CORONAVIRUS – L’epidemia è un’emergenza, ma la catastrofe è il capitalismo
11 Marzo 2020Nella battaglia contro il virus non siamo tutti sulla stessa barca
11 Marzo 2020Il COVID 19 allontana i clienti stranieri dall’Italia mentre all’estero i lavoratori italiani in trasferta spesso sono visti con diffidenza e rischiano di finire in quarantena. È la situazione tipica delle aziende del packaging bolognese.
IMA azienda di punta del settore e che dal 2008 ha visto una crescita impetuosa mentre in generale il settore metalmeccanico ha visto una progressiva perdita dei posti di lavoro, oggi, di fronte al rallentamento dei profitti basati al 95% sull’export, sceglie di preoccuparsi della salute dei propri dipendenti mettendoli in ferie obbligate per 3 settimane o in cassa integrazione se e quando il governo dovesse imporla per decreto. Non saranno tutti coinvolti, c’è della produzione da portare avanti – del resto il governo tutto ha vietato tranne che rischiare di ammalarsi al lavoro – chi in fabbrica e chi in smart working.
Le misure per evitare assembramenti sono state prese, quindi distributori del caffè spenti, pasto in mensa sostituito da un paio di panini e acqua e posti a sedere ridotti per evitare quella vicinanza che, con tutte le cautele possibili, è difficile mantenere rigidamente negli uffici e reparti quando si produce.
Che siano ferie imposte o cassa integrazione, questi strumenti che stanno sì nelle regole, negli accordi o nei decreti, ma tutto a carico dei lavoratori. La FIOM ha dichiarato che tutte le sue strutture sono impegnate ad evitare iniziative unilaterali delle imprese lesive dei diritti contrattuali compreso l’utilizzo delle ferie maturate nell’anno. E la FIOM a Bologna all’inizio della crisi del 2008 riusciva a fare accordi di cassa integrazione con l’integrazione salariale al 100% da parte delle aziende e il completo riconoscimento dei ratei (ferie, TFR…).
Questo deve essere tuttora la rivendicazione in IMA, utilizzare i profitti del nostro lavoro per assicurare la nostra salute.