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16 Maggio 2022L’esplosione del caro bollette e in generale dei prezzi energetici sta diventando un’emergenza sociale. Capirne l’origine è essenziale se vogliamo combatterne le conseguenze.
Nel 1962 fu costituito l’ENEL come ente pubblico. Si trattava di un esempio di capitalismo di Stato, in cui i precedenti padroni delle aziende di produzione elettrica ricevettero indennizzi scandalosamente alti, mentre le finanze pubbliche si sobbarcavano il costo degli ingenti investimenti necessari per ammodernare, razionalizzare e allargare la rete elettrica a tutto il territorio nazionale.
Nel 1992, dopo un decennio di campagna propagandistica internazionale in favore delle privatizzazioni, ormai fatti e pagati dai soldi pubblici gli investimenti, l’ENEL è diventata società per azioni e nel 1999 si è quotata in Borsa.
L’ENEL, costruita con soldi pubblici, è ora una società privata in cui il ministero dell’Economia ha circa il 25% delle azioni, il 15% è in mano a investitori privati e più del 60% in mano ai cosiddetti “investitori istituzionali”: un ristretto gruppo di grandi potenze finanziarie come il più grande fondo di investimento del mondo, BlackRock Inc, che possiede circa il 5% del capitale.
Un mercato oligopolistico
Con la Direttiva 2003/54/CE, l’Unione Europea ha dato luogo ad un sistema opaco e molto complicato di formazione dei prezzi delle fonti energetiche. Possiamo riassumerlo così: diversi fornitori di energia (petrolio, gas, idroelettrico, eolico, fotovoltaico, geotermico, biomassa…) propongono i loro prezzi ai produttori di elettricità. Gli acquirenti comprano, iniziando dalle fonti meno care fino a quelle più care (oggi il gas), ma alla fine tutti i fornitori ricevono i loro compensi in base al prezzo della fonte più cara! Come se in ristorante ordinassimo, due chili di sardine, uno di sgombri e mezzo chilo di aragoste… pagando il tutto al prezzo di queste ultime!
Questo meccanismo permette dei profitti scandalosi. I profitti dell’ENEL nel 2021 sono arrivati a 3,19 miliardi di euro (2,61 miliardi nel 2020, +22,2%). I ricavi sono in crescita a 88,3 miliardi di euro (66 miliardi di euro nel 2020, +33,3%). Gli azionisti incassano un dividendo di 0,38 euro per azione e ringraziano. Francesco Starace, l’amministratore delegato, ci tiene a rassicurarli: “Nel 2022 nel caso aumentino delle turbolenze, avremo la capacità di pagare i dividendi con una cedola garantita di 0,40 euro.” Per il 2024 si prevede un’ulteriore crescita a 0,43 per azione.
La teoria capitalista pretende che in qualsiasi mercato “libero” l’offerta e la domanda si incontrino alle migliori condizioni possibili, ma l’esperienza dimostra il contrario.
L’elettricità è un prodotto di consumo costante, dove i clienti non possono decidere facilmente di comprare più o meno o di rivolgersi ad un’offerta diversa, in base ai diversi prezzi proposti. Non essendo possibile immagazzinare grosse quantitativi di elettricità, domanda e offerta devono essere equivalenti, tanto è vero che esistono mercati istantanei che monitorano le necessità del sistema e offrono pacchetti di elettricità in modo puntuale.
Il cliente finale, e chi gli vende l’elettricità al dettaglio, sono quindi in mano ai produttori. Tuttavia va detto che i distributori sono in larga parte gli stessi produttori, oltre al fatto che spesso troviamo gli stessi azionisti nelle aziende che estraggono petrolio o gas e nelle aziende che li usano per produrre elettricità.
Ciò significa che tutti gli aumenti, le inefficienze e le speculazioni si scaricano lungo la filiera fino all’utente finale. Lo scopo del sistema energetico così organizzato non è dunque un servizio di qualità, al miglior prezzo possibile ed ecologicamente sostenibile, ma assicurare agli azionisti i maggiori guadagni in un mercato oligopolistico. I consumatori sono prigionieri, altro che libera scelta!
La tempesta perfetta
Da circa sei mesi siamo nella tempesta perfetta. Alle difficoltà successive alla pandemia si sono sommate le tensioni imperialiste attorno all’Ucraina e ora l’invasione russa e le sanzioni europee, creando le migliori condizioni per la speculazione. I prezzi dei contratti di fornitura “incorporano” le aspettative dei prezzi futuri e questi dipendono di tanti fattori, come la speculazione sulle opzioni di acquisto.
In altre parole, paghiamo non solo gli aumenti reali, ma anche quelli attesi. Anzi, spesso il prezzo di oggi (aumentato) si applica in realtà ad energia prodotta a prezzi più bassi nella fase precedente. In Italia si stimano 40 miliardi di extra profitti in un semestre.
La Commissione Europea pretende di giustificare questo sistema dei prezzi spiegando che in questo modo si incentiva la produzione più a buon mercato! Assolutamente falso. Intanto il sistema fa pagare alla popolazione tariffe crescenti, per assicurare lauti profitti agli azionisti. Che gli alti prezzi possano poi far rientrare nel mercato una quota maggiore di impianti fotovoltaici, è una foglia di fico “green” pagata sempre da noi.
Il governo propone limitati interventi fiscali, che non solo sono ben poco efficaci, ma che alla fine pagheremo ancora noi con minori entrate per lo Stato e quindi meno spesa per i servizi pubblici. Non abbiamo dubbi che le chiacchiere su una maggiore tassazione per i colossi dell’energia si risolveranno come sempre in aria fritta.
Oggi il sistema è assolutamente parassitario e inefficiente. I diversi gruppi finanziari che controllano gli oligopoli in ogni nazione, si comportano come un cartello, dove a spese del consumatore, si assicurano lauti profitti. La Commissione Europea difende il sistema a spada tratta, come rappresentante di questi interessi. Il personale dirigente del sistema passa con le “porte girevoli” dai consigli di amministrazione delle aziende alle cariche politiche, garantendone la continuità.
È gravissimo che i sindacati e i partiti della sinistra si limitino oggi, nel migliore dei casi, a chiedere degli aiuti per i più bisognosi.
Se vogliamo sconfiggere il caro bollette dobbiamo lottare per l’esproprio senza indennizzo di tutto il settore energetico e la sua riorganizzazione sotto il controllo dei lavoratori e degli utenti, in base a un piano energetico che parta dai bisogni sociali e ambientali, e non dal profitto di una minoranza che, mentre veniamo chiamati a stringere la cinghia in nome della guerra “per la democrazia”, si ingrassa di profitti.