La Saeco non si tocca! La voce dei delegati Fiom
4 Gennaio 2016In memoria di Guido Picelli
5 Gennaio 2016In un articolo sulla prima guerra mondiale, Lenin una volta osservò che “la società capitalista è ed è sempre stata orrore senza fine”. Nel discutere lo sviluppo iniziale del capitalismo nel suo classico, il Capitale, Marx ha affermato che nel momento in cui si impone nella Storia il “capitale viene al mondo grondante sangue e sporcizia dalla testa ai piedi, da ogni poro.” Nello stesso libro, Marx ha affermato che “Il capitale è lavoro morto, che si ravviva, come un vampiro, soltanto succhiando lavoro vivo e più vive quanto più ne succhia.”. Nello stesso capitolo, Marx paragona la ricerca di plusvalore dei capitalisti a una “fame da lupo mannaro”.
Armati della comprensione marxista della società e della conoscenza delle enormi potenzialità di un mondo migliore, questi uomini hanno visto il capitalismo per quello che era: un orrore. L’identificazione compiuta tra il folklore antico e le storie di epoca vittoriana su vampiri, lupi mannari e Uomo Nero e i crimini, le ingiustizie e gli enormi sprechi del capitalismo non è sorprendente, è una sensazione inconsciamente condivisa da milioni di persone e riflessa nella popolarità del genere horror sin dall’inizio della storia del cinema.
Quali che siano state le intenzioni che stanno dietro la produzione di questi film, essi hanno inevitabilmente avuto la tendenza ad agire come uno specchio che riflette le ansie e le paure del tempo in cui erano calati. I film che hanno coinvolto la maggior parte degli spettatori sono invariabilmente quelli che sembravano più familiari e facilmente riconoscibili, non importa quanto sia fantasiosa la storia descritta. In questo senso non è un caso che sia possibile rintracciare diversi momenti di agonia del capitalismo nel secolo scorso all’interno dei film horror più popolari.
L’orrore per far terminare tutti gli orrori
Le primissime case cinematografiche già produssero alcuni horror, ma non è stato che all’indomani della Prima guerra mondiale che il genere ebbe veramente un successo di pubblico. La Prima Guerra Mondiale rappresentò un punto di svolta storico nello sviluppo del capitalismo. Mentre in precedenza il capitalismo aveva sviluppato i mezzi di produzione a un livello inimmaginabile in una società pre-capitalistica, alla fine del secolo diciannovesimo aveva cominciato a raggiungere i suoi limiti. Le grandi potenze imperialiste avevano esaurito i loro mercati nazionali e cercavano disperatamente nuovi mercati da sfruttare. Grandi potenze come la Gran Bretagna e la Francia si erano già ampiamente suddivise il mondo coloniale lasciando il capitalismo tedesco con poca altra scelta se non quella di attaccare i suoi vicini continentali.
Questo è stato l’inizio della “guerra fatta per porre fine a tutte le guerre“, un’esperienza di vita orrorifica che ha provocato un profondo impatto sul successivo sviluppo umano. Il capitalismo ha concretamente dimostrato al mondo intero che non era più un sistema in crescita, ma un sistema in crisi che minacciava di trascinare tutta l’umanità con sé verso l’abisso. La guerra ha portato alla distruzione delle immense distese dell’Europa; ha causato la morte di più di 16 milioni di persone, quasi la metà delle quali erano civili; e ha lasciato milioni di soldati segnate a livello psicologico e fisico dalla carneficina.
In Russia, la guerra finì grazie a una vittoriosa rivoluzione proletaria guidata dal Partito Bolscevico. In Germania, la rivoluzione del 1918, portando la guerra a una battuta d’arresto, in ultima analisi fallì il suo obiettivo storico di istituire un governo dei lavoratori che avrebbe potuto iniziare la costruzione di una nuova società e salvare la rivoluzione russa dall’isolamento. Gli anni successivi in Germania videro un’esplosione nel cinema, anche del genere horror.
