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È passato un mese dal giuramento del governo Conte (bis), ma il “governo più a sinistra della Repubblica”, come lo ha definito Giorgia Meloni in un raro momento di umorismo, pare già in piena crisi senile.
Mentre scriviamo è appena stata approvata la nota economica aggiuntiva, primo atto che definisce le intenzioni future del governo.
Dopo aver promesso tutto a tutti, dal taglio delle tasse ai finanziamenti alle imprese, dal sostegno alla scuola alla svolta ecologica, Conte e i suoi ministri hanno fatto qualche somma e hanno deciso che l’unica soluzione fosse quella di parlare d’altro.
Fumo a manovella, quindi, alla massima forza. La futura manovra economica assommerà a 31 miliardi di nulla. Dal lato della spesa, il pezzo più grosso sono i 23,1 miliardi per neutralizzare gli aumenti dell’Iva. Si aggiungeranno le solite “spese indifferibili” (circa 4 miliardi) e 2,7 miliardi di taglio del cuneo fiscale a luglio 2020.
Per quanto riguarda le entrate, 14 miliardi verranno fatti in deficit, previa trattativa con Bruxelles, mentre altri 7 miliardi dovrebbero provenire da una “lotta straordinaria all’evasione fiscale”, una cifra mai raggiunta e del tutto irrealistica.
Si aggiungono poi 3,5 miliardi di tagli alla spesa, divisi a metà fra “spending review” (che sono i tagli, ma in inglese) e la revisione delle riduzioni o esenzioni fiscali; quali, al momento, non è dato sapere.
Non una lira di investimenti reali, quindi, ma tagli per i servizi sociali, per la sanità, per la scuola (a proposito, dov’è finito il ministro Fioramonti, che ha promesso le dimissioni se non si mettono almeno 2 miliardi in più per l’istruzione?), tanto che anche i sindaci, sentendo odore di bruciato, hanno aperto un fuoco di sbarramento preventivo contro eventuali tagli ai bilanci comunali.
Certo il taglio del Irpef interessa a milioni di lavoratori, ma la cifra è irrisoria: se anche venisse interamente indirizzato ai lavoratori dipendenti, sarebbe un taglio pari all’1,8 per cento del gettito, che peraltro verrebbe come minimo dimezzato dai contemporanei tagli alla spesa pubblica e quindi ai servizi sociali di cui ancora beneficiamo. Briciole.
Il documento approvato prende tempo e promette ben 23 provvedimenti collegati, dal “Green New Deal” al sostegno alle famiglie, dal cuneo fiscale alla riforma del catasto (altre tasse in arrivo sulla casa?) e alla revisione dei ticket sanitari… altrettanti titoli che però, come si è detto, godranno di scarsa o nulla copertura economica.
Con il tocco di surrealismo che distingue Conte, il documento prevede che la crescita economica, ferma nel 2019 allo 0,1 per cento, passi allo 0,6 nel 2020, proprio mentre il mondo si avvia a una nuova recessione! Insomma, il 2019 non è stato “l’anno meraviglioso”, ma vedrete il prossimo…
I conti del governo non tornano neanche sul piano politico, considerato che la scissione di Renzi dal Pd conficca un altra spina nel suo fianco destro. La sinistra parlamentare è schiacciata sulla coalizione e non osa fiatare, ma sul fronte destro alla opposizione frontale, scontata, di Salvini vanno sommati i mal di pancia della destra dei 5 Stelle e, soprattutto, le incursioni di Italia Viva, che ha già aperto una guerra di logoramento contro il Pd e il governo.
È fin troppo facile capire che, come tutti i governi di centrosinistra degli ultimi 25 anni, anche questo verrà fatto cadere da destra non appena la sua crisi sia arrivata a piena maturazione. E non ci vorranno degli anni.
Di fronte a questo quadro, risulta del tutto assurda l’apertura di credito fatta da Landini nei confronti di Conte, invitato a un confronto alla festa della Cgil a Lecce (prima volta dal 1996, governo Prodi!) per un dibattito che a tratti pareva una danza di corteggiamento nuziale.
Di promesse mirabolanti i lavoratori e i giovani ne hanno sentite troppe in questi due anni, e il compito della Cgil non è quello di spargere illusioni, ma di agire con coerenza per mobilitare i lavoratori nella difesa dei loro interessi.
1 ottobre 2019