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15 Settembre 2022Monarca più longeva del Paese, la regina Elisabetta II rappresentava un’epoca di stabilità ormai passata. La sua scomparsa segna l’inizio di una nuova era di crisi; il crollo di un’altra colonna del sistema britannico, che annuncia sconvolgimenti rivoluzionari.
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Era inevitabile. Un presentatore della BBC ha interrotto il reality Bargain Hunt per trasmettere un comunicato da Buckingham Palace.
Qualcuno aveva già mangiato la foglia. Yalda Hakim, giornalista di BBC World News, ha twittato le sue scuse per avere dato notizia via social che era stata annunciata la morte della Regina.
Justin Welby, arcivescovo di Canterbury, aveva lanciato un tweet sulla “presenza di Dio”.
Ma è stato l’annuncio della BBC e il precipitarsi della famiglia della Regina – figli, figlie, nipoti, nuore e principesse – a Balmoral che ha detto tutto. Ha osato farsi vivo anche il principe Andrea [accusato di molestie sessuali e amicizie con trafficanti di minori, NdT], mentre sua madre esalava l’ultimo respiro.
Dalla stabilità al caos
La dipartita della regina Elisabetta II, la nostra monarca più longeva, per molti versi rappresenta la fine di un’èra. Ma che masnada si è lasciata alle spalle!
È stata sul trono per 70 anni – e che anni!
La sua grande fortuna è stata salire al trono all’inizio di una ripresa economica su scala mondiale, che ha suscitato fra la popolazione speranza nel futuro. Un periodo durato per circa 25 anni, con una stabilità sociale garantita dai miglioramenti del tenore di vita.
I cinquant’anni successivi sono stati però profondamente diversi, a seguito dalla recessione globale del 1974 e delle crescenti difficoltà e del declino sempre più rapido del capitalismo britannico, che hanno inaugurato un periodo di lotte di classe e conflitti sindacali dal carattere combattivo.
I disordini degli anni ’70 portarono al thatcherismo e alla deindustrializzazione della Gran Bretagna. La polarizzazione di classe crescente all’interno della società ne è stato un riflesso.
Pilastro del sistema
In tutti questi anni, la monarchia ha agito da fedele pilastro del sistema.
Secondo il biografo reale Robert Hardman, autore di Queen of Our Times, la regina “è per mantenere questa solidità, questo senso di permanenza e stabilità”.
Gli ha fatto eco il Financial Times, affermando che Elisabetta “ha rappresentato la continuità e la stabilità della Gran Bretagna dal dopoguerra al XXI secolo”.
La monarchia non ha avuto altro scopo che ergersi al di sopra della politica come “salvezza della nazione”. Tutte le pomposità e i discorsi ampollosi sono stati elaborati ad arte per proiettare questa immagine.
Una monarchia in crisi
Alla crisi del capitalismo britannico si è però accompagnata la crisi delle sue istituzioni, compresa la monarchia.
Faide e frizioni personali tra i diversi reali; rapporti apertamente disfunzionali; puzza di indecenze e scandali: tutto questo gorgogliava e marciva dietro la sottile patina degli sfarzi e delle fastosità.
In particolare, lo stretto rapporto del principe Andrea con un condannato per pedofilia si è tramutato in una pietra al collo per “la Ditta”.
In mezzo a tutto ciò è spettato alla monarca navigare in queste acque tempestose, elevarsi al di sopra di litigi e conflitti e ripristinare un senso di stabilità.
Turbolenze e disordini
Va detto che, grazie alla sua longevità, si è sviluppato un certo affetto nei confronti della sua persona, in contrasto rispetto ai sentimenti molto meno positivi del pubblico verso altri membri della famiglia reale.
Elisabetta dava l’impressione di tenere tutto insieme, nonostante le difficoltà, tra cui l’annus horribilis del 1992, quando fu raschiato il fondo.
Con l’approfondirsi della crisi del capitalismo britannico, la Regina ha rappresentato la stabilità di un’epoca passata verso cui qualcuno prova nostalgia: un’epoca ormai scomparsa da tempo.
La sua uscita di scena, in un momento di disordine sociale ed economico, erode un’altra colonna fondamentale di un sistema già in disfacimento.
