Di Maio e la svolta moderata dei 5 Stelle
20 Novembre 2018Rivoluzione n° 51
22 Novembre 2018La mobilitazione dei “gilet gialli” segna una fase importante nello sviluppo della lotta di classe in Francia. Senza partito, senza sindacato, senza alcuna forma di organizzazione preesistente, centinaia di migliaia di persone hanno partecipato a blocchi stradali e di distributori di benzina, spazzando via le minacce e le pseudo-concessioni del governo. Sono sostenuti dalla gran maggioranza della popolazione. La loro determinazione è all’altezza della loro rabbia e della loro sofferenza. Fremono di indignazione contro un governo che non ha cessato di aumentare la pressione fiscale sui lavoratori, sui pensionati e sulle classi medie, mentre i più ricchi beneficiano di ogni sorta di “alleggerimento contributivo”, di sovvenzioni e di esoneri fiscali. I “gilet gialli” hanno capito che l’argomento della “transizione ecologica” è soltanto l’ennesimo pretesto per depredare la massa della popolazione a vantaggio di un pugno di ricchissimi parassiti.
Questo movimento è socialmente e politicamente eterogeneo. Ovviamente! La politica reazionaria del governo non colpisce solo i lavoratori ma anche gli artigiani, i piccoli commercianti, gli agricoltori più poveri, i professionisti, i pensionati ed altri strati intermedi della società. L’eterogeneità sociale e politica del movimento dei “gilet gialli” indica precisamente la sua profondità. Non è una mobilitazione della sola “avanguardia operaia”, dei lavoratori più coscienti e più organizzati. Si tratta di un movimento di massa che, bruscamente, spinge alla lotta strati sociali di solito inerti. Senza dubbio, nessuno può dire fino a dove questo movimento si spingerà. Ma, d’altra parte, è chiaro che un movimento di tale natura è tipico dell’inizio di una rivoluzione. All’isola della Riunione (dipartimento d’Oltremare nell’Oceano Indiano), il movimento ha già assunto un carattere insurrezionale.
I militanti di sinistra che fanno gli schizzinosi davanti alla “confusione” del movimento, devono riflettere su ciò che scriveva Lenin nel 1916: “Chiunque aspetti una rivoluzione sociale “pura” non vivrà mai abbastanza per vederla. Si tratta di un rivoluzionario soltanto a parole che non capisce nulla di che cosa sia un’autentica rivoluzione. (…) La rivoluzione socialista in Europa non può essere altro che un’esplosione sociale delle masse oppresse e degli scontenti di ogni sorta. Inevitabilmente, elementi della piccola borghesia e settori arretrati della classe operaia vi parteciperanno: senza questa partecipazione, la lotta di massa non è possibile, nessuna rivoluzione è possibile. E, altrettanto inevitabilmente, porteranno nel movimento i loro pregiudizi, le loro fantasie reazionarie, le loro debolezze e i loro errori. Ma, obiettivamente, attaccheranno il capitale, e l’avanguardia cosciente della rivoluzione, il proletariato avanzato, che esprimerà la verità oggettiva di questa lotta di massa disparata, discordante e multiforme, a prima vista senza unità, potrà unirla ed orientarla, conquistare il potere, impadronirsi delle banche, espropriare i monopoli da tutti odiati (certo, per ragioni differenti!) e realizzare altre misure dittatoriali il cui insieme darà come risultato il rovesciamento della borghesia e la vittoria del socialismo”.
A parità di condizioni, queste righe di Lenin caratterizzano bene il movimento dei “gilet gialli”; al tempo stesso, indicano quale ruolo dovrebbero giocare in tali circostanza le organizzazioni politiche e sindacali del movimento operaio, ovvero “unire ed orientare” la lotta di massa per la conquista del potere ed il rovesciamento del capitalismo. Sotto quest’ultimo aspetto, c’è una distanza abissale tra quanto scriveva Lenin, un secolo fa, e ciò che fanno, oggi, la gran parte dei “dirigenti” del movimento operaio. Alla prova dei fatti, questi non dirigono niente. Peggio ancora, voltano le spalle al movimento dei “gilè gialli” oppure lo attaccano direttamente.
Ad esempio, il segretario del sindacato CFDT, Laurent Berger, ha definito “totalitario” questo movimento. Nella sua qualità di agente della borghesia in seno al movimento operaio, Berger non perde mai un’occasione per difendere l’ordine stabilito, cioè il dominio (“totalitario”, in un certo senso) delle banche e delle multinazionali.
