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7 Ottobre 2024Conflitto di classe e sindacato in Amazon
14 Ottobre 2024di Fred Weston
Un anno dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre contro il sud di Israele, la guerra che ne è seguita ha prodotto un disastro umanitario senza precedenti per i palestinesi che vivono nella Striscia di Gaza. Ora il Libano sta affrontando uno scenario simile. Netanyahu ha avvertito Hezbollah che Israele potrebbe “trasformare Beirut e il sud del Libano… in Gaza”.
Cosa significa trasformare il sud del Libano in una Gaza? Dopo un anno di bombardamenti incessanti, la guerra genocida di Netanyahu su Gaza ha portato a livelli senza precedenti di morte e distruzione per il popolo palestinese. Quasi 42mila persone sono state uccise durante attacchi diretti dall’ottobre scorso, mentre altre 100mila sono state ferite, di cui un quarto, si stima, rimarrà permanentemente disabile.
Questi dati, tuttavia, non raccontano tutta la storia di ciò che è successo. I bombardamenti non hanno solo ucciso persone in attacchi diretti, ma la massiccia distruzione delle infrastrutture di Gaza ha causato molte altre morti che non sono conteggiate nelle cifre ufficiali. Le forniture di acqua e di energia elettrica e molti dei servizi sanitari, cliniche, ospedali, abitazioni e scuole sono stati distrutti. Secondo l’UNRWA, solo un terzo degli ospedali di Gaza è in qualche modo funzionante.
Il patrimonio abitativo è stato massicciamente distrutto. Nei primi quattro mesi di bombardamenti, il valore delle infrastrutture distrutte a Gaza è stato calcolato in 18,5 miliardi di dollari, pari al 97% del PIL annuale complessivo di Gaza e della Cisgiordania insieme. Sono state prodotte più di 30 milioni di tonnellate di macerie dai bombardamenti, e si calcola che ci vorranno anni per rimuoverle. A giugno di quest’anno, erano state sganciate 75mila tonnellate di bombe su Gaza. È molto di più di quanto è stato sganciato su Dresda, Amburgo e Londra insieme durante la Seconda Guerra Mondiale.
Un articolo pubblicato da AP News ha delineato il livello di devastazione inflitto al patrimonio abitativo di Gaza nei primi sette mesi della guerra, sottolineando che non si assisteva a una distruzione senza precedenti del patrimonio abitativo come quella avvenuta a Gaza dai tempi dalla Seconda Guerra Mondiale, secondo l’ONU (2 maggio 2024). Ha evidenziato che, “almeno 370mila unità abitative a Gaza sono state danneggiate, di cui 79mila completamente distrutte”.
Aggiornamenti più recenti indicano che oltre l’80% degli edifici di Gaza è stato distrutto. Questo è stato rivelato dal Segretario Generale Aggiunto delle Nazioni Unite, il dottor Abdallah Al-Dardari, in un’intervista con Al Qahera News.
Secondo il Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (UNDP), “si stima che quasi 50 miliardi di dollari di investimenti a Gaza siano stati spazzati via dal conflitto e che 1,8 milioni di palestinesi siano caduti in uno stato di povertà.” La popolazione totale prima della guerra era di 2,3 milioni.
Si calcola che ci vorrà fino al 2040 per ricostruire le proprietà distrutte, e il costo complessivo si aggirerebbe intorno ai 40-50 miliardi di dollari.
Distruzione del sistema educativo
Gli edifici scolastici sono stati gravemente danneggiati. Questa estate, “almeno 354 persone sono state uccise nei raid aerei israeliani su edifici scolastici che ospitavano sfollati, tra il 1 giugno e il 1 settembre”. nell’ultimo anno sono giunti da Gaza una serie di video e foto di bambini coperti di sangue mentre fuggono dalle scuole bombardate, lasciando dietro di sé i corpi di chi è stato ucciso.
Più di 600mila studenti delle scuole di Gaza hanno visto il loro percorso educativo interrotto dalla guerra. Un articolo di ABC riporta che “almeno il 70% di tutte le scuole di Gaza – 399 edifici scolastici – sono stati danneggiati o distrutti dal 7 ottobre”.
