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Il 25 APRILE
 nelle lotte di ieri e di domani

Un 25 aprile soporifero e anestetizzato, questo preparano le istituzioni e i partiti governativi: non sia mai che qualche rumore di piazza venga a turbare la precaria esistenza del governo Gentiloni. E, almeno in superficie, pare che anche a sinistra non ci sia grande spinta a rompere questa conformistica quiete.
Da sempre i rappresentanti dello Stato e della borghesia hanno tutto l’interesse a svuotare di contenuti questa data. Da decenni, le celebrazioni ufficiali sono fatte da picchetti di carabinieri, deposizioni di corone e vuoti discorsi sul “secondo Risorgimento”, la “Patria” e l’unità nazionale. Poco importa se a fare questi discorsi sia un politico democristiano (come è accaduto per 50 anni), un sindaco di destra o un dirigente dell’Anpi. Questi discorsi, per anni, non hanno fatto altro che narcotizzare questo anniversario, nascondendo in particolare ai giovani il suo carattere ribelle e di lotta e rendendolo inoffensivo.
Se da una parte le Istituzioni, l’Anpi e il Pd ci propongono le solite celebrazioni ingessate, retoriche e patriottiche, dall’altra parte sembra mancare nelle organizzazioni della sinistra antagonista (sindacati, comitati, collettivi, ecc.) lo slancio per costruire una campagna che faccia del 25 aprile una giornata di lotta, combattiva e partecipata.
Fra quelli che parleranno dai palchi, che scriveranno editoriali o faranno prediche “democratiche” in occasione della festa, ci saranno tutti quelli varano leggi liberticide e razziste, che demoliscono ogni giorno i nostri diritti nel lavoro, nella scuola, che saccheggiano e privatizzano tutto ciò che è pubblico… Sono quelli che comandano le cariche contro chi si oppone alla Tap in Salento, quelli che impediscono con i fermi, gli arresti e le diffide di manifestare come accaduto a Roma il 25 marzo, e potremmo continuare a lungo.
Chi oggi vuole un 25 aprile di lotta deve riscoprire il vero contenuto rivoluzionario della guerra di Liberazione, per anni tenuto nascosto coscientemente dallo Stato e dai capi della sinistra riformista. La Resistenza è stata un movimento di massa (al Nord come al Sud) che si batteva non solo per cacciare i nazifascisti, ma per trasformare tutta la società. Gli operai che avevano dato il via alla riscossa con gli scioperi del 5 marzo 1943 di Torino e Milano lottavano contro i fascisti e contro la guerra, ma anche contro i padroni e per il socialismo. Anche al sud (dove il popolo di Napoli aveva cacciato da solo i nazisti) la lotta era rivoluzionaria: inazisti non c’erano più, ma c’era ancora lo sfruttamento, nelle fabbriche e nelle campagne, sotto la tutela di Badoglio, dei Savoia e degli Alleati e anche lì gli operai occupavano le fabbriche e i contadini le terre. Gli scioperi dell’aprile del 1944 furono i più grandi nell’Europa occupata, gli operai che paralizzarono le fabbriche, i partigiani che liberavano le vallate non misero in gioco la libertà e la vita per sostituire al regime fascista una semplice facciata democratica, dietro la quale continuassero a governare i padroni di sempre.
È questo il vero contenuto del 25 aprile e, per quanti sforzi facciano, è impossibile cancellare dalla coscienza popolare il significato della festa della Liberazione: il ricordo di chi ieri lottò contro il fascismo, il nazismo e contro la borghesia che li aveva messi al potere è da sempre un incoraggiamento per chi lotta oggi contro questo sistema.
È successo durante tutti gli anni ‘70. Dopo il lento riflusso degli anni ‘80, che sembrava avere svuotato questa data, improvvisamente il 25 aprile risorse nel 1994, quando 500mila persone sfilarono per ore a Milano per il 25 aprile contro il neo-eletto governo Berlusconi alleato alla Lega e al Msi. E in tutti gli anni successivi, ogni volta che nella società si è riacceso il conflitto, le piazze del 25 aprile lo hanno mostrato chiaramente.
Forse dormono i capi della sinistra riformista e dei sindacati, ma fra la massa dei lavoratori e dei giovani non si dorme affatto. Il referendum del 4 dicembre ha mostrato la rabbia di milioni di persone contro il Governo del Pd e i padroni che lo sostengono, ma le cose non si sono fermate lì. Abbiamo visto ritornare l’8 marzo come una vera giornata di lotta, con decine di migliaia di persone nelle piazze contro la violenza sulle donne e contro una condizione sempre più intollerabile. Piazze piene soprattutto di giovani e di giovanissimi, altro che “generazioni senza futuro”: una generazione che ha una coscienza chiarissima del fatto che il futuro se lo dovrà conquistare con la lotta
Siamo certi che li troveremo tutti in piazza il 25 e, soprattutto, nelle lotte che si preparano.

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