Incassi dei supermercati alle stelle, diritti e salute dei lavoratori nelle stalle
23 Marzo 2020Zinoviev e la degenerazione stalinista del Comintern
24 Marzo 2020I lavoratori non sono carne da macello!
Come promotori dell’appello “I lavoratori non sono carne da macello” abbiamo convocato un’assemblea nazionale, lunedì 30 marzo alle 19, aperta a tutti coloro che vi hanno aderito. L’assemblea sarà realizzata sulla piattaforma Zoom e i dettagli saranno comunicati a breve.
Invitiamo tutti i lavoratori e le lavoratrici che condividono con noi questa battaglia di farci pervenire informazioni e brevi resoconti sulla situazione nei propri luoghi di lavoro. Cercheremo di essere un megafono per tutte le situazioni di lotta e di eventuali soprusi! Scrivete a [email protected]
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Il dcpm del 22 marzo, è stato presentato come chiusura di tutte le produzioni non essenziali al contrasto dell’epidemia. Ma le aspettative sono state immediatamente frustrate e la realtà che è emersa è a distanza siderale da quanto annunciato in un primo momento dal premier Conte.
In primo luogo l’operatività del decreto è stata rimandata al 25 marzo, perdendo altro tempo prezioso oltre quello già perso finora. In secondo luogo la lista delle tipologie di aziende cosiddette essenziali, conta oltre novanta settori differenti, a cui vanno aggiunti l’aerospaziale e le fabbriche a ciclo continuo, il cui stop “pregiudicherebbe la ripresa una volta finita l’emergenza”, secondo la lettera inviata da Boccia, presidente di Confindustria, al premier Conte.
La cosa ancora più grave è che nel decreto si dice espressamente: “restano sempre consentite anche le attività che sono funzionali ad assicurare la continuità della filiera delle attività dell’allegato 1 (la lista delle aziende che devono rimanere aperte ndr)”. Cioè una vera e propria autostrada per Confindustria, perché in questo modo ogni azienda è in qualche modo riconducibile a quelle essenziali.
In queste ore mentre scriviamo i padroni e i loro lacchè (si veda l’editoriale isterico del Sole 24 Ore) stanno esercitando pressioni di ogni tipo, verso il governo, verso le prefetture, con minacce implicite ed esplicite ai lavoratori per mantenere aperte il maggior numero possibile di aziende. E Boccia si permette anche di provocare il sindacato, dicendo che “non capisce la minaccia dello sciopero”.
La Fiom ha annunciato lo sciopero in Lombardia (dove si fermeranno anche chimici e tessili) e c’è stata la copertura degli scioperi in varie realtà industriali (Emilia Romagna, Bari, Brescia, ecc.), ne prendiamo atto con piacere ma si tratta di una risposta troppo tardiva e troppo parziale visto la gravità della situazione, tanto è vero che i dirigente sindacali si apprestano a dar vita ancora domani all’ennesimo tavolo (con Patuanelli e Gualtieri) che rischia di essere tanto inutile quanto inconcludente come quello del 21 marzo.
Per questa ragione la partita decisiva torna nelle mani dei lavoratori.
Come promotori dell’appello: “I lavoratori non sono carne da macello” continueremo a promuovere la mobilitazione e lo sciopero in tutte le fabbriche considerate “non essenziali”. E di lottare in quelle “essenziali” per conquistare tutte le garanzie sanitarie necessarie alla tutela della salute dei lavoratori e delle lavoratrici.
La nostra mobilitazione ha avuto un grande effetto e deve continuare. L’obiettivo non è stato ancora conquistato se non in minima parte. Sono ancora troppi i lavoratori che devono lavorare, troppi per debellare un virus che sta mietendo troppe vittime.
L’arroganza e la prepotenza di Confindustria è inaccettabile, e la crescente critica dei lavoratori e dei delegati è riuscita a scuotere i vertici sindacali, presi in giro da governo e Confindustria, che per la verità a loro volta non hanno dato grande immagine di se.
Poco male, se questo ha contribuito a fare in modo che si proclamasse lo sciopero dei metalmeccanici lombardi per il 25 marzo, con altre categorie (telecomunicazioni, bancari, ecc.) che sembrano muoversi nella stessa direzione. Ma ora serve un’azione decisa, si è perso troppo tempo, questo è il momento delle scelte irrevocabili e non c’è più spazio per la trattativa.
Bisogna convocare immediatamente uno sciopero generale nazionale, a tempo indeterminato. Bisogna chiarire inoltre che a decidere le produzioni essenziali devono essere le stesse rappresentanze dei lavoratori. Nessuno meglio di chi produce sa cos’è effettivamente è essenziale nella lotta contro il virus, naturalmente con l’assistenza della protezione civile e dei medici impegnati in prima línea nella lotta all’epidemia.
Solo i lavoratori e i loro rappresentanti possono decidere se un’azienda o parte di un’azienda deve continuare la produzione. Questo vale tanto ancor più nel settore industriale dove è risaputo che i padroni stanno spingendo per spacciare per essenziali produzioni che non lo sono, o ancora peggio millantano riconversioni aziendali per “contribuire alla produzione di beni sanitari”.
Ma lo stesso discorso vale per i call center, i postini, i bancari, nel settore logistico e i trasporti in generale, settore quest’ultimo, decisivo per l’approvigionamento di alimenti, materiale sanitario e medicine, dove tutta una serie di consegne inutili devono essere sospese perchè mettono solo a repentaglio la salute dei facchini e dei trasportatori.
Sono i lavoratori che devono decidere quali aziende vanno garantite negli approvvigionamenti, cercando di redistribuire il lavoro, facendo lavorare tutti il meno possibile a parità di salario. Tutte le organizzazioni sindacali devono mettere a disposizione le strutture e le risorse che hanno a disposizione per raggiungere questo obiettivo.
Solo così si può dare un sostegno concreto a medici, infermieri, personale sanitario e lavoratori delle pulizie che negli ospedali combattono senza tregua e senza adeguate attrezzature il Covid-19.
Il capitalismo ha mostrato la sua totale incapacità di affrontare questa emergenza sanitaria, ma soprattutto il cinismo nauseante della borghesia, che dall’alto dei suoi salotti dorati pretende di mandarci al martirio per tutelare i profitti di una minoranza di privilegiati. Ci sarà tempo per presentare il conto non appena questa crisi sarà superata.