Facciamo saltare il tavolo col governo e lanciamo la mobilitazione!
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29 Giugno 2016Il 26 giugno gli spagnoli sono stati chiamati alle urne in un clima di polarizzazione e di attesa. Queste elezioni sono arrivate dopo mesi di stallo politico, in cui nessun partito è stato in grado di formare un governo. Dai sondaggi ci si aspettava un buon risultato, come secondo partito, per la coalizione della sinistra radicale Unidos Podemos (UP) e che i partiti dell’establishment sarebbero stati colpiti seriamente.
Tuttavia, i risultati inattesi hanno dato la vittoria al Patito popolare (PP),conservatore, e collocato il centro-sinistra del PSOE (Partito socialista) leggermente avanti all’UP. Questo risultato ha provocato confusione e un certo pessimismo tra gli attivisti e i militanti. Il nostro compito, tuttavia, non è né di ridere né piangere ma per capire, come diceva Spinoza.
I risultati sono stati i seguenti:
PP 33.03% – 137 seggi (il 20 dicembre 2015: 28.71% e 123 seggi)
PSOE 22.66% – 86 seggi (22%, 90 seggi)
Unidos Podemos 21.1% – 71 seggi (24.49%, 71 seggi)
Ciudadanos (populisti di centro) 13.05% – 32 seggi (13.94%, 40 seggi)
ERC (nazionalisti Catalani di centro-sinistra) 2.63% – 9 seggi
CDC (nazionalisti Catalani di centro-destra) 2.01% – 8 seggi
PNV (nazionalisti Baschi di destra) 1.22% – 5 seggi
Bildu (Sinistra nazionalista basca) 0.78% – 2 seggi
Coalición Canaria (regionalisti delle Canarie) 0.31% – 1 seggio
Le percentuali e la spartizione dei seggi non sono sostanzialmente cambiate rispetto alle elezioni di dicembre. I risultati di Unidos Podemos non sono quelli che ci si aspettava in base ai sondaggi, visto che ha mantenuto lo stesso numero di seggi, ma perdendo oltre un milione di voti. L’affluenza è calata di 3,3 punti percentuali, circa 1,2 milioni di elettori in meno rispetto al dicembre 2015.
Unidos Podemos ristagna
I risultati poco convincenti di UP sono spiegabili con una combinazione di fattori. L’organizzazione della campagna è stata poco professionale, con un piccolo numero di comizi, poco pubblicizzati. La linea politica generale della campagna (in particolare all’inizio) è stato di appellarsi agli elettori PSOE scendendo sul loro terreno, con Pablo Iglesias che affermava apertamente che quello che voleva era una “nuova socialdemocrazia”. Nell’unico dibattito televisivo tra i leader principali, Iglesias ha incentrato il suo intervento sull’appello a Sanchez, il leader del PSOE, per trovare un accordo.
In diverse occasioni, Pablo Iglesias dichiarava come l’UP fosse il partito della “patria, legge e ordine”. Naturalmente questo è stato inteso come un attacco a coloro che si riempiono la bocca con la parola “patria” per poi lasciare i loro soldi in conti off-shore in Svizzera o Panama, mentre i riferimenti alla “legge e all’ordine” sono stati intesi come un attacco contro i ricchi e i potenti che infrangono la legge e rovinano la vita ai lavoratori. Tuttavia, questo tipo di linguaggio non è stato digerito da un settore di elettori di sinistra ed è stato un riflesso di un tentativo consapevole di moderare il linguaggio per attrarre gli elettori più “moderati”, quando in realtà era necessario proprio il contrario.
Uno strato di elettori dell’UP (in particolare alcuni provenienti da Izquierda unida – IU) sono stati probabilmente scoraggiati da questo linguaggio moderato. I sondaggi mostravano che circa un terzo di quelli che hanno votato IU il 20 dicembre non erano sicuri di votare poi UP (circa 300.000 persone). Altri non sono stati convinti di recarsi alle urne questa volta. La campagna è diventata più radicale negli ultimi comizi, in particolare in quella di chiusura a Madrid, dove Pablo Iglesias ha fatto un discorso combattivo molto chiaro e di sinistra e ha fatto appello alle tradizioni di lotta della classe operaia. Il problema è che quello che ha detto non è andato molto oltre a quelli che hanno partecipato.