Importanti film espressionisti come Il gabinetto del dottor Caligari (1920) e Nosferatu (1922) andarono a incidere nel disagio psicologico e nell’insicurezza radicata nella Germania del dopoguerra. Sconvolgimenti rivoluzionari e battute d’arresto controrivoluzionarie in combinazione con crisi economiche caratterizzarono questo periodo della storia tedesca. Tra il vampiro strisciante che uccideva decine di persone nel sonno (Nosferatu) e il sonnambulo manipolato al fine di fargli commettere un omicidio per volere di un dottore pazzo (Il gabinetto del dottor Caligari), i film hanno sottolineato il sentimento di molti lavoratori tedeschi che erano stati ingannati e spinti dalla classe dominante – e anche dai propri leader tedeschi del Partito socialdemocratico – a partecipare a una strage reazionaria.
Il danno psicologico e fisico che la guerra aveva causato a chi vi partecipò venne anche illustrata graficamente dall’artista Otto Dix, che pubblicò una raccolta di 50 incisioni dal titolo Der Krieg (La guerra). L’assistere in prima persona alle brutalità della guerra aveva lasciato molti soldati a lottare per adattarsi alla “vita normale” al loro ritorno dal fronte. Questo elemento ha trovato la sua espressione in una serie di film horror del 1920 che si concentravano su mostri basati su personaggi alle prese con i propri demoni interiori. Nel solo 1920, due adattamenti di Dr. Jekyll e Mr. Hyde vennero prodotti negli Stati Uniti e un altro adattamento tedesco dal titolo La testa di Giano venne diretto da Murnau, lo stesso regista come Nosferatu.
Il decennio ha prodotto altri film che raffiguravano personaggi fisicamente sfigurati e psicologicamente torturati come Il gobbo di Notre Dame (1923) e Il fantasma dell’opera (1925), entrambi interpretati da Lon Chaney, una delle prime stelle del film horror.
La Grande Depressione
Il crollo del mercato azionario del 24 ottobre 1929 inaugurò la più profonda crisi del capitalismo che il mondo avesse mai visto. I conseguenti disagi vissuti da milioni di lavoratori portarono a un cinismo diffuso e a una messa in discussione profonda della società. Negli Stati Uniti, Hollywood svolse un ruolo non marginale nel tentativo di rafforzare la fiducia nella società capitalistica: “Nessun altra categoria dei media ha contribuito più dei film a mantenere alto il morale della nazione in un periodo caratterizzato da rivoluzioni, sommosse e disordini politici in altri Paesi”, dichiarò William Hays, a capo della Motion Picture Producers and Distributors Association. Ma la popolarità dei film horror in quella fase rifletteva anche una prospettiva desolante che fu caratteristica della psicologia americana fino alla ripresa del movimento di massa dei lavoratori alla metà degli anni ‘30. Si inaugurò anche la presenza di film horror nelle produzioni commerciali più mainstream, cosa che portò alla produzione di molti sequel.
Molti dei film degli anni ‘30 continuarono ciò che le pellicole degli anni ‘20 avevano iniziato. Il segreto del Tibet (1935) seguì le orme di Dr. Jekyll e Mr. Hyde e Dracula (1931) riprese Nosferatu. Anche White Zombie (1932), che fu il primo film di zombie degno di nota, è stato per molti versi un eco de Il gabinetto del dottor Caligari. Bela Lugosi, protagonista di Dracula e White Zombie, fece il suo debutto in Ungheria, dove partecipò alla rivoluzione del 1919. Per le sue idee radicali (fondò il sindacato degli attori e militò nel partito comunista) fu costretto a fuggire nel periodo della controrivoluzione e si diresse a Hollywood, dove lanciò la sua carriera di “uomo nero” nel corso degli anni ‘30 e ‘40 insieme a Boris Karloff.