Ci sono un totale di 567 edifici scolastici a Gaza. ABC News ha raccolto immagini satellitari, video e foto, scattate sia dall’IDF che da Hamas, e ha concluso che “212 scuole sono parzialmente o completamente distrutte, e altre 187 mostrano segni di danni”. L’ONU, tuttavia, stima che “fino all’84% delle scuole – 477 edifici – avranno bisogno di essere riparate o ricostruite del tutto”.
Rachael Cummins, una direttrice di Save the Children a Gaza, ha commentato: “I bambini non hanno avuto accesso all’istruzione scolastica, quindi hanno perso un intero anno di apprendimento. Ma al di là di questo, ciò che vedono e vivono e le conseguenze di questo in termini di salute mentale non possono davvero essere sottovalutate. Per un’intera generazione, un’intera popolazione, di bambini, genitori e assistenti all’infanzia, è assolutamente straordinario l’impatto della guerra sulla loro salute mentale.“
In queste condizioni, lo sviluppo psicologico dei bambini è stato gravemente compromesso. Molti soffrono di attacchi di ansia e non riescono a concentrarsi. Oltre alla morte e alla devastazione che li circonda, questi bambini soffrono anche di malattie, come conseguenza del crollo del sistema sanitario, e della malnutrizione.
Non sono solo le scuole ad essere state quasi completamente distrutte. Anche le università sono state colpite. La popolazione studentesca universitaria di Gaza, composta da quasi 90mila persone, ha visto i propri studi interrotti. L’Università Islamica di Gaza è stata completamente distrutta in un raid aereo nell’ottobre scorso. L’Università di Al-Azhar è stata completamente rasa al suolo. L’Università Israa, l’Università della Palestina, l’Università di Gaza, l’Università Al-Quds Open, l’Università Al-Aqsa e molte altre sono state gravemente danneggiate.
Secondo un rapporto pubblicato da BRICUP (British Committee for the Universities of Palestine), “tutte le 19 università di Gaza hanno subito gravi danni o si trovano in rovina completa, con oltre l’80% degli edifici universitari distrutti.”
Oltre 100 accademici palestinesi e oltre 600 studenti universitari sono stati uccisi a Gaza dall’inizio della guerra di Israele, secondo le cifre fornite dal ministero dell’Istruzione palestinese. Quasi 9mila studenti delle scuole sono stati uccisi, così come 400 insegnanti.
Gli effetti di tutto questo saranno di lunga durata, e ci vorranno molti anni per ricostruire ciò che è stato distrutto.
Il vero numero di vittime dovute alla guerra
Un rapporto di Medici Senza Frontiere del 29 maggio 2024 nota che: “Negli ultimi sette mesi, il sistema sanitario a Gaza è stato smantellato sistematicamente. Secondo l’OCHA, 24 ospedali a Gaza sono ora fuori servizio, mentre 493 operatori sanitari sono stati uccisi. Ogni centro medico o sistema di consegna umanitaria è stato o viene distrutto, per essere sostituito da soluzioni improvvisate, meno efficaci. Non c’è modo di dire quale sarà il costo umano indiretto in termini di morti e feriti a lungo termine a causa dell’assistenza e del trattamento negati.“
I servizi sanitari sono in uno stato di collasso proprio quando sono più necessari. Solo alcuni esempi possono servire a evidenziare questo. Il numero di bambini sotto i 5 anni trattati per diarrea è aumentato di 25 volte rispetto al 2022. A giugno di quest’anno, 8mila bambini sotto i 5 anni sono stati trattati per malnutrizione. Ci sono circa 50mila donne incinte, che sono a maggior rischio in caso di complicazioni a causa della mancanza di servizi ospedalieri. I pazienti in dialisi stanno guardando la morte in faccia. Ad esempio, l’ospedale Al-Shifa sta attualmente trattando circa 40 pazienti con insufficienza renale, mentre prima della guerra ne trattava 450.
Come mostra il rapporto sopra citato, circa 500 operatori sanitari sono stati uccisi, su un totale di circa 20mila a Gaza secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità. Come ha dichiarato il New York Times : “Questo equivale a una media di due operatori sanitari uccisi ogni giorno, con uno ogni 40 operatori sanitari, o il 2,5% della forza lavoro sanitaria di Gaza, ora morti.”
Secondo uno studio pubblicato a luglio su The Lancet, una prestigiosa rivista medica britannica, questa situazione significa che ci sono molte più morti causate dalla guerra attuale rispetto a quelle uccise direttamente dai bombardamenti. Alcuni le hanno definite “uccisioni silenziose.”
