La guerra dei vaccini, tra profitto e propaganda
11 Gennaio 2021Il lockdown non ha protetto i lavoratori
14 Gennaio 2021La cosiddetta terza ondata dell’epidemia è in pieno sviluppo. Le cifre record di vittime e di nuovi contagi negli Usa e in Gran Bretagna sono un chiaro avvertimento. In Italia, Francia, Germania ecc. il tentativo di fermare il contagio con misure a geometria variabile si è dimostrato fallimentare. La diffusione del virus rallenta solo temporaneamente per poi riprendere a salire prima ancora che i reparti ospedalieri si siano svuotati.
Al tempo stesso il balletto di divieti, restrizioni, scadenze mai rispettate, eccezioni, interpretazioni, assurdità assortite, sta creando uno stato di esasperazione in settori crescenti della popolazione.
Tutto questo ha ben poco a che fare con la natura maligna del Covid e molto a che fare con le scelte del governo e gli interessi che difende.
L’immobilismo sostanziale non è casuale e non dipende solo dall’incapacità di questo o quel ministro: è la conseguenza inevitabile della scelta di non toccare le attività economiche, di far girare ad ogni costo la produzione e gli affari ovunque sia possibile. Non esiste nessun serio studio o inchiesta sul contagio negli ambienti lavorativi, pare che ci si contagi solo nell’ambito familiare!
Una volta assunta questa linea, la strada è obbligata: si insiste fino allo sfinimento con le prediche sui comportamenti individuali, con annesse variazioni sul tema di ciò che è permesso e cosa no, e tutto il resto passa nel dimenticatoio. L’esempio più chiaro di questa ipocrisia è stato l’appello a stare a casa durante le feste e contemporaneamente ad uscire per spendere in modo da ricevere il cashback.
Le diseguaglianze e le ingiustizie si allargano ogni giorno e la retorica del “siamo tutti nella stessa barca” non funziona più. Ci sono settori dell’economia chiusi, con centinaia di migliaia di dipendenti e di lavoratori autonomi che tirano la cinghia tra cassa integrazione e “ristori”, ma ce ne sono altri che macinano produzione profitti. A novembre scorso, in piena seconda ondata, i consumi di energia elettrica delle grandi imprese industriali sono risultati superiori rispetto all’anno precedente. Ogni giorno i dati denunciano l’allargamento della forbice sociale, nel nostro paese e nel mondo.
Fallite le promesse autunnali (“chiudiamo ora per passare un Natale sereno”), Conte ora parla di nuovi sacrifici.
Ma il governo è allo sbando. Sulla scuola, ogni regione fa per conto proprio e la riapertura promessa per il 7 gennaio, poi slittata all’11, riguarda solo 3 regioni, circa 250mila studenti. Per tutti gli altri continua una didattica a distanza che sta completamente alienando milioni di giovani, e l’esasperante balletto di date e promesse di riapertura che si spostano continuamente.
Come i generali di una guerra perduta, Conte e i suoi ministri promettono sempre per l’indomani l’offensiva risolutrice che sconfiggerà il nemico: un lockdown e ne usciremo, una zona rossa e poi saremo al sicuro, sta arrivando il vaccino, stanno arrivando i soldi dell’Europa, ancora un po’ di sacrifici, ancora un po’ di pazienza…
L’immagine di sbandamento del governo è completata dallo scontro fra Conte e Renzi, che minaccia la crisi di governo e il ritiro dei ministri di Italia Viva, esemplare rarissimo di partito che ha più parlamentari che elettori. Una crisi farsesca, perché tutti sanno che le elezioni anticipate nel contesto sono improponibili, per cui il duello all’ultimo sangue in realtà viene condotto con armi giocattolo.
Cosa vuole Renzi? Semplice: vuole essere parte in causa quando venga spartita la torta del Recovery Fund. Vuole, inoltre, accreditarsi come il garante in Italia della disciplina di bilancio sempre richiesta dall’Unione europea (da qui la sua battaglia sul Mes). E, per non peccare di eccessiva modestia, lascia anche che i giornali parlino delle sue ambizioni di carriera come possibile futuro segretario della Nato…
Quanto possa effettivamente ottenere lo si vedrà. Il suo potere di ricatto è limitato: Mattarella non è disposto ad aprire una crisi al buio, inoltre il Recovery Fund, lo scostamento di bilancio da cui dipendono i vari “ristori” e persino l’acquisto dei vaccini dovranno essere votati prima che si apra la discussione sul possibile rimpasto di governo.
Se Italia viva otterrà un maggiore peso politico, il risultato sarà di spostare ancor di più le politiche del governo verso gli interessi padronali. Le battaglie di questa gente sono sempre le stesse: più precarietà per i lavoratori, più potere alle imprese, che si tratti di libertà di licenziare, di inquinare o di buttare colate di cemento. Tra le posizioni rivendicate non a caso si parla del ministero del Lavoro o di quello delle infrastrutture, mentre tra i nomi candidabili spicca quello di Maria Elena Boschi, oltre a Rosato e allo stesso Renzi.
Nel gioco delle sedie il Pd potrebbe approfittarne per far fuori qualcuno dei ministri 5 Stelle considerati troppo “assistenzialisti”.
Se, contro le previsioni, la crisi di governo si ingarbugliasse senza rimedio nello scontro tra ambizioni inconciliabili, l’esito prevedibile non sarebbero le elezioni, ma un nuovo governo sostenuto da una maggioranza ancor più improbabile dell’attuale.
L’emergenza sanitaria è lo scudo che permette all’intero sistema politico di godere di una apparente impunità totale. Milioni di persone sono costrette a vivere alla giornata, affrontando come meglio possono una condizione sempre più difficile, e questo ha l’effetto temporaneo di congelare le contraddizioni sotto la superficie. Ma è un credito che si va esaurendo. E non si tratta necessariamente di attendere la fine della pandemia. Le prime proteste degli studenti che vediamo in questi giorni dimostrano che quando la pressione si accumula oltre il livello di guardia la lotta “contro” la pandemia diventa una lotta “nella” pandemia.
Sullo sfondo, oltre alla scuola, rimane la spada di Damocle della fine del blocco dei licenziamenti (31 marzo), mentre siamo già a 2 milioni e mezzo di disoccupati.
Mentre tutta la sinistra parlamentare (dentro o fuori dal Pd) e i dirigenti sindacali si aggrappano disperatamente a questo governo e si prodigano in appelli alla responsabilità, alla collaborazione, e alla disciplina, il nostro compito è esattamente l’opposto: basarci sulla sfiducia diffusa, essere presenti in ogni punto in cui queste contraddizioni vengono alla luce.
Il futuro di questo governo è stato comprato a suon di promesse sul fronte sanitario, e a suon di debiti su quello economico. Ma i debiti e le promesse prima o poi vanno onorati e se questo non avviene arriva la resa dei conti.