gli investimenti nei data center e nell’intelligenza artificiale sono uno dei primi settori di investimento delle Big Tech e di buona parte della finanza e sono motivo ulteriore di scontro tra potenze imperialiste, per il dominio in un settore del tutto cruciale per la produttività sul lavoro.

Negli USA, paese leader a livello mondiale nella corsa ai data center, dove il boom degli investimenti è cominciato subito dopo il covid, sono già nati i primi problemi, il fortissimo consumo di energia ha creato non pochi problemi di mancanza di corrente per le popolazioni, oltre ad aver spianato la strada alla costruzione di nuove centrali a fossile e nucleare per poter garantire l’energia necessaria.

Microsoft, una delle principali aziende coinvolte nel sistema DC, per far funzionare i suoi data center, ha annunciato di investire nell’energia dell’atomo quindi in centrali atomiche per poter garantire corrente continua per 24 ore al giorno e per 365 giorni all’anno.

Sempre negli USA e soprattutto in Virginia che è diventata la Valley dei Data Center, non sono pochi i problemi legati all’acqua, con le popolazioni rimaste a secco per i fortissimi prelievi dalle falde.

Dopodiché ci sono altri problemi che si legano indirettamente, come le necessarie infrastrutture ad altissima tensione per poter connettere questi impianti, con un incremento dell’inquinamento elettromagnetico ed un consumo massiccio di energia che porta automaticamente ad un incremento dei prezzi dell’energia e spinge la tendenza inflazionistica.

Tanto per fare un semplice paragone, in Italia, paese dove la corsa agli investimenti dei DC è solo all’inizio, la domanda di energia da parte dei data center esistenti al 2024 ha già superato i 40 GW di potenza, con il 60% concentrati tra Lombardia e Piemonte.

40 GW di potenza di energia sono pari a più di metà dell’energia delle fonti rinnovabili in tutta Italia, visto che a dicembre 2024 la potenza installata, compreso l’idroelettrico, era pari a circa 78 GW. Ma l’energia rinnovabile da solare ed eolico non viene prodotta 24 ore su 24 per tutto l’anno, mentre il consumo dei DC ha questo bisogno continuo.

Un altro esempio molto semplice per capire l’impatto energetico lo si può fare per il progetto attualmente in fase di Valutazione di impatto ambientale del Data Center di Lacchiarella in provincia di Milano, proposto dal gruppo d’investimento americano Pimco.

Questo impianto, dal valore stimato di 3,4 miliardi di euro si preannuncia come uno dei più grandi centri a livello europeo e il più grande a livello italiano, per esso si stima un consumo annuo di circa 2mila GW di energia, pari al consumo annuo di circa 3 milioni di abitanti.

Uno dei paradigmi a cui gli investitori e i proponenti dei vari progetti ci vogliono far credere è che questi impianti andranno solo ad energia rinnovabile e quindi non avranno effetti importanti sulle emissioni ad alto impatto climatico.

A parte che è del tutto difficile in un mercato libero dell’energia, capire da dove viene l’energia prodotta, ma soprattutto è impensabile che gli impianti di energia rinnovabile (solare ed eolico) possano realmente fornire questi numeri, se non a scapito di tutti gli altri settori della società.

Tanto per fare un paragone, sempre sull’impianto della Pimco di Lacchiarella, i 2mila GW di consumo annuo, avrebbero bisogno di circa 130 chilometri quadrati di pannelli fotovoltaici, pari circa ai due terzi dell’estensione dell’intera Milano. Ma in Italia non esiste solo il progetto citato, sono decine i progetti presentati in fase di valutazione, oltre ai centri già esistenti. La gran parte dei progetti interessa il territorio della Lombardia e in particolar modo la fascia tra le province di Milano, Pavia e Lodi. Ovviamente stiamo parlando di progetti di grande scala (Hyperscale), che per questi territori sono del tutto una novità.

L’energia rinnovabile prodotta in Italia servirebbe fondamentalmente in buona parte proprio per queste infrastrutture private considerate strategiche.

Se dobbiamo parlare di strategicità dobbiamo capire che non sono di sicuro strategiche per le popolazioni, visto che tutti i progetti sono collegati direttamente o indirettamente alle Big Tech americane e ai colossi della logistica a stelle e strisce.

Microsoft in Italia ha investito 4,3 miliardi di euro nei data center per il 2027 ed è pronta a raddoppiare gli investimenti, mentre Amazon ha investito 1,2 miliardi di euro per un data center sempre nel milanese a Rho – Pero.

