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Forlì – Solidarietà ai lavoratori della Giuliani Arredamenti in sciopero!

di PCR Romagna

Dietro al Made in Italy, si nasconde una realtà fatta di precariato, ricatto e sfruttamento. Questo è particolarmente vero per la Giuliani Arredamenti terzista di Poltronesofà, dove da due settimane gli operai sono in uno sciopero ad oltranza.

Con un utile cresciuto del 41,82% e contando 11 dipendenti effettivi, perlopiù impiegati, la Giuliani Arredamenti, che si spaccia come impresa artigiana, adopera nel processo produttivo circa 120 lavoratori in somministrazione. Questa particolare forma contrattuale non è un’eccezione, è la norma. C’è chi lavora in queste condizioni anche da 13 anni. Sono lavoratori stranieri e ora, stanchi e furiosi, chiedono di essere internalizzati e stabilizzati con il CCNL Industria, più adatto e più remunerativo, e che vengano rispettate tutte le norme igieniche e di sicurezza.

Lo sciopero si accende lunedì 14 aprile, quando i lavoratori escono in massa dagli stabilimenti a seguito della consegna dell’ennesima busta paga insoddisfacente. Alcuni hanno ricevuto meno di 1000 euro, a fronte di un costo della vita sempre più alto anche in una provincia come quella di Forlì, dove il prezzo dell’affitto è aumentato del 34,62% negli anni scorsi.

Il sostegno allo sciopero è stato ampio, dalle sigle sindacali fino al centrosinistra (probabilmente vista la campagna per l’incombente referendum di giugno) e ha visto i lavoratori impegnati in un picchetto permanente. Gli ingressi dei camion sono contingentati ad uno ogni due ore e il personale è fortemente ridotto ai pochi apprendisti che vivono sotto il ricatto della bassa paga e della minaccia di licenziamento.

Ibrahim, interinale da 5 anni, dice: “I bagni sono pessimi: sporchi, non funzionano, sono senza carta igienica e acqua calda.” Una sola latrina di lamiera all’esterno dei magazzini funge infatti da bagno, che l’azienda ha cercato di nascondere una volta cominciato lo sciopero. Ma ciò è stato impedito dai lavoratori, così come è stato impedito il tentativo di introdurre di soppiatto dei lavoratori in nero con un furgone. Anche i messaggi di testo sul cellulare sono stati prontamente cancellati dall’audace direttore.

Solo a noi ci trattano così. Gli impiegati italiani hanno il frigorifero e il microonde nella sala ristoro, noi non abbiamo neanche una sala” dice un altro lavoratore, interinale da 8 anni.

Siamo obbligati a fare gli straordinari ma non ci vengono mai pagati e riceviamo meno di quello che dovremmo avere. Siamo fermi al livello E da sempre”, dice ancora Ibrahim e aggiunge: “Se uno si fa male viene lasciato a casa il giorno dopo. E non esistono neanche ferie. Se vuoi tornare in visita dalla famiglia in Africa sei costretto a dimetterti e poi sarai riassunto una volta tornato. A dicembre mio padre è mancato. Ho dovuto chiedere l’intervento del sindacato per avere delle ferie e andare al funerale”.

Neanche i dpi sono forniti. “Non abbiamo il giubbotto né i guanti. Le scarpe antinfortunistiche ci sono state date una sola volta anni fa.

Per alcuni di loro, questa situazione di precariato insostenibile, pone un serio rischio per il rinnovo del permesso di soggiorno.

Non è la prima volta che il settore del mobile imbottito forlivese viene travolto dalla rabbia di lavoratori vessati e abusati. A dicembre, in Gruppo 8, a pochissima distanza dalla Giuliani Arredamenti, gli operai, di origine pakistana, assunti in appalto e costretti a lavorare fino a 12 ore al giorno anche tutta la settimana e ad alloggiare in un freddo deposito all’interno del magazzino, sono entrati in uno sciopero ad oltranza.

La Romagna presenta un distretto dell’imbottito composto da 300 aziende, alcune molto piccole, e le esportazioni di questi prodotti sono aumentate del 63,3% dopo la pandemia. L’Italia è la principale produttrice di mobili in Europa, con un fatturato di 26 miliardi di euro nel 2023, tutto frutto di condizioni semi-schiavili dei lavoratori immigrati.

Il PCR sostiene pienamente i lavoratori e le loro rivendicazioni per il giusto contratto, l’internalizzazione e il rispetto di tutte le norme per la sicurezza e la dignità della persona. Rilanciamo la piattaforma invitando i lavoratori a impedire qualsiasi spostamento di camion e merci nel sito produttivo e ad estendere la lotta alle altre aziende dell’imbottito del territorio, per uno sciopero che sferri un duro colpo ai profitti milionari di Poltronesofà, il committente beneficiario di questo indotto dello sfruttamento.

 

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