Il rapporto di The Lancet si basa su scenari di guerra precedenti che mostrano che il numero di vittime può essere compreso tra tre e quindici volte il numero di persone uccise direttamente. Pertanto, afferma che “non è implausibile stimare che fino a 186mila morti o addirittura un numero maggiore possano essere attribuibili” alla guerra in corso.
Altri 10mila circa sono classificati come dispersi, ancora sepolti sotto le macerie. Un articolo più recente su The Guardian, dal titolo “Gli scienziati stanno avvicinandosi alla vera, orribile entità della morte e delle malattie a Gaza”, stima che il numero di tali morti potrebbe essere molto più alto di quanto stimato da The Lancet.
Afferma: “La scoperta della polio a Gaza ci ricorda che sta diventando sempre più difficile valutare il vero costo della guerra. Non abbiamo un’idea di quanto siano diffuse le malattie e la fame – le cosiddette ‘morti indirette’ – e siamo all’oscuro del numero totale di morti.“
Spiega che se le morti continuassero al ritmo calcolato da The Lancet di circa 23mila al mese, “ci sarebbero ulteriori 149.500 morti entro la fine dell’anno, circa sei mesi e mezzo dall’iniziale stima di metà giugno. Utilizzando questo metodo, le morti totali dall’inizio del conflitto sarebbero stimate a circa 335.500 in totale.”
Se queste cifre fossero confermate, questo rappresenterebbe ben oltre il 10% della popolazione di Gaza. In termini più vicini a noi, sarebbe l’equivalente di circa 6-7 milioni di persone uccise in Gran Bretagna, o oltre 30 milioni negli Stati Uniti. Questo è di gran lunga il numero più alto di persone uccise nella lunga lista di conflitti tra Israele e il popolo palestinese.
Nel Vecchio Testamento, Deuteronomio 19:21, leggiamo che il Dio degli antichi ebrei decretava che la punizione per i crimini dovesse essere una “vita per vita, occhio per occhio, dente per dente…”. Il suo significato era che la punizione per un’offesa subita doveva corrispondere al crimine.
I sionisti dei giorni nostri, tuttavia, vanno ben oltre ciò che il loro stesso Dio ha ordinato. Se prendiamo il numero di uccisi durante l’attacco di Hamas del 7 ottobre nel sud di Israele e lo calcoliamo come proporzione del numero di morti che potrebbero essere morti a Gaza secondo le stime di The Guardian, otteniamo la cifra di 250 a uno. Ma questo non dovrebbe sorprendere nessuno con una conoscenza minima della storia del conflitto. Tra il 2008 e il 2020 vediamo cifre simili, con 5.590 palestinesi uccisi contro 251 israeliani, una proporzione di 22 a 1. E questo molto prima dell’attacco di Hamas del 7 ottobre scorso. I sionisti giustificano la macelleria di quest’ultimo anno facendo costante riferimento a quell’attacco. La domanda da porsi è: cosa ha giustificato tutte le precedenti campagne di bombardamento e uccisioni condotte dall’esercito israeliano?
Aggiungere il danno alla beffa: l’espansione degli insediamenti
Quello che bisogna ricordare qui è che la parte lesa storicamente sono i palestinesi. Sono loro che hanno subito il crimine storico della Nakba, in cui più di 700mila palestinesi sono stati violentemente espulsi dalla loro terra natale nel 1948, con un gran numero di morti nel processo. Quel crimine ha visto un intero popolo privato della propria terra natale.
I sionisti hanno sempre visto la guerra come un’opportunità per rimuovere più palestinesi dalla loro terra natale e inviare coloni. Abbiamo visto questo su larga scala in Cisgiordania quando altri 400mila furono espulsi dopo la Guerra dei Sei Giorni del 1967.
Secondo la Foundation for Middle East Peace nel 1972 c’erano 10.608 coloni ebrei nei territori occupati da Israele nel 1967, in Cisgiordania, Striscia di Gaza, Gerusalemme Est e le Alture del Golan. Nel 2005, questa cifra era cresciuta a quasi mezzo milione; e oggi sono diventati oltre 700mila, e l’estrema destra sionista sta cercando di portare quella cifra a un milione, e persino due milioni.
