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Quest’estate i membri della Lega Comunista Rivoluzionaria (RKS, Revolucionarni Komunistički Savez, la sezione jugoslava della ICR) in Croazia sono stati presi di mira dai media capitalisti e dal sistema giudiziario per aver portato la bandiera della Jugoslavia nei due Pride di Zagabria e Pola. La base giuridica di questa persecuzione è estremamente discutibile e il dibattito pubblico ignora la vera motivazione delle azioni dei compagni croati: la sensibilizzazione sul significato della rivoluzione jugoslava e sul trionfo storico della classe operaia jugoslava. Questo articolo presenta il contesto della situazione, spiega la nostra motivazione per questo tipo di intervento ai Pride e serve a difendere le nostre posizioni dalle accuse.
di Revolucionarni Komunistički Savez, sezione jugoslava della ICR
Contesto
Il 1° giugno 2024 i compagni della sezione di Zagabria della RKS hanno organizzato un intervento al Pride della loro città. Durante la sfilata i compagni hanno deciso di portare la bandiera della Jugoslavia come simbolo della rivoluzione nei paesi dell’ex Jugoslavia. I partecipanti alla sfilata hanno accolto la bandiera quasi esclusivamente con interesse e approvazione. Ciò ha sicuramente contribuito alla straordinaria riuscita dell’intervento: sono stati venduti oltre 40 giornali e raccolti 7 contatti. È importante sottolineare che erano presenti diverse centinaia di agenti di polizia, nessuno dei quali ha reagito a questo intervento.
Tuttavia, già lo stesso giorno, siamo diventati il bersaglio di una raffica di titoli mediatici negativi, che ci hanno attaccato da punti di partenza ideologici sia di destra che liberali che di sinistra liberale. Mentre alcuni ci chiamavano apologeti della Grande Serbia e sostenitori del sistema jugoslavo “assetato di sangue”, altri ci accusavano di promuovere uno Stato che perseguitava i membri della comunità LGBTQ, i cui simboli quindi non hanno posto in un Pride.
La notizia del nostro atto è arrivata ai vertici della politica croata e diversi parlamentari, soprattutto membri del Movimento per la Patria e dell’HDZ, tra cui il primo ministro Plenković, hanno commentato l’evento. Anche Tomislav Tomašević, sindaco di Zagabria e leader del partito liberale di sinistra Možemo (Possiamo, ndt), ha espresso il suo commento condannando la bandiera. La tempesta mediatica è durata circa una settimana, dopodiché il focus del discorso pubblico si è spostato su altri argomenti del giorno.
In questa prima fase, i nostri compagni non hanno subito alcuna conseguenza legale per il loro atto “criminale”, nonostante le informazioni spesso riportate in senso contrario.
Il 22 giugno i compagni delle sezioni di Zagabria e dell’Istria-Fiume hanno organizzato congiuntamente un altro intervento al Pride, questa volta a Pola. Similmente a Zagabria, portavano la bandiera della Jugoslavia, così come le bandiere RKS e dell’Internazionale. E anche questa volta hanno riscontrato interesse e approvazione da parte dei presenti, e l’intervento è stato ancora una volta un grande successo, con oltre 20 giornali venduti e 2 contatti raccolti in una città 20 volte più piccola di Zagabria. Questa volta però hanno ricevuto attenzioni anche dalla polizia, che ha identificato un compagno che portava una bandiera jugoslava.
Questo intervento ha ricevuto molta meno attenzione da parte dei media. Ma questo non significa che siamo sfuggiti all’attenzione delle istituzioni statali competenti: nelle prime ore del mattino del 5 luglio la polizia ha bussato alla porta del nostro compagno che portava la bandiera alla manifestazione di Pola. Durante l’interrogatorio della polizia, al compagno è stato notificato che contro di lui era stata presentata un’accusa di reato minore per aver violato l’articolo 26 del Codice penale che recita:
“Chiunque espone le bandiere di uno Stato estero senza invito generale di un’organizzazione socio-politica o senza l’approvazione dell’organo amministrativo competente per gli affari interni, è punito per il reato con la multa da euro 200,00 a euro 1.000,00.”
Durante l’interrogatorio la polizia ha anche riferito che un procedimento simile è in corso contro la compagna che portava la bandiera durante l’intervento a Zagabria.
Nebulosità giuridica
L’assurdità di questa accusa è evidente. Dal punto di vista giuridico, la Jugoslavia non è uno Stato esistente e come tale non dispone di organizzazioni socio-politiche competenti che possano emettere simili appelli generali, e la Croazia non può trattarla come uno “Stato straniero”. Inoltre, durante la sua esistenza, la Jugoslavia non era legalmente uno Stato straniero (rispetto alla Croazia) tranne che per quattro mesi all’inizio del 1992, dopo il riconoscimento internazionale della Croazia indipendente e prima dei cambiamenti costituzionali con cui la Jugoslavia divenne un’entità statale nuova con una nuova bandiera e significato. La moderna Repubblica di Croazia è anche il successore legale della Repubblica Socialista di Croazia, membro della Federazione Jugoslava, e come tale è riconosciuta come uno dei successori della RSFJ dal diritto internazionale.
In breve: la Repubblica Federale di Jugoslavia attualmente non è né un paese, né un paese straniero!
Accuse dei media
Respingiamo risolutamente le accuse degli ideologi di destra e liberali e dei loro media.