Frankenstein (1931), interpretato da Boris Karloff, e L’Isola delle Anime Perdute (1932), interpretato da Lugosi, si concentrano su orrori che l’umanità poteva evocare già da sé stessa. Liberamente ispirato al romanzo di Mary Shelley, Frankenstein, il film raffigura un mostro che è stato portato alla vita da un medico pazzo, e poi abbandonato e rifiutato dal mondo da cui cercava comprensione. Al momento della sua uscita, la disoccupazione negli Stati Uniti era quasi raddoppiata in un anno. Inoltre si era sviluppato il fenomeno di un gran numero di lavoratori immigrati in cerca di sopravvivenza aggiunto al sentimento diffuso di rifiuto e di alienazione.
Ne L’isola delle Anime Perdute, un adattamento de L’isola del dottor Moreau di HG Wells, il medico trasforma gli animali in esseri umani, ma questi sono esseri incompleti, metà umani e metà animali. Riflettendo il disagio della classe operaia della prima metà del decennio, le creature del dottor Moreau sperimentano la complessità emotiva e cognitiva degli esseri umani, ma vengono trattate come animali su cui condurre esperimenti. Il film termina con la morte del dottor Moreau per mano di coloro che torturava.
Un altro film, La Partita Pericolosa (1932), ha espresso l’antagonismo di classe del tempo in un modo molto più evidente, trattando di un aristocratico russo che gode ad andare a caccia di esseri umani per sport. Il film si conclude acutamente con l’aristocratico che viene sbranato dai suoi stessi cani da caccia, mentre i protagonisti riescono a fuggire.
Nel 1934 la classe operaia americana stava riprendendo energia e fiducia. Tre scioperi generali (Oakland in California, Minneapolis e Toledo in Ohio) inaugurarono un nuovo periodo di rinascita del movimento dei lavoratori nella forma del Congress of Industrial Organizations.
Gli stati d’animo negativi di morte e distruzione erano stati sostituiti da stati d’animo di ribellione, e questo può spiegare lo spostamento di Hollywood verso una svolta commerciale nel genere horror che durò per i decenni successivi.
La moglie di Frankenstein (1935), Il figlio di Frankenstein (1939), Il terrore di Frankenstein (1942), Frankenstein contro l’uomo lupo (1943), e House of Frankenstein (1944) incarnano quell’epoca fino a diventare un modello del genere horror: dei sequel, remake e spin-off, tutti di qualità inferiore. Altri film come Il fantasma di mezzanotte (1939) e Zombies a Broadway (1945) hanno introdotto la commedia nel genere horror in un momento in cui orrori e atrocità reali venivano vissuti e sperimentati su scala mondiale sotto la forma della seconda guerra mondiale.
L’Horror nell’era nucleare
Pur mantenendo gran parte del loro carattere commerciale acquisito negli anni ‘40, molti dei film horror degli anni ‘50 si rivolsero alla contaminazione con il campo della fantascienza, trattando di timori circa gli effetti delle radiazioni, mostri preistorici, esperimenti scientifici andati male o invasori dallo spazio.
Godzilla (1954), che è stato prodotto in Giappone, riflette l’impatto psicologico del lancio della bomba atomica e il bombardamento a tappeto di molte città giapponesi. Il mostro preistorico Godzilla è resuscitato da test nucleari nel Pacifico e semina il terrore, infuriato, per le strade di Tokyo. Forse in nessun altro luogo si sarebbe potuta comprendere l’idea della distruzione completa di una città in una sola notte tanto quanto accadde in Giappone: il film venne prodotto meno di un decennio dopo il criminale bombardamento atomico su Hiroshima e Nagasaki, che rase al suolo entrambe le città e cancellò dalla faccia della Terra quasi 250.000 persone. Inserendosi nel contesto di paura di una guerra nucleare, il film divenne un successo internazionale e diede il via a tutta una serie di sequel e di altri film appartenenti al filone del “big monster” come Them! (1954) e Tarantula! (1955).
