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24 Giugno 2024Giustizia per Satnam Singh! Per una lotta generale contro il caporalato e lo sfruttamento
di Silvia Forcelloni
Satnam Singh, detto “Navi”, giovane bracciante indiano è morto al San Camillo di Roma. Satnam lavorava in nero, senza un permesso di soggiorno, per 3,5 euro l’ora in un’azienda agricola a borgo Santamaria nell’Agro Pontino. Come tanti, troppi altri, è morto assassinato sul lavoro, rimanendo agganciato a un macchinario a rullo che gli ha tranciato il braccio destro e schiacciato le gambe. Il suo padrone invece di chiamare un’ambulanza, l’ha scaricato davanti casa sua come un sacco d’ortaggi, il braccio sistemato in una cassetta per la frutta, come i prodotti che, con il sudore e il sangue di questi lavoratori, arrivano sul mercato ortofrutticolo più grande d’Italia (Fondi) fino alle nostre tavole. Il padrone-padre ha anche l’ardire di commentare questo scempio parlando di una “leggerezza” del lavoratore “che è costata cara a tutti”.
Non si tratta di un film dell’orrore: è la dura realtà delle campagne pontine nel 2024. Trafficanti di uomini italiani e indiani, caporali, padroni, camorristi e politici profittano sulla pelle di questi lavoratori, che con difficoltà a comunicare in italiano, marginalizzati, troppo spesso vivono in condizioni di semi-schiavitù. Uomini e donne costretti a lavorare anche 12 ore al giorno per 30 giorni al mese, devono fare uso di sostanze per non percepire la fatica e il dolore, indebitati con i trafficanti per migliaia di euro, ricattati per il permesso di soggiorno, non pagati. Trentamila sono i braccianti sikh che abitano la terra della bonifica fascista, dove molti vivono in condizioni abitative precarie, in baracche o edifici fatiscenti, senza accesso ai servizi igienici di base. Nel 2022 è morto carbonizzato un bracciante, proprio nell’incendio di un container di metallo dove il padrone lo costringeva a dormire. Non sappiamo esattamente quanti siano spariti senza lasciare traccia, si stimano in 15 all’anno i braccianti stranieri che muoiono sul lavoro nel pontino e 18 sarebbero i suicidi in sei anni.
Sindacato, scioperi e rappresaglie
Se i primi insediamenti risalgono agli anni ’80, per molto tempo questi lavoratori hanno sopportato a testa china per sostenere le proprie famiglie rimaste a casa, per la paura di ritorsioni violente o di essere rimpatriati. Nel 2010 c’è il tentativo di organizzare un primo sciopero, che naufraga per le minacce e i licenziamenti ritorsivi dei padroni. L’onda della sindacalizzazione procede comunque tra i braccianti indiani e finalmente nel 2016, si arriva a una svolta storica: per la prima volta i sikh, organizzati dalla FLAI CGIL, alzano la testa e scendono in sciopero, riempiendo di bandiere rosse piazza della Libertà a Latina. La lotta pervade di fiducia i lavoratori che prendono coraggio e le denunce esplodono. I salari effettivamente corrisposti aumentano e anche le ore segnate in busta paga dai padroni.
Non è abbastanza, ma un primo passo. I padroni reagiscono in fretta e sostituiscono una parte dei braccianti indiani con i richiedenti asilo africani e coi bengalesi, non organizzati, approfittando anche del “ritorno” nei campi di donne italiane di mezza età e di pensionati che non riescono ad arrivare a fine mese. I padroni si avvalgono di crumiri e disperati, cercano di dividere i lavoratori su basi etniche. “La colpa non è dei ragazzi africani, ma dei padroni. Ci vogliono divisi così perdiamo tutti. Invece noi vogliamo aiutare i nostri fratelli, più volta ho provato a parlare con loro a spiegare”, dichiara un esponente della comunità sikh.
Intanto lo sfruttamento continua e i sindacalisti vengono minacciati. Nel 2019, spinti dalla rabbia per i soprusi di un padrone che puntava un fucile a pompa alla gola dei braccianti, è la comunità sikh a prendere l’iniziativa, scioperando contro lo sfruttamento con l’appoggio dei sindacati confederali. Lo faranno ancora una volta nel 2020, quando in emergenza sanitaria sono costretti a lavorare malati, senza dispositivi, come carne da macello, spesso invisibili per il sistema sanitario nazionale.
400mila stagionali, un mare di irregolarità
In Italia sono circa 400mila gli stagionali, italiani e stranieri, costretti a lavorare nei campi in condizioni di sfruttamento economico: una cifra che è cresciuta in maniera esponenziale negli ultimi anni, attingente all’afflusso di manodopera migrante. I dati sull’impatto del caporalato registrano solo la punta dell’iceberg, ma le stime dell’Istat sulle economie sommerse segnalano in generale un forte impatto del lavoro nero sull’economia nazionale, con alte percentuali riscontrate nelle ispezioni su aziende agricole.
In Italia nel settore agricolo la percentuale di ispezioni in cui sono stati contestati illeciti è stata pari a circa la metà, ma dal 2015 al 2023 le aziende ispezionate nel settore si sono dimezzate! Il bilancio nella regione Lazio è impietoso, nel corso del 2023 solo 222 sono le aziende agricole ispezionate e il tasso di irregolarità del 64,5%. Su 785 lavoratori le violazioni riscontrate sono ben 608 per casi di caporalato/sfruttamento, 61 lavoro nero, 34 salute e sicurezza, 17 di intermediazione, 33 violazioni penali, 72 violazioni amministrative.