Qual è la posizione di Philippe Martinez (CGT), il quale dirige il sindacato più forte e militante? Il “rovesciamento della borghesia” e la “vittoria del socialismo” sono distanti anni luce dalle sue intenzioni – il ché è un problema, poiché i problemi delle masse non potranno essere risolti nel quadro del capitalismo. Ciò detto, quale posizione difende Martinez? Dice di capire la rabbia “legittima” dei “gilè gialli” ma rifiuta di impegnare la CGT nel movimento poiché non vuole vedere la sua organizzazione “sfilare a fianco del Fronte Nazionale”. Eppure, al contempo, riconosce che l’estrema destra è “minoritaria” in questo movimento (nei fatti, in quanto forza organizzata, è persino marginale). In più, mentre la rivendicazione iniziale e centrale dei “gilè gialli” è l’abolizione dell’aumento della tassa sulla benzina, Martinez non assume e non difende questa rivendicazione. In compenso, coglie l’occasione per chiedere al governo un aumento dello SMIC (salario minimo intercategoriale) in modo tale che i lavoratori possano, tra le altre cose, comprarsi delle “auto non inquinanti”!
Questa posizione è del tutto sbagliata e senza connessione con la situazione attuale. Certo, bisogna lottare per l’aumento dello SMIC e, in generale, dei salari. Ma questa rivendicazione non contraddice in alcun modo e non esclude la rivendicazione che è al centro del movimento dei “gilet gialli” (che mobilita non solo dei lavoratori salariati ma anche degli artigiani ecc.) : la cancellazione dell’aumento delle tasse sulla benzina. Invece di opporre ad essa la rivendicazione di aumenti salariali, la direzione della CGT dovrebbe assumere la rivendicazione centrale (e giusta) del movimento dei “gilet gialli”, continuando a difendere il proprio programma generale in favore della crescita del potere d’acquisto, compreso ovviamente l’aumento dei salari.
La CGT dovrebbe spiegare: “l’aumento delle tasse sulla benzina non ha nulla a che vedere con l’ecologia. È un saccheggio a favore delle multinazionali, poiché il denaro ricavato da questi aumenti finirà nelle tasche dei grandi padroni sotto forma di sovvenzioni e sgravi fiscali. Se il governo ha bisogno di alcuni miliardi di euro per mettere a punto il bilancio dello Stato, che li prenda dai conti delle multinazionali e non dalle tasche del popolo!”. Invece di fare questo discorso, chiaro e semplice, Martinez crede di intravedere la mano del padrone dietro il movimento dei “gilè gialli” e invita a diffidarne. E’ un atteggiamento censurabile.
Rifiutando di impegnarsi nella lotta per la riduzione delle tasse sulla benzina, la direzione della CGT lascia il terreno libero alla destra ed all’estrema destra, i cui demagoghi di professione hanno scoperto, in questi giorni, che sono contro queste tasse – e lo rendono noto a tutti facendo un gran baccano. Fortunatamente, ci sono militanti e strutture di base della CGT che non hanno tenuto conto delle indicazioni di Martinez e si sono unite alla mobilitazione. Dei legami si sono creati e, talora, si sono portate avanti azioni comuni. È la via da seguire!
D’altra parte, in quale modo la CGT pensa di poter strappare al governo – e dunque al padronato – l’aumento dello SMIC che rivendica (300 euro)? Organizzando una nuova “giornata d’azione” senza prospettive, malgrado il fallimento evidente di questa strategia nel corso degli ultimi 10 anni? Facciamo una supposizione, non si può sapere la cosa con certezza. Al momento, forte di un movimento di massa al quale si rifiuta di partecipare, Martinez rivendica aumenti salariali. Fine. Chi può comprendere, comprenda!
L’abbiamo spesso sottolineato: la strategia delle “giornate d’azione” sindacali porta a un vicolo cieco ed ha portato alla sconfitta i grandi movimenti sociali del 2010, 2016 e 2017 (tra gli altri). La crisi del capitalismo francese è così profonda che il governo Macron, nella sua corsa ad imporre contro-riforme, non cederà davanti a “giornate d’azione”, quand’anche fossero di massa. Dunque, ormai, perché la nostra classe ottenga una vittoria reale, sarà necessario sviluppare un movimento basato sullo sciopero ad oltranza in un numero crescente di settori dell’economia.
Ecco, precisamente, ciò che il governo e la borghesia temono più di tutto: che il movimento dei “gilet gialli” funzioni da detonatore per un movimento di scioperi ad oltranza. Proprio in questo momento, Martinez dichiara “senza di me! Non manifesto a fianco del Fronte Nazionale”. Il movimento dei “gilet gialli” dimostra l’esasperazione e la combattività crescenti di vasti strati di lavoratori. Di conseguenza, invece di ragionare nel vuoto sul Fronte Nazionale e sui salari, la direzione della CGT dovrebbe fare di tutto per appoggiare questo movimento – ed appoggiarsi sul suo slancio per mettere all’ordine del giorno un’offensiva della classe operaia contro tutta la politica reazionaria del governo. Per cominciare, la CGT dovrebbe fare appello a partecipare in massa alla manifestazione prevista per il 24 novembre prossimo a Parigi. In quel caso, i Waucquiez, le Le Pen e tutti gli altri demagoghi borghesi non esiterebbero a prendere le distanze dal movimento e, dunque, a far cadere la loro maschera.