Questo è una sostituzione etnica su larga scala. I media ufficiali mainstream, come la BBC nel Regno Unito, tentano di minimizzare la Nakba, e anche quando la riconoscono, insistono che è accaduta molto tempo fa e che ora dobbiamo concentrarci sul presente e sul futuro. Questo è un modo conveniente per ignorare il fatto che il furto delle terre palestinesi continua mentre scrivo queste parole.
Dal 7 ottobre 2023, il governo israeliano ha accelerato l’espansione degli insediamenti, approvando 5.295 nuove unità abitative a luglio negli insediamenti esistenti, oltre ad approvare cinque nuovi insediamenti. Il ministro delle Finanze dell’estrema destra Smotrich ha anche concesso finanziamenti pubblici per 70 “avamposti” – formalmente illegali anche secondo la legge israeliana – fornendo loro acqua, elettricità e strade. Gli avamposti ricevono protezione dall’IDF e alla fine diventano insediamenti ufficiali.
E mentre tutto questo è accaduto, circa mille palestinesi sono stati rimossi dalle loro terre in 18 comunità in tutta la Cisgiordania. Il modo in cui questo viene realizzato merita di essere spiegato. Un avamposto viene costituito e poi i suoi membri infastidiscono sistematicamente i palestinesi locali. Li minacciano fisicamente, li impediscono di lavorare la loro terra, tagliano l’acqua e l’elettricità, rendendo impossibile per loro rimanere.
Una volta ottenuto tutto questo, la terra diventa incolta e può essere classificata come abbandonata. Il prossimo passo è registrarla come terra statale, sottoponendola sotto il diretto controllo di Israele. Dopodiché, può essere consegnata ai coloni. È un furto di terra palese, appena coperto da una foglia di fico di legalità israeliana.
Tutto questo è stato intensificato nell’ultimo anno, eppure non fa notizia nei media mainstream. La ragione di ciò è che tutti i governi occidentali stanno sostenendo Israele anche mentre continua l’espropriazione illegale delle terre palestinesi. Chiamano Hezbollah a rispettare le risoluzioni delle Nazioni Unite, ma ignorano il fatto che Israele ha sistematicamente ignorato le risoluzioni delle Nazioni Unite applicate a se stesso.
Prima del 2005, la Striscia di Gaza aveva 21 insediamenti israeliani con circa 9mila coloni ebrei. Come parte degli Accordi di Oslo, che hanno visto la creazione dell’Autorità Palestinese, è stato raggiunto un accordo secondo cui tutti gli insediamenti ebraici sarebbero stati ritirati da Gaza nel 2005. La maggior parte dei coloni se ne è andata quando ordinato, mentre alcuni hanno resistito e l’IDF ha dovuto spostarli con la forza.
Ora i sionisti parlano di tornare al loro vecchio piano di colonizzare la Striscia di Gaza. Ancora una volta, la guerra è il modo in cui questo può essere realizzato. Secondo un articolo su The Guardian, Benjamin Netanyahu sta valutando lo sgombero di massa del nord di Gaza (23 settembre 2024): i piani del governo Netanyahu prevedono l’evacuazione della popolazione civile dal nord di Gaza. L’idea è di costringere tutti i civili a lasciare Gaza e poi dichiarare che chiunque rimanga è un militante di Hamas, e quindi può essere colpito a vista.
Viene citato il parlamentare del Likud Avichai Boaron, che afferma che il piano era “attualmente in fase di valutazione dal governo”. A quanto pare, Netanyahu pensa che il piano “abbia senso”. La ragione di questo è che nonostante tutti i bombardamenti, nonostante tutta la morte e la distruzione, l’IDF non è riuscito a eliminare Hamas. Quindi ora stanno guardando a questo piano disperato. Implicherebbe dichiarare l’area “territorio militare”, il che significherebbe che non sarebbero consentite forniture, costringendo così alla rimozione forzata i 300-500mila palestinesi ancora nel nord.
A dicembre, sono iniziate a circolare storie sugli ex coloni rimossi da Gaza nel 2005 e ritornati nella Striscia. Un esempio è un articolo pubblicato su Al-Monitor, secondo cui “Gli ex coloni israeliani desiderano tornare a Gaza dopo la guerra”; in proposito cita Hannah Picard, una francese-israeliana che ha vissuto per 16 anni nella Striscia di Gaza, dicendo “È ovvio che torneremo”. Il piano di sgomberare la parte settentrionale di Gaza dai civili faciliterebbe questo ritorno.
