Grecia – La vendetta del Capitale
13 Luglio 2015Una “parola nuova”. “L’Ordine Nuovo” nel biennio rosso
15 Luglio 2015L’accordo imposto alla Grecia nelle prime ore del 13 Luglio, dopo un Eurosummit durato tutta la notte, non può essere che definito una umiliante capitolazione. La Grecia ha di fatto rinunciato alla propria sovranità in favore della Troika, in cambio di un nuovo salvataggio vincolante e una vaga promessa che forse, un giorno, sarà presa in esame una ristrutturazione (ma non una cancellazione) del debito. Ma questo accordo non funzionerà. Distruggerà politicamente Tsipras e Syriza e farà sprofondare la Grecia in una recessione ancora più profonda. Inoltre, ha fatto emergere profonde spaccature nell’Unione Europea.
Sei mesi fa, il popolo greco ha votato contro le politiche di austerità portando il 25 Gennaio Syriza al governo. Una settimana fa ha votato di nuovo contro l’austerità con il 61,3% di OXI (NO) nel referendum convocato dal Primo Ministro Tsipras il 5 Luglio. Ora la Troika ha imposto un accordo ben peggiore di quello sottoposto a referendum e Tsipras lo ha accettato. Se c’è una conclusione che dovrebbe essere chiara a tutti in questa esperienza, è che non è possibile liberarsi dell’austerità all’interno di un’Europa capitalista in piena crisi.
I dettagli dell’accordo fanno rizzare i capelli. Sono molto peggiori di quelli che erano stati proposti dal Governo greco il 9 Luglio, Giovedì scorso, che già era un’umiliante marcia indietro. Quel documento era infatti stato preparato insieme ai tecnici francesi ed era un riflesso delle enormi pressioni che c’erano tra alcuni settori per evitare una fuoriuscita della Grecia dall’eurozona.
Così, la Francia ha agito come un agente degli Stati Uniti e del FMI, ma era anche un modo per contenere il peso del potente capitale tedesco all’interno dell’UE. Gli ultimi giorni hanno messo in luce come mai prima d’ora la vera natura dell’Unione Europea. Piuttosto che un “progetto” per costruire un’Europa più unita e forte, abbiamo visto i vari membri bisticciare tra loro, con gli interessi nazionali di ognuno messi in primo piano.
Abbiamo anche visto cadere la maschera “ragionevole e civilizzata” dei capitalisti, e rivelarsi il vero mostro che si celava da sempre dietro di essa. È stato in particolare il caso di Wolfgang Schäuble, il ministro delle finanze tedesco, che ha dimostrato determinazione a spremere il popolo greco e disprezzo verso ogni alleato che provasse a trovare un qualsiasi compromesso che potesse evitare l’uscita della Grecia dall’euro. È un’indicazione di quello che accadrà in futuro, delle tensioni crescenti tra i membri più forti e che non promette nulla di buono per la UE nel suo insieme, tanto per quanto riguarda la sua influenza globale, che tenderà a diminuire, quanto per la sua coesione interna.
In particolare erano gli americani ad essere terrorizzati degli effetti potenziali che un’uscita non pianificata della Grecia dall’euro avrebbe avuto su una già fragile economia mondiale. Mentre l’attenzione del mondo intero era concentrata sull’Europa, è scoppiata la bolla finanziaria della borsa cinese. La situazione dell’economia mondiale è talmente precaria che un qualsiasi shock rischia di gettarla di nuovo in recessione. Ed è per questo che gli USA hanno esercitato una pressione enorme perché si trovasse un accordo. E un accordo che avrebbe dovuto includere una cancellazione cospicua del debito. Poiché in ogni caso, come ammesso dallo stesso FMI in un suo documento ufficiale, il debito greco non è sostenibile e non potrà mai essere ripagato per intero, un taglio, anche parziale, è necessario.
Ovviamente, quello che gli USA chiedevano era che il capitale tedesco sostenesse l’onore di questa riduzione del debito, dal momento che la Germania è il paese più esposto nei confronti del debito greco. È facile fare i saggi con i soldi degli altri. Questo è il vero significato della proposta francese che il governo greco ha sottoposto all’Eurogruppo.