La legge sul caporalato si divide sostanzialmente in due parti: una che inasprisce le pene per lo sfruttamento del lavoratore, rendendo punibile anche il datore di lavoro, oltre all’intermediario, l’altra si occupa della tutela delle vittime. Oggi si rischiano fino a 8 anni di carcere, ma multe fino a solo duemila euro per ogni lavoratore “schiavo” e confische. I proventi di queste ultime dovrebbero confluire in un fondo di indennizzo delle vittime, sarebbero poi previsti piani di sistemazione logistica e di supporto nella ricerca di un “rapporto di lavoro equo”.
Non c’è legge che tenga se non esiste la volontà di applicarla, né risorse sufficienti stanziate. Il rischio di subire un controllo è molto basso, servono più ispettori e ispezioni. Pur se un passo in avanti nella tutela dei braccianti la legge rimane in parte lettera morta. La rete del lavoro agricolo di qualità una sorta di albo delle imprese “buone”, che dovrebbe permettere un incontro tra domanda e offerta di lavoro scavallando i caporali, vede un numero di imprese aderenti irrisorio.
La Bossi-Fini, per cui la metà dei punjabi in Italia sono irregolari, agevola caporali e intermediari, che obbligano i lavoratori a pagare, ancora all’estero, cifre ingenti per falsi contratti di lavoro a cui è legato il permesso di soggiorno.
Cosa fa il sindacato?
Diversi tavoli sono stati aperti con il prefetto di Latina, esiste anche una legge regionale contro il caporalato e si continua a invocare la collaborazione delle aziende “sane”! È noto però che la concorrenza si fa sulle spalle dei lavoratori! Se l’economia di mercato è ingiusta e irrazionale in generale, lo è ancora di più in un settore basilare come l’agricoltura. Le imprese vogliono raccogliere il più velocemente possibile, così utilizzano i caporali per il reclutamento e risparmiano sul costo del lavoro, in modo da arrivare prima sul mercato per fare il prezzo. Sarà poi la grande distribuzione organizzata a ricavarne il margine più ampio, fino agli scaffali dei supermercati. Chi perde di più? I braccianti e i consumatori-lavoratori, per i profitti dei padroni. Non possiamo sperare che questo stato di cose cambi da solo, affidarci alla legge e alla buona volontà di qualche individuo. Ad oggi alcune aziende vengono ispezionate, si aprono indagini si effettua qualche arresto, ma il sistema ne viene solo scalfito.
Il 2024 rischia già di essere l’anno nero delle morti sul lavoro, che sono state 268 solamente nei primi quattro mesi dell’anno. Dal 2008 sono morte 10.800 persone. Numeri da guerra e il nemico che ci attacca sono i padroni, è il capitalismo.
Dopo Satnam è morto un ragazzo 18enne nei campi del lodigiano. La FLAI chiede davanti a ciò un tavolo con i ministri dell’Agricoltura e del Lavoro. La via istituzionale non può essere la risposta del sindacato! Serve organizzazione!
La campagna della CGIL “Diritti in Campo”, le “Brigate del Lavoro” sul territorio per il progetto “Sindacato di Strada”, l’apertura della casa del popolo a borgo Hermada, lo sciopero di sabato 22 vanno nella giusta direzione. Non possono devono restare però bandierine nel deserto, o azioni simboliche e di emergenza.
C’è ancora molto da fare! Le accuse di caporalato mosse a esponenti CISL e alla famiglia Soumahoro hanno ingenerato diffidenza tra i lavoratori. È compito di tutti gli attivisti onesti impegnarsi con costanza nell’organizzazione di questi lavoratori tra la polvere dei campi e nelle strade dei borghi.
L’esperienza dimostra che solo la lotta paga! Solo la lotta, sotto il controllo degli stessi lavoratori, può imporre condizioni dignitose.
- Permesso di soggiorno per tutti! Cittadinanza a 2 anni di residenza!
- Abolizione della Bossi-Fini! Stop al lavoro nero e ai furti in busta paga.
- Per un collocamento centralizzato di tutti i braccianti, sotto il controllo dei lavoratori e dei loro sindacati, che garantisca il rispetto dei contratti e di tutta la normativa!
- Controllo dei lavoratori sulla sicurezza!
- Lotta al governo Meloni e alle sue politiche padronali e razziste!
- Espropriamo i colossi della grande distribuzione organizzata! Controllo dei lavoratori sull’intera filiera agroalimentare!
Oggi produciamo cibo che potrebbe sfamare 13 miliardi di persone, mentre 783 milioni di persone soffrono la fame e un terzo della popolazione globale si trova in una situazione di insicurezza alimentare. Abbiamo le risorse, la tecnologia e le capacità, potremmo pianificare armoniosamente la produzione con il controllo democratico e nell’interesse della maggioranza, chi lavora, nel rispetto dell’ambiente e della vita umana. Per fare questo, per porre fine alla barbarie del capitalismo, c’è solo una via, il suo rovesciamento rivoluzionario!
Fonti
Nei campi dell’Agro Pontino c’è un esercito di lavoratori fantasma (avvenire.it)
Tra gli indiani sikh dell’Agro Pontino. Lo sfruttamento (sotto il sole) (avvenire.it)
Latina, richiedenti asilo sfruttati insieme alle braccianti italiane (avvenire.it)
INL, Rapporto annuale dell’attività di vigilanza in materia di lavoro e legislazione sociale (2015-2023)
Rapporto annuale dell’attività di vigilanza in materia di lavoro e legislazione sociale – anno 2023
Latina, storico sciopero dei braccianti indiani contro i padroni del pontino (ilmanifesto.it)
Osservatorio sicurezza su lavoro e ambiente
Osservatorio nazionale dei morti sul lavoro