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22 Marzo 2023Ieri, per l’undicesima volta in 10 mesi, il primo ministro Élisabeth Borne ha invocato l’articolo 49.3 della Costituzione francese per far passare l’odiata riforma delle pensioni di Macron senza un voto parlamentare. Questo, tuttavia, non è passato inosservato. Nelle ore successive all’annuncio del primo ministro, migliaia di persone si sono riunite a Place de la Concorde a Parigi per protestare contro la manovra. In altre città si sono svolte manifestazioni spontanee.
I media tradizionali e l’opposizione parlamentare sottolineano che si tratta di un grande “fallimento” per Macron, che avrebbe preferito un voto formale dell’Assemblea nazionale sulla sua riforma delle pensioni. Si tratta effettivamente di un fallimento, ma che segue logicamente un altro fallimento, o meglio una debacle: quella del partito di Macron (LREM) alle elezioni legislative dello scorso giugno. Macron non ha la maggioranza all’Assemblea Nazionale. Da qui il ricorso all’articolo 49.3, considerato una “opzione nucleare”.
All’inizio della prossima settimana, le mozioni di sfiducia saranno sottoposte al voto dell’Assemblea nazionale. Se una di esse otterrà la maggioranza, Macron probabilmente non potrà semplicemente effettuare un rimpasto di governo: dovrà sciogliere l’Assemblea Nazionale. Ma proprio per questo motivo, è improbabile che una mozione di sfiducia ottenga la maggioranza. Un numero significativo di deputati dell’opposizione non vuole elezioni parlamentari anticipate.
Lo scorso novembre abbiamo scritto: “I deputati repubblicani [il tradizionale partito borghese di destra] non hanno nulla di buono da aspettarsi da elezioni anticipate, nell’immediato futuro. I deputati del Rassemblement National [in precedenza Front National, guidato da Marine Le Pen] si presentano come fanatici sostenitori della mozione di sfiducia, ma in realtà hanno tutto l’interesse a lasciare che la situazione continui a marcire per trarre i massimi benefici quando sarà il momento. Anche nelle file del NUPES [il blocco di opposizione di sinistra, guidato da Jean-Luc Mélenchon di France Insoumise], alcuni deputati dei Verdi, del PS [Partito Socialista] e del PCF [Partito Comunista Francese] si dicono, dalle loro poltrone di velluto: “Ora sono dentro, quindi ci resto!”. Di conseguenza, tutte queste piccoli uomini si stanno organizzando, prima delle mozioni di sfiducia, per assicurarsi che non passino”.
È vero che, sotto la pressione del movimento di massa contro la riforma delle pensioni e data la profonda crisi interna dei Repubblicani, non si può escludere del tutto un “incidente” che porti all’approvazione di una mozione di sfiducia. Ma questo non è lo scenario più probabile. Ad esempio, vale la pena notare che, tra i deputati repubblicani che si erano fermamente “opposti” alla riforma delle pensioni, molti sono molto più evasivi riguardo alle mozioni di sfiducia. Allo stesso modo, alcuni degli elementi più moderati della sinistra parlamentare potrebbero astenersi.
La direzione del movimento
Tra i lavoratori coinvolti nel movimento di sciopero di due mesi contro la controriforma, l’ambiente è di grande rabbia. Il giorno in cui il governo ha invocato l’articolo 49.3, si sono svolte manifestazioni spontanee a Parigi e in altre città. Venerdì 17 marzo, i lavoratori della raffineria Total Normandie, la più grande del Paese, hanno votato per la chiusura dell’impianto. Il sindacato CGT Energia ha parlato di interrompere l’elettricità. È evidente che i dirigenti sindacali sono sottoposti a una forte pressione da parte dei lavoratori, che vedono la necessità di un’azione immediata.
Il ricorso all’articolo 49.3 può avere l’effetto di rilanciare la lotta fuori dal parlamento contro la riforma delle pensioni – e in particolare la partecipazione dei lavoratori al movimento degli scioperi riconvocabili? Lo diranno i prossimi giorni. Tuttavia, possiamo già sottolineare due cose:
In primo luogo, l’uso dell’articolo 49.3 non cambia affatto le gravi carenze della strategia dei dirigenti sindacali fin dall’inizio di questa lotta. Prima e dopo il ricorso all’articolo 49.3, la strategia delle “giornate d’azione” non riesce a far indietreggiare il governo.
Invece di chiedere un’escalation adeguatamente organizzata del movimento di scioperi, verso uno sciopero generale a oltranza, l’Intersyndacale (l’organismo di coordinamento degli otto principali sindacati francesi, ndt) si è riunita e ha concordato… di indire un’altra giornata di azione giovedì 23 marzo, dopo che la mozione di sfiducia sarà discussa in Parlamento lunedì.
La giornata di azione di giovedì prossimo, per quanto forte possa essere, non cambierà nulla in questo senso. Inoltre, sia prima che dopo l’utilizzo dell’articolo 49.3, il carattere strettamente difensivo dell’unico slogan proposto dalle direzioni sindacali – il “ritiro della riforma delle pensioni” – è un ostacolo allo sviluppo di scioperi riconvocabili, ma anche alla massiccia mobilitazione dei giovani. Lo abbiamo spiegato in dettaglio nei nostri editoriali di gennaio, febbraio e marzo.
In secondo luogo, all’indomani dell’articolo 49.3, alcuni leader della sinistra e del movimento sindacale insistono sempre di più sulla prospettiva di combattere la riforma delle pensioni con un “referendum di iniziativa condivisa” – o addirittura con un ricorso al Consiglio costituzionale! Questo non può che indebolire gli scioperi riconvocabili. Molti lavoratori si diranno: “che senso ha scioperare se ci sono altri modi per ottenere lo stesso risultato?”.
Finora, il movimento degli scioperi a oltranza non ha ottenuto lo slancio necessario per far arretrare il governo. I settori più mobilitati – in particolare i netturbini, i portuali e i lavoratori del settore petrolifero – non potranno resistere all’infinito senza che il movimento si allarghi. Ma all’indomani dell’utilizzo dell’articolo 49.3, i dirigenti della sinistra e del movimento sindacale non stanno facendo nulla per estendere la lotta. Questo è un dato di fatto, che rischia di avere un impatto molto più significativo dell’indignazione provocata dall’articolo 49.3.
Il dramma della situazione è che non viene offerta alcuna direzione. Tutti i sindacati hanno firmato la dichiarazione congiunta che invita a “un’azione calma e determinata”, mentre ciò che serve è una guida coraggiosa. Ciò che servirebbe ora sono vere e proprie assemblee generali di massa nei luoghi di lavoro, coordinate attraverso una rete di delegati eletti e revocabili, che assuma le redini del movimento. La classe operaia ha un potere immenso e la classe operaia francese ha dimostrato, ancora una volta, la sua volontà di lottare. Purtroppo, i suoi leader sindacali e politici non sono stati all’altezza del compito. È necessaria una direzione rivoluzionaria.
17 marzo 2023
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