Ungheria – La lotta di classe fa tremare Orban
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29 Dicembre 2018Il 19 dicembre 2018 Federdistribuzione, Filcams, Fisascat e Uiltucs hanno firmato il primo contratto di lavoratori della grande distribuzione, oggi definita Distribuzione Moderna Organizzata ( DMO ).
Le parti hanno definito questo un buon contratto. Sarà vero ?
La necessità di arrivare a questo primo contratto, lo si deve al fatto che Federdistribuzione, l’associazione padronale che racchiude tutta la DMO (nomi come Ikea, Esselunga, Auchan, e tanti altri big) nel dicembre del 2011 decide di uscire da Confcommercio. Scaduto il contratto nel 2013, si è sempre rifiutata di firmare il primo contratto per la DMO, in quanto i sindacati non erano disponibili ad accettare tute le loro richieste.
Oggi, dopo 5 anni di vacanza contrattuale si giunge alla firma.
Tante volte abbiamo sentito slogan sindacali come:” la festa non si svende”. Oppure dichiarazioni di fuoco da parte delle organizzazioni sindacali contro il lavoro festivo e domenicale. Però, quando si tratta di uscire dalla denuncia per entrare nel merito delle cose, la musica resta la stessa. Cioè; nel precedente contratto era previsto il lavoro domenicale e resta invariato in questo. Si spera che il governo metta un freno al lavoro festivo/domenicale, ma nel contratto resta tutto identico. Così identico che addirittura la legge di riferimento rimane la Legge Bersani degli anni novanta, nonostante sia stata superata dalle liberalizzazioni del decreto Monti. In realtà si capisce che si deve lavorare la domenica, ma non è ben chiaro qual è il perimetro di riferimento. Si demanda al contratto integrativo, che quasi nessuno ha!!!
Non si è fatto un passo avanti neanche rispetto al pagamento della malattia. Tutto resta invariato e cioè che al terzo e quarto evento di malattia, i primi tre giorni (carenza) subiranno una decurtazione, mentre dal quinto evento, la carenza non verrà retribuita, a meno che sul primo certificato di malattia non ci siano almeno 12 giorni di prognosi, cosa non semplice. Perchè il problema della carenza? Perché i primi tre giorni di malattia sono a carico delle aziende!
Dopo il varo del Jobs act del fu governo Renzi, la Cgil disse che si sarebbe mobilitata contro questa legge. Cosa che non fece, se non per slogan. Il Jobs act è entrato nei contratti nazionali. Così è successo anche questa volta, concedendo alle aziende la possibilità di assumere categorie “svantaggiate” con uno o anche due livelli inferiori di inquadramento fino ad un massimo di 36 mesi.
Dall’altra parte si accetta la flessibilità oraria, già concessa a Confcommercio con la firma dell’ultimo rinnovo relativo al 2015.
La possibilità di arrivare a 44 ore settimanali per 16 settimane, quindi evitando di pagare delle ore eccedenti come straordinario, perché poi verranno recuperate in momenti di basso lavoro, quindi a 36 ore settimanali, sempre per un massimo di 16 settimane, il tutto nel corso di un anno.
Per cui l’azienda decide quando farmi lavorare di più e quando di meno senza un maggior esborso economico. Il contratto dice previo accordo sindacale. Voglio vedere chi ha il coraggio di dire di no dopo aver accettato la norma nel contratto nazionale.
La possibilità per le aziende di andare in deroga ad aumenti salariali o questioni normative, dopo due bilanci negativi.
Quindi; tutto ciò che qui c’è scritto, può essere peggiorato se l’azienda dimostra di essere in negativo per due anni di seguito. Una cosa gravissima che trova anche un precedente con l’ultimo contratto di Confcommercio, dove le ultime due tranche di aumento salariale sono state congelate per essere erogate un anno e mezzo dopo, prolungando di 7 mesi la scadenza di quel contratto.
Infine gli aumenti salariali.
Anche qui siamo alle briciole. Siccome in questi anni le aziende del settore hanno erogato aumenti unilaterali per un totale di 61 euro, per “pareggiare” i conti con le altre organizzazioni padronali del settore, si è accettata una tranche di 24 euro, arrivando così a 85, riparametrati al IV° livello (parliamo sempre di lordo).