La cosa da un altro mondo (1951) fu uno dei primi film a confrontarsi con il tema degli invasori alieni, un tema diventato poi comune con lo svilupparsi della corsa allo spazio. Più tardi, Blob (1958) rappresentò una creatura aliena che interrompe la vita tranquilla e, infine, avvolge nelle sue spire una tipica città di periferia degli anni ‘50.
In L’invasione degli ultracorpi (1956) le spore di piante aliene piovono sulla città, creando dei cloni di persone privi di emozioni. È stato interpretato da alcuni come un film di destra, che voleva rappresentare il conformismo senz’anima che esisteva nell’Unione Sovietica stalinista, ma molti a sinistra videro nel film il conformismo senz’anima che stava divorando gli USA durante il maccartismo.
Il filone del Supernatural Horror
Come il boom del dopoguerra raggiunse il suo picco negli anni ’60, ci fu uno spostamento verso il filone dell’horror soprannaturale. Molti dei film cominciarono a trattare di fantasmi, streghe, culti satanici, possessioni demoniache. La metà degli anni ‘60 è stato il momento storico di maggiore sviluppo della fede religiosa negli Stati Uniti, poichè la fede in Dio veniva propagandata per differenziare il Paese dall’Unione Sovietica dei “senza Dio”.
Quasi a preludio dei movimenti giovanili della fine degli anni ‘60, molti dei film cominciarono anche a mettere in evidenza il conflitto intergenerazionale, un tema che ha continuato a svilupparsi fino ad oggi. Psycho (1960) è forse l’esempio per eccellenza di questo processo. Il film inizia come un tipico thriller alla Hitchcock, con una donna che ruba una grossa somma di denaro dal suo datore di lavoro e parte per la California. Lungo la strada incontra Norman, il giovane, sensibile ma goffo custode del Bates Motel. La madre di Norman, che si scoprirà poi essere in realtà deceduta da anni e dunque esistere soltanto nella mente del ragazzo, è possessiva e assolutamente gelosa di chiunque possa portare lontano da lei l’attenzione del figlio.
Gli Invasati – The Haunting (1963) ci mostra una giovane donna che entra a far parte di un team di investigatori del paranormale in una vecchia casa infestata dopo la morte della madre, malata da tempo, che lei ha curato per gran parte della sua vita (e il personaggio riecheggia la figura di Norman Bates).
Alfred Hitchcock si è cimentato di nuovo con il genere horror nel 1963 con l’opera Gli Uccelli. Il film crea una atmosfera inquietante con la sua totale assenza di musica. E anche noto come uno dei primi film a trattare di avvenimenti inspiegabili che sembrano implicare conseguenze in tutto il mondo, in un contesto apocalittico, in contrapposizione con il tema della “furia del mostro che imperversa in città”, popolare negli anni ‘50.
Un piccolo gruppo di persone barricatosi in una casa contro l’orrore che proviene dal mondo esterno, come mostrato ne Gli Uccelli, fu di certo una fonte d’ispirazione per il classico di George Romero La Notte dei morti viventi (1968). Molti temi entrano in gioco in questo film che riflette la polarizzazione politica del tempo. Riferendosi al movimento dei diritti civili, il protagonista principale è un uomo di colore deciso e forte, Ben, che è spesso in contrasto con un uomo bianco patriarcale, Harry, su come difendersi contro gli zombie. Il film è stato prodotto pochi mesi dopo l’assassinio di Martin Luther King, e la morte di Ben, che avviene non per mano di zombie ma per mano della polizia che lo scambia per uno zombie, sembrerebbe rendere omaggio proprio a questo personaggio.