Già quella proposta aveva portato il governo di Atene a perdere la maggioranza in parlamento, con 17 parlamentari di Syriza che in un modo o nell’altro si erano rifiutati di votarlo, e altri 15 che avevano votato a favore con una dichiarazione di voto cririca. Il governo ha in parlamento una maggioranza di 163 seggi (149 Syriza e 13 Anel). Due parlamentari di Syriza hanno votato apertamente contro, altri 8 si sono astenuti (incluso il ministro dell’Energia e leader della Piattaforma di sinistra, Panagiotis Lafazanis, e il vice ministro per la sicurezza sociale, Stratoulis), altri 7 non erano presenti (di questi, due hanno espresso il proprio appoggio alla proposta) e alti 15 parlamentari, appartenenti alla Piattaforma di sinistra, hanno votato a favore ma consegnando una dichiarazione di voto che esprimeva la loro opposizione a quelle misure. Il governo ha dovuto contare sui voti delle opposizioni (PASOK, ND, To Potami) per far approvare le misure nelle prime ore di sabato 11 Luglio. Si è trattato nei fatti della prima prova di una coalizione di “unità nazionale”.
Il voto non è stato presentato come un voto sulle proposte stesse ma piuttosto come un mandato al governo per trattare con l’Europa sulla base di quelle proposte. Si è trattato in realtà di un modo per mettere pressione ai parlamentari critici della Piattaforma di sinistra, facendolo passare come un voto di fiducia allo stesso Tsipras. Tuttavia la Piattaforma di sinistra avrebbe dovuto essere più ferma, votando contro in blocco e facendo appello alla mobilitazione contro queste ultime proposte, che erano in netto contrasto con il mandato referendario.
Quando queste ultime proposte greche (francesi) sono però arrivate a Bruxelles sono subito state rigettate in toto dalla Germania. Schäuble ha scritto un documento che era una richiesta di resa unilaterale. Chiedeva infatti altri tagli e controriforme che avrebbero dovuto essere approvate immediatamente, facendo in modo che la colpa di una possibile rottura immediata della trattativa ricadesse sulla Grecia, e chiedendo che un pacchetto di beni statali del valore di 50 miliardi fosse affidato a un fondo con base in Lussemburgo da privatizzare e, infine, avanzava l’idea che la Grecia dovesse uscire per un periodo di 5 anni dall’Eurozona (Cioè sarebbe stata espulsa).
La posizione del capitale tedesco era basata sulla loro convinzione che nell’insieme una Grexit sarebbe costata meno, politicamente ed economicamente, di un nuovo salvataggio. Le ragioni economiche sono chiare, piuttosto che continuare a gettare soldi in un pozzo senza fondo da cui si sarebbe potuto recuperare molto poco, è meglio dare un taglio netto alle perdite, magari buttando ancora qualche moneta alla Grecia in forma di aiuti monetari.
La ragione politica l’abbiamo già spiegata in precedenza: alla Grecia non poteva essere permesso di discostarsi dalle politiche di austerità altrimenti altri paesi avrebbero potuto seguirla. Se si fosse permesso a Syriza di discostarsi dai tagli e dall’austerità, questo avrebbe incoraggiato Podemos in Spagna e tutti quei governi ormai fortemente indeboliti, in Portogallo come in Irlanda o in Francia, che stanno portando avantiprecisamente le stesse politiche. E soprattutto, con un partito euroscettico che cresce alla sua destra, la Merkel non può permettersi di sembrare tenera nei confronti della Grecia.
A tutto questo dobbiamo aggiungere la grande rabbia che l’interferenza francese ha provocato nei tedeschi. Come osa Hollande aiutare la Grecia a uscire dalla morsa della Germania! Il capitalismo tedesco è il più potente d’Europa e quindi detta legge.
Le richieste della Germania, espresse nel documento di Schäuble, erano così scandalose e arroganti da sembrare fatte su misura per spingere i greci a uscire sbattendo la porta. La Germania era aiutata dai finlandesi, il cui governo è a sua volta ostaggio degli euroscettici di estrema destra. La provocazione non era solo nel linguaggio del documento, ma nel modo in cui Tsipras è stato trattato nel summit. Alcuni giornalisti borghesi hanno detto che è stato “crocifisso”, altri hanno parlato di “waterboarding mentale”.
I contenuti dell’accordo
Alla fine, con grande sorpresa di molti, è stato raggiunto un accordo che conteneva di fatto tutte le richieste della Germania.
Il documento firmato da Tsipras è scandaloso, poiché rinuncia a ogni pretesa di rispettare la sovranità nazionale e sostanzialmente trasforma la Grecia in un protettorato della Troika.
Alla Grecia viene imposto di tradurre in legge quattro misure, tra cui l’aumento dell’IVA, ulteriori tagli al sistema pensionistico, e un “sistema quasi automatico di tagli alla spesa nel caso in cui ci sia una deviazione dall’obiettivo fissato di avanzo primario”. Tutto questo deve diventare legge entro 72 ore, cioè entro il 15 Luglio. Altre misure dovranno essere tradotte in legge entro il 22 Luglio. Solo dopo che queste misure sono state implementate e ” verificate dalle istituzioni”, solo allora si potrebbe decidere di iniziare una negoziazione su un nuovo memorandum (notare il condizionale).
