Se una soluzione all’interno del sistema è impossibile, allora dobbiamo cambiare il sistema
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Nella situazione politica italiana c’è un prima e un dopo il 15 marzo. Quella giornata, dove centinaia di migliaia di giovani sono scesi in piazza contro i cambiamenti climatici, ha espresso tutta la rabbia di un’intera generazione che covava sotto la superficie. L’azione collettiva ha superato l’isolamento e la rassegnazione che sembrava regnare incontrastata.
La fine delle illusioni nutrite da tanti lavoratori e giovani rispetto al governo gialloverde (e soprattutto rispetto al M5S) non ha portato affatto alla passività. “Se con il voto non è cambiato nulla, allora forse è il momento di scendere in piazza”. Dal terreno elettorale assistiamo allo sviluppo della radicalizzazione sul terreno dell’azione e, come spesso è successo nella storia, a mobilitarsi per prime sono le giovani generazioni, coloro che sentono in misura minore il peso delle sconfitte precedenti.
Le piazze del 15 marzo non sono state un fuoco di paglia. Solo due settimane dopo, il 30 marzo a Verona, in decine di migliaia hanno protestato contro il Congresso mondiale della famiglia, un’orgia di reazione e oscurantismo sponsorizzata da Lega e Vaticano. La combattività espressa in quel corteo non si vedeva da tempo: la maggioranza dei manifestanti invocava un cambiamento del sistema sia economico che politico.
Crediamo che il filo che ha legato il 15 marzo alla manifestazione di Verona non si spezzerà. Continuerà a dipanarsi anche il 25 aprile e il primo maggio, per giungere al 24 maggio quando è in programma il secondo sciopero mondiale sul clima. Nella settimana precedente e in quelle successive Cgil, Cisl e Uil hanno inoltre programmato (finalmente!) una serie di scioperi e manifestazioni: dallo sciopero dei lavoratori della scuola (17 maggio) passando per la manifestazione nazionale del lavoratori del pubblico impiego (8 giugno), fino allo sciopero nazionale dei metalmeccanici del 14 giugno.
Dobbiamo impegnarci a fondo per l’unificazione di queste lotte, ed in particolare perché in occasione del 24 maggio le organizzazioni sindacali convochino un vero sciopero generale. L’unità tra studenti e lavoratori è decisiva: bloccare il paese farebbe compiere un salto di qualità sia al movimento “Fridays for Future” sia alla lotta contro il governo.
Un governo che, se non deflagrerà prima per le contraddizioni interne, procederà nell’autunno a un attacco a tutto campo nei confronti dei lavoratori e dei giovani. Di tutte le promesse fatte prima del 4 marzo di un anno fa, rimane infatti solo la propaganda razzista e l’arroganza di Salvini. Il Documento di economia e finanza approvato dall’esecutivo nei giorni scorsi parla chiaro. Per far quadrare i conti servono 47 miliardi in due anni: si devono trovare con la “spending review” (leggi: tagli alla spesa) e le privatizzazioni. “Un bagno di realismo del governo”, così ha definito il Def il presidente di Confindustria Boccia.
È presumibile che tali misure verranno applicate con solerzia da Salvini, colui che si appresta, dopo le elezioni europee, ad essere il padrone incontrastato dell’esecutivo. L’ossessione di Salvini è la Flat tax, il simbolo di un sistema dove i ricchi devono diventare sempre più ricchi, lasciando tutti gli altri sprofondare nella miseria.
Il 15 marzo ha acceso una miccia nella società italiana e le provocazioni del leader della Lega potrebbero farla esplodere. In questo ragionamento ci guida l’ottimismo della ragione, la consapevolezza che le contraddizioni di classe (causa ultima di tutte le altre contraddizioni, da quella ambientale a quella di genere), esacerbatesi a livello internazionale, avrebbero portato inevitabilmente a uno scontro.
Il pessimismo della miopia riformista avvolge invece ciò che rimane della vecchia sinistra. I programmi delle liste per le elezioni europee sono lontani anni luce da rappresentare ciò che si sta muovendo nella società e stancamente ripropongono per l’ennesima volta una impossibile riforma dell’Unione Europea. Un’Unione che invece è stata l’architrave delle politiche di austerità, di attacco ai diritti e della distruzione dell’ambiente. Sono liste infarcite di vecchi catorci che hanno condotto a una sconfitta dopo l’altra ogni coalizione elettorale in questi ultimi dieci anni. In ben due circoscrizioni su cinque, i capilista de “la Sinistra” sono fuoriusciti dal Pd, compresa la nipote di Prodi, che sostiene tuttora la giunta regionale (Pd) dell’Emilia-Romagna!
È giunto il momento che il vento delle lotte di questa primavera spazzi via questa aria stantia del riformismo. La risposta è nelle piazze, il cambiamento è nella lotta.
Sullo sviluppo del conflitto di classe investiamo tutte le nostre forze. La lotta per vincere ha però bisogno di
un’analisi, di un programma e di un organizzazione. Sinistra Classe Rivoluzione difende il metodo dell’analisi marxista, propone un programma rivoluzionario, che rompa con le compatibilità del capitalismo, e considera ineludibile la costruzione di un partito dei lavoratori che coaguli la maggioranza della società, gli sfruttati, contro la minoranza di sfruttatori.
Organizzati assieme a noi!
15 aprile 2019