Accanto alla questione delle proteste contro la guerra del Vietnam e del movimento in difesa dei diritti civili, il movimento per i diritti delle donne stava sollevando questioni quali i diritti legati al diritto all’aborto e alla violenza domestica, temi che vennero affrontati in una serie di film nel corso dei decenni successivi. Rosemary Baby (1968) tratta di una giovane casalinga che viene messa incinta attraverso un rituale satanico organizzato dai suoi vicini per far nascere la progenie di Satana. La donna vive la gravidanza in maniera alienata, terrificante, piegata alla volontà altrui, e torturata dal dolore e dalle cattive condizioni di salute. Il film si distingue per costringere il pubblico a identificarsi con la difficile situazione della protagonista femminile.
In seguito, in un modo simile, Carrie (1976) raffigura una ragazza adolescente solitaria ed emarginata che viene presa di mira dai suoi compagni di scuola e che soffre le vessazioni della madre fondamentalista cristiana. Si scopre poi che la ragazza ha poteri telecinetici e li utilizza dunque per vendicarsi sui suoi aguzzini. Si tratta di un film notevole, che porta lo spettatore a identificarsi con i problemi di una ragazzina adolescente.
Altri film importanti degli anni ‘70 sono The Omen – Il Presagio (1976), la storia di un giovane ragazzo che si rivela essere l’Anticristo, e che finisce per essere adottato dal presidente degli Stati Uniti, e L’esorcista (1973), una storia di un giovane ragazza posseduta da un demone. L’Esorcista venne finanziato dalla Fordham University (una scuola gestita dai gesuiti), come sostegno agli insegnamenti superstiziosi della Chiesa. L’università permise alla troupe di filmare nel campus e di utilizzare una cantina come set, e un certo numero di sacerdoti hanno anche recitato nel film.
La fine del boom del dopoguerra
Nel 1973 il boom del dopoguerra raggiunse i suoi limiti, inaugurando una fase di recessione di due anni che ebbe ripercussioni in gran parte del mondo. Negli Stati Uniti fu caratterizzata dal ritorno di una elevata disoccupazione, dalla stagnazione, e dall’attacco contro le conquiste ottenute dal movimento dei lavoratori durante tutto il periodo del dopoguerra.
La recessione di metà anni ’70 ha lasciato il segno in una serie di film dei tardi anni ‘70, in particolare in Zombi (1978) di George Romero, in cui quattro persone trovano rifugio in un centro commerciale abbandonato, dove la soddisfazione di tutti i loro bisogni è a portata di mano. I centri commerciali erano un fenomeno nuovo, in quel momento, e riflettevano la nuova dipendenza del capitalismo dal credito e dal consumismo per mantenere artificialmente in vita l’economia.
Nel 1974 usciva nelle sale il film di Tobe Hooper Non aprite quella porta, che cominciò a introdurre una serie di idee che dovevano poi essere adottate dai film slasher degli anni ‘80. Il film che, come negli anni precedenti accadde con Psycho, è stato ispirato dalla vera storia del serial killer Ed Gein, si concentra su un gruppo di giovani hippies in visita rurale del Texas dalla città. Tra di loro c’è il fratello minore del protagonista, Franklin, che è visto dagli altri personaggi come un fardello dato che è in sedia a rotelle. Secondo molti il personaggio di Franklin aveva lo scopo di rappresentare i soldati mutilati che tornavano a casa dalla guerra del Vietnam. Sulla loro strada i ragazzi incontrano un autostoppista dall’aspetto inquietante che spiega loro la superiorità del suo lavoro manuale – uccidere mucche con una mazza – rispetto al macchinario che avrebbe preso il suo posto. Si scoprirà in seguito che lui è solo uno dei membri di un’intera famiglia di assassini sadici che presumibilmente lavoravano tutti in un mattatoio vicino. Uno per uno gli hippies fanno una fine orribile, fatta eccezione per la “final girl”, ossia la ragazza che sopravvive al massacro, un leitmotiv che sarebbe diventata caratteristica di molti film horror dal 1980 in poi.
