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29 Marzo 2022Con un voto unanime, 262 favorevoli su 265 votanti, su 370 aventi diritto, i lavoratori della GKN di Campi Bisenzio (Firenze) hanno approvato a gennaio l’ipotesi di accordo sottoscritta dai delegati al ministero dello Sviluppo economico a Roma per il passaggio della proprietà della GKN alla QF spa.
Si tratta di un primo importante passaggio contro la chiusura dello stabilimento dopo un lungo percorso di lotta che i lavoratori della GKN hanno dovuto sostenere da quando, lo scorso 9 luglio, il fondo speculativo inglese Melrose ne aveva decretato la chiusura.
Quel fatidico 9 luglio i lavoratori e i delegati respinsero al mittente i licenziamenti e reagirono difendendo lo stabilimento e organizzando un presidio permanente. Tante sono state le iniziative di questi cinque mesi: lo sciopero provinciale, le tante manifestazioni, la più grande il 18 settembre a Firenze con decine di migliaia di persone, e poi assemblee, spettacoli, concerti, tutto quanto poteva ampliare la solidarietà.
L’accordo è in primo luogo il frutto della mobilitazione dei lavoratori, che con la loro determinazione hanno costretto anche la Fiom e le istituzioni a schierarsi dalla loro parte.
Il testo firmato contiene sicuramente diversi punti avanzati rispetto agli accordi che in situazioni analoghe abbiamo visto sottoscrivere dai dirigenti sindacali. C’è scritto che col passaggio di proprietà si mantengono gli attuali livelli occupazionali, si rispetta la legge che tutela il trasferimento di ramo d’azienda (art. 2112 del codice civile), si tutelano i lavoratori dell’indotto (in genere i primi ad essere sacrificati) con la clausola di una eventuale reinternalizzazione.
Del resto la forza che i lavoratori hanno saputo mettere in campo è stata tale che il ministero e il nuovo acquirente difficilmente avrebbe potuto ottenere cose diverse senza innescare una reazione ancora più conflittuale dei lavoratori.
Ma appunto questo accordo rappresenta fondamentalmente un accordo ponte, come è stato definito dagli stessi delegati. L’acquirente si è impegnato a trovare entro agosto un industriale disposto ad impiantare una nuova attività. Borgomeo, questo è il nome dell’amministratore delegato di QF spa, presidente della Confindustria di Cassino, si presenta nell’operazione solo come un intermediario.
Nuove sfide quindi si addensano all’orizzonte. L’esperienza ci insegna, vedi purtroppo il caso della Whirlpool di Napoli, che tra quanto scritto e la sua applicazione non c’è mai nulla di scontato.
C’è un passaggio in particolare dell’accordo che rappresenta un rischio concreto per i lavoratori GKN. Là dove si dice che, se entro agosto non sarà trovato un nuovo acquirente disposto a riconvertire lo stabilimento, QF spa stessa si farà carico di questa riconversione. Se a prima vista può sembrare un punto di forza, perché comunque non c’è il disimpegno di QF spa, può invece diventare il suo contrario, perché di un intermediario si tratta.
Altra cosa sarebbe stata se a farsene carico fosse stata Invitalia (l’agenzia nazionale per lo sviluppo delle imprese) di proprietà del ministero dell’Economia, nonché sottoscrittrice dell’accordo. Invitalia invece ha mantenuto un ruolo marginale, cioè valuterà se e come finanziare eventuali progetti di QF spa. Quella che poteva rappresentare sicuramente una garanzia più affidabile per i lavoratori rispetto a QF spa, nei fatti si è defilata. Mentre invece avrebbe dovuto essere proprio il ministero a farsi carico della continuità produttiva di questa azienda.
È quindi decisivo per i lavoratori della GKN non smobilitare e per tutti continuare a sostenere questa mobilitazione. Soprattutto visto che l’accordo prevede parecchi mesi di cassa integrazione in attesa che QF spa trovi un acquirente e poi che si proceda alla riconversione.
Crediamo che in questi mesi, oltre a mantenere alta l’attenzione e il sostegno ai lavoratori GKN, sia essenziale rielaborare sia i punti di forza di questa vicenda, sia le questioni irrisolte, delle quali i primi ad essere consapevoli sono gli stessi delegati della GKN. Il principale è la questione del ruolo dello Stato e del non essere riusciti a porre pienamente al centro la questione della nazionalizzazione, che in tutta la vertenza è rimasta sullo sfondo. Come spiegato, lo Stato (attraverso Invitalia) interviene, ma solo in sostegno al padronato privato e su propria scelta insindacabile. Ma di fronte al nuovo dilagare di crisi e chiusure di aziende, industriali e non, la ricerca del “nuovo imprenditore” non può essere la risposta generale. L’Italia è costellata di aziende che agonizzano da anni, o sono morte, aspettando i fatidici piani di reindustrializzazione.
A questo si aggiunga che nessun elemento duraturo di controllo dei lavoratori può essere realmente esigibile quando entrano in campo queste soluzioni.
Riaprire questa discussione e collegarla sul piano pratico alla costruzione di un vero coordinamento di lavoratori e delegati delle aziende che lottano contro licenziamenti e chiusure – l’altro grande assente nella mobilitazione GKN – è il compito della prossima fase, ed è anche il modo migliore per difendere quanto i lavoratori GKN hanno saputo strappare con mesi di mobilitazione ostinata e coraggiosa.