Ciò rappresenta un pericolo reale per la classe dominante, pericolo che si presenta proprio in concomitanza con il cambio della guardia a Downing Street.
Il fatto che il Paese si ritrovi con un nuovo primo ministro e un nuovo sovrano nella stessa settimana costituisce sia un riflesso dell’intensa turbolenza che attraversa il capitalismo britannico, sia causa di una precarietà ancora maggiore.
È fantasioso pensare che l’intervento di Carlo possa riempire il vuoto. Su di lui c’è un’opinione molto diversa, tanto che molti hanno vagheggiato un salto di generazione per la corona.
Un’arma di riserva
La monarchia non sarà mai più la stessa. Profondamente appannata, è sempre più distante dalla vita quotidiana della gente comune.
La classe dominante ha mantenuto la monarchia non per ragioni sentimentali, ma per un interesse di classe.
Il governo e le forze armate prestano giuramento di fedeltà a Sua Maestà. Il sovrano possiede poteri di riserva che possono essere utilizzati in una situazione d’emergenza. E lo saranno.
Questi poteri possono essere messi in atto in caso di seria minaccia per gli interessi del capitalismo britannico.
In altre parole, la monarchia è un’arma di riserva, da usare in tempi di crisi, in special modo di disordini rivoluzionari.
È certo che la monarchia fu coinvolta nella minaccia di rovesciare il governo Wilson negli anni ’60 da sostituire con un esecutivo militare diretto da lord Mountbatten. Essendo prematura, la cospirazione fu abortita.
E nel 1975 venne fatto uso della prerogativa reale per destituire il governo laburista di Gough Whitlam in Australia, democraticamente eletto. Si trattò di una prova generale per una potenziale manovra dello stesso genere in Gran Bretagna, al momento opportuno.
Ciò dimostra il vero ruolo reazionario della monarchia, che verrà usata contro il movimento operaio quando sarà il momento.
Ciononostante, i vertici sindacali purtroppo si sperticano per “porgere omaggio” alla famiglia reale, cancellando gli scioperi e posponendo il congresso del TUC previsto per quest’anno.
Divario tra le classi
Noi dobbiamo essere chiari: dietro gli spettacoli e le cerimonie si nasconde un’arma minacciosa della classe dominante.
Oggi, tuttavia, quest’arma di riserva è stata smussata, non da ultimo dalla morte della Regina e dal passaggio della corona a Carlo e Camilla.
Fatto che non sarebbe potuto capitare in un momento peggiore per l’ordine costituito.
La Gran Bretagna – insieme al mondo intero – è nella morsa di una grave crisi, di una portata mai vista prima.
Il sistema tenterà cinicamente di utilizzare la morte della Regina per attenuare l’ascesa della lotta di classe, montando un clima di nauseante nazionalismo e di patriottismo da sventolatori di bandierine, con dieci giorni di lutto ufficiale.
Ma qualsiasi clima di patriottismo e “unità nazionale” sarà di breve durata via via che la crisi si approfondirà, si allargherà il divario tra le classi nella società e torneranno all’ordine del giorno, in misura ancora maggiore, questioni di classe scottanti, quali la catastrofe energetica in corso, la recessione in arrivo e gli attacchi al tenore di vita.
Non c’è dubbio, poi, che questo processo verrà incoraggiato dalle azioni inconsulte del nuovo governo di Truss appena comincerà la sua guerra di classe contro i lavoratori per conto dei padroni.
Abolire la monarchia!
La stabilità tanto ricercata dalla classe dominante si è polverizzata. Al suo posto regna una profonda instabilità. Ciò che era solido si sta ora vaporizzando.
Gli eventi scuoteranno le coscienze e getteranno le basi per convulsioni rivoluzionarie.
La merce avariata della monarchia si rivelerà un’arma inefficace nelle mani della classe dominante. Uno dopo l’altro si stanno sbriciolando tutti i pilastri del vecchio ordine.
La scomparsa della regina Elisabetta II segna indubbiamente la fine di un’epoca di calma relativa e l’inizio di una nuova epoca di tempeste burrascose.
La rivoluzione socialista in Gran Bretagna rovescerà il capitalismo. Nel farlo spazzerà via il relitto putrefatto della monarchia e tutti gli orpelli feudali che la accompagnano.
9 settembre 2022