E non solo, ma per concludere un nuovo memorandum, la Grecia dovrà portare avanti tagli ancora più profondi per “porre rimedio alla posizione economica e fiscale fortemente deteriorata del paese”. E cioè, ulteriori tagli alle pensioni, “riforme di mercato più ambiziose “, la privatizzazione della rete elettrica. Soprattutto, il governo greco, nella riforma della contrattazione collettiva e dei licenziamenti collettivi non potrà “tornare alle forme politiche passate in quanto non compatibili con l’obiettivo di promuovere….la crescita”. Ciò significa che il governo dovrà cestinare la sua promessa di tornare alla contrattazione collettiva che era stata cancellata dai memorandum precedenti.
È come se tutto questo non costituisse già un livello sufficientemente insultante di politica micro-economica, c’è di più. Il documento accetta la proposta di Schäuble di creare un fondo di privatizzazioni da 50 miliardi. Con l’unica piccola concessione che la sua base non sarebbe in Lussemburgo ma ad Atene. Anche se non fa la minima differenza visto che “sarà sotto la supervisione delle Istituzioni Europee”. È una follia, anche dal punto di vista capitalista. Anche mettendo insieme tutti i processi di privatizzazione in atto con quelli che devono essere ancora avviati, la somma totale è solo di 7 miliardi, e questo include già tutti i beni di maggior valore. È fisicamente impossibile raccogliere una cifra sette volte maggiore nei prossimi tre anni.
E oltre a tutto questo, la Troika (poiché di questo di tratta, visto che il documento impone alla Grecia di “chiedere un supporto permanenbte al FMI”), la quale tornerà “sul posto, ad Atene”, pretende il diritto di veto su tutte le future e passate scelte legislative della Grecia! Vale la pena riportare le esatte parole: “il governo dovrà consultare e concordare con le Istituzioni riguardo a tutte le decisioni legislative in aree rilevanti…..prima di sottoporle a una consultazione pubblica o al parlamento”.
Oltre a essersi arrogata il controllo su tutte le future scelte legislative, la Troika si prende il diritto di cambiare le leggi già in vigore: “ad eccezione dei costi della crisi umanitaria, il governo greco riesaminerà nell’intento di emendarle, le leggi che sono state introdotte prima dell’accordo del 20 Febbraio nell’intento di ritornare agli impegni presi con i programmi precedenti”. Questo costringe l’attuale governo greco, eletto su un programma contrario ai memorandum precedenti, a rispettarli e a cambiare ogni legge promulgata contro di essi. Questo si applicherebbe per esempio contro la decisione, fortemente simbolica, di assumere di nuovo le lavoratrici delle pulizie del Ministero delle finanze licenziate.
La messa in atto di queste misure non garantisce nemmeno che ci sia effettivamente un nuovo salvataggio, come il documento chiarisce bene:” gli impegni di cui sopra sono i requisiti minimi per far partire i negoziati…. Comunque….. L’inizio dei negoziati non preclude alcun possibile accordo finale”.
La somma del nuovo salvataggio da parte del ESM è stata calcolata intorno ai 82-86 miliardi di euro, inclusi i 25 milioni necessari per la ricapitalizzazione delle banche.
E cosa è stato offerto alla Grecia in cambio di questa capitolazione totale, della svendita dell’argento di famiglia e del controllo sulle proprie finanze? Rispetto a quella che il Governo greco ha sempre considerato la questione cruciale, e cioè la ristrutturazione del debito, il documento è estremamente vago. “L’Eurogruppo è pronto a considerare, se necessarie, ulteriori misure possibili (tempi più lunghi per il pagamento)” per il debito greco.
Questi impegni estremamente vaghi sono allo stesso tempo fortemente condizionati: ”queste misure saranno attuate solo dopo la piena messa in atto delle misure accordate in un nuovo possibile programma e saranno prese in considerazione dopo il completamento di una prima positiva revisione”.
La vaghezza di questo impegno è in netto contrasto con la franchezza del rifiuto contenuto nelle righe seguenti: “L’eurosummit sottolinea che un alleggerimento del debito non è fattibile”, mentre le “autorità greche rinnovano il loro inequivocabile impegno a onorare i loro obblighi finanziari verso tutti i loro creditori, pienamente e puntualmente”.