La bandiera della RSFJ non è un attacco al popolo croato e non rappresenta in alcun modo l’adulazione dell’idea della Grande Serbia. Per caso questa bandiera rimase ostaggio del regime di Milošević, ma non per molto. Nel 1992, in seguito alla disgregazione della Jugoslavia, la Costituzione fu modificata in conformità con la nuova ideologia e fu abolito il simbolismo del Movimento di Liberazione Nazionale, che sostituì la bandiera con una versione senza la stella a cinque punte. Ecco perché è folle associare la bandiera della RFJ a Milošević e ai suoi successori e ancor più ai nazionalisti serbi che, di regola, considerano la Jugoslavia un “progetto antiserbo”(!).
Inoltre il concetto stesso di Jugoslavia e la nascita della federazione jugoslava non sarebbero mai stati possibili senza la partecipazione attiva del popolo croato alla lotta di liberazione nazionale e senza il contributo degli intellettuali illirico-croati in collaborazione con gli intellettuali serbi dei primi anni del XIX secolo, che svilupparono le loro idee nella prospettiva di uno Stato e di un’identità nazionale comune.
Gli attacchi liberali basati sull’atteggiamento dello Stato jugoslavo nei confronti della comunità LGBTQ nascondono il loro anticomunismo sotto il pretesto di preoccupazione per la comunità LGBTQ. Nel 1945, la Jugoslavia abolì la legge reale contro la “fornicazione innaturale” e quindi legalizzò nei fatti l’omosessualità, ma a causa della natura stalinista del Partito Comunista Jugoslavo il nuovo Codice Penale del 1951, similmente a quello dell’Unione Sovietica nel 1934, criminalizzò specificamente l’omosessualità maschile, mentre i rapporti omosessuali femminili rimasero legali. Tuttavia, nel 1977, dopo le modifiche costituzionali, alcuni Stati membri della SFRJ, tra cui la Croazia, approvarono leggi che abolirono la pena prevista a quel punto. Ciò contrassegna la Jugoslavia come un paese che a suo tempo non trattava gli omosessuali peggio della media europea, ed era significativamente al di sopra della media mondiale.
La posizione della RKS
Infine, è importante sottolineare cosa rappresenta per la RKS quella bandiera. Per noi questa bandiera non è principalmente il simbolo dell’ex repubblica operaia fondata dal Partito Comunista della Jugoslavia stalinizzato dopo la vittoria nella Guerra di Liberazione Nazionale.
Per noi questa bandiera è il simbolo della lotta di liberazione nazionale, cioè della rivoluzione jugoslava. È un simbolo di emancipazione, unità e liberazione della classe operaia jugoslava, nonché un simbolo di antifascismo e internazionalismo proletario.
Pertanto è in realtà un simbolo della liberazione generale dell’umanità attraverso la lotta rivoluzionaria e la trasformazione comunista della società. Per questo motivo abbiamo scelto di portare quella bandiera al Pride: il percorso verso l’emancipazione della popolazione LGBTQ è anche il percorso verso l’emancipazione di tutta l’umanità, che può essere raggiunta solo rovesciando il capitalismo!
Non molto tempo dopo l’intervento di Zagabria, il reazionario Movimento per la Patria, partner di coalizione del partito al potere HDZ, ha cercato di inserire all’ordine del giorno del parlamento un punto sulla messa al bando della bandiera jugoslava. Questo non è il primo tentativo di vietare i simboli jugoslavi, ma è la prima volta che una proposta del genere raggiunge i banchi parlamentari: è chiaro che, nel contesto della crisi mondiale del capitalismo, un numero crescente di persone si rivolge all’idea jugoslava come alternativa alla moderna Croazia capitalista, che non offre loro alcun futuro, e l’attuale governo croato si sente minacciato.
Dobbiamo resistere ai tentativi dello Stato borghese croato di criminalizzare l’esposizione di questa bandiera: questa è una deliberata soppressione del simbolo dell’unità della classe operaia jugoslava e della vittoriosa rivoluzione jugoslava!
Dobbiamo resistere ai tentativi della destra di identificarci come nemici del popolo: la nostra lotta è la lotta dell’intera classe operaia, e la Jugoslavia era e sarà il prodotto della lotta congiunta dei popoli jugoslavi!
Dobbiamo anche resistere ai tentativi degli ideologi liberali di denigrare la nostra lotta rivoluzionaria: le soluzioni per le persone LGBTQ che propongono sono inconsistenti e non porteranno ad una vera liberazione, ma servono solo ad annacquare la lotta per i diritti di queste minoranze con sotterfugi capitalistici come il “pinkwashing” o il “rainbow-washing”. Siamo convinti che la comunità LGBTQ non condivida le opinioni reazionarie degli ideologi liberali, proprio per le reazioni estremamente positive di cui siamo stati testimoni dal vivo durante i Pride.
La stesse persone LGBTQ vedono l’inutilità e l’ipocrisia del capitalismo nei loro confronti, e non sorprende che ai Pride ci sia stato un maggiore interesse per il Manifesto dell’Internazionale Comunista Rivoluzionaria rispetto ai nostri opuscoli che trattavano proprio la questione LGBTQ. Questo dimostra che la profonda crisi del capitalismo viene notata da tutti gli strati della società.
La liberazione delle persone LGBTQ è possibile solo attraverso una lotta di classe rivoluzionaria, perché sotto questa bandiera siamo tutti uniti!
Per questo motivo, invitiamo tutti coloro che sono desiderosi di costruire le forze del comunismo a unirsi alla Lega Comunista Rivoluzionaria e a combattere insieme a noi contro l’oppressione di tutte le classi sociali oppresse.
25 luglio 2024