In Catalogna, En Comú Podem (la versione catalana di UP) è andata meglio, ma i risultati sono stati al di sotto delle previsioni, mantenendo a malapena quanto ottenuto a dicembre in termini percentuali e perdendo circa 80.000 voti. Qui, il sindaco di Barcellona, Ada Colau, aveva fatto un accordo con il PSOE per il consiglio comunale e non ha affrontato in modo corretto lo sciopero dei lavoratori della metro e degli autobus, oltre alle controversie sulla violenza della polizia contro i venditori ambulanti. Tutto ciò ha giocato un ruolo negativo. A dicembre molti della CUP (Partito anticapitalista indipendentista catalano) avevano votato per l’ECP (UP in Catalogna), ma non questa volta. Inoltre, nei giorni precedenti alle elezioni, è scoppiato uno scandalo in seguito alla rivelazione che, nel 2014, il ministro degli Interni avrebbe fatto pressioni su di un funzionario di polizia perchè cercasse di incastrare i partiti nazionalisti catalani con false prove. Questo ha chiaramente spimto numerosi elettori verso il campo nazionalista, in particolare alla sinistra dell’ERC.
A differenza di dicembre, la campagna è stata quasi completamente scollegata dalle lotte che hanno portato alla nascita di Podemos (15M, contro l’austerità e campagne contro i tagli, il movimento contro gli sfratti). Non sono state rilanciate in alcun video elettorale e sono state menzionate raramente nei dibattiti.
In breve, la campagna e il messaggio non sono stati abbastanza radicali e entusiasti. Da dicembre il programma elettorale è stato annacquato. Tutta l’attività di Podemos è stata concentrata sul campo elettorale/parlamentare. L’ultima grande mobilitazione è stata l’enorme marcia convocata da Podemos a Madrid nel gennaio 2015. E’ vero che l’ambiente nei comizi, in particolare negli ultimi giorni della campagna, era radicale e di entusiasmo, con molte bandiere repubblicane e rosse. Ma non era quella l’immagine pubblica di UP durante la campagna elettorale e anche l’ambiente nelle manifestazioni non si è diffuso sufficientemente, oltre ai partecipanti, verso una platea più ampia.
Anche altri fattori più casuali hanno probabilmente influito. Le elezioni si sono svolte alla fine di giugno, in un fine settimana che è giorno festivo in diverse regioni spagnole. Questo ha significato che settori dell’elettorato erano più difficili da mobilitare, in particolare i giovani e gli strati urbani che rappresentano la base elettorale di UP. L’aumento del voto per corrispondenza indica che molte persone erano via e per questo motivo, alcuni potrebbero non aver votato affatto. È probabile che il voto dei giovani sia sceso mentre il numero dei votanti non sia diminuito ulteriormente grazie alla mobilitazione degli anziani e degli strati reazionari. Molte persone, in particolare i settori meno politicizzati, erano stanche dopo mesi di stallo politico. La campagna elettorale trascurata e il trionfalismo dei dirigenti dell’UP, che si sentivano sicuri di un buon risultato, hanno fatto troppo poco per mobilitare i propri elettori meno impegnati.
E’ nel contesto generale di una campagna elettorale vacua e moderata (con “dibattiti senza mordente” per dirla con le parole di Monedero il cofondatore di Podemos) che gli attacchi politici contro Unidos Podemos hanno avuto un certo impatto tra alcuni settori dell’elettorato. I dirigenti di Podemos (anche se non come quelli di IU) erano riluttanti a spiegare la loro posizione sul Venezuela e hanno evitato qualsiasi domanda sulla Grecia e il destino del governo Syriza. Di fronte a un attacco massiccio sui media, non è stato sufficiente rispondere che la destra stava usando la questione del Venezuela come cortina fumogena. Si sarebbe dovuti essere in grado di spiegare le conquiste della rivoluzione bolivariana, perchè difenderle e la natura del complotto per il colpo di stato da parte dell’opposizione. Per quanto riguarda la Grecia, il problema principale è che i leader di Podemos hanno esattamente lo stesso programma che Tsipras aveva a gennaio 2015 e la loro unica difesa contro l’idea che questo porti inevitabilmente a una capitolazione e ai tagli, è l’argomento molto debole che “la Spagna è più grande e che quindi possa fare leva su questo nei confronti faccia a faccia con la troika, in modo da rinegoziare gli impegni di riduzione del deficit”.