Infatti, tra i sionisti, si parla molto della necessità di riprendere il programma di insediamento a Gaza. A giugno di quest’anno, due deputati di estrema destra hanno annunciato che stavano formando un “Caucus della Knesset per il rinnovamento degli insediamenti nella Striscia di Gaza”. A loro parere: “Solo con una presenza densa di insediamenti ebraici in tutta Gaza sarà possibile prevenire la continuazione delle minacce terroristiche e scoraggiare il nemico.“
Perché questo funzioni, tuttavia, i nuovi insediamenti dovrebbero essere pesantemente armati e protetti dall’IDF. Di fatto diventerebbero carcerieri in quella che viene spesso definita “la prigione a cielo aperto più grande del mondo”. Questo, tuttavia, è molto più facile a dirsi che a farsi. Possono andare avanti con questo piano, ma diventerà una fonte di enorme risentimento tra una nuova generazione di palestinesi che hanno dovuto subire gli incubi già delineati in questo articolo, e che cercheranno un modo per riprendersi le loro terre rubate.
Lottiamo contro tutti i guerrafondai
I media mainstream – cioè i media che appartengono a ricchi capitalisti il cui lavoro è difendere gli interessi della classe dominante – ignorando la storia, continuano a ripetere il mantra che “Israele ha il diritto di difendersi”. Come può chiunque sano di mente affermare che ciò che è stato descritto sopra sia “autodifesa”? No. Fa parte di un piano di lunga data dei sionisti per prendere il controllo di tutta la Palestina di un tempo. È chiaro che nel pensiero dei sionisti, l’attacco del 7 ottobre dello scorso anno da parte di Hamas è arrivato come una scusa conveniente per aumentare ulteriormente la pressione sul popolo palestinese.
Quando i leader politici come Biden, Starmer, Macron e Scholz, insieme a tutti gli altri criminali guerrafondai – seduti comodamente nei loro edifici governativi o nelle loro residenze lussuose, guadagnando tanti soldi mentre servono gli interessi della ricca e potente classe capitalista – fanno discorsi sul “diritto di Israele a difendersi”, ricordatevi di ciò che è stato descritto sopra.
Quello che stanno davvero dicendo è che la classe dominante sionista di Israele ha il diritto di uccidere decine di migliaia di palestinesi, di uccidere le loro donne e bambini, di distruggere le loro case, scuole e ospedali e di minacciare l’intera regione con la guerra. Questo è ciò che abbiamo a un anno dal 7 ottobre. Questo è ciò che tutti i leader occidentali stanno sostenendo.
L’ironia di tutto questo è che, ad un anno di distanza, lungi dal garantire la sicurezza delle persone che vivono in Israele – che doveva diventare un rifugio sicuro per gli ebrei – i sionisti hanno reso Israele un luogo molto più pericoloso in cui vivere, in effetti il luogo più pericoloso del pianeta per gli ebrei. Ora hanno spinto l’intera regione sull’orlo di una guerra regionale, creando una situazione in cui potrebbero andare perse un numero molto maggiore di vite da entrambe le parti.
Perché tutto questo sta accadendo? È perché i sionisti hanno sistematicamente bloccato tutti i tentativi di andare nella direzione di concedere ai palestinesi uno Stato proprio – e continueranno a farlo. Tutto ciò che Netanyahu ha fatto è andato in questa direzione. Non solo rifiutano di concedere ai palestinesi uno Stato, ma lavorano instancabilmente per comprimerli in enclavi sempre più piccole, per sottrarre una porzione sempre maggiore delle loro terre e per aumentare la popolazione dei coloni.
Su questa strada non può esserci pace. Finché la classe dominane sionista di Israele rimane al potere, con il suo Stato pesantemente armato, sostenuto dal paese imperialista più potente del mondo, gli Stati Uniti, non ci sarà alcuna possibilità che vengano concessi pieni diritti ai palestinesi.
La classe dominante sionista deve essere rovesciata, così come tutti i regimi borghesi dispotici in tutta la regione, a cominciare dall’Arabia Saudita, la Giordania e l’Egitto. E nei paesi capitalisti avanzati, dobbiamo organizzarci e lottare contro i nostri stessi governi imperialisti, quegli stessi governi che hanno sostenuto l’incubo scatenato contro il popolo palestinese.