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6 Luglio 2017Solo pochi mesi fa, il Primo Ministro britannico, Theresa May, ha convocato le elezioni politiche generali con l’intento di rafforzare il proprio governo in vista dei negoziati sulla Brexit. Stando ai sondaggi, infatti, poteva sperare in una netta vittoria sul Partito Laburista e in una maggioranza parlamentare più stabile.a Ma, ancora una volta, le previsioni dell’establishment si sono rivelate sbagliate, e quella che sembrava una scommessa già vinta si è trasformata in un boomerang, un nuovo terremoto che ha generato solo maggiore instabilità politica. Anche se il Partito Conservatore ha comunque ottenuto la maggioranza dei voti, i seggi in parlamento non sono più sufficienti a garantire una maggioranza senza alleanze. Nonostante lo slogan della May in campagna elettorale fosse “Forza e stabilità” il nuovo governo nasce all’insegna della debolezza e dell’instabilità.
Una rimonta storica
A scombinare i piani della classe dominante e dei Conservatori è stata la rimonta in poche settimane del Partito Laburista guidato da Jeremy Corbyn. Un partito che al momento della convocazione delle elezioni era dato nei sondaggi al 25%, a venti punti di distanza dai Conservatori, ma che ha finito per conquistare il 40% dei voti, riducendo la distanza a soli 2,5 punti percentuali. Il miglior risultato del Partito Laburista dal dopoguerra, quasi tredici milioni di voti, più di quanti ne abbia mai presi qualsiasi altro leader, compreso Tony Blair, l’inventore della “terza via”, della sinistra votata al liberismo, lo stesso che, non molto tempo fa, diceva che con Corbyn il partito era finito. Un risultato reso possibile non solo dal carisma di Corbyn, che pure esiste ed è in gran parte dovuto alla sua coerenza, dal suo non avere mai votato a favore degli interventi militari e delle politiche di austerità, ma soprattutto dai contenuti del programma elettorale. Un programma che è stato giustamente definito il più a sinistra che il partito abbia mai avuto dal dopoguerra, in cui si rivendicava la nazionalizzazione dei servizi essenziali, come le ferrovie, le poste e le forniture di gas e luce e l’abolizione delle tasse universitarie, e che ha saputo catalizzare il malcontento crescente tra larghi strati della classe lavoratrice e l’entusiasmo dei giovani. Sono stati questi ultimi infatti il vero motore della campagna elettorale laburista, sono loro che hanno reso elettrica l’atmosfera di ogni comizio di Corbyn, con la loro partecipazione di massa, i cartelli e i cori da stadio. E sono stati alfine determinanti anche nelle urne, facendo aumentare la percentuale di iscritti nelle liste dei votanti e caratterizzando nettamente il voto in senso generazionale. Secondo una ricerca, infatti, il 70% dei giovani tra i 18 e i 24 anni avrebbe votato per i laburisti, mentre solo il 15% per i conservatori. Un successo e una rimonta senza precedenti nella storia britannica, ottenuto nonostante gli attacchi costanti e all’unisono portati avanti da tutti i mass media e dall’ala destra del partito contro Corbyn e il suo programma elettorale. Un fenomeno che riflette su piano politico il processo reale che è in corso nella società britannica e che gli analisti della classe dominante non riescono a vedere.
Processo molecolare
Finché si guarda alla superficie dei fenomeni non è possibile comprendere il processo in corso. Dopo dieci anni di crisi del sistema capitalista, che ha ridotto il PIL della Gran Bretagna dell’8%, e dopo anni di politiche di austerità, di tagli alla spesa sociale, di privatizzazioni e di aumento del costo della vita (le tasse universitarie sono triplicate, solo per fare un esempio), c’è stato un lento accumularsi della rabbia e dell’insoddisfazione che ha spinto i lavoratori e i giovani prima a mettere in discussione il sistema politico e poi a cercare un’alternativa. Quello a cui abbiamo assistito è stato l’irrompere in superficie di quello che Trotskij definiva il processo molecolare della rivoluzione, quando cioè l’inasprirsi delle contraddizioni del sistema porta piano piano le persone a prendere coscienza della necessità di un’alternativa nell’organizzazione sociale ed economica. Oramai, ogni evento sarà un’occasione in cui si vedrà come e quanto la classe lavoratrice e i giovani abbiano cambiato il loro modo di vedere le cose, quanto la rabbia accumulata per le ingiustizie e le angherie subìte si stia trasformando in voglia di partecipare e lottare per una società diversa e più giusta. La recente tragedia della Grenfell Tower, un incendio in cui hanno perso la vita più di cento persone, ne è una dimostrazione. L’incendio è avvenuto a causa dell’utilizzo di materiali infiammabili ma a basso costo utilizzati nella costruzione di questi appartamenti popolari, un chiaro esempio di come in questo sistema siano più importanti i profitti della sicurezza delle persone. In reazione a questa tragedia ci sono state da subito manifestazioni di massa, con un forte spirito militante e una coscienza di classe cristallina, poi sfociate in una grande manifestazione il primo Luglio a Londra, che ha visto confluire 100mila persone nella capitale al grido di “via i Tories”. Nonostante i mass media abbiano provato a indicare nel solito immigrato un capro espiatorio, in tutte le manifestazioni gli slogan erano rivolti contro i costruttori, i politici e un sistema che difende i ricchi e lascia morire chi non può permettersi appartamenti costosi e ben costruiti. Anche nel corteo londinese, come nelle manifestazioni precedenti, si respirava una forte determinazione a lottare per cambiare le cose, tanta rabbia contro il sistema e il governo, ma anche molto entusiasmo per Jeremy Corbyn, l’unico politico legittimato dalla folla a salire sul palco. In questo senso si è visto già in questa occasione come la rabbia, che erompe in superficie come la lava di un vulcano, presto dovrà trovare un riflesso anche sul piano del governo del paese.
È possibile un governo Corbyn?
Il nuovo governo di Theresa May non potrà durare a lungo. La coalizione con il DUP (un partito unionista di estrema destra) è già stata soprannominata “coalizione del caos”, sia per le contraddizioni interne che la attraversano sia perché costituisce una maggioranza di soli due seggi. È molto probabile quindi che ci saranno nuove elezioni politiche prima della scadenza naturale e non è da escludere che alla prossima tornata i laburisti possano ottenere la maggioranza dei voti, facendo diventare Corbyn il nuovo primo ministro della Gran Bretagna. Ma un governo laburista di sinistra sarà inevitabilmente sottoposto a forti pressioni. Da una parte i lavoratori e i giovani, che chiederanno riforme serie per migliorare le proprie condizioni di vita, e dell’altro i capitalisti e i banchieri, che daranno battaglia per impedire queste riforme. In un contesto di crisi del capitalismo, non c’è e non ci sarà posto per i compromessi. Come spiegano i compagni della Tendenza marxista internazionale in Gran Bretagna, se il governo laburista vorrà fare le riforme necessarie dovrà per forza rompere ogni compatibilità con questo sistema, procedere alla nazionalizzazione delle banche e delle leve fondamentali dell’economia e metterle sotto il controllo dei lavoratori, a cui dovrà fare costantemente appello per difendere ogni conquista dai tentativi di sabotaggio da parte della classe dominante.