Ottantacinque euro di aumento sono pochi e diventano pochissimi se consideriamo che il precedente contratto è scaduto il 31 dicembre del 2013 e questo scadrà il 31 dicembre del 2019. Quindi parliamo di sei anni. Di “norma”, sei anni sono la durata di due contratti e quindi di un teorico aumento di ALMENO 170 euro, invece ne avremo ben la metà. Per edulcorare un po’ la pillola riceveremo due una tantum, sempre sul lordo: 500 euro a febbraio 2019 e 389 a marzo 2020 (a contratto già scaduto).
Analizzando il contratto e soprattutto valutando le linee guida che hanno spinto i sindacati a sottoscrivere questo CCNL, possiamo dire che gli sconfitti sono i lavoratori.
Il giorno prima della firma, la Filcams ha convocato apparati e delegati sindacali della aziende aderenti a Federdistribuzione, con tre attivi macroregionali. Il nord a Milano, il centro a Roma ed il sud a Napoli.
Il gruppo dirigente ha tentato di legittimare la firma, che solo formalmente sarebbe avvenuta il giorno seguente, nella realtà già data per scontata, dicendo che più di questo non si poteva potare a casa. Che questo contratto parifica le aziende della DMO con Confcommercio e Confesercenti in attesa della firma di coop. Che la condizione economica è tale che i bassi salari e la flessibilità oraria sono indispensabili per sbarcare il lunario. Che questo contratto fa si che federdistribuzione sia obbligata a sedersi al tavolo delle trattative.
Crediamo che i padroni si siano seduti al tavolo perché consapevoli di portare a casa il risultato al 99%. In questo 2019 affineranno il tutto con la discussione su i nuovi enti bilaterali (sanità e pensioni integrative e formazione).
Il sindacato esce ancora una volta screditato agli occhi dei lavoratori. Moltissimi delegati e lavoratori della Filcams, oltre ad essere contrariati per il contenuto del contratto, sono ancora più arrabbiati per i modi che hanno portato a questa firma. Nei congressi, nelle riunioni interne, negli accordi confederali firmati in questi anni, si parla dell’importanza di porre all’attenzione dei lavoratori i contratti di lavoro prima di renderli operativi. Si parla di certificare l’esito della consultazione tra i lavoratori, ma nella realtà questo non accade mai, perchè o il padrone non vuole, o non vogliono Cisl e Uil oppure i tempi ristretti impediscono la pratica della democrazia.
Siamo molto arrabbiati perchè dallo sciopero di “Natale” 2017 ad oggi c’è stato un silenzio assordante, per poi ritrovarci il contratto bello impacchettato da digerire così com’è.
Il fatto che non ci siano mobilitazioni non vuol dire che non covi rabbia sotto la cenere, che vada tutto bene. Molti lavoratori sono consapevoli che la responsabilità principale della continua perdita di reddito e diritti sia in capo ai padroni, ma sono anche stufi di un sindacato e specialmente di una Cgil sempre proni ai diktat padronali.
Potrebbe anche essere che quando i lavoratori si muoveranno lo faranno senza chiedere permesso al sindacato oppure manifestando nonostante il parere del sindacato sempre pronto a spargere demoralizzazione e frenare ogni spinta per una vera mobilitazione.
Noi pensiamo che sia arrivato il momento per i lavoratori di mobilitarsi perché oramai la misura è colma.
Solo l’iniziativa dei lavoratori dal basso, rimettendo in discussione i contratti firmati, chi è delegato a rappresentarci, partendo dalle nostre reali necessità, può permetterci di risalire la china, tanto più in un settore, quello della grande distribuzione, dove da tempo il padronato è determinato a gestire il rapporto coi lavoratori a colpi di sanzioni e lettere di richiamo.
Se questo voleva essere un regalo di natale, è un pessimo regalo. Uno di quei regali veramente indegni che il lontano parente ti dona quasi per obbligo parentale, ma che tu non vedi l’ora di riciclare.
Questo contratto deve essere rispedito al mittente!
Il primo passo per rispedirlo al mittente deve essere di pretendere a gran voce dalla Filcams-Cgil di indire assemblee e referendum tra tutti i lavoratori della DMO per sottoporre il contratto appena firmato e solo dopo la consultazione sciogliere la riserva.
La democrazia va attuata, non enunciata!
*delegato Filcams cgil – Esselunga