Nel guardare i risultati deludenti di Unidos Podemos si deve contestualizzarli nella situazione in cui, in nessun altro momento negli ultimi 40 anni, un partito alla sinistra del PSOE aveva mai ottenuto 5 milioni di voti e 71 seggi. Il miglior risultato precedente era quella del partito comunista nel 1979, quando ha ottenuto il 10% e 21 seggi.
La tenuta del PSOE
Nonostante ciò, a prima vista la capacità di recupero del PSOE è sorprendente. Tutti i sondaggi e i commentatori avevano predetto il suo rapido declino, in linea con altri partiti socialdemocratici europei. La parola “pasokizzazione” si è sentita molto ultimamente. Nonostante la perdita di 120.000 voti e 5 seggi, il PSOE è riuscito a mantenere la seconda posizione con la stessa percentuale di dicembre, che è stato in realtà il suo obiettivo principale durante la campagna. Il PSOE continua a mantenere la gran parte della sua base di sostegno nelle piccole città, nelle zone rurali e tra gli anziani, in particolare in Andalusia, dove ha vinto nelle province di Siviglia, Jaen e Huelva. L’affermazione da parte del PSOE – seppur falsa – ripetuta dai media, che Podemos era un ostacolo alla formazione di un governo di sinistra dopo il voto di dicembre, sembra anche aver avuto un effetto fra un settore dei suoi sostenitori.
Vale la pena notare che il PP ha battuto il PSOE in Andalusia, con il PSOE che ha perso circa 80.000 voti mentre il PP ne ha guadagnati 120.000. Questa sconfitta in una delle ultime roccaforti del PSOE finirà certamente per danneggiare Susana Diaz, il presidente regionale e figura di spicco dell’ala destra del partito, che è ai ferri corti con il segretario generale Pedro Sanchez.
Lo sviluppo dell’attuale processo politico in Spagna ha caratteristiche particolari. Nonostante l’acuta crisi sociale ed economica degli ultimi anni, la classe dominante ha avuto, tra il 2011 e il 2015, il governo stabile e affidabile del PP, che godeva della una maggioranza assoluta. Ciò significa che gli altri partiti, cioè il PSOE, non sono stati messi alla prova in modo importante, mentre il malcontento è stato diretto in maniera schiacciante contro l’odiato PP. Il PSOE ha portato avanti l’austerità per un solo anno, sotto Zapatero nel 2010-11. Questo contrasta con quanto avvenuto con il PASOK in Grecia, che ha attuato misure di austerità più a lungo per poi entrare in una coalizione con i conservatori.
I cinque anni del governo a maggioranza PP hanno portato ad uno sviluppo combinato e diseguale della coscienza. Un ampio settore della gioventù urbana e di classe operaia, temprate nelle lotte di massa del periodo 2011-14, è molto combattivo ed è giunta alla conclusione che solo un cambiamento radicale risolverà i problemi della società e sta dietro all’UP. Tuttavia, vi è uno strato più conservatore della classe operaia che crede ancora che il problema fondamentale sia il PP e che una alternativa moderata e più tradizionale alla situazione attuale sia possibile sotto forma del PSOE. Il panico generato dalla Brexit ha rafforzato la prospettiva conservatrice di questi strati. Come abbiamo già notato, la Brexit avrà conseguenze reazionarie (almeno a breve termine), non solo in Gran Bretagna ma in tutta Europa.
I tentativi di UP per far cambiare idea a questi settori spostandosi al centro, non ha portato ad alcun successo. Al contrario, fa sembrare l’UP incoerente e inaffidabile agli occhi di molti elettori PSOE e smorza l’entusiasmo del nucleo di sostenitori dell’UP. Un rapido crollo del PSOE si avrà solo se va al governo, rivelando il suo completo fallimento politico. In caso contrario, all’opposizione, il suo declino sarà più lento e più irregolare e non potrà essere accelerato dall’uso di una retorica bizantina da parte dell’UP.
La questione catalana
In Catalogna, questo risultato, che allontana la prospettiva di un governo spagnolo di cambiamento che si impegni per l’autodeterminazione catalana, rafforzerà quelli che sostengono che la Catalogna dovrebbe andare da sola e che la lotta per un cambiamento repubblicano e radicale, possa procedere più velocemente in Catalogna che nel resto della Spagna.