Tobe Hooper in seguito girò nel 1982 Poltergeist, che raffigura la vita semplice di una famiglia di periferia che viene bruscamente interrotta dal sequestro della loro giovane figlia da parte di un poltergeist che ha finito per infestare la loro casa. Infine si scopre il motivo dell’infestazione: l’avido imprenditore edile, per cui lo stereotipato yuppie padre di famiglia lavora, aveva costruito il loro quartiere in un cimitero, spostando le lapidi, ma lasciando le bare nel terreno.
Lo squalo di Steven Spielberg (1975) mostra un nuovo capo della polizia sull’isola immaginaria di Amity Beach che ha a che fare con un grande squalo bianco assassino che ha ucciso una serie di persone del luogo. Le tensioni tra personaggi come Hooper, il biologo che vorrebbe che gli squali vivessero tranquilli, e Quint, il rampante cacciatore di squali riflettono la polarizzazione di classe che all’epoca era molto marcata.
Shining (1980) di Stanley Kubrick, un altro adattamento – dopo Carrie – di un romanzo di Stephen King, è brillante nella sua atemporalità. Il film mostra una famiglia che si è spostata a vivere in un hotel infestato dove il padre, Jack, ha in programma di scrivere un romanzo. Come spettri inspiegabili che infestano la famiglia, vengono evocati i ricordi di violenza domestica del padre e l’alcolismo.
Shining è visto da alcuni come un’allegoria del genocidio dei nativi americani per mano dei coloni europei. I riferimenti alla costruzione dell’hotel, avvenuta durante gli attacchi dei nativi americani, la scelta della madre in fatto di abbigliamento, e una osservazione solo apparentemente casuale – ossia il riferimento al “fardello dell’uomo bianco” – sembrerebbero indicare questa possibilità, soprattutto prendendo anche in considerazione il noto perfezionismo di Stanley Kubrick.
L’Horror italiano
Il dopoguerra ha visto anche la nascita del genere horror in Italia, dove lo sviluppo di tensioni politiche caratterizzò un periodo prerivoluzionario lungo almeno una decade. Registi come Mario Bava e Dario Argento hanno prodotto film che sono stati rappresentativi del genere giallo, in cui si confondevano casi misteriosi di omicidi con elementi spesso soprannaturali. Ma vennero prodotti anche film più apertamente politici. Degno di nota è Salò o le 120 giornate di Sodoma di Pier Paolo Pasolini, che raffigura lo sfruttamento orribile e la tortura di figli di contadini sotto il regime di Salò nell’Italia occupata dai nazisti nella seconda parte della Seconda Guerra Mondiale.
Nel 1980, il regista italiano Ruggero Deodato girò Cannibal Holocaust, che ha tutta l’aria di essere una critica dell’imperialismo. Il film racconta la storia di una troupe cinematografica di documentaristi newyorkesi che va nella giungla amazzonica per filmare una guerra tra tribù cannibali. Si scopre poi che la guerra è stata volutamente provocata dalla stessa troupe del film, che ha brutalmente assassinato un membro di una delle tribù con l’intento di suscitare il conflitto. Deodato è stato anche successivamente accusato e costretto a comparire davanti a un tribunale per aver prodotto uno snuff movie – in quanto si erano diffuse delle voci, false, sulla possibilità che il regista avesse utilizzato scene di omicidi reali per il film!
Slashers
A cavallo tra gli anni ’70 e gli anni ’80 abbiamo la nascita del genere slasher negli Stati Uniti, che ha seguito le orme dei film gialli italiani e di film americani precedenti come Psycho e Non aprite quella porta.
Halloween (1978) di John Carpenter, Venerdì 13 (1980) di Sean S. Cunningham, Nightmare – dal profondo della notte (1984) del defunto Wes Craven, ma anche Alien (1979) e Terminator (1984) rappresentano i film quintessenza del genere slasher. Ognuno di questi film vede anche la presenza del leitmotiv della “final girl”, in cui solamente l’ultima superstite (di sesso femminile) riesce a beffare il killer.