Il documento si conclude gettando una carota davvero molto vaga alla Grecia, dicendo che la Commissione “lavorerà per……raccogliere fino a 35 miliardi di euro….. per sostenere gli investimenti e l’attività economica”.
E’ chiaro che la Germania non ha fatto alcuna concessione. Tsipras si è trovato a firmare tutto quello che in precedenza aveva denunciato. Molti ora si chiedono, com’è possibile? Come ha potuto Tsipras firmare un accordo così pessimo, soprattutto dopo aver convocato e vinto un referendum? È impossibile sapere con passa nella testa di Tsipras. Una cosa, comunque, è chiara. Il fondamento della strategia politica di Tsipras e del gruppo dirigente di Syriza si è rivelato nella pratica totalmente fallace. La loro strategia si basava sull’idea che fosse possibile convincere la Troika ad accettare un accordo che permettesse a Syriza di fare politiche non di austerità, e che questo avrebbe poi portato alla fine a una crescita economica e poi alla possibilità di ripagare il debito. Niente di tutto questo è successo.
Quando ha convocato il referendum, Tsipras ha insistito sul fatto che il No gli avrebbe fornito maggiore forza nei negoziati e gli avrebbe permesso di raggiungere un accordo migliore. Ma è successo l’esatto opposto.
Inoltre, la sua convinzione che l’unica opzione possibile fosse quella di restare all’interno dell’eurozona lo ha disarmato al tavolo di trattativa, costringendolo a fare concessioni ancora maggiori e portandolo, alla fine, a questa umiliante capitolazione. Non sembra aver imparato nulla da tutto questo e si è trovato a firmare la sua stessa sentenza di morte.
Ma la parte peggiore di tutto questo è che non funzionerà. L’impatto che avrà sull’economia greca sarà disastroso. L’incertezza dei negoziati e gli ultimatum della Troika hanno cancellato la già debole ripresa e ricacciato il paese di nuovo in recessione. Ora la chiusura della banche e il controllo dei capitali che durano da due settimane (e quest’ultimo potrebbe durare ancora per mesi), stanno facendo avvitare su se stessa l’economia in una profonda depressione, con la maggior parte delle attività costrette a uno stop.
Aggiungendo a tutto questo un altro pacchetto di tagli e di austerità e il risultato non è difficile da immaginare. Queste politiche sono state già attuate in Grecia durante gli ultimi cinque anni e hanno fallito miseramente. Hanno fallito anche nell’intento di far diminuire la percentuale del debito sul PIL. Che adesso è al 170%. Con queste nuove misure arriverà immediatamente oltre il 200%, rendendo il debito ancora meno sostenibile.
Lo scenario più probabile è che quest’ultimo accordo (o meglio, imposizione) sarà solo una piccola pausa sulla strada verso una nuova crisi, che alla fine porterà al default e alla Grexit.
Dal punto di vista politico, questo accordo rappresenta un suicidio per l’attuale governo e per Syriza stessa. Ci sono già esponenti influenti del gruppo attorno a Tsipras che stanno chiedendo la testa dei ministri e dei parlamentari che si oppongono alla capitolazione. L’attuale governo non può durare, dal momento che perderà certamente la maggioranza entro le prossime 48 ore. Sono già state discusse altre opzioni, incluso un governo tecnico temporaneo guidato da una figura indipendente (una possibilità è il governatore della Banca di Grecia), o un governo di coalizione con To Potami, ecc.
Ma qualsiasi forma prenda alla fine, quello di cui stiamo parlando è un governo di unità nazionale che avrà lo scopo di portare avanti brutali politiche di austerità. Questo chiuderebbe il cerchio, con il partito che con il sostegno delle masse è andato al potere per mettere fine all’austerità, che alla fine si allea con quei partiti usciti sconfitti dalle urne, per portare avanti il programma di chi è stato sconfitto.
La pressione all’interno di Syriza è tale che è molto improbabile che Tsipras convochi ora una riunione del Comitato Centrale, poiché non è sicuro di avere la maggioranza Prima di tutto deve far passare queste misure in Parlamento, e per farlo avrà bisogno, di fatto, di un’alleanza con i partiti borghesi.
C’era un’alternativa?
Si, ma qual era l’alternativa? Nelle sue critiche alle proposte del governo della settimana scorsa la Piattaforma di Sinistra ha delineato il suo punto di vista. È per un ritorno alla moneta nazionale, ma sempre restando nella UE (“un’opzione che è già stata praticata da nazioni come la Svezia e la Danimarca”) in modo da poter portare avanti un programma che si può definire solo come capitalismo nazionale. Esso sarebbe infatti basato sulle esportazioni, sulla produzione nazionale, su investimenti di stato in economia e “una relazionenuova e produttiva tra il settore privato e quello pubblico per iniziare un percorso di sviluppo sostenibile”.