In Catalogna c’è stato un netto spostamento del voto dalla borghesia nazionalista del CDC verso l‘ERC, una partito nazionalista di sinistra più radicale, mentre En Comú Podem, che difende il diritto all’autodeterminazione (anche nel caso che questo debba essere attuato unilateralmente, senza un accordo con Madrid) e contiene settori vicini all’indipendenza catalana, è ancora il partito più grande in Catalogna. La richiesta di un processo unilaterale verso l’indipendenza guadagnerà una grande spinta. Di fronte a un governo del PP rabbiosamente sciovinista, qualsiasi movimento verso l’indipendenza si troverà in rotta di collisione con il governo centrale. L’ECP dovrebbe sfidare il ERC a rompere la sua alleanza di governo con il CDC e formare una maggioranza di sinistra in Catalogna sulla base della fine dell’austerità e per il diritto all’autodeterminazione. Il risultato di tutto questo non è scontato, ma si aggiungerà all’enorme instabilità e alla polarizzazione in arrivo.
La vittoria del PP e il declino di Ciudadanos
Il successo del PP, che è cresciuto di oltre 5 punti percentuali e ha ottenuto 1.300.000 voti, e il relativo declino di Ciudadanos, che ha perso 400.000 voti e 8 seggi, non sono difficili da spiegare. L’ascesa di UP, amplificata dai sondaggi d’opinione, ha gettato la maggior parte degli elettori conservatori e di centro tra le braccia del PP, la forza più consistente della reazione in Spagna. La Spagna non solo ha assistito a una polarizzazione verso sinistra, ma, naturalmente, anche a destra. Nonostante la sua corruzione assoluta, che è sotto gli occhi di tutti, scosso com’è da scandali settimanali, il PP è stato in grado di mobilitare dietro di sè tutti gli strati reazionari nella società. Ciudadanos ha tentato di scimmiottare il PP ponendosi come forza ugualmente reazionaria, ma è ancora visto come un partito meno affidabile rispetto al PP, e ha perso il suo fascino tra i settori conservatori la cui preoccupazione principale è quello di sbarazzarsi di UP.
E adesso?
Un governo PP-Ciudadanos ora sembra probabile. Nessun partito vuole nuove elezioni (né le vogliono le masse) e, per quanto complicati, questa volta il ciclo di negoziati porteranno probabilmente ad una qualche forma di governo borghese. Il PP e Ciudadanos insieme hanno 169 seggi. Con il sostegno del PNV e Coalición Canaria, oltre a una astensione, avrebbero una maggioranza risicata per formare un governo. Un tale governo dovrà effettuare tagli brutali fin dal primo giorno e attirerà molto rapidamente su di esso l’odio delle masse. L’UE chiede 8 miliardi di euro di tagli per i prossimi due anni, oltre a una possibile multa di due miliardi di euro per avere violato la regolamentazione sul deficit. Rajoy ha allentato la stretta dell’austerità con un occhio alle elezioni, ma ora dovrà raddoppiare i tagli e aumentare gli attacchi alla classe operaia, il tutto in un contesto di incertezza economica globale. La borghesia spagnola potrebbe aver stappato molte bottiglie di champagne la notte scorsa, ma la sua vittoria è un calice avvelenato che aprirà la strada a un’ulteriore radicalizzazione in futuro.
Rajoy ha subito detto che cercherà l’appoggio del PSOE per formare un governo di coalizione. Questo fornirebbe la classe dirigente spagnola il governo più stabile, con 254 seggi se Ciudadanos dovesse parteciparvi, ben al di sopra del 176 necessari per la maggioranza assoluta. Dal punto di vista del PP questa sarebbe l’opzione preferita poiché significherebbe ripartizione della responsabilità nell’attuazione di tagli brutali. Tuttavia, sarebbe il bacio della morte per il PSOE, che preferirebbe astenersi nella seconda votazione di formazione del governo, permettendo la creazione di un governo PP-Ciudadanos, standone allo stesso tempo fuori. Una grande coalizione potrebbe essere pericolosa in quanto lascerebbe UP come l’unico partito di opposizione, in grado di predisporre la sua ascesa al governo in un secondo momento.