Molti di questi film anche stereotipo raffigurano dei giovani adulti che vengono uccisi da assassini solitari, spesso mascherati, a causa del loro uso di alcol o droghe, o perché hanno fatto sesso fuori dal matrimonio. Mentre molti hanno evidenziato un possibile “programma conservatore” dietro la produzione di questi film, questi potrebbero altrettanto facilmente essere visti come prodotti utili ad attrarre i giovani del tempo, che hanno sentito la prepotente pressione dei loro genitori nell’era Reaganiana, una continuazione del tema del conflitto intergenerazionale già toccato in precedenza.
La Casa (1981) di Sam Raimi può essere visto come quasi un’inversione del genere slasher, con un uomo come protagonista principale che combatte contro i suoi amici – in gran parte donne – che, ad uno ad uno, vengono posseduti da una forza malvagia. È stato anche uno dei primi film a introdurre il leitmotiv del “cabin in the wood”, il luogo sperduto nel bosco – spesso uno chalet o una casa – dove si consumano vicende soprannaturali e atroci delitti.
Un film notevole dei primi anni ’90 è Candyman – terrore dietro lo specchio (1992), che si occupa di uno studente che studia una leggenda metropolitana di Chicago, ossia quella di Candyman, un uomo che è stato linciato da una folla razzista e il cui spirito ritorna tra i vivi se dici il suo nome tre volte mentre guardi in uno specchio. Il film traccia una netta distinzione tra le condizioni di vita dello studente – che vive in un condominio di lusso, che si rivela essere uno stabile rinnovato in un progetto di riqualificazione edilizia – e le persone che vivono nel quartiere ghetto di Cabrini-Green, dove la povertà e la criminalità sono sempre presenti.
Il resto degli anni ‘80 e gli anni ’90 sono caratterizzati da una serie di sequel, riflettendo la crescente riluttanza di Hollywood a investire in nuove idee. Un eccezionale esempio è La cosa (1982) di John Carpenter, un remake del film La cosa da un altro mondo (1951). La cosa di Carpenter diverge dall’originale in quanto lo straniero non si incarna in un mostro, ma è qualcosa che può trasformarsi al fine di assomigliare a uno qualsiasi dei membri dell’equipaggio di una base di ricerca in Antartide. L’alienazione e la sfiducia che sconvolgono i personaggi sono forse l’aspetto più terrificante del film insieme agli effetti speciali raccapriccianti.
Nello stesso periodo si sono prodotti commedie horror che sono divenuti capisaldi del genere, come Ragazzi perduti (1987), Ghostbusters (1984), e Sospesi nel tempo (1996) tra gli altri. Essi vivono! (1988), diretto anch’esso da John Carpenter, è stato inteso come una critica al consumismo e al conservatorismo dell’era Reagan. Il film è famoso per una scena – estremamente lunga – di uno scontro tra Keith David e il defunto Roddy Piper, il cui personaggio sta cercando di convincere il suo amico che il mondo è gestito da alieni che possono essere visti solo con degli occhiali da sole speciali.
Nel 1996 il maestro dell’horror Wes Craven tornò alla ribalta con Scream, un film slasher che scandagliava il genere slasher in sé stesso e in maniera autoironica, per cui l’assassino nel film gioca su molti dei leitmotiv di film slasher precedenti. Il film Behind the Mask – Vita di un serial killer del 2006 ha poi portato questo autoreferenziale gioco di autoironia avanti di un altro passo. Il film vede in scena un killer inseguito da una troupe di documentaristi in un mondo in cui assassini come Freddy Krueger, Jason Voorhees e Michael Myers sono reali e sono diventati celebrità. Questa idea è stata ripresa ad un livello ancora più elevato da The Cabin in the Woods – Quella casa nel Bosco del 2012, che fa riferimento abilmente a molti cliché presenti in gran parte del genere horror.