Riuscire a fornire energia a tutti questi progetti avrà costi ambientali e sociali altissimi, tanto che Terna nel piano di sviluppo 2025-2026 propone importanti investimenti proprio per garantire le infrastrutture necessarie per far funzionare questi data center. Parliamo di potenziamenti e nuovi cavi sottomarini dei paesi nordafricani, oggetto proprio del piano coloniale Mattei tanto voluto dalla Meloni. Oltre a questi investimenti con l’estero, Terna propone fortissimi investimenti anche per tutto il territorio nazionale, proprio nell’ottica di fornire energia per i data center. Un’ampia parte del Piano di sviluppo si concentra su queste infrastrutture. A detta della stessa Terna, gli investimenti in parchi eolici e fotovoltaici nel meridione italiano, spesso oggetto di contestazione popolare per la fortissima speculazione, serviranno proprio per garantire l’energia ai data center attorno alla fascia della zona di Milano.

In parole povere, un nuovo modello di sviluppo diseguale tra nord e sud, dove al nord si concentrerà la nuova frontiera economica delle Big Tech e dell’intelligenza artificiale, mentre il meridione resterà sempre più povero senza reali sviluppi industriali, se non queste speculazioni ad alto impatto energetico.

Serve forse porsi una seria domanda. Che senso hanno tutti questi impianti di energia green se serviranno solo per i colossi di logistica ed elaborazione dati?

Che tornaconto avranno le popolazioni, tutti i cittadini e i lavoratori? La risposta è semplice: non ci sarà nessun beneficio e pagheremo ancor di più l’energia.

Diciamolo pure: sotto il capitalismo i data center e l’intelligenza artificiale sono solo un costo sociale per tutti i lavoratori e i più poveri.

La svendita dei nostri territori da parte del governo Meloni è del tutto irrazionale, perché fondamentalmente è irrazionale il modello dei data center sotto il capitalismo. Per il profitto di un manipolo di persone al mondo, vengono scardinati tutti gli obbiettivi della lotta al cambiamento climatico, oltre ad una generalizzazione della povertà e a un irrazionale uso dell’energia rinnovabile, con la conseguenza di un aumento dei prezzi dell’energia per i meno abbienti. E se il problema dei prezzi dell’energia resta prioritario in Italia e in Europa, proprio per lo scontro imperialista in atto, il Governo Meloni ha ben pensato di agevolare i settori energivori con prezzi calmierati tramite il decreto Energy Release. In parole povere, le imprese ad alto consumo enegertico avranno prezzi inferiori se investiranno in rinnovabili o se acquisteranno da terzi energia prodotta da impianti green. Non è un caso che proprio Microsoft abbia stipulato in Italia tre contratti a lungo termine (Power Purchase Agreement – PPA) con società che producono energia rinnovabile. Un modo per avere prezzi inferiori. La mossa della Meloni con l’Energy Realase è l’ulteriore schiaffo ai lavoratori sempre più in difficoltà per i prezzi dell’energia, mentre i settori ad alto impatto energetico e climatioco guadagneranno sempre di più.

Le politiche dei liberisti e dei riformisti non si scostano molto dai sovranisti nostrani, ambedue gli schieramenti plaudono allo sviluppo dei data center e dell’intelligenza artificiale. Le differenze di veduta sono veramente sottili e al massimo si litiga su quali amici possano investire e sventrare i territori. In Lombardia, un partito come il PD non ha ancora detto niente sullo sviluppo di queste infrastrutture e nelle varie amministrazioni o istituzioni avalla completamente i vari progetti. Ovviamente non ci aspettiamo nulla da un partito come il PD che è completamente piegato alle logiche del capitalismo e della gentrificazione.

Solo i cittadini, i lavoratori, i movimenti per il clima e per l’ambiente, devono immediatamente discutere di questo modello prima che sia troppo tardi e intraprendere un serio percorso di lotta che sappia coniugare la questione climatica e ambientale con la questione della perdita del potere d’acquisto a causa dell’inflazione, oltre alla questione della difesa del posto di lavoro minacciato dallo sviluppo dell’intelligenza artificiale.

I cittadini e i movimenti devono prendere il coraggio di rimpossessarsi dell’arma della politica per discutere di un nuovo modello di sviluppo basato non sul profitto e la distruzione ambientale.

L’intelligenza artificiale è una importante tecnologia per liberare l’umanità dal peso del lavoro, ma può essere sviluppata solo ed esclusivamente fuori dalle logiche del capitale, del profitto e dei mezzi di produzione in mano privata.

Sotto al capitalismo, l’intelligenza artificiale sarà solo barbarie, come è barbarie il cambiamento climatico, nonostante le tecnologie esistano ma non vengono sfruttate nel nome dell’umanità ma solo per i profitti di una minoranza.

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