La possibilità di un governo di sinistra guidato dal PSOE sembra estremamente remota. Potrebbe essere ancora possibile che PP-Ciudadanos possa non ottenere il sostegno necessario dal PNV, o che i negoziati tra il PP e Ciudadanos possano fallire, e il PSOE potrebbe quindi accettare l’incarico. UP ha dimostrato il suo impegno alla formazione di un governo di sinistra, anche se porrebbe condizioni che sarebbero difficile da digerire per il PSOE. Sánchez, il leader socialista, è tenuto sotto controllo dai potenti baroni regionali del suo partito, che sono estremamente ostili a qualsiasi patti con UP e preferiscono vedere i conservatori al potere. Ancora più importante, se Sánchez provasse a formare un governo avrebbe bisogno del sostegno di ERC, CDC, il PNV e Bildu, che con ogni probabilità chiederebbero in cambio un referendum per l’indipendenza della Catalogna, che è un anatema assoluto per il PSOE.
Con Rajoy di nuovo al potere e un programma di austerità senza precedenti, il divario tra destra e sinistra si approfondirà. Sarà probabile vedere nuovi cicli di mobilitazioni di massa e di lotte per le strade e nelle fabbriche. In questo contesto, UP potrà godere di una posizione eccellente all’opposizione. Se la utilizza con intelligenza, la sua crescita è destinata a continuare.
Conseguenze per la sinistra
Ci saranno conseguenze interne per UP da questi risultati. Nei mesi precedenti si era sviluppata una tensione tra Íñigo Errejón (segretario politico) e Pablo Iglesias (il segretario generale) sulla questione dell’alleanza con Izquierda Unida. Per lungo tempo in Podemos ha prevalso la concezione, difesa da Errejón, che essa “non è né di sinistra né di destra” e che dovrebbe annacquare il suo discorso per aggregare il maggior numero di persone. Errejón ha resistito duramente a qualsiasi patto con IU. Questa posizione è stato effettivamente sconfitta nel partito dcon il raggiungimento dell’accordo con IU in primavera. La notte scorsa, in una conferenza stampa, Iglesias ha dichiarato categoricamente che non si pente della convergenza con IU e continuerà a difenderla.
Ma questa mattina l’ala di Errejón aveva già rilasciato una dichiarazione virulenta in disaccordo con Pablo Iglesias, mettendo in discussione apertamente la continuazione dell’alleanza con Izquierda unida e lanciando un attacco duro con parole forti contro Monedero, che aveva scritto un articolo sostenendo che la campagna era stata “senza grinta”, con un “discorso vuoto”, lamentandosi che Podemos manca di mobilitazione popolare e ha bisogno di tornare in piazza. Nel campo di Izquierda unida, coloro che si sono opposti l’accordo si sentono più forti e ribadiranno la loro critica.
I marxisti devono difendere l’unità tra Podemos e IU, che non ha nulla a che fare con i cattivi risultati. In realtà, Alberto Garzón, il leader di IU, è stato uno dei leader più popolari di questa campagna, e ha anche eclissato Iglesias. La divisione paralizzante della sinistra che abbiamo visto in passato e il settarismo tra gli attivisti dei diversi partiti deve essere evitato a tutti i costi. È anche possibile che i risultati deludenti potrebbe preparare una svolta verso il centro e l’ulteriore moderazione con la scusa che “siamo stati troppo radicali”. Ciò servirebbe solo a scoraggiare sostenitori più radicali di UP e aumentare la titubanza di quei settori che sono in bilico tra il PSOE e UP. Invece Unidos Podemos deve tornare alle sue radici sia in termini di partecipazione di massa (che è possibile solo attraverso strutture democratiche) e con un programma radicale di opposizione al regime.
Sotto i colpi martellanti della crisi e sulla base di un nuovo governo del PP, UP può continuare la sua ascesa, se spiega pazientemente che i partiti dell’Establishment non hanno alcuna soluzione ai problemi della società, e che l’unica via da seguire è una trasformazione radicale della società sulla base di un governo della sinistra radicale. Inoltre, come marxisti abbiamo sostenuto che un tale programma non può essere attuato entro i limiti del capitalismo. Oggi, l’attuazione delle misure urgenti di cui i lavoratori in Spagna e in tutta Europa hanno bisogno, può essere effettuata solo attraverso l’espropriazione della classe capitalista, in modo che le risorse della società possano essere messi sotto il controllo democratico dei tanti, non di pochi.
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