Un piano che in realtà è utopico quanto quello di Tsipras. Dal momento che non ci può essere un’alternativa all’austerità all’interno della UE, è folle pensare che una Grecia indipendente e attraversata da una profonda crisi possa competere con le più potenti nazioni capitaliste e trovare una propria uscita dalla crisi. Sembrerebbe che i compagni siano convinti che l’austerità sia una scelta ideologica, cioè una scelta dei cattivi banchieri e capitalisti tedeschi, piuttosto che una conseguenza inevitabile della crisi del sistema. L’austerità è un tentativo di far pagare la crisi del capitalismo ai lavoratori. Ed è lo stesso, tanto dentro quanto fuori dall’euro.
Questo approccio politico sbagliato è una delle maggiori debolezze della Piattaforma di sinistra. I lavoratori greci sono giustamente spaventati dalle conseguenze catastrofiche che avrebbe una Grexit. Ma queste paure, seppur giustificate, non possono essere associate alla falsa argomentazione che “le cose andrebbero male per un po’, ma poi potremmo svalutare la moneta e metterci sulla strada per costruire un forte capitalismo nazionale”. Ma questo non risolve il problema di un tessuto industriale debole e molto poco produttivo, incapace di competere con un’industria altamente produttiva e sviluppata come quella della Germania. Dentro o fuori dalla UE o dall’euro questo problema resta. E l’idea che l’esportazione sia la via d’uscita dalla crisi e del tutto utopica, considerando la crisi mondiale, in cui le economie più deboli sono le prime a cadere.
L’unica alternativa è una “rottura socialista”. Che significa, ripudiare il debito (che una commissione parlamentare ha già definito “illegale, illegittimo e odioso”), nazionalizzare le banche ed espropriare i patrimoni dei capitalisti greci. Non è mai stato così chiaro quanto il “realismo” dei dirigenti riformisti di Syriza sia completamente utopico. E non è mai stato così facile spiegare la necessità del socialismo, dal momento che ora esso coincide con l’esperienza pratica degli ultimi cinque anni di centinaia di migliaia, milioni di lavoratori greci.
Solo una riorganizzazione radicale della società sulla base della proprietà comune dei mezzi di produzione può rappresentare davvero un passo in avanti. Anche se questo non sarebbe certo possibile negli stretti confini della Grecia, una piccola e periferica economia europea. Ma manderebbe un chiaro e potente messaggio a tutti i lavoratori europei, a partire dagli spagnoli, dai portoghesi e dagli irlandesi.
Se la Piattaforma di sinistra adottasse un programma veramente socialista e offrisse una chiara opposizione al memorandum, non solo a parole e nelle dichiarazioni, ma con le azioni, potrebbe guidare una crescente opposizione.
E ora?
La capitolazione umiliante del governo in cui le masse avevano confidato per mettere fine alle politiche di austerità avrà un effetto profondo. Venerdì, le ultime proposte del governo sono state accolte con incredulità, che si è presto trasformata in rabbia.
Uno sciopero generale è già stato convocato per Mercoledì 15 Luglio, dal sindacato del settore pubblico ADEDY. Significativamente, i sindacalisti in quota a Syriza, insieme ad altri, hanno giocato un ruolo chiave nel voto nell’esecutivo del sindacato che ha deciso per lo sciopero. Altre manifestazioni sono state convocate per lo stesso giorno in opposizione al nuovo memorandum.
Una cosa sarà far approvare le misure in parlamento, ma sarà molto difficile poi attuarle davvero. I lavoratori della rete elettrica, del porto del Pireo, i pensionati e i giovani che hanno votato in massa NO al referendum, non accetteranno a braccia conserte tutto questo. Il palcoscenico è pronto per grandi scene di lotta di classe. La classe dominante europea e la sua controparte greca possono magari contare su una maggioranza parlamentare, ma il rapporto di forze nella società è decisamente contro di loro. Tutto ciò non si risolverà nelle procedure parlamentari ma nella lotta reale.
Infine, è doveroso sottolineare che questa crisi greca contiene preziose lezioni per tutti quei partiti e movimenti degli altri paesi che ancora alimentano l’illusione che sia possibile opporsi alle politiche di austerità e allo stesso tempo fare accordi con il capitale europeo. È possibile combattere l’austerità, ma l’unico modo in cui si può veramente fare è rompendo con il capitalismo.