Gli anni 2000 hanno continuato a vedere prodotti film di grande successo che sempre più spesso sono remake di film horror precedenti. Tuttavia, alcune innovazioni nel genere sono degne di nota. 28 Giorni Dopo (2012) ha ad esempio rilanciato la popolarità dei film di zombie, che sono arrivati a dominare l’orrore e il genere apocalittico (al centro di un altro articolo).
Saw (2004), e i sequel successivi – che sembrano essersi ispirati al Se7en del 1997 – hanno sdoganato l’idea di un killer che pone le sue vittime in una condizione orribile, offre loro la possibilità di uccidere o essere uccisi, o rischiare di rimanere orribilmente sfregiati pur di sopravvivere. Non è molto dissimile dalla morale del cane-mangia-cane promossa dal capitalismo!
Hostel (2005) racconta la storia di due amici che si recano in era post-sovietica nell’Europa orientale e finiscono in una prigione in cui ricchi uomini d’affari pagano per torturare e mutilare le persone per divertimento. Pontypool – Zitto…o muori (2008) raffigura in maniera bizzarra un caso inspiegabile di isteria di massa, non troppo dissimile da una epidemia di zombie, dal punto di vista di una stazione radio nel Canada rurale.
Negli ultimi anni sembra che ci sia stata una piccola rinascita dei film horror ben fatti, come Lasciami entrare (2008), The House of the Devil (2009), The Innkeepers (2011), Sinister (2012), It Follows (2014), The Babadook (2014), e altri. Resta da vedere quale di questi film verrà a definire il decennio negli anni a venire.
Superare l’orrore
Il genere horror è diventato una parte del cultura popolare moderna. Nella società pre-capitalistica racconti mitologici di fantasmi, spettri, demoni e divinità – sia buone che cattive – sono stati utilizzati come spiegazione per le forze della natura, per ciò che non poteva essere spiegato e su cui l’umanità non aveva alcun controllo.
Valanghe, incendi boschivi, alluvioni, siccità, vulcani, piaghe e altro ancora erano catastrofi che hanno messo a dura prova l’umanità. È il processo di lavoro con cui riplasmare il nostro ambiente per superare queste forze elementari che ci definisce come specie. Tuttavia, viviamo in una società in declino, in cui le forze che detengono la maggior influenza sul destino sull’umanità sono fuori dal nostro controllo. Che cosa può essere più orribile?
“Le condizioni borghesi di produzione e di scambio, i rapporti borghesi di proprietà, la moderna società borghese, che ha evocato come per incanto così potenti mezzi di produzione e di scambio, rassomiglia allo stregone che non può più dominare le potenze sotterranee da lui evocate.“
Questa citazione dal Manifesto del Partito Comunista riassume il crocevia che l’umanità ritrova oggi davanti a sé. Mentre il capitalismo ha sviluppato i mezzi di produzione a un livello tale per cui si può fornire una vita confortevole a tutti, e possediamo gli strumenti per superare quasi qualsiasi ostacolo la natura scaglia contro di noi, siamo (per ora) bloccati in una situazione in cui la crescita e il crollo di mercati azionari determinano il destino di miliardi di persone. L’unico modo per superare questa contraddizione è attraverso la trasformazione rivoluzionaria della società con la classe operaia organizzata al timone, prendendo un cosciente controllo democratico delle forze tremende che abbiamo creato in quanto specie.
Ciò porterebbe ad una fioritura delle scienze umane, della tecnica e della cultura su scala inimmaginabile, dandoci gli strumenti per costruire una società libera dalle ansie, dalle insicurezze, e dagli orrori che psicologicamente mutilano e lasciano cicatrici su milioni di persone. Una società in cui siamo liberi dalle forze incontrollate che influenzano la nostra vita probabilmente comporterebbe il declino di un genere che quasi certamente continuerà a caratterizzare la società divisa in classi nel suo complesso e le fasi finali del declino del capitalismo in particolare.